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Autore: HatsuneNMiku    01/10/2015    3 recensioni
La prima le vuole bene. La seconda la odia.
I sentimenti di due bambole, che in realtà non lo sono.
Genere: Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alfred Drevis, Altri, Aya Drevis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non voglio tu faccia la mia stessa fine, cara piccola Aya. Ti conosco da tanto, tanto tempo. Mi ricordo ancora, quel giorno. Quando mi hai vista, hai fatto un grosso sorriso e sei corsa contro tuo padre ringraziandolo. Già,tuo padre. Colui che mi ha resa così, cara piccola Aya. Sai? Ero una bambina come te. Avevo le codine, mi piaceva cantare e correvo in mezzo ai fiori. Ero davvero piccola, quando mi ha trovata. Correndo tra i fiori di un’aiuola comunale, ero arrivata in una strada poco trafficata. Mi guardavo a destra e a sinistra, per cercare i miei genitori, e un uomo si avvicinò.

-Ehi, piccolina, ti sei persa?- mi aveva chiesto gentilmente.

Sapevo di non dover parlare con gli sconosciuti, ma ero spaventata, cara piccola Aya.

Dissi di sì asciugandomi qualche lacrima.

Allora lui si inginocchiò e mi sollevò il viso.

-Avanti, non piangere, non sta bene su un visino carino come il tuo. Ti riporterò dai tuoi genitori,va bene, piccola?- e mi tese la mano rialzandosi.

Fissavo la mano, e poi i suoi occhi. Sembrava gentile, sembrava volermi aiutare perché gli piaceva aiutare la gente.

Come mi sbagliavo, cara piccola Aya.

Allungai la mia manina sulla sua e gli descrissi i miei genitori. Solo dopo qualche minuto mi ero accorta che non stavamo tornando nel parco. Mi condusse ad una macchina, dicendomi che così avremmo trovato sicuramente i miei genitori.

Da bambina ingenua, annuii e mi sedetti sul sedile del passeggero. E guardavo fuori, scorrevo ogni viso sperando di vedere quello delle persone che cercavo.

Passò qualche tempo, forse minuti, forse ore, ma non trovammo nessuno.

Quando finalmente scorsi il volto di mia madre in lacrime, che sicuramente era preoccupata per me, alzai una mano e feci per scendere dall’auto, ma l’uomo aveva impostato la sicurezza.

-Signore? Grazie mille, ho trovato la mia mamma!-

Stavo già pensando alle polpette che avrei mangiato a cena, cara piccola Aya.

Lui si voltò leggermente verso di me, e stava ancora sorridendo. Solo che non era più il sorriso gentile di prima. Era un ghigno spaventoso. Mi feci piccola piccola contro lo sportello.

-Può.. farmi scendere?- chiesi con un filo di voce.

Lui alzò un sopracciglio e mi fissò a lungo.

Poi mise in moto l’auto e ci allontanammo.

-A-aspetta, c’è… c’è mia madre là!- urlai indicandola.

L’uomo non rispose, non disse nulla, solo continuò a guidare. Mi alzai in piedi sul sedile e cominciai a colpirlo con le manine, ma riuscii solo a provocargli un leggero solletico. Allora mi lanciai verso di lui sperando di impedirgli la visuale, ma mi intercettò a mezz’aria e mi depositò sul sedile, allacciando la cintura di sicurezza.

-Se ti agiti così, otterrai solo che andremo a sbattere contro qualche muro e moriremo entrambi. Se invece stai buona, potrò farti rivedere la mamma, un giorno-

Mi sentivo già prigioniera, cara piccola Aya.

Avvicinai le ginocchia al petto e cominciai a piangere. Lui non ebbe alcuna reazione. E così continuammo il tragitto, arrivando fino ai vecchi sentieri di campagna. Finalmente si fermò davanti una grossa villa. Si slacciò la cintura e scese dalla macchina. Aprì la mia portiera e mi strinse per un braccio, impedendomi di correre via.

-Questa è casa mia,ti piace?-

 

E fu così che arrivai a quel vecchio laboratorio, cara piccola Aya. E fu così che quell’uomo mi fece a pezzi con leggerezza. E fu così, che mi riunì assieme ad altre sfortunate come me. E adesso sono qui, seduta sul tuo comodino, a prendere polvere, cara piccola Aya.

Un tempo giocavi molto con me, ma adesso sei cresciuta. Non smetterò comunque di volerti bene, non voglio che tu faccia la mia stessa fine.

E’ per questo che ti chiederei di non andarlo a salvare, quel pazzo. Ho ascoltato i suoi discorsi. So cosa vuole farti. Ma tu sei già uscita dalla porta, cara piccola Aya.

 

 

     

Sono in buona compagnia, qui. Spesso parliamo di noi, delle nostre storie, del nostro passato. Altre volte, invece, stiamo in silenzio, soprattutto quando entra qualcuno. Come adesso. Infatti, che ti guardi attorno, ci sei tu, la bambola preferita. Vorrei potermi sgranchire le gambe e venire vicino a te, magari a parlarti un po’, solo che non posso. Le mie gambe, non me le sento più. In realtà non sento più nemmeno il mio corpo. So solo che ci vedo, e che ci sento.

Accanto a me c’è una ragazza, nella mia stessa situazione. Solo che lei ha i capelli biondi, non rossi, come i miei.

Siamo molto amiche, noi due, dato che siamo davvero vicine.

Quando sono entrata, anzi,stata portata in questa stanza, ho visto una grossa poltrona di velluto rosso. Pensai subito fosse per me: insomma, il rosso mi si addice, non è vero? Rossi i miei capelli, rosso il mio vestito. Rosso il sangue che scorreva, rossi i folli occhi di quell’uomo. Ma invece no: venni posizionata di lato,come fossi uno scarto,qualcosa di non importante. All’inizio non mi feci troppi problemi: si sa, stavo solo pensando a casa mia, a mio padre e al mio fratellino.

Ma poi i giorni passarono, e mi ero arresa al fatto di non poterli vedere mai più. Invece ho visto te: ti ho vista crescere, giocare ingenua con tutte le bambole qui presenti. E quando ti sei avvicinata a me, guardandomi con quegli occhioni color del cielo, ho avuto l’istinto di indietreggiare, ma sapevo di non poterlo fare. Mi hai guardata a lungo, poi sei tornata a giocare con le altre bambole. Ogni volta che tornavi, giocavi con loro, non mi degnavi di uno sguardo. Non te l’ho mai perdonato. All’epoca, la ragazza accanto a me non c’era, ed ero piuttosto lontana dalle altre. Cercavo un po’ di compagnia, e tu non me l’hai data. Perciò, quando ho sentito dei progetti di tuo padre, non mi è dispiaciuto neanche un po’. L’unica cosa che non ho digerito è che avrai il posto d’onore, in questa stanza, dove finora comandavo io.

Poco tempo fa, una donna castana mi è apparsa davanti, proponendomi di tornare in vita per uccidere suo marito, per far parte della sua maledizione, per impedirgli di farti del male. Le ho risposto di no. Perché dovrei farlo? Perché dovrei impedirgli di farti capire come mi sono sentita quando sei andata via senza nemmeno darmi un nome, come facevi con tutte le altre? Per questo, ti sto guardando, mentre scosti la tenda, scoprendo due mie sorelle. Vestite di rosso. Rosso, come il colore del tuo sangue che bagnerà la pietra. Rosso, come il colore degli occhi dell’uomo che porrà fine alla tua vita. Rosso, come il colore dello scranno, sul quale passerai l’eternità.

 

 

 

AngoloMe

E anche questa One-Shot è finita. Come avrete capito, è scritta dal punto di vista di due bambole: la prima, nella camera di Aya, le è affezionata. La seconda, nella stanza delle bambole, la odia, per un motivo abbastanza inutile, ma ho voluto un po’ farla sembrare dalla mente contorta perché è molto tempo che è una bambola.

Spero che le ripetizioni non siano troppo strane (?) e che abbiate un po’ capito il tutto C:

Alla prossima!

 

Annabeth

 

   
 
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