No more fear
Now darkness has come to the
roses
The fire is reaching the end
The colours that I have
created
Are
suddenly flying away
Urla
sommesse squarciano l’aria densa e fredda. Sollevo un
po’ il capo cercando di
individuare da dove provengono, ma è ancora troppo buio,
mancano diverse ore al
sorgere del sole e ricordo che qui è vietato mostrare troppo
interesse per ciò
che succede agli altri prigionieri. Lo ritengono un segno di debolezza
che deve
essere estirpata fino all’ultimo. Se qualcuno viene picchiato
lo è per una
buona ragione, ed è meglio farsi gli affari propri.
Come
nel mio
caso: la guardia che mi sta trascinando verso la piazzola di fronte al
sito di
estrazione più grande sembra considerarlo un grande onore, e
in effetti,
finalmente qualcuno darà una bella lezione alla spina nel
fianco di Endovier.
Ci
sono
momenti in cui vorrei addormentarmi e non svegliarmi più,
per lasciare per
sempre questo mondo che ogni giorno tenta di soffocarmi.
L’oscurità
è
così accogliente, benevola persino, disposta a liberarmi dal
pianto e dai
gemiti che continuo a sentire nelle notti peggiori, non importa quanto
mi
sforzi di ignorarli.
Sembra
quasi
una maledizione che mi perseguita sin da quando sono nata, le voci non
mi
abbandoneranno mai, anzi, dopo un po’ diventano quasi di
compagnia quando sento
il freddo insinuarsi sotto i vestiti logori, quel gelo che irretisce ed
e può
essere fatale.
Non
è stato
sempre così, ma sono lontani ormai i giorni veramente felici.
Memorie
dell’infanzia, sbiadite dal tempo, fluttuano e si scolorano
sempre più e ora mi
è quasi impossibile distinguerle dai sogni.
Giocano
rincorrendosi nella mia mente, per poi scontrarsi e fondersi insieme in
macchie
colorate, velocissime, e non appena provo a rincorrerle, finisco per
trovarmi
da sola in un’enorme sala scura, i vetri rotti alle finestre
dalle tende
strappate e un penetrante odore di corpi bruciati nell’aria.
L’immaginazione
gioca brutti scherzi quando della morte si fa una ragione di vita.
Dev’essermi
proprio entrato nel sangue, il veleno di questo posto.
Forse
però
c’era qualcosa…
Un
ricordo
lontano, di giochi e risate di bambini, di cristalli luminosi e sorrisi
velati,
abbracci forse. Che cosa darei per tornare indietro, solo un
po’, per ricordare
com’era essere vivi sul serio.
Il
ricordo
sfuma presto e stringo forte i denti non appena una fitta lancinante mi
dilania
le membra, è insopportabile, e lo è ancora di
più sentire le risate di scherzo
delle altre due guardie che mi tengono ferma per le braccia.
Il
sangue
sprizza immediatamente dalle ferite con un sibilo quando per il colpo
ricevuto
un rivolo mi cola lungo lo zigomo da un taglio poco sopra
l’occhio sinistro,
scivolando verso le labbra, riesco a sentirne il sapore metallico.
Intanto un
ghigno di compiacimento prende forma sul volto dell’uomo
armato di frusta di
fronte a me.
Si
diverte,
il bastardo. Se solo potessi muovermi, gli taglierei di netto quella
lingua.
Cerco
di
liberare un braccio dalla presa del soldato alla mia destra e facendo
leva sui
piedi riesco quasi ad alzarmi di scatto, ma un altro che non avevo
visto
arrivare mi assesta un violento pugno nello stomaco facendomi
barcollare.
Incespico
nei miei stessi piedi nel tentativo inutile di muovermi verso lo spazio
vuoto
dietro gli uomini intenti a scavare alla mia sinistra.
È
una mossa
disperata, oltre che inutile, e subito qualcuno mi agguanta
violentemente il
braccio sinistro torcendolo finché non sento qualcosa
spezzarsi. Le lacrime mi
pungono gli occhi, sono stata io a tirare troppo la corda, dannazione e
questo
è il risultato.
Ricado
a
terra, vomitando sangue acido. Respiro a fatica e ho la gola in fiamme,
ma non
ho il tempo di riprendere fiato che una mano mi afferra con forza per i
capelli, tirandomi la testa all’indietro con un colpo secco.
-
Ci hai
provato eh? Ma non ti è andata così bene. Ti
meriteresti di morire adesso, e ti
assicuro che sarebbe un grande onore per me toglierti di mezzo una
volta per
tutte.
Lo
sussurra
quando sono ancora accovacciata, perché possa sentirlo solo
io. Il suo fiato
caldo e viscido mi soffia sul collo, provocandomi un conato e sebbene
non
voglia ammetterlo, il tocco di quelle mani lorde di sangue mi ricorda
fin
troppo me stessa, mi disgusta.
-
Ti
piacerebbe...
Sputo
sangue
e saliva, cercando invano di recuperare le forze perdute, ma la fatica
che
provo anche solo per pronunciare poche parole mi sembra sproporzionata.
Mi
da un
altro strattone prima di lasciarmi andare, e infine ordina ai suoi
subordinati
di rimettermi in piedi, la pausa è decisamente finita.
Una
criminale
come me, merita senz’altro una punizione più
efficace, perché non infranga più
le regole e mi rimetta in riga.
I’m not fighting myself, will
not follow
‘Cause my choices are mine,
it’s my fate
And I’ll never bow down from
the sorrow
I’ll face all that is coming
my way
Mi
colpiscono ripetutamente, qualche volta mi capita di perdere
conoscenza.
Mi
risvegliano con secchiate d’acqua gelida.
Qualche
volta mi sembra di soffocare.
Di
tanto in
tanto penso che non sarebbe così male.
Vorrei
reagire, ucciderli tutti quanti, dimostrare che in fondo, anche le
bestie
peggiori restano sempre uomini.
Non
avevo
mai saputo cosa fosse davvero l’odio, fino al giorno che
cambiò per sempre la
mia vita e in cui decisi di cambiare nome e dimenticare tutto
ciò che era stato
prima nella mia non-vita.
La
notte in
cui loro furono uccisi, una parte di me morì con loro.
Da
quel
momento in poi l’odio divenne il mio fedele compagno di
disavventure, alla
stregua del pugnale avvelenato al mio fianco con cui ho messo fine a
molte
vite, e forse dovrei ringraziarlo: è stato proprio quel
desiderio di vendetta
covato per anni nei recessi più oscuri del mio animo che mi
ha spinto a
continuare a vivere.
L’astio
e il
risentimento mi hanno reso ciò che sono adesso, la fatica
degli allenamenti ha plasmato
il mio corpo in un’arma quasi perfetta, in continua
evoluzione,
Il
futuro
che mi aspetta non è molto diverso, perché
verrà il giorno, lo giuro sulla mia
vita, in cui chi ha ordito tutto questo pagherà con il suo
sangue e finalmente
la mia lama reclamerà con gioia la sua anima insanguinata
finché non sarò morta
anch’io, e solo allora la mia sopravvivenza avrà
avuto un senso.
Ripenso
spesso a Sam, che abbandonò ogni cosa per seguirmi, senza
avere la certezza che
l’avremmo fatta, ma con la promessa di volare sempre
più in alto negli occhi
dorati, il mio Sam.
Non
lo
rivedrò mai più, se non nei miei ricordi.
Non
piango,
non lo farò davanti a questi soldati, davanti a questi
uomini che hanno deciso
di tradire tutto ciò in cui credevano per amore del denaro e
del potere.
Mi chiedo continuamente come sarebbero andate le cose se fosse ancora
qui, se
quella notte avessi deciso di fermarlo e forse avrei potuto,
è un rimpianto che
non andrà mai via del tutto.
Posso
quasi
sentirlo lamentarsi del mio comportamento avventato, sempre pronto a
ricordarmi
che c’era qualcuno che teneva a me benché sapesse
benissimo che non avevo più
una famiglia. E Sam ci aveva provato, a diventare quella famiglia, ma
anche lui
mi è stato strappato via ed è come se fossi stata
io ad ucciderlo, a
condannarlo a morte certa soltanto per il fatto di avermi conosciuta.
Il vuoto che ha lasciato è vivo e presente più di
quanto avrei potuto
immaginare.
Era
da molto
tempo che non provavo un sentimento così intenso per una
persona.
Nessuno
mi
aveva mai lasciato un segno tanto forte, eppure in lui avevo trovato
prima un
rivale, poi un confidente, e infine, qualcuno che in un altro mondo, in
un’altra vita avrebbe potuto essere semplicemente di
più.
Mi
aveva
trattata con rispetto, regalandomi il suo affetto senza chiedere niente
in
cambio.
Ed
io,
sciocca, ci avevo creduto.
Mi
ero
convinta che davvero potessi affacciarmi a uno spiraglio di
felicità nel dolore
in cui ero caduta.
Ma
quel male
che un tempo mi attanagliava le viscere, facendomi rivivere ogni notte
l’ìncubo
che ero riuscita a scacciare con tanta fatica, diventa sempre
più pressante
ogni giorno che passa, come una bestia impazzita smania e si dimena per
potersi
liberare dalle catene della schiavitù che la tengono
imprigionata.
È
la parte
di me che ho sempre cercato di reprimere, ma mi rendo conto che
è ora di
lasciarla andare, perché possa vedere ancora il mondo che
tanto avevo
desiderato salvare.
Quel
mondo
fatto di persone come Sam e tutti gli altri prigionieri del campo.
Improvvisamente
un’altra frustata si abbatte sulla mia schiena.
Poi
un’altra.
Le
mie
labbra restano serrate.
Soffoco
un
altro grido.
Un
velo di
lacrime mi annebbia la vista.
Gli
arti
perdono sensibilità velocemente.
Che
mi
torturino pure, accetterò qualunque sevizia, ma non
cederò, non adesso.
Alzo
la
testa lentamente e guardo dritto negli occhi il mio carceriere con aria
di
sfida, scoprendo i denti macchiati di rosso, ma dentro di me ho
già deciso.
Non
è ancora
tempo di morire.
Forse
sono
finalmente impazzita, sono davvero riusciti a farmi perdere la ragione
ma
credo… anzi, sono sicura che l’uomo di fronte a me
sia Sam, riconoscerei il suo
viso fra mille.
Che
sia già
morto, benché ne sia razionalmente consapevole, non ha
alcuna importanza, perché
adesso lo vedo così chiaramente come non era mai successo
prima.
Ora
nei suoi
occhi si specchiano miei, come per un ultimo saluto.
Blu
scuro e
oro ritornano da un tempo dimenticato brillando come un marchio, la mia
eterna
dannazione.
Proprio
questi occhi che ho sempre detestato, ciò che resta di un
passato che tento di
cancellare da troppo tempo, sono loro a ricordarmi sempre chi sono
davvero.
Ora
più che
mai non posso permettermi di vacillare.
Aspetto
con
ansia il prossimo colpo, l’ultimo e prima di perdere i sensi
so con certezza,
che il mio viaggio non si fermerà qui.
Andrò
avanti
e mi rialzerò sempre, per loro, per lui.
Sorrido
impaziente, ricordando le parole che mi avevano tenuto in vita tante
volte, le sue
parole.
Le
ripeto
ancora, e ancora, e ancora…
I’m
searching no more for
tomorrow
I reach for the skies while I
can
The unknown will always be
waiting
My last day I’ll jump in its
hands
Il
mio nome
è Sam Cortland e non avrò paura.
Il
mio nome
è Caelena Sardothien e non avrò paura.
NdA: Due righe per concludere. Questa storia è nata per
caso, ed è speciale
perché è la prima che scrivo dopo aver cambiato
casa.
Può sembrare stupido ma essere lontani da casa propria
può innescare tutta una
serie di reazioni a catena imprevedibili e per me è stato
come ribaltare il mio
mondo da così a così.
E' un po' una consolazione per me sapere che certi personaggi
continuano a
restare al mio fianco ovunque mi sposti, sono una sorta di coperta di
Linus che
mi ha permesso di sentirmi meno sola in certi momenti, a contatto con
qualcosa
di familiare.In più Il trono di ghiaccio è una
serie che mi ha dato tanto e
continua ad emozionarmi, tanto che non sto più nella pelle
quando penso di
dover leggere i capitoli che ancora mi mancano.
Celaena, Sam e non solo, sono diventati in poco tempo dei compagni di
avventura
e questo episodio mi sentivo di raccontarlo così
perché leggere la fine delle
novelle mi ha fatto tanto male quanto mi ha fatto pensare che forse,
diversamente non poteva andare, che probabilmente quella era l'unica
soluzione
possibile perché poi la protagonista diventasse quello che
è adesso, la
guerriera che noi conosciamo.
Fatemi sapere cosa ne pensate e ditemi la vostra senza remore u.u
A presto ^-^