Anime & Manga > Pet Shop of Horrors
Ricorda la storia  |      
Autore: DarkRose86    14/02/2009    0 recensioni
[ Pet Shop of Horrors ]
Lui che viveva in un'umile dimora di periferia, rimase affascinato da quella realtà che non credeva potesse esistere a così pochi passi da dove abitava.
E, soprattutto, ciò che più lo attrasse fu quel ragazzino spensierato,
la cui luce spiccava in mezzo agli altri, ed era meravigliosamente abbagliante.
Lui era diverso dagli altri, pensò; non aveva mai visto una creatura più bella.
“ Chi ne assaggia la delizia, non la scorderà mai.”
.Leon/D.
{ Alternative Universe }
3° CLASSIFICATA al concorso ROSA SHOCKING! indetto da LolaPazza sul Forum di EFP
Genere: Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Fanfiction scritta per il concorso Rosa Shocking! , indetto da LolaPazza ( con la collaborazione della cara Uchiha_girl ) sul Forum di EFP, e mia seconda storia su Pet Shop of Horrors. Ovviamente, Leon/D. Spero di ricevere qualche commentino. ^O^

La Storia si è classificata TERZA! *___* Sono troppo felice!

Photobucket

Delicious

Leon Orcot? No, mi spiace, non conosco nessuno con questo nome. ” aveva riposto abbassando lo sguardo, lasciando che i capelli scuri e lisci ondeggiassero delicatamente a quel movimento. D era seduto su una candida poltrona rivestita di una stoffa morbida e bianca come il latte, pura, come il suo animo; se ne stava per la maggior parte del tempo immobile, in silenzio, a fissare il paesaggio fuori dalla grande finestra. Gli piaceva il verde dell'enorme giardino che circondava la residenza della sua famiglia, lo attraeva; ma non gli era concesso uscire, neanche lui sapeva esattamente per quale motivo. L'unica certezza era che veniva sorvegliato ventiquattr'ore su ventiquattro, affinché non tentasse la fuga.
Spesso e volentieri, capitava che dei suoi servitori gli portassero dei doni, offerti da un certo Leon, e così era accaduto anche quel giorno; ma era certo di non conoscere quella persona, e si domandava che cosa mai potesse volere da lui. I servi lo avevano descritto come un ragazzo simpatico, dai riccioli dorati e lo sguardo costantemente sorridente. Avrebbe voluto ricordalo, D, se solo questo fosse stato possibile; ma non sapeva neanche da quanto tempo si trovasse segregato all'interno di quella grande e lussuosa dimora, era come se tutto si fosse fermato.
Osservò curioso l'oggetto che gli era stato regalato quel giorno, rigirandoselo fra le lunghe dita affusolate: era uno specchio. Molto elegante, decorato con pietre che volle sperare fossero delle semplici imitazioni; non avrebbe sopportato che una persona di cui neanche contemplava l'esistenza spendesse così tanto per lui. Stette per qualche minuto ad ammirare la propria immagine riflessa, sorridendo ogni tanto; era bello, e ne era perfettamente consapevole. La pelle chiara e i capelli scurissimi, uno splendido contrasto impreziosito da due occhi che lo rendevano completamente diverso da tutti gli altri; questo perché uno di essi era color dell'ambra, e l'altro dell'ametista più pura. La bocca sottile e le labbra rosee, una bellezza ultraterrena. Quella bellezza, che Leon ricercava con tanta insistenza dal giorno in cui, per la prima volta, l'aveva notata in mezzo alla folla: D era seduto sull'altalena che si trovava al centro di un grande cortile, e si dondolava sorridendo, volgendo talvolta lo sguardo verso di lui. Probabilmente, quel giorno si stava tenendo un party in quella casa così bella e sfarzosa; il ragazzo non aveva mai visto nulla di simile, in vita sua. Lui che viveva in un'umile dimora di periferia, rimase affascinato da quella realtà che non credeva potesse esistere a così pochi passi da dove abitava. E, soprattutto, ciò che più lo attrasse fu quel ragazzino spensierato, la cui luce spiccava in mezzo agli altri, ed era meravigliosamente abbagliante. Lui era diverso dagli altri, pensò; non aveva mai visto una creatura più bella. Ma prima che potesse avvicinarglisi per chiedergli come si chiamasse, qualcuno lo cacciò via, con prepotenza; già, uno sporco plebeo non poteva neanche sognare di conversare con un nobile, tanto meno con un conte, perché è questo ciò che quel ragazzino era, lo scoprì dopo giorni di estenuanti ricerche. Eppure, nonostante tutto, lui lo sognò eccome; per anni, s'immaginò di potergli parlare, di specchiarsi in quegli occhi in cui sarebbe voluto annegare, se questo fosse stato possibile.
Ripose il dono nella colorata scatola che lo conteneva, e lo sistemò dentro un cassetto, assieme agli altri regali che aveva ricevuto: c'erano un bracciale, un anello, un mazzolino di fiori ormai secchi, e alcune poesie a lui dedicate. Esse decantavano il suo aspetto e i suoi capelli mossi dal vento mentre egli si dondolava sull'altalena che oramai non esisteva più; e lui non capiva il perché, dato che semplicemente non ricordava nulla. Cos'era accaduto durante la sua infanzia e l'adolescenza? Perché si trovava confinato in quella casa, controllato sempre e comunque, qualsiasi cosa facesse? Perché non poteva uscire ed entrare in simbiosi con la natura circostante, come ardentemente desiderava? Gli venne da piangere. Una calda lacrima rigò la sua guancia, andando ad infrangersi sul pavimento lucido della stanza. In quel momento, udì delle urla provenire dal corridoio, come spesso succedeva; oramai ci era abituato. Perciò, si rimise a sedere sulla sedia accanto alla finestra, contemplando il cielo che iniziava a farsi scuro; era certo che avrebbe cominciato a piovere, da un momento all'altro.

Ancora? Quante volte glielo devo dire che non deve mai più farsi vedere? Quel tizio è veramente cocciuto! ” gridò suo padre, sbattendo violentemente la porta della camera; D si voltò di scatto, incontrando lo sguardo di quell'uomo che gli somigliava così tanto. Era colmo d'ira, e lo fissava come se avesse fatto chissà che cosa. Ma, come al solito, non gli disse niente; si limitò a digrignare i denti e dopodiché a sospirare rassegnato, uscendo così com'era entrato.
Quella situazione andava avanti da molto, troppo tempo. Leon, nel frattempo, si era impegnato per trovarsi un lavoro, ed aveva messo da parte qualche soldo; per questo era riuscito a comprare quei regali a D, ma non era ancora abbastanza. Talvolta pensava che forse era meglio se la piantava di essere così insistente, visto che non riceveva mai risposta; ma era più forte di lui, preferiva sperare nel futuro piuttosto che rassegnarsi di fronte all'evidenza. Era un tipo testardo, e proprio per questo decise di tentare una carriera che, forse, lo avrebbe aiutato ad avvicinare colui che, con un solo, semplicissimo sguardo, era riuscito a rubargli il cuore.

Dimmi, soldato Orcot, perché lo fai? ” chiese uno dei suoi superiori; era un solenne rito, quella domanda. Ogni volta che plasmava un nuovo soldato, ci teneva a conoscere le sue ragioni; nessuno lo faceva senza uno scopo, o un valido motivo.
Perché c'è una persona che voglio proteggere, signore. ”
Quelle semplici parole bastarono. Aveva deciso cosa fare della propria vita, e ce l'avrebbe messa tutta, per avvicinarsi a colui che desiderava difendere. Quella creatura aveva bisogno di lui, lo sentiva, nonostante non lo vedesse da così tanto tempo. E, quando finalmente ebbe terminato l'addestramento, si presentò davanti a quella porta con una nuova veste.

Soldato Orcot a rapporto. Sono qui per offrirmi come guardia personale del giovane conte. ” asserì determinato, di fronte ad un uomo che lo guardava torvo, un uomo che somigliava in maniera impressionante a lui; gli stessi capelli lisci e lucenti, gli stessi occhi.
Proprio tu. Certo che sei alquanto cocciuto, ragazzo. ” rispose quello, sorridendo appena, “ E dimmi, perché mai dovrei assumerti? Che garanzie mi offri? Sappi che mio figlio è molto malato, per cui non può uscire fuori, anche se lo vorrebbe; dovresti dunque esser capace di dirgli di no, e sappi anche che ha più forza di quanto tu possa immaginare. Nonostante ciò, vuoi ancora questo lavoro? ” domandò, fermamente convinto che, a quelle parole, Leon avrebbe sicuramente cambiato idea.
Sono ancor più sicuro, signore. ” disse annuendo con un cenno del capo, deglutendo nervosamente allo stesso tempo. Malato? No, no, non poteva avere qualcosa di grave, non doveva. Non avrebbe potuto sopportarlo.
Ok... ti darò una possibilità, giusto perché sono magnanimo. Ma ricordati una cosa: se sgarri anche solo una volta, finirai male. ” lo avvertì, dandogli comunque il suo benestare, seppur decisamente controvoglia. Era sicuro che avrebbe fatto di tutto per allontanarlo da suo figlio.
Dannazione ai padri troppo protettivi, pensò, facendo un profondo respiro. Finalmente lo avrebbe rivisto, dopo anni e anni. Cosa poteva dirgli? Si torturò silenziosamente per lunghi minuti, prima di essere invitato ad entrare nella stanza del ragazzo; venne accompagnato da una serva, che rimase poi sulla porta, a controllare la situazione. Lui era lì, seduto su una poltrona, con lo sguardo fisso in direzione di un'enorme finestra; il suo profilo era delicato e alquanto femminile, in netto contrasto col suo sesso reale. Le ciglia lunghe incorniciavano gli splendidi occhi, e le labbra erano socchiuse, invitanti, sensuali.

Ehm... salve, signor conte. ” salutò educatamente, senza pero' ricevere risposta alcuna. Rimase in silenzio per qualche secondo, per poi ripetere: “ Salve, signor... ”
Non chiamarmi così. Io sono D. ” disse l'altro, senza scostare lo sguardo dal panorama che tanto lo attraeva.
D? E per cosa sta questa lettera? ” chiese Leon, incuriosito.
Il conte sorrise appena, voltandosi verso il biondo.

Decidi tu... Leon. ” rispose, e il soldato arrossì vistosamente a quell'occhiata; se fosse morto in quel momento, probabilmente non gli sarebbe importato. Quell'espressione era qualcosa d'indescrivibile, di maledettamente bello.
Uhm... dovrei conoscerla meglio, prima di sbilanciarmi. ” constatò il ragazzo, e l'altro rise a quell'affermazione.
Senta... D. Suo padre mi ha accennato qualcosa a proposito dei suoi... problemi. Mi domandavo se... se posso fare qualcosa per lei... ”
D spalancò gli occhi, incredulo. Suo padre glielo aveva detto. Gli aveva parlato di quella cosa. Si rattristò, indicando la finestra.

Vedi, Leon... io amo la natura, e tutto ciò che ne concerne. Ma non posso uscire là fuori. Là c'è la morte. ” spiegò, vago.
Là c'è la morte... ma che sta dicendo? si chiese il biondo, stranito. Che intendeva con quella frase?

Uhm... in che senso, la morte? ”
Ho una strana malattia, per quel che ne so non ha neanche un nome... so solo che se uscissi, morirei. Ma io vorrei tanto andare fuori. ”
Leon fu intenerito dall'espressione che D assunse, e osò avvicinarglisi un poco, porgendogli la mano.

Non so che cos'ha, signor conte D, ma io la proteggerò ad ogni costo. Sono felice di averla finalmente conosciuta di persona. ” dichiarò, e l'altro lo guardò in faccia, poi osservò il braccio teso verso di lui. Timidamente fece lo stesso, stringendo la mano della sua nuova guardia personale, che era incredibilmente calda. Leon ammirò rapito la mano di D, così diversa dalla sua; le dita magre e affusolate erano deliziosamente decorate da delle unghie dipinte di nero, molto lunghe. Ed era morbida, i polpastrelli non erano callosi come i suoi, ma lisci e piacevoli da toccare. Esplorò quella mano con attenzione, in modo da non poter mai dimenticare quella sensazione. Era la sua mano, quella del suo sogno proibito.

~ ~ ~

Leon, perché mi hai fatto tutti quei regali? ” domandò un pomeriggio il conte, rivolgendosi all'uomo seduto accanto al suo letto, intento a leggere un libro.
Il biondo volse lo sguardo verso la creatura stesa su quel materasso ricoperto di candide lenzuola, sussultando appena; per la domanda e per la visione celestiale che si parò di fronte ai suoi occhi. D era avvolto in uno strano abito, simile ad un kimono giapponese, decorato con motivi floreali; spesso si domandava come potesse essere un uomo. Il vestito lo copriva fino ai polpacci, lasciando scoperte le caviglie magre; notò che anche le unghie dei piedi erano laccate di nero, e per qualche secondo rimase incantato, incapace di proferire parola. Ma, quando il ragazzo gli si avvicinò osservandolo con sguardo interrogativo, ritornò bruscamente alla realtà.

Ehm... beh... ”
Cosa poteva dirgli? Era palese, che provava interesse per lui. Possibile che D fosse davvero così innocente?

...vi sono piaciuti? ” chiese ridacchiando nervosamente, cercando di eludere il discorso.
Ti ho fatto una domanda, soldato Orcot; è buona educazione rispondere, prima di porre altri quesiti. ”
Accidenti, non si sarà mica arrabbiato? si chiese fra sé il giovane, stropicciando la copertina del libro coi polpastrelli, con l'intento di calmarsi; nonostante ci stesse insistentemente pensando, non riusciva a trovare la risposta adatta alla domanda postagli dal conte. O meglio, il motivo era ovvio, ma non poteva certo esclamare un “ Ti amo! ”, senza pensare alle conseguenze che un tale gesto avrebbe potuto comportare. E dire che Leon era un tipo molto impulsivo, ma nonostante ciò riuscì a trattenersi, scostando le iridi azzurre da quelle dell'altro, così belle, così strane. Abbassò lo sguardo, imbarazzato, dopodiché finalmente parlò.
Perché credo che, se li indossaste, sareste ancora più affascinante. E lo specchio dovrebbe servivi a constatare ciò. ” asserì, educatamente, senza pero' guardare negli occhi il suo interlocutore.
E le poesie? ”
Si sentì perduto.
Cazzo!
Ok, questa se la tenne per sé, era un tipo abbastanza sboccato per natura, ma non era il caso di utilizzare il turpiloquio di fronte alla persona che amava, perlopiù un nobile. E si maledì, conscio di aver esagerato nell'inviargli perfino delle poesie d'amore. Non poteva più mentire, ormai.

Chi ne assaggia la delizia, non la scorderà mai. ” [*] sussurrò D, abbandonando la testa sul morbido cuscino, e i fluenti capelli si sparsero ribelli su di esso.
Come? ” chiese Leon, incuriosito da quella strana frase.
Uhm... niente. ”
Niente? Come sarebbe a dire, niente? si domandò, confuso; era inutile, per quanto si sforzasse non sarebbe mai riuscito a capire che cosa passava per la mente a quell'individuo. Riaprì il volume che teneva fra le mani, senza più fiatare. Ma sarà pur vero che il silenzio è d'oro, con D pero' esso non funzionava. Il ragazzo si alzò di scatto, andando a frugare in un cassetto; ne tirò fuori alcuni fogli un poco sgualciti, che il soldato non riconobbe alla prima occhiata, ma gli bastarono comunque pochi secondi per capire cosa fossero. E ne ebbe la certezza quando egli iniziò a recitare uno dei componimenti che ben conosceva.

Quando ero piccolo feci una domanda a mia madre:
- Mamma, perché viviamo? -
E lei rispose:
- Perché ognuno di noi ha una propria ragione di vita. -
Io rimasi perplesso della sua risposta,
e giorno dopo giorno cercai di capire se anche io avevo una ragione per cui vivere...
Ora ho capito che per me l'unica ragione sei tu.
Ed anche se non stiamo insieme,
mi basta un tuo sguardo, per essere felice.
Sono disposto anche a soffrire.
Anzi, lo sto già facendo.
Ma in fondo è proprio soffrendo,
che mi viene voglia di cancellare per sempre questo momento e sperare in un giorno migliore.
Con te.”

Leon Orcot ~ 14 febbraio

Arrossì. Davvero quella cosa l'aveva scritta lui? E dire che si vantava di non essere affatto un romanticone – e di amare le ragazze -, ma di fronte all'evidenza doveva necessariamente arrendersi.

Io: il buio, la tristezza e niente altro...
Tu: la luce, la gioia e la voglia di vivere...
Io e te, un incontro di sensazioni, fantasie.
Due corpi e due anime che s'incontrano e scontrano,
che spontaneamente si cercano. ”

Leon Orcot ~ 14 febbraio

Oddio. Sì, le aveva scritte lui, quelle frasi incredibilmente mielose. Entrambe il 14 febbraio, il giorno di San Valentino, a due anni di distanza l'una dall'altra. Non aveva mai smesso di pensare a lui, mai, e non ricordava neanche con precisione quanti anni erano passati dal giorno in cui lo aveva visto per la prima volta.
“ Perché sei il buio, Leon? ”
Quella domanda lo scosse nel profondo. Anche per il tono triste con cui D l'aveva pronunciata.
“ Ecco... i miei genitori e mio fratello minore sono scomparsi, ed io sono praticamente cresciuto da solo, con l'aiuto di alcuni gentili amici di famiglia. ” spiegò il giovane, rattristandosi un poco. Non aveva mai saputo cos'era accaduto ai suoi familiari, e D era rimasto la sua unica ragione di vivere.
“ Oh... mi dispiace infinitamente, soldato Orcot. ”
Il ragazzo sorrise tristemente.
“ Mi siete rimasto solo voi. Spero che non mi caccerete via. ”
“ Non lo farei mai, mai e poi mai. ” sussurrò il conte al suo orecchio, posandogli le mani sulle spalle larghe, e sfiorando il suo volto coi capelli corvini.
Leon rabbrividì. Era bastato quel contatto a farlo sentire meglio, ma allo stesso tempo ad inquietarlo. Il conte D era strano, non poteva negarlo: certe volte si mostrava incredibilmente innocente, altre pareva quasi pericoloso. Ma era certo che si trattasse solo di apparenza, il suo aspetto androgino contribuiva a farlo sembrare diverso dagli altri esseri umani. Ma anche se lo fosse stato, a lui non importava. In fondo, necessitava d'una ragione per vivere, per cui non lo avrebbe mai lasciato, anche se questi si fosse rivelato veramente un pericolo. Leon era solito ripetere che il rischio era il suo pane quotidiano, e dunque non poteva far altro che rischiare. Al massimo, sarebbe morto per mano sua, e ciò non gli sarebbe dispiaciuto.

~ ~ ~

Vivere in quella casa era piacevole, se si tralasciava la soffocante presenza del padre di D; lusso, un letto comodo, ottimo cibo, e la persona che amava. Cosa poteva desiderare di più?
Voglio uscire. ”
Una tono di voce fermo, deciso.

D... lo sapete che non vi è possibile. Vostro padre si raccomanda ogni giorno e... ”
Non m'interessa quel che dice mio padre! Voglio uscire, voglio andare in giardino, mi sento soffocare qua dentro! ” protestò il giovane, cercando disperatamente di divincolarsi dalla forte stretta di Leon, che tentava di farlo desistere dal suo intento. Abitava in quel posto da quasi un mese, e quella era la prima volta che il conte si ribellava. Il soldato aveva più volte chiesto al padrone di casa che razza di malattia avesse il figlio, ma questi non si era mai degnato di dargli una risposta, sostenendo che si trattasse di cose troppo private per poterne parlare ad uno come lui. Ma lui, fino a prova contraria, era la personale guardia del conte, ed aveva il diritto di sapere quali fossero i suoi problemi, in modo da prevenire spiacevoli avvenimenti. Senza contare che, effettivamente, il padre aveva ragione quando gli disse che D aveva più forza di quanto si potesse immaginare.
Affondò le unghie nel braccio di Leon, il cui volto si contorse in una smorfia di dolore; ma non poteva reagire, non sarebbe mai stato capace di picchiarlo. Non desistette, pero', e lo strinse forte a sé, cercando di farlo ragionare; l'altro, pero', era decisamente testardo, quasi più di Leon stesso. E quel corpo in apparenza così fragile, in realtà sembrava non esserlo affatto. Così, assestandogli un poderoso calcio proprio , riuscì a liberarsi, e a correre verso la grande finestra.

D... che cosa volete fare?! ” esclamò il ragazzo, terrorizzato.
E l'altro si volto verso di lui, con espressione assurdamente calma, sorridendo appena:

Uscire. ” disse semplicemente, un attimo prima di aprire la finestra e di saltare giù.
Fortunatamente, la stanza si trovava a piano terra, per cui il giovane non si fece assolutamente nulla; e Leon lo guardò correre felice su quel prato verde, dove i fiori stavano per sbocciare ed invaderlo dei loro colori e del loro dolce profumo. Abbracciò sorridendo il grande albero al cui ramo più resistente, un tempo, v'era legata l'altalena, poi alzò gli occhi al cielo osservando le poche nuvole che danzavano lente su quello sfondo azzurro. Rimase folgorato da quella visione, dall'allegria che trasudava da quel corpo sinuoso che si muoveva veloce fra i grandi cespugli di rosa che decoravano il giardino, dal suo argentino delle sue risate sincere. E s'innamorò di lui ancora una volta.
Come può essere malato... pensò, continuando a fissarlo; non aveva affatto l'aria di uno con problemi di salute

Soldato Orcot... ”
Sì...? ”.
Non pensi anche tu che tutto questo sia bellissimo? Osserva la natura che ci circonda... non c'è niente di più affascinante! ” esclamò, mentre anche il biondo saltava dalla finestra e gli si avvicinava.
Oh, sì che c'è. Siete voi, conte D.”
Oh, cavoli.
Sì, questo fu proprio ciò che pensò dopo quell'affermazione. Non era da lui scoprirsi così, ma ormai il danno era fatto. Beh, sempre se si potesse considerare un danno il fatto che, dopo aver pronunciato quelle poche ma significative parole, D aveva posato le labbra sulle sue. Fu un bacio casto, le loro bocche si sfiorarono appena, senza violarsi; c'era ancora tanto tempo, per andare oltre. Si guardarono a lungo negli occhi, fin quando un rumore non ruppe il silenzio; un fruscio. Le iridi del conte brillarono, quando si voltò di scatto e vide di cosa si trattava: non sapeva che attorno alla sua casa soggiornassero degli animali selvatici. Un cerbiatto fece capolino da dietro un cespuglio, e D gli si avvicinò, tendendo le braccia verso di lui; Leon non credette ai suoi occhi: il ragazzo abbracciò l'animale, accarezzandolo, e quest'ultimo non scappò impaurito dal contatto con l'essere umano, anzi. Sembrava quasi voler ricambiare quelle disinteressate attenzioni, donategli da una persona che effettivamente, qualcosa di strano ce l'aveva, dato che pareva quasi riuscire a comunicare con la natura circostante. Ma, si sa, l'animale riesce a percepire i pensieri dell'uomo e a comportarsi di conseguenza; e D era indubbiamente un amante di tutte le creature. Era speciale. E soprattutto, non sembrava assolutamente malato.

Che cosa state combinando qui? Siete impazziti? Il padrone vi punirà, il signorino non può uscire per nessun motivo! ” sbraitò una serva, attirata da alcuni rumori che provenivano dal giardino.
Perché? Perché non posso? Io sto bene... io non credo di essere malato! ” protestò il conte, allontanandosi velocemente. Non voleva tornare là dentro, e neanche affrontare suo padre. Voleva restare all'aperto, godersi il paesaggio, il mondo.
D! Aspettate! ”
Leon lo seguì, attraversando velocemente l'enorme cortile, mentre la donna chiamava gran voce gli altri servi, affinché avvisassero il padrone di casa circa quanto era accaduto.

D! ”
Voglio andare via da questo posto... non voglio più stare qui! ”
Il soldato lo strinse forte a sé, una volta raggiunto; accarezzò i suoi capelli, delicatamente. E in quel momento, decise. Se quello era ciò che lui voleva, beh... l'avrebbe accontentato e seguito ovunque, nella buona o nella cattiva sorte.

Allora andiamocene via insieme, mh? Dove non importa, basta che stiamo uniti. ”
Il conte lo guardò, sorridendo.

Sai, Leon, non ti facevo un tipo... così. ”
Così... come? ”
Romantico. ”
In effetti, la cosa sembra strana anche a me. ” rise il ragazzo, prendendo la mano dell'altro, “ Ma oramai sono in ballo. Balliamo assieme? ”
Ci puoi contare, mio Leon. ”
E fuggirono, senza una meta, contando unicamente sulle loro gambe, e sull'amore; l'amore che li aveva travolti, come una dolcissima tempesta. L'amore che avrebbe anche potuto portarli alla morte, o dipingere per loro un futuro radioso.

~ ~ ~

Pochissimo denaro e tanta stanchezza.
Avevano camminato per ore ed ore e, fortunatamente, nessuno li aveva trovati. Ma D era certo che suo padre avrebbe mobilitato tutta la regione, pur di scovare il suo nascondiglio. Ragion per cui non potevano per nessun motivo soggiornare in una locanda, sarebbero stati troppo facilmente reperibili. Lo stesso valeva se si fossero rifugiati a casa degli amici di famiglia di Leon, sarebbero risaliti facilmente all'umile dimora che sorgeva nella periferia del paese, dato che era risaputo che il biondo era cresciuto proprio lì, dopo che i suoi familiari erano misteriosamente scomparsi. Così, ripiegarono su una sistemazione di fortuna all'interno di una vecchia casa abbandonata, lontano dal piccolo centro abitato.
Dentro vi era un letto matrimoniale, le coperte mancavano ma il materasso, seppur malconcio, c'era ancora; purtroppo, sebbene la legna non mancasse visto il bosco che si trovava nelle vicinanze, non potevano permettersi di accendere il camino che, ovviamente, avrebbe dato nell'occhio. Dunque si strinsero l'uno all'altro, su quel letto, cercando di scaldarsi a vicenda. Da poco era venuta la primavera, ma di notte faceva ancora abbastanza freddo.

Tutto a posto? Avete bisogno di qualcosa? ” domandò il biondo, osservando preoccupato il corpo tremante di D, fra le sue braccia.
Piantala di darmi del voi, non sono più conte ormai. Sono solamente D. Stringimi, ho freddo. ” rispose lui, ricercando disperatamente il calore del corpo dell'amante, che sembrava essere meno freddoloso. Quest'ultimo, infatti, si tolse la giacca e la avvolse attorno al corpo del ragazzo, coperto da abiti leggeri, come sempre. D sorrise e chiuse gli occhi, attendendo l'invito di Morfeo ad entrare nel suo mondo. Leon fece lo stesso, non senza sperare, prima di addormentarsi, in un giorno migliore.

Nel cuore della notte i due si svegliarono di soprassalto, udendo uno strano rumore; possibile che li avessero trovati perfino in quel posto? Il primo ad alzarsi fu il soldato, che si armò di un'asse di legno trovata sul pavimento della camera; probabilmente non era molto resistente, ma si trattava purtroppo dell'unica cosa che poteva utilizzare contro un'eventuale minaccia. Sapeva usare bene le armi, peccato che le sue le aveva lasciate nella dimora del conte. Si maledì per questo, mentre avanzava cauto verso la porta. Questa si aprì con un cigolio, e dietro di essa non vi era altro che buio; lo stesso valeva per il resto della casa, che Leon perlustrò accuratamente, aprendo perfino le ante del vecchio mobile che si trovava in corridoio, diventato nel corso degli anni, evidentemente, cibo per tarli. Niente. Non c'era nessuno lì dentro, di estraneo. Fece un sospiro di sollievo e tornò in camera, rassicurando D.
Tranquillo, non c'è nessuno, probabilmente è stato un animale, e sentendomi arrivare è fuggito. ” mormorò, stendendosi nuovamente sul letto.
L'altro pero' sembrava non esser convinto circa quell'ipotesi. Se fosse stato un animale, ne era certo, non sarebbe scappato. Fin da quando era piccolo, aveva sempre avuto una particolare affinità con tutte le creature, tranne che con gli esseri umani. Non conosceva il loro linguaggio ma essi, invece, parevano conoscere anche i suoi più intimi pensieri. Poi, non ricordava con precisione in che anno, il padre lo aveva segregato in casa, temendo per la sua salute e camuffando da malattia quel rapporto fatto di complicità e affetto che lo legava alla natura che tanto amava.

No, non sarebbe fuggito, se lo fosse veramente stato... ” disse, rabbrividendo.
Senti, D... oh, ci sono tante, tantissime cose che vorrei chiederti... sei ancora un mistero, per me. ” commentò Leon.
Chiedimi quello che vuoi, mio bel soldato. Io ti risponderò. ”
Gli occhi azzurri del ragazzo parvero brillare di luce propria, a quel semplicissimo complimento. Mio bel soldato. Nessuna delle ragazze che aveva avuto l'aveva mai definito così. Sì, perché Orcot aveva avuto alcune donne – non molte, in verità -; principalmente era stato con loro per provare a dimenticare D, dato che lo considerava una sorta di sogno irraggiungibile. E, inoltre, l'omosessualità non era vista di buon occhio, anzi. Aveva sentito dire di persone che erano state addirittura condannate a morte, perché considerate deviate e dunque malate.
Ma il conte era diverso dalle donne che conosceva. Lui era luce.

Qual'è il tuo vero nome? ”
Uhm... questo devi essere tu, a dirmelo. ” rispose, enigmatico. Ma come? Aveva detto che avrebbe risposto in maniera esauriente a tutte le sue domande! Beh, effettivamente non aveva detto proprio così, ma...
In che senso? ”
Scegli tu il mio nome, Leon. ”
Sì, era proprio strano. Il ragazzo si mise a riflettere sulla sua risposta, confuso.
Aspetta un attimo... D...

Chi ne assaggia la delizia, non la scorderà mai. ”

Ricordò la frase pronunciata dal ragazzo tempo prima, e scelse di definirlo delizioso; anche perché era certo che il sapore di quelle labbra, e della pelle che qualche minuto dopo andò ad esplorare con minuziosità, non l'avrebbe scordato mai.
Sei delizioso... dannatamente delizioso... ” commentò, depositando baci sul collo candido, mentre l'altro si sottoponeva – inizialmente un poco titubante, non avendo mai avuto esperienze del genere – a quella dolce tortura. E lui, per il biondo, era come una droga; una sostanza stupefacente che da assuefazione, maledettamente potente e splendida.
Leon, mio Leon... ”
Mio. Pronunciava spessissimo quella parola, enfatizzandola ogni singola volta che essa usciva dalle sue labbra rosee e sottili
Si amarono su quel letto malconcio, guidati dalla passione e dall'istinto, nonché da un amore che non necessitava di parole superflue.
Il mattino dopo pero', purtroppo, il risveglio non fu propriamente dei migliori.

~ ~ ~

Leon si alzò di buonora, stiracchiandosi e sbadigliando; D era ancora addormentato, e il ragazzo lo osservò respirare piano, regolarmente, steso su quel materasso che non era degno di lui. Si avvicinò alla finestra rotta, guardando fuori. Il sole era alto nel cielo e non c'erano nuvole, una splendida giornata primaverile. Peccato che quel che poteva vedere all'orizzonte rovinasse decisamente il paesaggio, nonché la loro permanenza in quel luogo. Un gruppo di persone si stava minacciosamente avvicinando, di sicuro li stavano cercando.
Cazzo... ”
Leon, per favore! ” lo rimproverò D, che nel frattempo si era svegliato; non sopportava il linguaggio scurrile, lo infastidiva.
Sono qui, dannazione, ci hanno trovati! ” esclamò, in preda al panico.
Cosa... ? ”
Lo sguardo del conte si contrasse in una smorfia di puro terrore. Cosa potevano fare, in quella situazione? Il denaro scarseggiava e loro erano a piedi, non sarebbe potuti mai andare abbastanza lontano. In realtà ne erano consapevoli fin dall'inizio, da quando erano scappati; ma si erano rifiutati di pensarci. Avevano agito in modo sconsiderato, ma entrambi sapevano bene che non c'era nient'altro da fare se non fuggire, per potersi lasciare andare ai sentimenti che provavano.
Salvaguardare quell'amore...
Leon un tempo era convinto di poterlo fare, ma di fronte all'evidenza stava per arrendersi. Quegli uomini li avrebbero presi, e probabilmente lui sarebbe stato condannato a morte. E c'era pochissimo tempo per pensare ad una soluzione visto che, secondo dopo secondo, gli inseguitori si stavano avvicinando sempre di più.

D... ”
Sì, Leon? ”
Sei disposto a venire con me dovunque? ” domandò, prendendo la mano del conte fra le sue.
Ovvio. ”
Il soldato chiuse gli occhi, sorridendo, cercando di ricacciare indietro le lacrime che minacciavano di uscire e di bagnare le sue guance. Quel che aveva in mente era non poco rischioso, ma ormai non potevano più tornare indietro. Avrebbe fatto qualsiasi cosa, pur di proteggere la loro unione.

Quando ero piccolo feci una domanda a mia madre:
- Mamma, perché viviamo? -
E lei rispose:

- Perché ognuno di noi ha una propria ragione di vita. -

Leon aveva D. D aveva Leon.
Perché ognuno di noi ha una ragione di vita e, una volta trovata, la si deve proteggere a qualunque costo.
Il giovane, approfittando del proprio fisico temprato dai duri allenamenti per diventare un buon soldato, prese in braccio il suo amato, che era ancor più leggero di quanto potesse immaginare; il corpo longilineo che quella notte aveva potuto ammirare per intero, pareva quasi non pesare nulla. Come una foglia che abbandona le proprie compagne e s'infrange silenziosamente al suolo. Così D si abbandonò al suo abbraccio, stringendo gli occhi, provando a non pensare al pericolo che stavano correndo. Leon fuggì, uscendo a passo svelto dalla casa, fortunatamente senza farsi vedere da coloro che stavano perlustrando i dintorni; corse a lungo, fra le fronde degli alberi, ferendosi spesso ma senza fermarsi mai, proteggendo il corpo di D con il proprio. Non poteva assolutamente permettere che quella meravigliosa creatura si scalfisse.
Stanco e ansimante, d'un tratto si fermò, e l'altro visionò le ferite che, per fortuna, non erano gravi; solo alcuni graffi e qualche livido.

Dove andremo, Leon? ” chiese, guardandosi intorno.
In un posto speciale. ”
Mi fido di te. ”
E ricominciarono a correre, finché non giunsero ai confini di quella foresta, dal piccolo diametro ma molto rigogliosa. E D rimase incantato, da quel che vide di fronte a sé: una piccola capanna sorgeva accanto ad un ruscello, un piccolo angolo di Paradiso.

Ma come sapevi dell'esistenza di un posto tanto bello? ” domandò il giovane, avvicinandosi alla limpida acqua del fiumiciattolo.
Sai... mi ci portava spesso mia madre, quand'ero piccolo. Non ho mai scordato questo posto, ed ero sicuro che ti sarebbe piaciuto. Sembra fatto apposta per te. ” disse, “ Se tutto è rimasto come l'ultima volta che ci sono venuto, dentro la capanna dovrebbero esserci alcuni viveri, delle candele e della legna da ardere. Ci sono venuto poco tempo fa, perché sentivo il bisogno di starmene un po' da solo a riflettere. ”
Su cosa? ”
Se era giusto o sbagliato entrare così nella tua vita. Ti avrò sconvolto, immagino. ” rise.
Sì, è vero. Ma desideravo tanto poterti conoscere. E' un peccato che abbiamo lasciato là i tuoi regali, mi mancheranno. ”
Non ti farò sentire la loro mancanza, Delizia. E' una promessa solenne. ” asserì, atteggiandosi come a volte faceva.
Entrarono nella piccola capanna che, nonostante tutto, era abbastanza confortevole. Cosa sarebbe successo in seguito, nessuno dei due lo sapeva. Forse li avrebbero trovati anche lì. E comunque, prima o poi il cibo sarebbe finito. Un destino ignoto, per due anime così diverse fra loro, ma allo stesso tempo incredibilmente simili.

Mi dirai mai che mi ami, mio Leon? ”
Uhm... chi lo sa. ”
Che ne sarà di noi? ”
Solo il tempo potrà dircelo, D. Nel frattempo, godiamoci questo Paradiso, nostro e di nessun altro. ”
Leon era un tipo che raramente guardava al futuro, ma viveva al massimo il presente. E aveva deciso di fare lo stesso anche in quella situazione, nonostante questa fosse decisamente pericolosa. In fondo, gli bastava stare assieme a D. Gli bastava consumare umili pasti in sua compagnia, e raccontargli della sua infanzia che, in fin dei conti, era stata felice. Poi, il tempo e il destino avrebbero deciso delle loro vite.


Come finisce la storia?
E' più esatto dire che non finisce, perché l'amore che poté morire non era amore. [*]
Il loro invece splendeva e l'avrebbe fatto per l'eternità; nessuna violenza, nessuna guerra, nessuna invidia l'avrebbe scalfito. Niente.

Chi ne assaggia la delizia, non la scorderà mai.”

Delicious ~ The End


Note:

[*] 1 – celebre citazione dal secondo episodio dell'anime di Pet Shop of Horrors, pronunciata proprio dal Conte D.

[*] 2 – aforisma di Ludovico Ariosto.

Altre note:

in questa storia c'è tanto di me. C'è tanto di me perché, le due poesie scritte da Leon, sono dei componimenti scritti dalla sottoscritta circa 6 anni fa. E' la prima volta che li “ rendo pubblici ”, e mi è piaciuto inserirli in questa storia perché ci tengo moltissimo. Pet Shop of Horrors è uno dei miei manga/anime preferiti, e mi dispiace che nel nostro paese sia così poco conosciuto.
Riguardo la particolare affinità del Conte D con gli animali e la natura in generale, si tratta di un chiaro riferimento al manga ( nell'anime viene mostrata molto poco questa sua particolarità, essendo composto solamente di quattro episodi); infatti, D non è altro che una sorta di novello “ Noè ”.
Cosetta curiosa: nella storia, Leon da del Voi a D ( in quanto quest'ultimo è un nobile ), mentre D da a lui del tu; è come se i loro ruoli originali si fossero invertiti, dato che nel manga ( e nell'anime ) è esattamente il contrario. 
Quanto al finale, è volutamente aperto; perché, sinceramente parlando, io sono un'amante dei sad ending. Ma, visto che siamo in periodo di San Valentino, ho voluto scrivere qualcosa di più “ soft ”; spero sia di gradimento dei lettori. ^^

Bene, penso d'aver detto tutto... il giudizio spetta a voi. Saluti,

DarkRose

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pet Shop of Horrors / Vai alla pagina dell'autore: DarkRose86