Film > The Phantom of the Opera
Ricorda la storia  |      
Autore: Crateide    02/10/2015    2 recensioni
Madame Giry, all'epoca, era solo un'aspirante ballerina. Fu lei a salvare Erik dalla gendarmeria e a nasconderlo nei sotterranei dell'Opéra.
Ma cosa accadde, poi? Che tipo di rapporto ci fu tra loro e come nacque? Sappiamo che Madame Giry considerava Erik come un figlio adottivo, ma se nel segreto del suo cuore fosse stato ben altro?
Certe cose non possono essere confessate...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Erik/The Phantom, Madame Giry
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

 

Needles sting me

When you look away

And your silence

Sounds like deafening screams to me

I’ve been waiting

Won’t you open your heart?

And let me in

Please, let me in

- Frozen, Delain -

 

 

 

 

 

 

 

Quella notte Oriane Giry non riuscì a dormire.
Dietro le palpebre chiuse vedeva proiettarsi immagini grottesche, lingue di fuoco e ghigni inquietanti. Nelle orecchie udiva ancora le risate sguaiate degli zingari e gli inviti suadenti della Cartomante. Sentiva addirittura il lezzo di escrementi e sudore che aleggiava all’interno del circo, fra la folla di spettatori che la sospingevano in avanti.
Tutto si mischiava, si confondeva. Era così reale, che la ballerina più di una volta aprì gli occhi con il cuore che cozzava impazzito contro le ossa del torace. Si sollevava leggermente dalle lenzuola bagnate dal proprio sudore e con gli occhi febbricitanti guardava le sue compagne dormire tranquille nella penombra.
Per l’ennesima volta – ormai aveva perduto il conto – Oriane si rigettò sul cuscino e si coprì il viso con le mani.
Forse aveva solo sognato, si diceva. Forse non era accaduto davvero. In fondo, dall’esterno non giungevano schiamazzi di alcun tipo né il calpestio dei gendarmi che perlustravano le vie...
Richiuse gli occhi e, finalmente, Morfeo si degnò di condurla nel Mondo dei Sogni.
Si ritrovò di nuovo in quel maledetto circo, circondata da ombre indefinite e bagliori accecanti. Questa volta, però, Oriane era letteralmente in balia di quell’inquietante visione. La folla la trascinava come un fiume: mani sconosciute la trattenevano e la sospingevano; voci infernali la esortavano a camminare, chiamandola per nome, mentre davanti ai suoi occhi appariva quella scritta, che sembrava vergata con sangue vivo.

Devil’s Child

Il sipario si aprì e Oriane si ritrovò ad un tratto da sola, la folla era scomparsa. Il ragazzino che aveva salvato se ne stava in piedi dinanzi a lei, con quel sacco di iuta in testa, stringendo fra le mani il cappio con cui aveva strangolato lo zingaro. Ai suoi piedi, il cadavere dell’uomo la osservava con gli occhi terrorizzati: “cos’hai fatto!” sembravano urlarle.
Oriane spalancò la bocca, ma nessun suono venne fuori.
L’ultima cosa che vide prima che il buio spegnesse ogni cosa, furono le iridi magnetiche del ragazzino dal volto deforme.

 


*  *  *  *  *

 

 

La mattina seguente si svegliò a fatica. Le ciglia sembravano incollate le une alle altre e gli occhi pesavano come piombo.
Oriane non parlò con nessuna delle sue compagne che, stranamente, sembravano aver perduto tutta la loro favella. Le spiò di nascosto e le parvero turbate: chissà cosa avrebbero fatto se avessero saputo che il ragazzo da loro deriso si trovava proprio lì, nel Teatro dell’Opéra!

“Non è stato un sogno, è accaduto davvero” si disse Oriane, fissando le scarpette che le fasciavano i piedi “sono stata io ad aiutarlo a fuggire, dopo che l’ho visto uccidere a sangue freddo un uomo”.
Un colpetto sulla spalla la fece quasi urlare di paura. Si volse e subito incontrò la figura longilinea della sua insegnante. La osservava con un’espressione arcigna, accentuata dalle rughe che le contornavano la bocca e dai capelli biondissimi raccolti in uno chignon dietro la nuca.
- Mademoiselle Giry, di solito si dorme di notte – le disse con voce gracchiante, sollevando una sottile sopracciglia.
Oriane si raddrizzò subito e finse di aggiustarsi il tulle che le stringeva la vita.
- Perdonatemi, madame Bonnet – rispose – ho faticato ad addormentarmi.
- Devo forse dedurre che la visita al circo vi abbia fatto male? Siete tutte fiacche, stamane.
Il silenzio che scese era pieno di sottintesi. Oriane non ebbe il coraggio di guardare le sue coetanee né nessun’altro presente nella Sala.
- Dopo quello che è accaduto sotto i nostri occhi...!
A parlare era stata Paulette, la sua voce sottile e timida era inconfondibile. Madame Bonnet s’irrigidì di colpo.
- A meno che tu non abbia visto qualcosa, mademoiselle – disse – è bene lasciare che sia la gendarmeria ad occuparsi del caso. Detto questo, iniziamo con la lezione!

 

Oriane pensò al ragazzino per tutto il giorno, guardandosi intorno più e più volte, come se si aspettasse di vederlo comparire per i corridoi o dietro qualche tendaggio.
Lo aveva aiutato ad entrare nei sotterranei del Teatro, ma non gli aveva spiegato come uscirne. Adesso che ci pensava, però, nemmeno lei sapeva come fare! Ciò che conosceva sui piani inferiori, lo aveva appreso dalle chiacchiere dei chiudiporta e dei macchinisti: era un labirinto inestricabile, buio, dove era facile perdersi.
E se quel ragazzino fosse stato trovato da qualcuno? E se avesse rivelato che era stata una ballerina ad aiutarlo nella sua fuga?
Oriane scosse il capo con decisione. Non si era fatto trovare, ne era certa. Altrimenti, l’Opéra si sarebbe già riempita di gendarmi alla ricerca della stupida ragazzina che aveva aiutato un assassino.

“Non avrei dovuto farlo infilare in quel passaggio” si disse, tormentata dai sensi di colpa “si sarà sicuramente perduto! Chissà che fine farà! È passato quasi un giorno e non avrà toccato cibo... inoltre, era anche mezzo nudo! Sarà morto di fame e di freddo...!”.
Oriane approfittò di quelle ore di pausa per passeggiare dietro le quinte, fra scene di ogni tipo e macchinisti sudaticci, che sembravano non accorgersi nemmeno della sua presenza.
S’infilò nel corridoio che conduceva alla cappella, volgendosi ripetutamente indietro. Ad ogni passo che faceva ne udiva altri dieci rispondere alle proprie spalle, come se avesse avuto un esercito alle calcagna.
Il suo respiro si era fatto corto e il sudore le imperlava la fronte e il labbro superiore. Si sentiva sul punto di svenire, tanta era l’angoscia che le aveva stretto l’animo.
Si ritrovò a correre, incalzata dai battiti del proprio cuore. La porticina che si apriva sulla scalinata della cappella era proprio davanti a lei, a pochi metri, ma riuscì solo a sfiorarne la maniglia arrugginita, che un braccio nerboruto le si strinse intorno alla vita e la sollevò in aria.
Oriane strillò con quanto più fiato aveva in corpo, sferrando calci e pugni in ogni direzione.
- Sta buona, sciocca ragazzina!
Venne lasciata con malagrazia e si ritrovò seduta a terra. Alzò il capo di scatto, pronta a gridare di nuovo e correre via, ma due occhi strabici e neri la inchiodarono al suo posto. Oriane deglutì e rimase ad osservare basita monsieur Caron, il capo macchinista. Sul viso unto e arricciato spiccava un nasone rosso e screpolato, che pendeva su due labbra violacee; qualche filo di capelli bianchi gli cadeva ai lati di quel capoccione a pera, cercando inutilmente di nascondere le orecchie larghe e a sventola.
- Che ci fai qui? – le chiese, chinandosi verso di lei per osservarla meglio in viso – dove correvi?
Oriane trattenne una smorfia di disgusto per l’odore a dir poco nauseabondo che il corpo dell’uomo emanava.
- Io... stavo andando nella cappella – rispose con voce flebile e tremante – a pregare, ovviamente.
Caron sorrise, mostrandole dei disgustosi denti gialli e marci.
- Non è tempo, mademoiselle! A quest’ora è vietato venire qui.
- Non è vero. Io e le mie compagne ci rechiamo nella cappella sempre a quest’ora e...
- Ma adesso è vietato! – berciò l’uomo, sputacchiando – almeno, finché io sarò qui. Non voglio nessuno in giro durante il mio turno!
Oriane si rimise lentamente in piedi, senza ribattere nulla.

“Allora mi toccherà venirci di notte, quando non c’è più nessuno” si disse, giocherellando con il tulle della sua gonna “quel ragazzino dovrà attendere ancora un po’...”.
- Forse, però, potrei fare un’eccezione.
A quelle parole, tornò a guardare Caron. Il suo sorriso era simile a quello di una iena.
- Davvero? – gli chiese, speranzosa.
- Oui, mademoiselle! Ma ad una condizione.
- Quale?
- Dovrai sopportare la mia presenza.

“Così sarà tutto inutile!”.
- Le mie preghiere deve ascoltarle solo Nostro Signore e nessun’altro – ribatté alzando il mento.
Caron ondeggiò di qua è di là l’enorme testa, nel tentativo di scimmiottarla.
- Le tue preghiere non mi interessano! – disse – voglio solo controllare che non accada nulla. Avrai sicuramente sentito di quel piccolo demonio che ha ammazzato un cristiano, vero? E se si fosse nascosto nell’Opéra?
Oriane impallidì di colpo. Come aveva fatto quello zotico a capirlo? Che lo avesse visto?

“Se Caron ha davvero trovato quel ragazzino, lo avrà sicuramente ucciso!”.
- Anche se fosse, perché dovrebbe aggredirmi? – chiese, cercando disperatamente di riprendere contegno. Le gambe tremavano così tanto, che era un miracolo se riusciva a mantenersi ancora in piedi!
L’uomo sibilò una risata.
- Che ne so? C’è gente che ammazza per semplice divertimento! – senza darle tempo di replicare, la superò e afferrò la maniglia della porticina, aggiungendo – allora, cos’hai deciso? Non ho tutto il pomeriggio!
Oriane si guardò intorno. Non l’entusiasmava affatto l’idea di rimanere da sola insieme a Caron, ma voleva sincerarsi che il ragazzo che aveva aiutato stesse bene. Chissà, magari era nascosto dietro al dipinto dell’Angelo e la stava aspettando. Se si fosse avvicinata abbastanza al muro, avrebbe potuto comunicare con lui senza farsi scoprire.
- Va bene, monsieur.
Sul viso incartapecorito di Caron comparì un ghigno che la fece rabbrividire. In silenzio, lo seguì oltre la porta e scese velocemente la gradinata di pietra, udendo la serratura scattare alle proprie spalle.
La cappella era immersa nel silenzio e stanchi fasci di luce che penetravano dalle vetrate trafiggevano una densa nube di pulviscoli. Sulla destra, il quadro dell’angelo misericordioso dominava la parete di mattoni.
Oriane vi s’inginocchiò davanti, quasi a sfiorarlo con il naso. Prese l’unica candela ancora accesa e con una lentezza esasperante iniziò a ravvivare le altre. Avvertiva lo sguardo annoiato e insistente di Caron puntato addosso e la metteva tremendamente a disagio.
- Spero che tu sia qui dietro – sussurrò piano e si augurò con tutto il cuore che non si stesse sbagliando – tornerò questa sera e ti porterò... dei vestiti. E qualcosa da mangiare, anche.
Tese l’orecchio, ma a darle risposta fu solo un lungo spiffero d’aria gelida.

“Forse sarà fuggito” si disse “ieri sera non mi sembrava molto entusiasta di rimanere qui...”.
- Scappa.
Oriane aggrottò le sopracciglia, sgomenta. Si era trattato solo di un lieve bisbiglio, che non avrebbe colto se non avesse prestato attenzione. Rimase immobile, annientata dall’urgenza e dall’angoscia che quella Voce recava con sé.
Furono le mani ruvide di Caron a richiamarla alla realtà. Le sentì fra i capelli e sulla pelle del collo, occupate ad elargirle viscide carezza.
- Che intenzioni avete?
Oriane trovò la forza di balzare in piedi e allontanarsi, ma la determinazione mutò subito in paura non appena i suoi occhi incontrarono quelli eccitati dell’uomo. Era talmente presa dal pensiero di quel ragazzino, che aveva dimenticato del tutto le dicerie su Caron e su quanto gli piacesse insidiare le giovani fanciulle!
L’uomo le si avventò contro, cercando di chiuderla nel proprio abbraccio. Oriane lanciò un grido e appellandosi con disperazione a tutte le sue forze, gli sferrò un calcio allo stinco, facendolo bestemmiare e piegare in due dal dolore. Non perse tempo e gli scivolò accanto, risalendo due a due i gradini della cappella.
- Ferma, maledetta!
Oriane aveva la vista appannata dalle lacrime e un fischio continuo nelle orecchie. A stento riusciva a respirare, il suo petto era sconquassato dai singhiozzi. Si aggrappò alla porta e iniziò a tirare, nella speranza che si aprisse o che qualcuno ne sentisse il triste stridore.

Ouch!

Quel verso fu seguito da un tonfo, che mise a tacere le colorite imprecazioni di Caron. Oriane deglutì, staccandosi lentamente dalla maniglia della porta e schiacciandosi contro il muro freddo e umido. I suoi occhi erano puntati sulla luce tremula delle candele, mentre cercava di udire anche il più piccolo rumore. E se fosse stato solo un trucco di Caron? E se, in realtà, la stesse attirando in una trappola?
“Non avrebbe senso!” si disse, scendendo un gradino alla volta “ha chiuso la porta, non posso sfuggirgli in nessun caso”.
Prese un profondo respiro e si sporse, affacciandosi nella cappella. Il suo cuore perse un palpito e per un istante le parve di rivivere il sogno di quella notte: davanti a lei c’era il ragazzino che aveva soccorso, con il sacco di iuta calato sul viso e una pesante torcia stretta fra le mani. A terra giaceva Caron, tramortito. Pareva morto, ma Oriane non volle accertarsi se lo fosse davvero o no.
Non sapeva nemmeno lei dove aveva trovato il coraggio di muovere degli altri passi e avvicinarsi al Figlio del Diavolo, arrivando quasi a fronteggiarlo. Da quella distanza così ravvicinata, ne poté scorgere gli occhi blu e torbidi, simili a nuvole di tempesta. Il suo sguardo sembrava quello di un adulto!
- Siamo pari.
Oriane trasalì. Era stato davvero lui a parlare? La voce era giunta da dietro le pareti, ne era certa!
Avrebbe voluto guardarsi intorno, ma gli occhi magnetici e al tempo stesso terrificanti di quel ragazzino avevano imprigionato i suoi.
- In-in che senso? – chiese.
- Tu hai aiutato me e io ho aiutato te. Non ho più alcun debito nei tuoi confronti, Oriane Giry.
- Come fai a conoscere il mio nome?
Adesso che lo guardava meglio, Oriane notò che si era ripulito e indossava una camicia bianca e un paio di pantaloni neri. Li aveva forse presi dalla sartoria? Come aveva fatto?
Una risata appena udibile le fece accapponare la pelle. Quel ragazzino non si era mosso di un centimetro!

“Che sia davvero il Figlio del Diavolo?”.
- Tuttavia – riprese lui, ignorando la sua domanda – avrò ancora bisogno del tuo aiuto, almeno finché non avrò fatto di questo Teatro la mia Dimora.
Oriane deglutì a fatica.
- Vuoi... restare qui?
- Oui, mademoiselle.
La paura che stava provando in quel momento le impediva di muoversi. Era come se il suo corpo fosse diventato di marmo.
- Di che genere di aiuto hai bisogno?
- Farò in modo che tu lo sappia al momento giusto – le rispose il ragazzino – per ora voglio proporti un patto.
Oriane s’inumidì le labbra.
- Aspetta. Non so nemmeno qual è il tuo nome, non so niente di te!
Il Figlio del Diavolo impiegò alcuni istanti prima di rispondere.
- C’è tempo, lo saprai. Adesso ascolta cos’ho da proporti, credo che ne trarrai un certo guadagno...
- Ti ascolto.
- Come ti ho già detto ho ancora bisogno del tuo aiuto, ma non lo voglio a titolo gratuito. Anch’io aiuterò te.
Oriane spostò il peso da un piede all’altro, confusa.
- Perché dovrei averne bisogno? – chiese.
Il ragazzino si limitò ad indicare l’uomo a terra davanti ai suoi piedi.
- Cosa sarebbe accaduto se non ci fossi stato io? Questo fa parte del genere di aiuto che potrei darti, Oriane.
Abbassò gli occhi solo per guardare la chiazza rossa sulla testa di Caron. Non aveva tutti i torti, si disse: se non fosse intervenuto lui, chissà cosa le avrebbe fatto quel depravato!
- Hai detto che ora siamo pari – esordì, risollevando gli occhi chiari su quell’anonimo sacco di iuta – perché dovrei accettare la tua proposta?
Questa volta la risata che riecheggiò fra le pareti sembrava provenire dai recessi più oscuri dell’Inferno.
- Perché, altrimenti, ti accadrà qualcosa di tremendo che va al di là della tua immaginazione.
Oriane si lasciò sfuggire un singhiozzo, mentre crollava sulle ginocchia. Gli occhi del Figlio del Diavolo parvero velarsi di rammarico, per poi tornare ad essere due cupi e spaventosi abissi.
- Va bene, accetto – capitolò infine.
- Non avrai a pentirtene, mademoiselle!

 


*  *  *  *  *

 

 

“Non avrai a pentirtene” mi aveva detto il Figlio del Diavolo in quel lontano giorno di cinque anni fa, e non posso fare a meno di pensare che avesse ragione. Nonostante tutto.
Iniziò a seguirmi costantemente, lo sapevo anche se non potevo vederlo. Sentivo il suo sguardo liquido addosso, mentre osservava le mie lezioni di danza e vigilava su di me come una gargolla di Notre-Dame. All’inizio, non credevo che avrebbe mantenuto la sua parola: perché avrebbe dovuto farlo, poi? Sarei stata costretta ad aiutarlo in ogni caso e lui lo sapeva. Non l’avrei mai abbandonato a se stesso! In fondo, ero stata io a salvarlo dalla gendarmeria...

 
Quando una mia compagna mi denigrò davanti a tutti, capii finalmente in cosa consisteva l’aiuto che lui mi aveva 
promesso. Quella stessa mattina, la ragazzina con cui spesso avevo degli screzi e che non perdeva occasione per mettermi in cattiva luce con madame Bonnet, si spezzò una caviglia cadendo dalle scale. Ricordo ancora il suo sguardo terrorizzato e quelle parole appena balbettate: “un teschio... un teschio mi ha spinta!”.
Erik – alla fine, il Figlio del Diavolo mi aveva rivelato il suo vero nome – non negò di essere stato lui a commettere quel terribile gesto. Provai a rimproverarlo, ma la sua incredibile Voce risuonò così tremenda, che non mi azzardai mai più a farlo.
Avevo accettato il suo patto e lui si stava solo limitando a mantenerlo, così come avevo iniziato a fare anch’io.

 
Infine, Erik è diventato una presenza costante nella mia vita. Un’inquietante e imprevedibile presenza, che tuttavia mi è ormai famigliare.
Non avrei mai pensato che quel ragazzino dall’orribile volto potesse essere una Creatura tanto terribile quanto affascinante e sublime!
Riesce a comunicare con me in qualsiasi momento e io sola odo i suoi sussurri. Spesso viene a farmi compagnia mentre eseguo i miei esercizi e, lo ammetto, mi sono chiesta spesso se non lo faccia perché si sente solo. È imperscrutabile e credo che non riuscirò mai a comprenderlo.
Ogni volta che è lì, dietro la parete o in qualche botola – con Erik non si può mai sapere – mi esorta a dare il meglio di me. Mi ha detto spesso che ho talento per la danza e che se continuo così a breve potrei diventare l’étoile dell’Opéra. Non so perché, ma ho l’impressione che lui mi aiuterà anche in questo.

 
La neve scende giù, oltre le maestose finestre del Teatro, soffocando con il suo candore il triste grigio delle strade. La osservo danzare nell’aria, mentre l’insolito silenzio che regna nel foyer della danza mi abbraccia.
Sono qui da diversi minuti, nella speranza che Erik si faccia sentire e che mi dedichi un po’ del suo tempo. Non so cosa mi prenda, ma se da una parte lo temo, dall’altra mi attrae irresistibilmente. Sarà forse la sua Voce, così simile al canto di una Sirena? O forse...
Scuoto con decisione la testa prima che concluda quest’assurdo pensiero, prima che il mio cuore possa confermarlo con un sussulto. Per lui, per quella povera Creatura tanto oltraggiata da una Natura Matrigna, provo solo pietà. Solo pietà.
Uno spiffero gelido mi sfiora il viso, s’insinua fra i capelli sciolti sulle spalle, facendomi accapponare la pelle del collo. Erik è qui!
- Oriane...
Respiro a fondo, ascoltando la sua Voce carezzare il mio nome.
- Sono qui Erik – rispondo – hai bisogno di qualcosa?
A rispondermi è solo un lungo silenzio. Mi guardo intorno, scrutando fra le pareti dorate del foyer, come se fossi in grado di vederlo.
- Non ho bisogno di nulla – la sua Voce si è fatta sottile, leggera come i fiocchi di neve che si adagiano contro i vetri. Dopo altri interminabili istanti di esitazione, lo sento aggiungere – vuoi che vada via?
- No, resta. Facciamoci... compagnia – balbetto in risposta, arrossendo.
Per lui provo solo pietà.

Solo pietà, Oriane, soltanto pietà.

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti!
È la prima volta che pubblico in questa sezione e vi confesso che sono un po’ agitata. Vorrei spendere qualche parola sulla fan fiction:
1 – so che ne “Il Fantasma di Manhattan” viene detto che Madame Giry si chiama Antoinette, ma io preferisco il nome Oriane.
2 – quando, nella versione cinematografica del musical, ho visto la scena in cui madame Giry “salva” il Fantasma, ho shippato indegnamente questa coppia. Mi sono chiesta molto spesso cosa fosse accaduto fra loro durante tutti gli anni antecedenti la storia con Christine.
In questa shot senza pretese, ho immaginato che madame Giry avesse iniziato a provare qualcosa per Erik, ma da persona pragmatica e razionale quale è ha soffocato i proprio sentimenti. Ho dato per scontato, inoltre, che a lei non facesse alcun effetto il volto deformato del ragazzino.
Erik, invece, è sempre Erik (?). Fa ad Oriane un’offerta che non può rifiutare, costringendola ad accettare con le sue solite minacce. Insomma, non si smentisce nemmeno da piccolo! Tuttavia, mi sono presa la libertà di pensare che, in fondo, si fosse in qualche modo affezionato a quella ballerina spaurita che lo aveva aiutato. Anche lui ha un cuore <3

Detto questo, spero che abbiate apprezzato la mia one-shot. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!

 

A presto!
Elly

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Phantom of the Opera / Vai alla pagina dell'autore: Crateide