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Autore: BlackPaperMoon    27/09/2015    1 recensioni
"Ma come siamo arrivati a questo punto? Ricordo ancora quando ti udii pronunciare quella frase per la prima volta."
Lydia Deetz, una ragazza singolare dai gusti macabri e gotici, si è appena trasferita con la sua famiglia nella piccola cittadina di Paceful Pines, in Inghilterra. Tutti la giudicano strana, i suoi familiari tentano di cambiarla, non ha amici con cui sfogarsi e tutto questo la fa sentire incredibilmente sola e incompresa, al punto da convincerla a chiudersi in se stessa. Segregata in casa coi suoi pensieri, Lydia trova per puro caso un vecchio libro chiamato "La leggenda di Neitherworld". Spinta dalla sua inarrestabile curiosità, la ragazza comincia a sfogliarlo e fa una scoperta che le cambierà la vita per sempre.
Genere: Comico, Demenziale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"I tried my best to scare you, but you just laughed! So in that moment I knew... I'd found a friend."

« Lyyyydiaaaaa! Tesoooorooo! »

La voce squillante della signora Deetz penetrò nelle orecchie di Lydia come il più fastidioso dei suoni. Acuta, raggiante e piena di vita come colei che la possedeva. Lei al contrario, in quella mattina di Settembre, pareva tutto meno che un essere vivente. Non che di solito lo sembrasse visto il pallore del suo incarnato, su cui risaltavano carnose labbra di un rosso sanguigno, e i suoi occhi neri come la pece costantemente adornati da quelle violacee occhiaie, accentuate dal pesante trucco del medesimo colore. Sintomo evidente che la giovane amava perdere il sonno, e magari svolgere attività differenti al calare delle tenebre, come dilettarsi in macabre e strane letture. Ed era proprio quello che aveva fatto la notte prima, motivo per cui non riusciva ad alzarsi dal letto.

« É ora si svegliarsi, cara! Non vorrai far tardi il primo giorno spero! »

Il primo giorno all'inferno sarebbe stato più piacevole, che passare un'intera giornata chiusa in prigionia in compagnia di perfette sconosciute. Esatto, si trattava del primo giorno di scuola, in un istituto femminile. La corvina non era una ragazza assai pessimista, nonostante i suoi "singolari" gusti facessero credere il contrario. L'aura scura e spaventosa che la giovane portava con se come lo strascico di una sposa /cadavere/ era fortemente in contrasto con la sua personalità dolce e gentile. Non si giudica un libro dalla sua copertina, ma con la povera malcapitata spesso accadeva. Ecco perché, sovente, si ritrovava sola. Lydia si portó le coperte a celare il suo viso assonnato, infastidita da quel raggio di sole che aveva preso a baciare la sua pelle di porcellana. Come un vampiro che reclama le tenebre, ella si girò dalla parte opposta alla finestra, tentando di nascondersi nell'ombra. Sua madre però spalancò la finestra, insistente, e la stanza scura e tetra venne invasa dalla luce del giorno. Si grattó moggiamente gli occhi, stirando poi il suo esile corpicino. Uno sbadiglio voló dalle sue rosse labbra, prima che le animasse un sorrisetto leggermente assopito.

« 'Giorno mamma.. »

Biascicó, più qui che là.

« Stavo facendo un bel sogno, peccato. Te lo racconto? É stato bellissimo, c'ero io che-! »

« Oh, per favore Lydia, niente più sogni raccapriccianti su vampiri, spiriti, scienziati pazzi e licantropi! »

La donna si portò una mano tra i rossi capelli ben curati, esasperata. Sua figlia abbassó lo sguardo di conseguenza, spegnendo l'entusiasmo iniziale ed estinguendo l'enfasi che avrebbe messo in quel racconto. Storse le labbra, fuoriuscendo dalle lenzuola e dirigendosi verso l'armadio per prepararsi. Poteva sembrare una cosa da niente, ma quel "niente" era bastato per mutare il suo umore. Non era la prima volta che provava una simile sensazione di vuoto, d'incomprensione. Come se si trovasse fuori posto. A fatica represse la voglia di urlare, cosa c'era in lei di tanto sbagliato? Perché la sua stessa madre non voleva ascoltare ciò che aveva da dire? Le sarebbe bastata un po' di attenzione e d'interesse, non voleva che anche lei vedesse il mondo a modo suo.

S'infilò la divisa grigiastra, tirando un lungo sospiro. La giornata era cominciata maluccio, doveva ammetterlo. E sperare in una rischiarita in quella giornata buia era come attendere la pioggia durante la siccità: inutile e deludente. Ma ormai Lydia aveva imparato a non farsi illusioni. Nessuno pareva comprendere il suo piccolo insolito mondo. Certo, un'altra persona persona che possedesse un gusto eccentrico e singolare come il suo era difficile da trovare. Ma da che mondo e mondo, se una persona è realmente interessata a te, non ti ascolta comunque se hai qualcosa da dire? Percy miagolò malinconicamente, quasi avvertisse il malessere della sua padroncina. La corvina si girò verso di lui, regalandogli un sorriso raggiante. Sua madre aveva continuato a parlarle prima di uscire dalla porta e lasciarla sola, regalandole le solite raccomandazioni. Ma la sua voce era apparsa ovattata alle orecchie della giovane, che in quell'istante aveva ben altro per la testa.

« Oh Percy, non preoccuparti per me! »

Cercò di rassicurarlo, avvicinandosi al letto per carezzare la sua testolina nera.

« Me la caverò in qualche modo... Spero. »

Inghiottì nervosamente la propria saliva, lasciandosi chiudere la porta alle spalle. Stette con la schiena premuta contro l'uscio ligneo, esitando leggermente. Lo sguardo perso nel vuoto. Era raro, che Lydia provasse paura o timore, viste le sue preferenze in fatto di lettura, di film, di qualsiasi cosa. Lei ed il genere horror andavano a braccetto dalla tenera età, ci si era sempre trovata bene. Come se fosse nata con questa sua particolarità, che la rendeva diversa, unica, inimitabile.

Figlia delle tenebre.

Ma anche la meno impressionabile delle creature, la più coraggiosa, si sente incerta e prova paura. E nell'ignoto, in ciò che era lei a non comprendere, risiedeva la paura di Lydia.
La paura di un giudizio negativo.

« Di fare colazione ovviamente non se ne parla... »

Si disse tra se, tentando invano di mandare via quel saporaccio amaro che troneggiava nella sua bocca. L'ansia la stava divorando internamente, lentamente, come un serpente che striscia. E lei sperava solo che quell'agonia in cui si apprestava ad entrare sarebbe terminata presto.

-

« Buona giornata, pumpkin! And try to relax! »

Le augurò suo padre, appena mise un piede fuori dalla vettura.

« Papà... »

Lo ammonì sottovoce Lydia, imbarazzatissima, che da quel momento in poi si sentì come se tutti gli sguardi fossero diretti verso di lei. Strinse al petto la cartella, avvertendo le guance pizzicare. Una delle rare volte in cui l'imbarazzo batteva il pallore cadaverico del suo incarnato naturale. L'auto ripartì pochi istanti dopo, sollevando un tremendo polverone e smuovendo la gonnellina scura di Lydia. Si affrettò a rimettersi i capelli in ordine, dando una rapida occhiata alla sua giacchetta. Prima o poi avrebbe aggiunto il suo tocco personale, decisamente. Proprio non ce la faceva, ad essere come tutti gli altri.

« Guarda lì, Aline. »

Sibilò una voce in lontananza, puntando il dito verso Lydia che intanto proseguiva la sua camminata lungo il sentiero che l'avrebbe portata all'ingresso dell'istituto.

« Chi è quel Frankenstein in gonnella? »

Commentò ironicamente, rimanendo nell'ombra. E già nella sua mente cominciavano a ronzare idee poco simpatiche, dettate da un'insolita, mostruosa invidia.

-

La stanza era piuttosto spaziosa. Allora... Perché le pareti sembravano in procinto di volerla inghiottire viva? Si sentiva soffocare, come se l'aria si stesse facendo pesante. Vedeva i muri restringersi sempre di più intorno a lei, come se stesse per essere pressata. Lydia si carezzò distrattamente il braccio, sospirando. Due ore di lezione, e già la sua immaginazione cominciava a giocarle brutti scherzi. Puntò i suoi occhi scuri verso la finestra, posando il capo sulla mano e reggendoselo con essa. Quanto ancora sarebbe durata, quella giornata stancante? Non vedeva l'ora di segregarsi nuovamente in camera sua e farsi abbracciare dalle tenebre. Rivolse lo sguardo intorno a lei, e scoprì ogni singola iride puntata in sua direzione. Questa situazione... La faceva sentire profondamente a disagio.

"Non negarti le gioie della vita, Lydia!"

Le ripeteva incessantemente sua madre, quando la vedeva stravacata nel letto a leggere. La corvina storse le labbra rosse con disappunto, puntando lo sguardo verso il soffitto.

"Se queste sono le gioie di cui parla la mamma, allora preferivo essere morta."

Pensò fra se e se. sbuffando contrariata. In quello stesso istante, suonò la campanella che annunciava la ricreazione e Lydia ringraziò il cielo che quel momento fosse finalmente giunto. Fece per posizionare i quaderni dentro la cartella, per poi dirigersi in qualche angolo buio e sfogliare il suo libro preferito. Ma... Le sue iridi si dilatarono subito dopo, quando nel voltarsi si ritrovò dinnanzi alla figura di una ragazza. Bionda, occhi ghiaccio, truccata e vestita di tutto punto, ben curata e dalla carnagione abbronzata artificialmente, o almeno così sembrava agli occhi di Lydia. Sollevò un sopracciglio, confusa.

« Layla Deets... »

Pronunciò la bionda schifata, fissando da capo a piedi colei che si trovava di fronte.

« Che nome orribile. »

La corvina assunse un'espressione sbigottita. Ma che diamine voleva quella?

« Veramente... È Lydia Deetz. »

Sottolineò, in tono di voce leggermente seccato.

« Ancora peggio! »

Replicò lei con la sua vocetta stridula, portandosi le mani ad incresparsi tra i capelli dorati.

« Con chi ho il piacere di parlare? »

Sforzò un sorrisetto ironico, pronta a ripagarla con la stessa moneta. La bionda si portò teatralmente la mano sulla fronte, per poi scostarsi con un rapito gesto la folta e fluente chioma dietro le spalle.

« Come?! Non conosci il nome che sta sulla bocca di tutti?! Oh, poco informata sul gossip come sulla moda, noto. »

Sibilò, sbattendo ripetutamente le folte ciglia. Agganciò le mani dietro la schiena, sfoggiando un ironico e irritante sorriso.

« Claire Brewster. E' il mio nome, non lo sciupare. Vorrei dire che è un piacere, ma.. »

Roteò gli occhi, con quella finta aria da innocentina tatuata sul viso. Intanto, la testa di Lydia aveva cominciato ad emettere strane vampate di calore. Come se fosse... Una pentola a pressione. Stringeva i pugni, faceva stridere tra loro i denti. E quella vena sulla sua tempia stava pulsando un po' troppo forte. Ciò non prometteva niente di buono.

« Una bugia così grande non riuscirei a reggerla! »

« Beh, la cosa è ampiamente reciproca. »

La ragazza girò la faccia dal lato opposto, enormemente offesa da quel comportamento così arrogante e antipatico. Cominciò ad interrogare sé stessa, chiedendosi quali motivi avevano potuto spingere Claire a comportarsi in quel modo nei suoi riguardi. Eppure, più cercava di scavare a fondo, più non trovava alcun tipo di responso. E mentre era assorta nei suoi pensieri, intenta ad esaminare minuziosamente ogni sua azione compiuta nell'arco della giornata fino a quello stesso istante, quella chioma bionda avanzò un altro passo verso di lei, non soddisfatta.

« Ti serve qualcosa...? »

« Te l'ha mai detto nessuno che assomigli a Mercoledì Adams? »

Lydia emise uno sbuffo, alquanto seccata.

« Sinceramente, potrei anche prenderlo come un complimento. »

« Oh beh, a giudicare dal modo in cui ti conci devono essere quel tipo di donne i tuoi modelli di vita! Non oso immaginare quali espirazioni future tu abbia! »

« Si dice aspirazioni! E mi sorprende che tu abbia azzeccato tutti i verbi! »

« Oh, perché cambi discorso? Parlare del tuo pessimo gusto ti fa così male? »

La sua risata stridula ed eccessivamente acuta fu fatale per i nervi della corvina. Odiava quando qualcuno si permetteva di giudicare il suo modo di essere. In quel periodo, poi, ne aveva le tasche piene di sentire discorsi sulla sua personalità così differente dalle altre. Claire era stata... La goccia che aveva fatto traboccare il vaso. E nonostante stesse tentando di mantenere la calma, non sapeva per quanto ancora sarebbe riuscita a farlo.

« Mi spieghi cosa vuoi da me?! Nemmeno ci conosciamo! Devi avere una vita triste per passarla in questo modo... »

« Oh, con che coraggio affermi che la mia vita è triste? Io ho tutto quello che desidero! Sono ricca, popolare, apprezzata e ben voluta da tutti. Mi basta schioccare le dita per avere qualcosa! Chiunque vorrebbe essere come me! »

« Io avrei aggiunto anche modesta e superficiale... »

Aggiunse Lyds sottovoce, incrociando le braccia al petto.

« Ma tu? »

E le puntò un dito contro.

« Tu, con quell'aspetto tetro e cupo, tu con quei vestiti sciatti e scuri, tu che sembri appena uscita da una bara chiusa sopra una torre inghiottita dal buio, come puoi permetterti di giudicare? Guardati, trasudi invidia nei miei confronti da ogni poro! E' talmente palese, e come biasimarti. La tua, di vita, dev'essere triste. Basta guardarti per accorgersene, non si capisce se sei viva o sei morta. Povera cara, quasi mi fai pena, quasi. Chissà quanto devi sentirti sola, Dracula in gonnella. »

Le parole di Claire colpirono nel profondo l'animo di Lydia, al punto da farle avvertire un insolito calore infiammarle il petto proprio all'altezza del cuore. Come se ci avessero conficcato un paletto di legno dentro e avessero spinto con forza. Le sue labbra rosse sangue rimasero dischiuse, stupefatte da come, senza sapere niente di lei, avesse spinto tutti i tasti giusti per ferirla. La sua pazienza era ormai esaurita del tutto, e raramente accadeva una cosa simile. Dopo un attimo di smarrimento, infatti, sentì montare dentro di se tutta la rabbia che aveva tentato invano di reprimere fino a quel momento. Conficcò le lunghe unghie nella sua stessa carne, tremando per via della furia.

« Grrr, you, spoiled child! »

Fuori di sé dalla collera, Lydia sollevò un po' troppo il tono di voce, e l'enfasi che mise nel pronunciare quelle parole si protrasse per tutto il corridoio. Al punto che, appena se ne rese conto, le sue guance cadaveriche assunsero immediatamente colore. Si guardò intorno con fare circospetto, sperando che per mano di qualche miracolo nessuno avesse udito quelle parole. Ma con suo grande rammaricò scoprì tutti gli sguardi puntati su di lei. Un'altra volta.

« *sigh sob sniff* Avete sentito con che tono la novellina si è rivolta a me senza alcun motivo?! Quale oltraggio, quale mancanza di tatto e di pudore! Nemmeno un briciolo di rispetto! »

Ciliegina sulla torta, per completare la scenetta Claire passò per la povera vittima indifesa aggredita dallo zombie. E si, lo zombie in quel caso era Lydia. Tutti accorsero in aiuto della bionda, che nonostante la sua recitazione pessima aveva cominciato a piangere come una fontana per rendere tutto più credibile. Ed ecco che gli sguardi che si erano puntati sulla corvina divennero truci, colmi d'astio e di risentimento. Come se stessero vedendo... Un mostro. Un orribile mostro. In preda al panico e confusa da quella serie di emozioni che stava provando contemporaneamente, la povera Lydia abbandonò la sala il più in fretta possibile. Quell'angolino buio in cui avrebbe voluto rifugiarsi per leggere adesso le sembrava così inadatto per sfuggire a quelli sguardi accusatori, di cui avrebbe tanto voluto liberarsi. La sensazione ancora vivida addosso a lei, come se la sua innocenza fosse stata intaccata. Come se si sentisse sporca. E proprio mentre correva per i corridoi, cercando disperatamente di cacciare indietro le lacrime, una mano si posò sulla sua spalla.

« Lydia Deetz..? »

Esitò un attimo a voltarsi, ancora scossa. Girò lievemente il capo, per poter scrutare con la coda dell'occhio. Dietro di lei era stanziata una ragazza dall'altezza sproporzionata, i lunghi capelli color nocciola fermati da una fascia e due paia di dentoni che difficilmente passavano inosservati. La corvina abbassò lo sguardo, scorgendo al suo fianco una ragazza bassina, con gli occhi nascosti dietro due portentose lenti da vista e dei capelli color carota affusolati. Quest'ultima scosse amichevolmente la mano, regalando a Lydia un sorriso.

« Si...? »

Pronunciò, con voce esitante.

« Mi chiamo Bertha, e lei è Prudence... Ma sai che nessuno aveva mai tenuto testa a Claire in quel modo? »

« Sei stata grandiosa! Io non avrei avuto il coraggio di farlo! »

Pronunciarono, una dopo l'altra, facendo trasparire il loro entusiasmo. Fu allora che la corvina si decise a voltarsi del tutto nella loro direzione. Le squadrò meglio, quasi volesse vedere se fossero sincere o meno. Parevano non avere cattive intenzioni nei suoi riguardi, e per qualche strano motivo Lydia si sentiva leggermente più a suo agio.

« Grazie, emh... Beh, non è che avessi tanta scelta... »

Che dire in questi casi? Ad essere sincera, era un po' imbarazzata. Si carezzò il capo, abbozzando un sorrisetto nervoso.

« Umh, ci chiedevamo... Ti piacerebbe sederti a mensa con noi? »

-

« Com'è andata a scuola, Pumpkin? »

« Poteva andare meglio, papà... »

Dopo quella frase, pronunciata con una velata tristezza, tra i due calò per qualche istante un silenzio tombale.

« Oh, papà, perché non siamo rimasti nella nostra città invece che trasferirci qui?! Non mi sarei sentita così... Fuori posto! »

« Cara.. Non vorrei sembrarti poco delicato, ma non mi sembrava avessi molti amici anche prima che ci trasferissimo..! »

« Si è vero, ma... »

Lydia si carezzò il braccio, assumendo un'espressione malinconica.

« Ci ero nata.. La sentivo più casa mia... »

E' difficile ripartire da capo, ricreare un'intera esistenza in un posto differente da quello in cui hai sempre vissuto. Cambiano le abitudini, le persone, e non sai mai cosa aspettarti. E temi, temi profondamente che ciò che ti attende non sia pronto ad accoglierti. Era così, che Lydia si sentiva costantemente. E non solo da quando si erano trasferiti. Il pezzo scuro di un puzzle colorato, che non combaciava con tutti gli altri. Ma se non poteva unirsi alla massa, anche perché non voleva lei stessa, avrebbe mai trovato un tassello con cui incastrarsi? Qualcuno pronto ad accettarla per quella che era? Emise un sospiro tirato, mentre a suo padre si stringeva il cuore nel vederla così giù di corda. La cosa più tremenda, era che i suoi stessi genitori spesso non si accorgevano di come stesse la loro bambina.

« Lydia, tesoro, sai che non sono un tipo ottimista ma... E' solo il primo giorno! Vedrai che col passare del tempo... »

« Ne dubito, ma grazie dell'incoraggiamento... »

-

Appena ebbe messo piede in casa, Lydia abbandonò la borsa nella sua camera, per poi discendere all'ultimo piano, in cui suo padre le aveva creato una camera oscura per dedicarsi alla sua passione: la fotografia. La giovane era sicura, o almeno sperava, che sviluppare un po' delle sue amate fotografie l'avrebbe tirata su di morale almeno un minimo. Si trovò per cui ad armeggiare con pellicole, rullini e pinzette, pregando il cielo che le foto scattate durante la gita alla grotta fatta nel weekend precedente non fossero uscite troppo scure, o mosse.

"Potrei urlare."

Pensò tra sè, in un fascio di nervi. Certamente il suo umore non era dei migliori. I suoi genitori, preoccupati per lei, si trovavano intanto in cucina a discutere tra loro.

« "Uno dei giorni peggiori della mia vita" ha detto.. »

Commentò Charles Deetz, asciugandosi la fronte.

« Di certo il pessimismo non l'ha preso da me! »

Colse la palla al balzo Delia, rimproverando il marito come se fosse colpa sua.

« Cara, per favore, sto cercando di rilassarmi! »

Rispose lui, esasperato. Ma la moglie già aveva rivolto lo sguardo verso la porta che conduceva al "nascondiglio" della sua figliola. L'espressione pensierosa e affranta.

« Dici che possiamo fare qualcosa per lei...? »

« Ah, perché non andiamo alle terme?! O ad un centro benessere! Magari così si rilassa! »

« O potrei arredarle di nuovo la stanza! I mobili scuri che ha scelto non mi convincono molto.. Forse condizionano il suo umore, povera cara! »

E questo era solo uno dei classici esempi di come i Deetz non comprendessero e non conoscessero poi tanto la loro stessa figlia. Ma come ogni bravo genitore erano fortemente in pensiero per l'umore di Lydia, e infondo stavano solamente cercando di fare qualcosa per tirarla su. Peccato che le loro idee sarebbero servite unicamente a peggiorare la situazione. In quello stesso istante, la voce della ragazza si elevò in un grido, proveniente dai sotterranei.

« LYDIA! »

Urlarono all'unisono i Deetz, mentre Delia si era già precipitata giù per le scale. Nella camera oscura illuminata di rosso, scorse la sua piccola perfettamente dritta al centro della stanza, che la salutava con un sorrisetto nervoso.

« Tesoro, va tutto bene?! »

Affermò esasperata, mentre Lydia s'impegnava a tenere le mani dietro la schiena.

« Io, emh... »

Provò a dire, cercando palesemente una scusa da usare.

« ...Ho solo visto un topo! »

Delia inarcò lo sguardo, poco convinta.

« Lydia Joice Deetz, tu sai perfettamente quante volte da bambina ti ho rimproverato perché giocavi coi topi! Non puoi esserti spaventata per un roditore di cui non hai mai avuto paura! »

In uno dei suoi pochi istanti di furbizia, che avvenivano sempre nel momento meno opportuno, sua madre cominciò a sospettare che Lydia le stesse nascondendo qualcosa. La corvina inghiottì nervosamente la propria saliva, cercando di pensare ad una scusa migliore il più in fretta possibile.

« Dimmi la verità, avanti! »

« Mamma, va tutto bene! Mi sono... »

Tolse la mano da dietro la schiena, esibendo quella goccia di sangue che troneggiava sul dito indice.

« ...Solo tagliata con la carta! »

« Aaah, perché non l'hai detto prima?! Bisogna medicarlo subito! Potrebbe fare infezione, e..! »

Sopraggiunse Charles da dietro la schiena della moglie. Ma Lydia scosse il capo in segno di disapprovazione.

« Nah, è solo in graffietto! Ci metto un cerotto e posso continuare a lavorare! »

Esibì un sorrisetto innocente, mentre sua madre incrociava le braccia al petto.

« Ah, certo che faresti di tutto per rimanere qui sotto costantemente! Va bene tesoro, va bene. Ma fa più attenzione! »

Pronunciò salendo le scale, per poi chiudersi la porta alle spalle.

"Tre... Due... Uno..."

« And smile, Lydia, smiiiiiiile!~ »

Sopraggiunse nuovamente, per poi andarsene in definitiva. La ragazza non riuscì a trattenere una risata. Loro non conoscevano così bene lei, ma lei conosceva così bene loro. Ma ora aveva cose più importanti di cui occuparsi. Tirò fuori da dietro la schiena una delle sue fotografie, fissandola meglio. Possibile che avesse preso un abbaglio? Che lo avesse solo immaginato? Invece no. Quando riposizionò i suoi occhi scuri sull'immagine, ciò che l'aveva fatta urlare era ancora lì. Sentì l'adrenalina montarle su per il corpo, facendola fremere dalla gioia. Quando aveva tentato di fotografare la sua stanza al buio, per vedere che effetto facesse illuminata dal flash della macchina, non si era accorta di un dettaglio particolare. Sulla parete si era creata un'ombra, che sarebbe potuta essere di qualsiasi mobile presente all'interno della camera. Ma quest'ombra aveva una particolarità interessante: oltre ad avere forme vagamente umane... Era a strisce bianche e nere.

« Strange.. »

Commentò Lydia, rigirandosela tra le mani e non riuscendo a smettere di fissarla. Nei suoi occhi si era acceso un insolito bagliore. Quella foto, forse poteva essere la svolta per quell'orribile giornata scura.

« Che ci sia... Un fantasma in casa? »

-

Quella notte, la corvina non riuscì a chiudere occhio. Più si rigirava nel letto, più si ripeteva che l'indomani sarebbe dovuta tornare "all'inferno", più nella sua mente tornava l'immagine di quella fotografia sospetta. Fece scorrere lo sguardo nel buio, che fosse lì? Che la stesse osservando? Il suo cuore cominciò a battere più forte a quel pensiero. L'emozione non riusciva a farla dormire. Un fantasma, un vero fantasma! Realizzando che non avrebbe fatto che pensare a quello per tuta la notte, Lydia accese la luce. Cosa poteva fare, per calmarsi? Era troppo eccitata all'idea che quella strana presenza potesse aggirarsi per la sua stanza. Si tolse le coperte, correndo esattamente al centro della camera.

« Sei qui? Puoi sentirmi? »

Proferì con voce poco convinta.

« Voglio conoscerti! »

Ma niente, nessuna risposta. Cominciò a pensare che forse quella fotografia era solo una coincidenza, un fatto spiegabile, e che la sua mente avrebbe macchinato di tutto pur di farla evadere da quella triste e monotona realtà che si apprestava ad affrontare tutti i giorni. Lydia abbassò lo sguardo, affranta. Non sapeva cosa farsene, con tutta quell'adrenalina che le scorreva in corpo. Saltare, correre, urlare... Pur volendo sfogarsi in qualche modo, cosa si può fare alle due del mattino?

« Forse dovrei leggere un p--! »

Prima di terminare la frase, inciampò rovinosamente su una mattonella rialzata. Si portò le mani sul capo, mugolando lamentosamente. Eh no, quella non era certo la sua giornata.

« Accidenti... »

Sbuffò seccata, sollevando la mattonella per poterla risistemare correttamente.

« E pensare che papà aveva detto di aver controllato....! »

Interruppe la frase, e per poco la mattonella non le scivolò dalle mani per lo stupore. Sotto di essa, sporco di terra ed invaso dagli insetti, era presente un manoscritto che aveva tutta l'aria di essere vecchio di secoli. Estasiata, Lydia poggiò la mattonella sulle altre, sollevandolo senza nessuna esitazione. Rimosse lo strato di sporcizia, accorgendosi che quel libro era umido al tatto. Una volta che riuscì a rendere la copertina visibile, si accinse a leggere il titolo. "La leggenda di Neitherworld". Gli occhi scuri di Lydia presero a brillare per l'emozione. Strinse quel sudicio libro al petto, forse aveva ancora una possibilità.

« Questa mi sembra una lettura più che adatta. »



-Angolo dell'autrice.-

Salve gente! Ci tenevo a precisare alcune cose. Innanzitutto chiedo scusa per la lunghezza della fan fiction, inizialmente doveva essere una one-shot di una sola pagina ma... Mi ha preso talmente tanto che sono stata costretta a dividerla in capitoli. Di recente mi è passato per la mente questo cartone animato, tratto dal capolavoro di Tim Burton risalente al 1988 dal titolo "Beetlejuice: spiritello porcello."

Ricercando alcune delle puntate, che sto vedendo tutt'ora in inglese, mi sono accorta di quanto questa serie animata sia fantastica e geniale, e come per tutte le cose che mi piacciono sono diventata un'inguaribile fissata! Il cartone è qualcosa che si distacca completamente dal film, presentando alcune differenze:

-Innanzitutto, è reso più soft, essendo per bambini.

- Nella serie animata, Lydia e Beetlejuice sono grandi amici.

E tante altre cose che sarebbe inutile elencare. A questo punto, poiché nella serie non viene reso noto come Lydia e Beetlejuice fanno conoscenza, ho deciso di scriverci una fan fiction sopra io. Tutto quello che state per leggere è quindi si collegato al cartone, ma deriva dalla mia pura ed eccessiva immaginazione. Ho voluto dare una sorta di intro a qualcosa per me importante, che ha rappresentato la mia infanzia. Ultimo, ma non meno importante, ciò che state per leggere presenta alcune affermazioni scritte in inglese, prettamente nei dialoghi, in quanto, seguendo il cartone in inglese, ritenevo suonassero meglio che in italiano. E per chi se lo chiedesse si, shippo Lydia e Beetlejuice insieme, quindi se vedrete delle parti soft tra loro mea culpa-- *fugg*

Beh, spero vi piaccia, mi ci sono impegnata tantissimo.

Buona lettura!

-Claudia.

  
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