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Autore: Betsy Gravestone    29/09/2015    1 recensioni
Xiandria è in fuga da Alkaid, pianeta degli esiliati, il cui Tempo ne determina l'esistenza. Ma cosa accadrebbe se le lancette dell'Orologio si fermassero all'improvviso per permettere a Xiandria di tornare sulla Terra? Breve racconto in cui mi cimento in un genere a me non troppo usuale: la fantascienza. Buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nell'aria rintoccava il rumore metallico delle enormi lancette che scandivano ancora i secondi, l'unico suono che l'orecchio umano poteva sentire in quella notte privata delle stelle.

Tic tac, tic tac... Xiandria era in attesa che quel ticchettio finisse; solo allora avrebbe potuto lasciare in tutta sicurezza il suo nascondiglio. La ferita al fianco le lanciava delle fitte di dolore, soprattutto quando azzardava dei movimenti troppo bruschi; non osava immaginare quanto avrebbe sofferto di lì a poco dopo essersi sollevata di scatto per correre verso la Base 2K dell'Orologio. Ma quella era l'unica via di scampo, l'unico modo per tornare sulla Terra.

Tic tac, tic tac...

Xiandria socchiuse gli occhi tirando un profondo respiro. Da quanto tempo mancava da casa? Non poteva quantificarlo perché lì su Alkaid il Tempo scorreva in maniera diversa dalla Terra. Il suo esilio sarebbe dovuto durare solo sette mesi, ma in realtà su Alkaid aveva trascorso già tre lunghi anni terrestri. Sebbene la sua compagna di cella avesse tentato in più di un'occasione di insegnarle i calcoli alkaidiani, lei non sapeva tenere il conto del tempo nemmeno conteggiando i giorni sulla punta delle dita. Un mese alkaidiano doveva corrispondere più o meno a nove mesi della Terra. Quindi se i suoi calcoli approssimativi non erano sbagliati su Alkaid era prigioniera da...

Si riscosse da quei ragionamenti e il suo corpo tremò nella tuta di ramide: le lancette dell'Orologio avevano cessato di battere. Il silenzio che ne seguì sembrò squarciare il sottile velo di xedofas che ricopriva il pianeta, tagliandolo fuori dal resto della galassia. Il Tempo di Alkaid aveva cessato di esistere, Zenon era riuscito ad arrestare gli ingranaggi dell'Orologio che determinavano lo scorrere dei secondi creando un disguido temporale che le avrebbe facilitato così la sua fuga dal pianeta. Era giunto il momento di agire. Xiandria fece appello a tutte le sue forze e contò mentalmente fino a tre. Poi si posò una mano sulla ferita che per sua fortuna aveva smesso di sanguinare, e si sollevò sulle gambe incerte. Non sarebbe passato molto tempo prima che le Guardie della Torre accorressero a vedere cosa fosse accaduto all'Orologio, grande occhio che controllava Alkaid fino ai suoi più remoti angoli determinandone e scandendone il tempo. Tempo che con l'arresto delle lancette sarebbe mutato provocando nel pianeta conseguenze inimmaginabili.
«L'Orologio della Torre non ha mai smesso di funzionare.» le aveva spiegato una volta Zenon, ex Guardia della Torre, passato al primo grado di Guardia degli Esiliati proprio quando Xiandria era stata spostata su Alkaid. «Se dovesse mai accadere Alkaid perderebbe il suo Tempo, e nessuno dei nostri tecnici saprebbe mai quantificare un danno simile. Forse il pianeta potrebbe arrestare il suo moto di rotazione, come un cuore che smette di pulsare all'improvviso in un corpo umano per una manciata di secondi o minuti.»

Alkaid potrebbe anche morire”, aveva aggiunto Zenon tuttavia senza alcuna nota di rammarico o spavento nella voce. Sembrava anzi che la sorte del suo pianeta non gli interessasse. Gli Alkaidiani erano un popolo fiero e fedele alle proprie origini, al proprio Tempo. Ed erano morbosamente fieri di ospitare gli esiliati della Terra, giudicati colpevoli dal tribunale terrestre, affinché consumassero lì alcuni mesi o anni della propria vita e tornassero poi sul pianeta di origine dove il Tempo era trascorso in maniera diversa e dove ogni cosa era irrimediabilmente cambiata. Una punizione che Xiandria aveva meritato perché riconosciuta come una dei capi ribelli della resistenza terrestre contro il regime totalitario della Terra, operato da parte dell'Alleanza delle Nazioni del Nord stipulata nel rigido inverno del 2158. Punizione che Xiandria avrebbe dovuto scontare fino all'ultimo secondo se il suo destino non si fosse incrociato con quello di Zenon. L'Alkaidiano era mosso da una delle forze centrifughe dell'universo più potenti: la vendetta. Retrocesso al ruolo di Guardia degli Esiliati, rimpiangeva ancora gli anni trascorsi a guardia della Torre dell'Orologio. Quell'affronto, quella vergogna, sarebbe costata cara ad Alkaid.

Mentre il pianeta sprofondava nello sgomento e poi nel caos in assenza del rintocco delle lancette, Xiandria si mosse per raggiungere la Base 2K. La strada era deserta ma si sarebbe popolata presto di alkaidiani spaventati e interdetti. Il cuore pulsante del pianeta si era arrestato e la cortina atmosferica di xedofas, secondo i calcoli di Zenon, si sarebbe diradata per permettere a Xiandria la fuga. Quando raggiunse finalmente l'entrata della Base trovò la sua porta metallica aperta. Fece per risalire subito la scalinata che portava ai piani superiori, quando inciampò nel corpo riverso a terra di una delle Guardie della Torre.

«Conosco ogni angolo e ogni uomo di quel luogo» le aveva detto Zenon «Saprò spianarti la strada. Ma tu fa' in fretta.» Xiandria scavalcò il corpo dell'alkaidiano, si portò entrambe le mani sul fianco dolorante e risalì le scale. Zenon aveva detto anche che i meccanismi elevatori della Torre potevano bloccarsi con il cessare dei rintocchi delle lancette, e che quindi sarebbe stato più prudente per lei risalire a piedi. Xiandria non ebbe percorso ancora quattro rampe che si sentì mancare il fiato. La salvezza poteva essere così vicina, eppure non la sentì mai lontana come in quel momento. La ferita aveva ripreso a sanguinare, sentiva le dita umide sopra la tuta di ramide. Arrestò la sua corsa per posarsi contro la parete mentre dal basso un vociare sommesso e incomprensibile arrivò alle sue orecchie. Le Guardie alkaidiane erano giunte. Non ce l'avrebbe mai fatta.

«Perché ti sei fermata?» gridò una voce.

Zenon scese le scale tre alla volta e quando Xiandria se lo trovò vicino fu costretta a piegare la testa all'indietro per guardarlo. Gli alkaidiani erano altissimi e slanciati, la loro corporatura longilinea ma molto robusta. A confronto si era sempre sentita come un piccolo insetto da schiacciare. Zenon non le lasciò il tempo di parlare: la sollevò tra le braccia e riprese a correre, salendo le scale tre a tre, con passo sicuro e veloce. Solo quando arrivò nella sala comandi dell'Orologio posò la ragazza a terra per richiudere la porta e bloccare il meccanismo di apertura.

«Lo senti, questo silenzio?» domandò senza voltarsi «Quanto ho sognato di mettere a tacere quelle lancette!»

Xiandria non rispose. Sebbene fosse stato Zenon a condurla fin lassù, si sentiva spossata e stanca. Stava forse perdendo altro sangue da quella maledetta ferita, che si era procurata durante la fuga dal carcere degli Esiliati. Solo la tuta di ramide, una fibra sintetica alkaidiana, arrestava un'emorragia che altrimenti le avrebbe fatto perdere già i sensi.

«Vieni, c'è rimasto davvero poco tempo.»

Zenon la condusse verso una struttura circolare, sorridendo alle sue parole. Alkaid stava perdendo il suo Tempo combinando uno squilibrio terrestre e forse anche universale e lui sembrava gioire di quel fatto senza alcun precedente.

«Come hai fatto a fermare le lancette?» trovò la forza di chiedere Xiandria mentre saliva sulla costruzione circolare e si posizionava al suo centro. Zenon le raccomandò di poggiare esattamente i piedi sulle due lastre rialzate e di non muoversi da quella posizione.

«Lo hanno fatto loro per me.» rispose Zenon tornando poi alla vasta serie di pulsanti, leve e monitor accesi che decoravano una delle pareti della sala comandi. Xiandria capì il senso delle sue parole solo quando posò gli occhi sui corpi delle due guardie della Torre che giacevano in un angolo accatastate l'una sull'altra, circondate da una pozza di sangue scuro. Rabbrividì e tornò a guardare Zenon. Di quali atroci crimini si era macchiato? Poteva davvero la vendetta condurre a simili azioni? E lei ne era stata forse la causa, o solo il misero pretesto? Scappare da un pianeta che avrebbe forse visto la sua fine per tornare sulla Terra e continuare la sua opera di ribellione sembrò a Xiandria in quel momento il gesto più atroce che avesse mai commesso. Ma era troppo tardi oramai per scendere dalla struttura e arrendersi. Zenon del resto non glielo avrebbe mai permesso; si era spinto troppo oltre. Lo vide mentre armeggiava con alcune leve della sala comandi. Quando ne spinse una di fattura rettangolare qualcosa sotto i piedi di Xiandria si mosse facendole avvertire una scossa che rischiò di sbalzarla fuori dalla costruzione di metallo.

«Mantieni l'equilibrio!» le ordinò Zenon mentre azionava un'altra leva.

La porta della sala comandi nel frattempo subì un violento attacco da parte delle guardie della Torre che per poco non la scardinarono ponendo così fine alla furia cieca di Zenon. Le lancette dovevano essere ristabilite ad ogni costo. Fuori l'Orologio taceva e il tic tac usuale al quale Xiandria si era abituata era stato sostituito dal vociare confuso degli alkaidiani. Il caos, l'unico elemento che il tempo non poteva controllare, regnava sul pianeta. Zenon lanciò un'occhiata alla ragazza terrestre: ancora qualche istante e sarebbe stata traslata nell'iperspazio, oltre la cortina di xedofas, lasciandosi Alkaid e la sua sorte alle spalle. Xiandria notò la sua espressione eccitata e spaventata allo stesso tempo.

«Vieni con me!» gridò.

E se alla fine non fosse riuscito nel suo intento? Se le guardie l'avessero bloccato prima di permettergli di completare la procedura? Sarebbero stati condannati entrambi a morte. I rischi di quell'operazione erano davvero elevati, e Xiandria non aveva riflettuto sul fatto che uno di loro, o entrambi, potevano morire.

L'Orologio da quell'angolazione non era visibile. Il grande occhio che vigilava su Alkaid non fissava le sue enormi lancette su di loro, lancette che Xiandria poteva solo immaginare ora e delle quali avrebbe portato il ricordo per sempre dentro di sé. Lancette che potevano sgretolare il pianeta con il loro silenzio e la loro assenza.

Zenon pigiò con violenza il palmo della mano su un pulsante circolare e grigio, picchiandolo con ira come se quella fosse tutta la sua frustrazione e volesse schiacciarla per porre fine alle sue pene. In realtà l'unica conseguenza che quel suo gesto provocò fu far esplodere un fascio di luce attorno al corpo di Xiandria, che urlò per la sorpresa. Xiandria fu costretta a chiudere gli occhi o molto probabilmente la luminosità tanto intensa le avrebbe bruciato la retina. Non vide così le guardie della Torre abbattere l'ingresso della sala comandi e sollevare le armi contro Zenon. Non vide e non sentì la terra del pianeta tremare sotto i suoi piedi, terra che in assenza del ritmo del Tempo iniziava una lenta inesorabile e pericolosa implosione. Il movimento delle lancette doveva essere ripristinato subito o Alkaid rischiava la morte, poiché era di fondamentale importanza che gli organismi, non solo umani, seguissero il loro scandire. Xiandria sentì solo un ronzio nelle orecchie; non trovò il coraggio di aprire gli occhi, temendo di perdere la vista, e avvertì solo un colpo tremendo alla schiena che le amplificò il dolore al fianco facendola gridare ancora.

Silenzio, solo silenzio attorno a sé, ma un silenzio che riconobbe facendole tornare alla mente vecchi ricordi. Quella era la quiete terrestre, e non quella provocata dallo zittirsi delle lancette alkaidiane. Zenon ce l'aveva fatta, l'aveva rimandata sulla Terra. Di cosa ne sarebbe stato di lui, Xiandria se lo sarebbe chiesto nei giorni a venire.

Riaprì gli occhi che si fissarono sulla volta celeste. Le stelle, ordinate e splendenti, sembravano quasi fissarla e darle il bentornato. Xiandria provò a sedersi sulla sabbia morbida nella quale era atterrata. Il buio e la scarsità della luce artificiale le impedivano di capire dove si trovasse, ma ciò aveva poca importanza al momento. Del resto era tornata sul pianeta come una ribelle scappata all'esilio, e la parola casa era per lei bandita. Tornò a guardare la volta celeste: lì da qualche parte, silenzioso, Alkaid si nascondeva agli occhi dei terrestri. Avrebbe forse appreso della sua fine vagabondando sulla Terra alla ricerca di un riparo e di un luogo dove ristabilirsi? E soprattutto, quanto tempo era trascorso lì sulla Terra dal giorno del suo esilio su Alkaid? Quanto era cambiato il pianeta dalla sua partenza? Xiandria si accorse di essere non solo un'esiliata della Terra, ma anche una ricercata di quel pianeta che forse sarebbe imploso per causa sua. Non apparteneva a nessun mondo, sebbene l'universo fosse così immenso. Era parte di nulla, come di tutto.

Doveva muoversi. Presto o tardi i sensori iperspaziali avrebbero rivelato il suo atterraggio di fortuna. A Zenon e al destino di Alkaid avrebbe pensato in seguito. Con estrema fatica si sollevò in piedi, avviandosi verso una meta sconosciuta e ignota, lasciando dietro di sé impronte profonde e gocce di sudore e sangue.

 

*****
 

Terra, 2159.
 

L'Esercito dell'Alleanza delle Nazioni del Nord sventò un nuovo attacco da parte del gruppo di ribelli, ma nessuno di loro decretò quella come una sconfitta. Per un colpo mancato ce n'erano altri due o tre da portare a termine.

Xiandria avviò l'accensione del monitor e HC83 le diede il benvenuto.

«Temperatura in netto calo nella zona est 35. Sconsigliate le incursioni da rimandare a momento da destinarsi» parlò la voce metallica del computer.

«Bene HC83. Sto per inviarti alcune coordinate, vorrei che le analizzassi e ricavassi alcune informazioni.»

Xiandria si lanciò un'occhiata alle spalle. La piccola e spartana sala del bunker era deserta se si faceva eccezione per il complesso intelligence sottratto ad alcuni tecnici dell'Alleanza delle Nazioni del Nord. La macchina era stata smantellata e riprogrammata per evitare la scia di rintracciamento. Xiandria digitò alcune lettere e alcuni numeri sulla tastiera. Evitò il dettato vocale per non essere udita da orecchie indiscrete. HC83 immagazzinò le informazioni e ricevette l'ordine di cancellarle qualora non avesse trovato alcun riscontro. Xiandria attese il responso, come tante volte aveva fatto in quegli ultimi mesi, con il cuore che le martellava nel petto ricordandole lo scandire delle lancette del grande Orologio. Il monitor della macchina rifletteva la sua opaca luce azzurrognola. La ricerca stava durando più del dovuto. Xiandria ebbe l'impressione che qualcuno stesse per sopraggiungere e fece per interrompere manualmente la ricerca, quando il monitor lampeggiò di una luce rossastra.
«E' stato trovato un riscontro.» disse HC83.

Xiandria sobbalzò e disattivò il comando vocale. Finalmente; sperava in quella risposta da tempo. Sul monitor comparve la scritta “rilevato pianeta di origine sconosciuta”. Xiandria digitò la domanda: “identificazione?”. HC83 non rispose. Il monitor tornò a riflettere la luce opaca.

«Andiamo, per favore... »

Xiandria riattivò il comando vocale.

«HC83 ho bisogno di questa informazione. Riesci a identificare questa forma planetaria e a dirmi lo stato della sua conservazione?»

La macchina tacque portando Xiandria quasi all'esasperazione. Poi la sua voce metallica sentenziò:

«Trovata corrispondenza. Pianeta di origine sconosciuta, popolazione di forme viventi androidi e umane. Stato di conservazione pari al numero 7 su una scala di rilevazione 10, presenza di un organismo artificiale che ne determina il nucleo.»
Xiandria ebbe la certezza di sapere di cosa la macchina stava parlando, e per la prima volta forse un essere umano precedeva il verdetto di un computer.
«HC83 è possibile che questo pianeta sia Alkaid, il mondo degli esiliati di cui si erano perse le tracce e i contatti con la Terra?»
Xiandria pensò fosse necessario dettare alla macchina altre informazioni che riguardassero gli alkaidiani, in modo da facilitarle una probabile corrispondenza. Invece HC83 disse:

«Su una scala di rilevazione 10, possibilità che il pianeta sia Alkaid pari a 8.»

Tanto bastò a Xiandria per essere certa delle sue conclusioni. Alkaid era sopravvissuto. Aveva di certo subito dei danni, delle perdite importanti che ne avevano determinato l'esistenza; ma il pianeta non era imploso, non era scomparso. Il Tempo alla fine doveva aver trovato il modo per riprendere il suo ritmo.

«Bene HC83, ottimo lavoro.»

Xiandria cancellò la memoria di quella conversazione. Nessuno doveva sapere, almeno non ancora. I contatti tra la Terra e Alkaid si erano interrotti da tempo, un tempo diverso per i due pianeti, e forse per il bene di entrambi sarebbe stato meglio così. Pensò a Zenon e alla sua sete di vendetta che le aveva permesso di tornare a casa. Dubitava fortemente che fosse rimasto in vita, o magari si sbagliava ed era sopravvissuto come il suo pianeta. Quello forse non l'avrebbe mai saputo. Non aveva coordinate o informazioni utili da dare alla macchina affinché trovasse il ragazzo. Il Tempo era poi trascorso in maniera diversa e i loro destini ad ogni modo sarebbero stati divisi per sempre.

«Xiandria, che ci fai qui? Alan ci vuole tutti a rapporto.»
La voce di Selena la fece sobbalzare. Xiandria si alzò di scatto dalla sua postazione e la raggiunse.

«Abbiamo trovato una falla nel sistema intelligence delle Nazioni. Non c'è tempo da perdere.» aggiunse la ragazza con enfasi, gesticolando.

Xiandria rifletté su quelle sue parole e sorrise.

No, non c'era tempo da perdere, soprattutto quando le sue lancette rischiano di fermarsi e di far arrestare ogni cosa. Di far arrestare ogni vita.

Il tempo poteva salvare, così come anche uccidere. Lei lo sapeva bene. 

   
 
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