Needles
sting me
When
you look away
And
your silence
Sounds
like deafening screams to me
I’ve
been waiting
Won’t
you open your heart?
And let me in
Please, let me in
- Frozen,
Delain -
Quella
notte Oriane Giry non riuscì a dormire.
Dietro
le palpebre chiuse vedeva proiettarsi immagini grottesche, lingue di
fuoco e
ghigni inquietanti. Nelle orecchie udiva ancora le risate sguaiate
degli
zingari e gli inviti suadenti della Cartomante. Sentiva addirittura il
lezzo di
escrementi e sudore che aleggiava all’interno del circo, fra
la folla di
spettatori che la sospingevano in avanti.
Tutto
si mischiava, si confondeva. Era così reale, che la
ballerina più di una volta
aprì gli occhi con il cuore che cozzava impazzito contro le
ossa del torace. Si
sollevava leggermente dalle lenzuola bagnate dal proprio sudore e con
gli occhi
febbricitanti guardava le sue compagne dormire tranquille nella
penombra.
Per
l’ennesima volta – ormai aveva perduto il conto
– Oriane si rigettò sul cuscino
e si coprì il viso con le mani.
Forse
aveva solo sognato, si diceva. Forse non era accaduto davvero. In
fondo,
dall’esterno non giungevano schiamazzi di alcun tipo
né il calpestio dei
gendarmi che perlustravano le vie...
Richiuse
gli occhi e, finalmente, Morfeo si degnò di condurla nel
Mondo dei Sogni.
Si
ritrovò di nuovo in quel maledetto circo, circondata da
ombre indefinite e
bagliori accecanti. Questa volta, però, Oriane era
letteralmente in balia di
quell’inquietante visione. La folla la trascinava come un
fiume: mani
sconosciute la trattenevano e la sospingevano; voci infernali la
esortavano a
camminare, chiamandola per nome, mentre davanti ai suoi occhi appariva quella scritta, che sembrava vergata con
sangue vivo.
Devil’s
Child
Il
sipario si aprì e Oriane si ritrovò ad un tratto
da sola, la folla era
scomparsa. Il ragazzino che aveva salvato se ne stava in piedi dinanzi
a lei,
con quel sacco di iuta in testa, stringendo fra le mani il cappio con
cui aveva
strangolato lo zingaro. Ai suoi piedi, il cadavere dell’uomo
la osservava con
gli occhi terrorizzati: “cos’hai fatto!”
sembravano urlarle.
Oriane
spalancò la bocca, ma nessun suono venne fuori.
L’ultima
cosa che vide prima che il buio spegnesse ogni cosa, furono le iridi
magnetiche
del ragazzino dal volto deforme.
*
*
* * *
La
mattina seguente si svegliò a fatica. Le ciglia sembravano
incollate le une
alle altre e gli occhi pesavano come piombo.
Oriane
non parlò con nessuna delle sue compagne che, stranamente,
sembravano aver
perduto tutta la loro favella. Le spiò di nascosto e le
parvero turbate: chissà
cosa avrebbero fatto se avessero saputo che il ragazzo da loro deriso
si
trovava proprio lì, nel Teatro
dell’Opéra!
“Non
è stato un sogno, è accaduto
davvero” si disse
Oriane, fissando le scarpette che le fasciavano i piedi “sono
stata io ad aiutarlo a fuggire, dopo che l’ho visto uccidere
a
sangue freddo un uomo”.
Un
colpetto sulla spalla la fece quasi urlare di paura. Si volse e subito
incontrò
la figura longilinea della sua insegnante. La osservava con
un’espressione
arcigna, accentuata dalle rughe che le contornavano la bocca e dai
capelli
biondissimi raccolti in uno chignon dietro la nuca.
- Mademoiselle Giry, di solito si dorme di notte – le disse
con voce
gracchiante, sollevando una sottile sopracciglia.
Oriane
si raddrizzò subito e finse di aggiustarsi il tulle che le
stringeva la vita.
- Perdonatemi, madame Bonnet – rispose – ho
faticato ad addormentarmi.
- Devo forse dedurre che la visita al circo vi abbia fatto male? Siete
tutte
fiacche, stamane.
Il
silenzio che scese era pieno di sottintesi. Oriane non ebbe il coraggio
di
guardare le sue coetanee né nessun’altro presente
nella Sala.
- Dopo quello che è accaduto sotto i nostri occhi...!
A
parlare era stata Paulette, la sua voce sottile e timida era
inconfondibile.
Madame Bonnet s’irrigidì di colpo.
- A meno che tu non abbia visto qualcosa, mademoiselle –
disse – è bene
lasciare che sia la gendarmeria ad occuparsi del caso. Detto questo,
iniziamo
con la lezione!
Oriane
pensò al ragazzino per tutto il giorno, guardandosi intorno
più e più volte,
come se si aspettasse di vederlo comparire per i corridoi o dietro
qualche
tendaggio.
Lo
aveva aiutato ad entrare nei sotterranei del Teatro, ma non gli aveva
spiegato
come uscirne. Adesso che ci pensava, però, nemmeno lei
sapeva come fare! Ciò
che conosceva sui piani inferiori, lo aveva appreso dalle chiacchiere
dei
chiudiporta e dei macchinisti: era un labirinto inestricabile, buio,
dove era
facile perdersi.
E se
quel ragazzino fosse stato trovato da qualcuno? E se avesse rivelato
che era
stata una ballerina ad aiutarlo nella sua fuga?
Oriane
scosse il capo con decisione. Non si era fatto trovare, ne era certa.
Altrimenti, l’Opéra si sarebbe già
riempita di gendarmi alla ricerca della
stupida ragazzina che aveva aiutato un assassino.
“Non
avrei dovuto farlo infilare in
quel passaggio” si
disse, tormentata dai sensi di colpa “si
sarà sicuramente perduto! Chissà che fine
farà! È passato quasi un giorno e non
avrà toccato cibo... inoltre, era anche mezzo nudo!
Sarà morto di fame e di
freddo...!”.
Oriane
approfittò di quelle ore di pausa per passeggiare dietro le
quinte, fra scene
di ogni tipo e macchinisti sudaticci, che sembravano non accorgersi
nemmeno
della sua presenza.
S’infilò
nel corridoio che conduceva alla cappella, volgendosi ripetutamente
indietro.
Ad ogni passo che faceva ne udiva altri dieci rispondere alle proprie
spalle,
come se avesse avuto un esercito alle calcagna.
Il
suo respiro si era fatto corto e il sudore le imperlava la fronte e il
labbro
superiore. Si sentiva sul punto di svenire, tanta era
l’angoscia che le aveva
stretto l’animo.
Si
ritrovò a correre, incalzata dai battiti del proprio cuore.
La porticina che si
apriva sulla scalinata della cappella era proprio davanti a lei, a
pochi metri,
ma riuscì solo a sfiorarne la maniglia arrugginita, che un
braccio nerboruto le
si strinse intorno alla vita e la sollevò in aria.
Oriane
strillò con quanto più fiato aveva in corpo,
sferrando calci e pugni in ogni
direzione.
- Sta buona, sciocca ragazzina!
Venne
lasciata con malagrazia e si ritrovò seduta a terra.
Alzò il capo di scatto,
pronta a gridare di nuovo e correre via, ma due occhi strabici e neri
la
inchiodarono al suo posto. Oriane deglutì e rimase ad
osservare basita monsieur
Caron, il capo macchinista. Sul viso unto e arricciato spiccava un
nasone rosso
e screpolato, che pendeva su due labbra violacee; qualche filo di
capelli
bianchi gli cadeva ai lati di quel capoccione a pera, cercando
inutilmente di
nascondere le orecchie larghe e a sventola.
- Che ci fai qui? – le chiese, chinandosi verso di lei per
osservarla meglio in
viso – dove correvi?
Oriane
trattenne una smorfia di disgusto per l’odore a dir poco
nauseabondo che il
corpo dell’uomo emanava.
- Io... stavo andando nella cappella – rispose con voce
flebile e tremante – a
pregare, ovviamente.
Caron
sorrise, mostrandole dei disgustosi denti gialli e marci.
- Non è tempo, mademoiselle! A quest’ora
è vietato venire qui.
- Non è vero. Io e le mie compagne ci rechiamo nella
cappella sempre a
quest’ora e...
- Ma adesso è vietato! – berciò
l’uomo, sputacchiando – almeno, finché
io sarò
qui. Non voglio nessuno in giro durante il mio turno!
Oriane
si rimise lentamente in piedi, senza ribattere nulla.
“Allora
mi toccherà venirci di notte,
quando non c’è più nessuno” si disse,
giocherellando con il tulle della sua gonna “quel
ragazzino dovrà attendere ancora un
po’...”.
- Forse, però, potrei fare un’eccezione.
A
quelle parole, tornò a guardare Caron. Il suo sorriso era
simile a quello di
una iena.
- Davvero? – gli chiese, speranzosa.
- Oui, mademoiselle! Ma ad una condizione.
- Quale?
- Dovrai sopportare la mia presenza.
“Così
sarà tutto inutile!”.
- Le mie preghiere deve ascoltarle solo Nostro Signore e
nessun’altro – ribatté
alzando il mento.
Caron
ondeggiò di qua è di là
l’enorme testa, nel tentativo di scimmiottarla.
- Le tue preghiere non mi interessano! – disse –
voglio solo controllare che
non accada nulla. Avrai sicuramente sentito di quel piccolo demonio che
ha
ammazzato un cristiano, vero? E se si fosse nascosto
nell’Opéra?
Oriane
impallidì di colpo. Come aveva fatto quello zotico a
capirlo? Che lo avesse
visto?
“Se
Caron ha davvero trovato quel
ragazzino, lo avrà sicuramente ucciso!”.
- Anche se fosse, perché dovrebbe aggredirmi? –
chiese, cercando disperatamente
di riprendere contegno. Le gambe tremavano così tanto, che
era un miracolo se
riusciva a mantenersi ancora in piedi!
L’uomo
sibilò una risata.
- Che ne so? C’è gente che ammazza per semplice
divertimento! – senza darle
tempo di replicare, la superò e afferrò la
maniglia della porticina,
aggiungendo – allora, cos’hai deciso? Non ho tutto
il pomeriggio!
Oriane
si guardò intorno. Non l’entusiasmava affatto
l’idea di rimanere da sola
insieme a Caron, ma voleva sincerarsi che il ragazzo che aveva aiutato
stesse
bene. Chissà, magari era nascosto dietro al dipinto
dell’Angelo e la stava
aspettando. Se si fosse avvicinata abbastanza al muro, avrebbe potuto
comunicare con lui senza farsi scoprire.
- Va bene, monsieur.
Sul
viso incartapecorito di Caron comparì un ghigno che la fece
rabbrividire. In
silenzio, lo seguì oltre la porta e scese velocemente la
gradinata di pietra,
udendo la serratura scattare alle proprie spalle.
La
cappella era immersa nel silenzio e stanchi fasci di luce che
penetravano dalle
vetrate trafiggevano una densa nube di pulviscoli. Sulla destra, il
quadro
dell’angelo misericordioso dominava la parete di mattoni.
Oriane
vi s’inginocchiò davanti, quasi a sfiorarlo con il
naso. Prese l’unica candela
ancora accesa e con una lentezza esasperante iniziò a
ravvivare le altre.
Avvertiva lo sguardo annoiato e insistente di Caron puntato addosso e
la
metteva tremendamente a disagio.
- Spero che tu sia qui dietro – sussurrò piano e
si augurò con tutto il cuore
che non si stesse sbagliando – tornerò questa sera
e ti porterò... dei vestiti.
E qualcosa da mangiare, anche.
Tese
l’orecchio, ma a darle risposta fu solo un lungo spiffero
d’aria gelida.
“Forse
sarà fuggito” si disse “ieri sera non mi sembrava molto
entusiasta di rimanere qui...”.
- Scappa.
Oriane
aggrottò le sopracciglia, sgomenta. Si era trattato solo di
un lieve bisbiglio,
che non avrebbe colto se non avesse prestato attenzione. Rimase
immobile,
annientata dall’urgenza e dall’angoscia che quella
Voce recava con sé.
Furono
le mani ruvide di Caron a richiamarla alla realtà. Le
sentì fra i capelli e
sulla pelle del collo, occupate ad elargirle viscide carezza.
- Che intenzioni avete?
Oriane
trovò la forza di balzare in piedi e allontanarsi, ma la
determinazione mutò
subito in paura non appena i suoi occhi incontrarono quelli eccitati
dell’uomo.
Era talmente presa dal pensiero di quel ragazzino, che aveva
dimenticato del
tutto le dicerie su Caron e su quanto gli piacesse insidiare le giovani
fanciulle!
L’uomo
le si avventò contro, cercando di chiuderla nel proprio
abbraccio. Oriane
lanciò un grido e appellandosi con disperazione a tutte le
sue forze, gli
sferrò un calcio allo stinco, facendolo bestemmiare e
piegare in due dal
dolore. Non perse tempo e gli scivolò accanto, risalendo due
a due i gradini della
cappella.
- Ferma, maledetta!
Oriane
aveva la vista appannata dalle lacrime e un fischio continuo nelle
orecchie. A
stento riusciva a respirare, il suo petto era sconquassato dai
singhiozzi. Si
aggrappò alla porta e iniziò a tirare, nella
speranza che si aprisse o che
qualcuno ne sentisse il triste stridore.
Ouch!
Quel
verso fu seguito da un tonfo, che mise a tacere le colorite
imprecazioni di
Caron. Oriane deglutì, staccandosi lentamente dalla maniglia
della porta e
schiacciandosi contro il muro freddo e umido. I suoi occhi erano
puntati sulla
luce tremula delle candele, mentre cercava di udire anche il
più piccolo
rumore. E se fosse stato solo un trucco di Caron? E se, in
realtà, la stesse
attirando in una trappola?
“Non
avrebbe senso!”
si disse, scendendo un gradino alla
volta “ha chiuso la porta, non
posso
sfuggirgli in nessun caso”.
Prese
un profondo respiro e si sporse, affacciandosi nella cappella. Il suo
cuore
perse un palpito e per un istante le parve di rivivere il sogno di
quella notte:
davanti a lei c’era il ragazzino che aveva soccorso, con il
sacco di iuta
calato sul viso e una pesante torcia stretta fra le mani. A terra
giaceva
Caron, tramortito. Pareva morto, ma Oriane non volle accertarsi se lo
fosse
davvero o no.
Non
sapeva nemmeno lei dove aveva trovato il coraggio di muovere degli
altri passi
e avvicinarsi al Figlio del Diavolo, arrivando quasi a fronteggiarlo.
Da quella
distanza così ravvicinata, ne poté scorgere gli
occhi blu e torbidi, simili a
nuvole di tempesta. Il suo sguardo sembrava quello di un adulto!
- Siamo pari.
Oriane
trasalì. Era stato davvero lui a parlare? La voce era giunta
da dietro le
pareti, ne era certa!
Avrebbe
voluto guardarsi intorno, ma gli occhi magnetici e al tempo stesso
terrificanti
di quel ragazzino avevano imprigionato i suoi.
- In-in che senso? – chiese.
- Tu hai aiutato me e io ho aiutato te. Non ho più alcun
debito nei tuoi
confronti, Oriane Giry.
- Come fai a conoscere il mio nome?
Adesso
che lo guardava meglio, Oriane notò che si era ripulito e
indossava una camicia
bianca e un paio di pantaloni neri. Li aveva forse presi dalla
sartoria? Come
aveva fatto?
Una
risata appena udibile le fece accapponare la pelle. Quel ragazzino non
si era
mosso di un centimetro!
“Che
sia davvero il Figlio del
Diavolo?”.
-
Tuttavia – riprese lui, ignorando la sua domanda –
avrò ancora bisogno del
tuo aiuto, almeno finché non avrò fatto di questo
Teatro la mia Dimora.
Oriane
deglutì a fatica.
-
Vuoi... restare qui?
-
Oui, mademoiselle.
La
paura che stava provando in quel momento le impediva di muoversi. Era
come se
il suo corpo fosse diventato di marmo.
-
Di che genere di aiuto hai bisogno?
-
Farò in modo che tu lo sappia al momento giusto –
le rispose il ragazzino –
per ora voglio proporti un patto.
Oriane
s’inumidì le labbra.
-
Aspetta. Non so nemmeno qual è il tuo nome, non so niente di te!
Il
Figlio del Diavolo impiegò alcuni istanti prima di
rispondere.
-
C’è tempo, lo saprai. Adesso ascolta
cos’ho da proporti, credo che ne trarrai
un certo guadagno...
-
Ti ascolto.
-
Come ti ho già detto ho ancora bisogno del tuo aiuto, ma non
lo voglio a
titolo gratuito. Anch’io aiuterò te.
Oriane
spostò il peso da un piede all’altro, confusa.
-
Perché dovrei averne bisogno? – chiese.
Il
ragazzino si limitò ad indicare l’uomo a terra
davanti ai suoi piedi.
-
Cosa sarebbe accaduto se non ci fossi stato io? Questo fa parte del
genere di
aiuto che potrei darti, Oriane.
Abbassò
gli occhi solo per guardare la chiazza rossa sulla testa di Caron. Non
aveva
tutti i torti, si disse: se non fosse intervenuto lui,
chissà cosa le avrebbe
fatto quel depravato!
-
Hai detto che ora siamo pari – esordì,
risollevando gli occhi chiari su quell’anonimo
sacco di iuta – perché dovrei accettare la tua
proposta?
Questa
volta la risata che riecheggiò fra le pareti sembrava
provenire dai recessi più
oscuri dell’Inferno.
-
Perché, altrimenti, ti accadrà qualcosa di
tremendo che va al di là della tua
immaginazione.
Oriane
si lasciò sfuggire un singhiozzo, mentre crollava sulle
ginocchia. Gli occhi
del Figlio del Diavolo parvero velarsi di rammarico, per poi tornare ad
essere
due cupi e spaventosi abissi.
-
Va bene, accetto – capitolò infine.
-
Non avrai a pentirtene, mademoiselle!
*
*
* * *
“Non
avrai a pentirtene” mi aveva detto il Figlio del Diavolo in
quel lontano giorno
di cinque anni fa, e non posso fare a meno di pensare che avesse
ragione. Nonostante tutto.
Iniziò
a seguirmi costantemente, lo sapevo anche se non potevo vederlo.
Sentivo il suo
sguardo liquido addosso, mentre osservava le mie lezioni di danza e
vigilava su
di me come una gargolla di Notre-Dame. All’inizio, non
credevo che avrebbe
mantenuto la sua parola: perché avrebbe dovuto farlo, poi?
Sarei stata
costretta ad aiutarlo in ogni caso e lui lo sapeva. Non
l’avrei mai abbandonato
a se stesso! In fondo, ero stata io a salvarlo dalla gendarmeria...
Quando
una mia compagna mi denigrò davanti a tutti, capii
finalmente in cosa
consisteva l’aiuto che lui mi aveva
promesso. Quella stessa mattina, la
ragazzina con cui spesso avevo degli screzi e che non perdeva occasione
per
mettermi in cattiva luce con madame Bonnet, si spezzò una
caviglia cadendo
dalle scale. Ricordo ancora il suo sguardo terrorizzato e quelle parole
appena
balbettate: “un teschio... un teschio mi ha
spinta!”.
Erik
– alla fine, il Figlio del Diavolo mi aveva rivelato il suo
vero nome – non
negò di essere stato lui a commettere quel terribile gesto.
Provai a
rimproverarlo, ma la sua incredibile Voce risuonò
così tremenda, che non mi
azzardai mai più a farlo.
Avevo
accettato il suo patto e lui si stava solo limitando a mantenerlo,
così come avevo
iniziato a fare anch’io.
Infine,
Erik è diventato una presenza costante nella mia vita.
Un’inquietante e
imprevedibile presenza, che tuttavia mi è ormai famigliare.
Non
avrei mai pensato che quel ragazzino dall’orribile volto
potesse essere una
Creatura tanto terribile quanto affascinante e sublime!
Riesce
a comunicare con me in qualsiasi momento e io sola odo i suoi sussurri.
Spesso
viene a farmi compagnia mentre eseguo i miei esercizi e, lo ammetto, mi
sono
chiesta spesso se non lo faccia perché si sente solo.
È imperscrutabile e credo
che non riuscirò mai a comprenderlo.
Ogni
volta che è lì, dietro la parete o in qualche
botola – con Erik non si può mai
sapere – mi esorta a dare il meglio di me. Mi ha detto spesso
che ho talento
per la danza e che se continuo così a breve potrei diventare
l’étoile dell’Opéra.
Non so perché, ma ho l’impressione che lui mi
aiuterà anche in questo.
La
neve scende giù, oltre le maestose finestre del Teatro,
soffocando con il suo
candore il triste grigio delle strade. La osservo danzare
nell’aria, mentre l’insolito
silenzio che regna nel foyer della danza mi abbraccia.
Sono
qui da diversi minuti, nella speranza che Erik si faccia sentire e che
mi
dedichi un po’ del suo tempo. Non so cosa mi prenda, ma se da
una parte lo
temo, dall’altra mi attrae irresistibilmente. Sarà
forse la sua Voce, così
simile al canto di una Sirena? O forse...
Scuoto
con decisione la testa prima che concluda quest’assurdo
pensiero, prima che il
mio cuore possa confermarlo con un sussulto. Per lui, per quella povera
Creatura tanto oltraggiata da una Natura Matrigna, provo solo
pietà. Solo
pietà.
Uno
spiffero gelido mi sfiora il viso, s’insinua fra i capelli
sciolti sulle
spalle, facendomi accapponare la pelle del collo. Erik è qui!
- Oriane...
Respiro
a fondo, ascoltando la sua Voce carezzare il mio nome.
- Sono qui Erik – rispondo – hai bisogno di
qualcosa?
A
rispondermi è solo un lungo silenzio. Mi guardo intorno,
scrutando fra le
pareti dorate del foyer, come se fossi in grado di vederlo.
- Non ho bisogno di nulla – la sua Voce si è fatta
sottile, leggera come i
fiocchi di neve che si adagiano contro i vetri. Dopo altri
interminabili
istanti di esitazione, lo sento aggiungere – vuoi che vada
via?
- No, resta. Facciamoci... compagnia – balbetto in risposta,
arrossendo.
Per
lui provo solo pietà.
Solo
pietà, Oriane, soltanto pietà.
Angolino
dell’autrice:
Ciao
a tutti!
È la
prima volta che pubblico in questa sezione e vi confesso che sono un
po’
agitata. Vorrei spendere qualche parola sulla fan fiction:
1 –
so che ne “Il Fantasma di Manhattan” viene detto
che Madame Giry si chiama
Antoinette, ma io preferisco il nome Oriane.
2 –
quando, nella versione cinematografica del musical, ho visto la scena
in cui
madame Giry “salva” il Fantasma, ho shippato
indegnamente questa coppia. Mi
sono chiesta molto spesso cosa fosse accaduto fra loro durante tutti
gli anni
antecedenti la storia con Christine.
In
questa shot senza pretese, ho immaginato che madame Giry avesse
iniziato a
provare qualcosa per Erik, ma da persona pragmatica e razionale quale
è ha soffocato
i proprio sentimenti. Ho dato per scontato, inoltre, che a lei non
facesse
alcun effetto il volto deformato del ragazzino.
Erik,
invece, è sempre Erik (?). Fa ad Oriane un’offerta
che non può rifiutare,
costringendola ad accettare con le sue solite minacce. Insomma, non si
smentisce
nemmeno da piccolo! Tuttavia, mi sono presa la libertà di
pensare che, in
fondo, si fosse in qualche modo affezionato a quella ballerina spaurita
che lo
aveva aiutato. Anche lui ha un cuore <3
Detto
questo, spero che abbiate apprezzato la mia one-shot. Mi farebbe
piacere sapere
cosa ne pensate!
A
presto!
Elly