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Autore: lapoetastra    04/10/2015    4 recensioni
Vorrei scappare, uscire da questo labirinto senza fine nella quale mi sono completamente perduta.
Un urlo agghiacciante mi paralizza.
Lei è qui.
Mi ha trovata.
Viene a prendermi.
Genere: Horror, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Intorno a me, tutto è buio.
Il silenzio domina l’ambiente circostante, ed è talmente assoluto che perfino il mio stesso respiro affannoso mi pare un rumore insopportabile.
Cammino piano, con una lentezza estenuante.
Dove sono?
Non ne ho idea, so solo che voglio uscire al più presto da questo luogo che non conosco e che mi terrorizza a morte.
C’è qualcosa, nell’oscurità.
Lo sento.
Mi osserva, mi ascolta, mi segue.
Ma io non vedo nulla, e tale cecità non può fare altro che intimorirmi ancora di più.
Le pareti scabre si susseguono sotto le mie dita tremanti, man mano che procedo.
Cerco disperatamente un interruttore, ma non ce n’è nemmeno uno. Ovviamente.
Voglio uscire di qui, ma non ci sono porte, e neanche finestre.
Solo ombra, solo paura.
L’importante è camminare, un passo dopo l’altro, fino alla fine.
Non so se…
Un urlo improvviso mi paralizza agghiacciandomi.
Mi blocco di colpo, con gli occhi spalancati e le orecchie tese.
Solo silenzio, ora.
Il respiro si è fatto pesante, e mi porto una mano alla bocca per soffocare singhiozzi spaventati che sfuggono al mio controllo.
Ricomincio a camminare, fremendo.
Lo risento.
È una donna che grida, ed il suo non è un urlo di terrore, come quello che mi è appena sfuggito.
No, quello è uno strillo di follia, e c’è crudeltà nel suo tono, e gaiezza nel suo passo che è sempre più vicino.
Lei sta arrivando.
Devo scappare.
Ma dove?
Sono rinchiusa in questa casa che non è la mia, piena di stanze che non conosco, completamente al buio.
Corro, e corro, con il fiatone ed il cuore a mille, guidandomi unicamente con il tatto.
Lei è qui, adesso.
Cammina, ridendo di questa caccia che sicuramente la diverte un mondo, e striscia qualcosa di identificabile sul freddo pavimento.
La percepisco di colpo sotto le dita, ed il respiro mi si blocca di colpo.
C’è una porta, alla mia sinistra.
Prego con tutta me stessa che non sia chiusa, perché se così non fosse…
Gemo di sollievo.
Si è aperta, cigolando in modo impressionante, ma non mi importa più di non fare rumore, ora, perché tanto so che quell’orrenda creatura è a conoscenza dei miei spostamenti.
Adesso però sono al sicuro, almeno per un po’, almeno per il tempo necessario a calmarmi ed a valutare più lucidamente la terribile situazione nella quale mi sono trovata catapultata.
Chiuso la porta dietro di me, facendo correre il chiavistello, e solo quando sento il suoi rassicurante clic, mi concedo un sospiro rilassato.
C’è un odore strano, nell’aria, disgustoso e rivoltante che per poco non mi fa dare di stomaco, ma riesco a trattenere i conati.
Rimango lì, ferma con il cuore che ancora pulsa forsennatamente nel petto causandomi quasi fitte di dolore.
Odo la donna, la mia aguzzina, fermarsi dietro alla porta, e soltanto pochi centimetri di legno ci separano.
Fiuta pesantemente l’aria, alla ricerca di una mia traccia.
Ride, ed è sempre più folle, e mi fa accapponare la pelle.
Sono convinta che a momenti cercherà di entrare, per venirmi a prendere, per giocare con me in modi che sicuramente non mi piaceranno.
Non sono mai stata più contenta di essermi sbagliata.
La donna se ne va, saltellando e continuando a strisciare a terra quella cosa indefinita, e si allontana fino a quando la sua risata stridula sfuma nell’aria tersa.
Mi abbraccio forte da sola, perché sto ancora tremando, e non solo a causa della paura, adesso.
Fa freddo, qui, terribilmente.
Una luce improvvisa mi abbaglia, senza che io abbia fatto nulla per accenderla, rubandomi per un attimo la vista che per troppo tempo è stata abituata all’oscurità assoluta.
Quando essa mi viene ridata, sbatto gli occhi in preda alla confusione.
La luce, bianca e gelida come ghiaccio, va e viene, illuminando a sprazzi la stanza nella quale mi trovo.
Volto lo sguardo a destra ed a sinistra, per capire dove sono, e se c’è una via di uscita alternativa.
Urlo con quanto fiato ho in gola.
C’è qualcosa, per terra, qualcosa di marcio che crea un tappeto di sangue secco e rossastro sul pavimento.
Ecco da dove viene quell’odore che fin da subito mi ha sferzato le narici e mi ha rivoltato le budella.
È un puzzo che sa di morte e dolore.
Con quel gusto che si prova solo per le cose più orrende, mi avvicino.
Le mie scarpe di tela bianca di sporcano all’istante, ma non ci faccio caso.
Allungo il collo, piano, e grido di nuovo, perché i miei dubbi hanno trovato una spiacevole conferma.
Ci sono dei corpi, per terra.
Cadaveri in putrefazione, a pezzi.
Riconosco un braccio, ed una gamba, sparsi qua e là accanto a me.
C’è anche un occhio, che mi fissa solitario e sbarrato ai miei piedi, come se volesse mettermi in guardia da qualcosa o qualcuno, probabilmente la stessa persona che lo ha strappato al suo legittimo proprietario.
Mi gira la testa.
Devo uscire di qui, devo andarmene.
Dannazione a me ed alla mia stupida curiosità.
Sarei dovuta rimanere a casa, sotto le coperte, a guardare un film, al sicuro ed al caldo.
Invece no, dovevo esplorare anche io questa specie di castello degli orrori dove mia sorella minore mi ha giurato che ci fossero i fantasmi.
Quando me lo ha detto io non ci ho creduto, ovviamente, lei è sempre così infantile e fifona, e per dimostrarle il suo errore ho accettato la scommessa che mi ha proposto: trascorrere in questa casa vuota ed apparentemente disabitata una notte intera.
Non si sbagliava, a quanto pare.
C’è davvero qualcuno qui, e non sono in grado di dire se si tratta di una donna in carne ed ossa oppure…
Con movimenti meccanici tolgo il chiavistello, spalanco la porta ed inspiro l’aria pulita del corridoio buio.
Esco piano, ed ho ricominciato a tremare.
Lei potrebbe essere nascosta ovunque, ammantata dall’oscurità che è ormai diventata la mia inseparabile compagna.
Non c’è, però, ed il silenzio è qualcosa di stupefacente, che quasi mi assorda con le sua perfezione.
Cammino di nuovo, e continuo a vedere di fronte a me quei cadaveri smembrati e disgustosi.
Sicuramente finirò anche io così, se non riesco a trovare una scappatoia.
Ma questo non è un castello, è un labirinto lungo ed interminabile, nel quale mi sono completamente perduta.
Un urlo devastante mi paralizza, per l’ennesima volta in questa assurda serata.
Lei è qui.
Viene a prendermi.
Grido anche io, allora, e vorrei correre, scappare, ma d’improvviso è come se le mie gambe fossero di cemento, e per quanto ci provi non riesco a muoverle.
Lei arriva.
Si avvicina a me, la sento, ma non la vedo.
Inspiro.
Ha un  odore forte, nauseabondo, lo stesso che ho percepito nella camera dei cadaveri.
Il suo fiato caldo mi solletica il collo facendomi inevitabilmente rabbrividire di disgusto.
< Ti ho trovata! >, strilla in falsetto, e la sua è una voce stridula, quasi come quella di una bambina che finalmente ha in mano il suo tanto desiato giocattolo.
Sussulto, ma non dico nulla.
Non ce la faccio, quasi non riesco più a respirare dalla paura.
Di colpo si accende una luce, proveniente da chissà quale fonte nascosta, ed all’inizio ne sono completamente abbacinata.
Piano a piano, però, tutto si fa nitido di fronte a me, e finalmente la posso vedere.
Vorrei non averlo fatto.
È una donna, come pensavo, e sembra non avere età.
I suoi capelli scompigliati vanno in ogni direzione e sono neri come il carbone, e così contrastano con il pallore del suo viso, troppo bianco e smunto per appartenere ad un essere vivere.
I suoi occhi piccoli e lucidi mi guardano con bramosia e sfuggono subito, senza che riescano a posarsi su niente per più di una manciata di secondi.
C’è follia, in quello sguardo.
Indossa una misera vestaglia anche essa bianca, a brandelli, insozzata da sporcizia di vario genere.
Forse sono macchie di sangue, quelle che riluciono leggermente sul suo sobrio vestiario.
È sicuramente sangue, quello che sgocciola dall’ascia affilata che ha in mano e che continua a strisciare sul pavimento.
Tremo, sempre più forte.
Piango, ma rimango in silenzio, perché non ho più voce.
Quando lei alza l’arma, continuando imperterrita a sogghignare, chiudo gli occhi.
Il respiro mi abbandona completamente.
Il buio mi avvolge.
Svengo.
 
 
La ragazza priva di sensi venne portata via dall’ambulanza.
Accanto a lei, al suo cospetto, vi era una donna, con i capelli scarmigliati ed i vestiti stracciati.
Stringeva la mano della fanciulla svenuta, e piangeva, e le lacrime scioglievano il cerone bianco che le ricopriva l’intero viso, donandole un colorito innaturalmente pallido, come se la sua pelle fosse fatta di fragile alabastro.
< Non doveva andare così, doveva solo essere un innocente scherzo! >, spiegava tra i singhiozzi, come se l’altra avesse potuto sentirla. < Mi avresti dovuta riconoscere, quando si sono accese le luci, Claire! Avresti dovuto riconoscere tua sorella! >
Ma Claire non lo aveva fatto.
Era talmente terrorizzata che non si era nemmeno resa conto che sotto tutti quegli strati di trucco e l’aria da pazza, non v’era altri che sua sorella minore, Jenny, la quale per una volta aveva voluto prendersi una rivincita su di lei e sulle sue continue burle e frecciatine.
Per tale motivo aveva organizzato tutto quello scherzo di cattivo gusto, per farla spaventare, per dimostrarle che anche lei, sempre così stoica e coraggiosa, ogni tanto si spaventava.
Ma ora, mentre stringeva la mano smunta di Claire, ancora priva di sensi, era Jenny ad avere paura.
   
 
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