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Autore: GlairPhoenix    05/10/2015    0 recensioni
Questo è il destino di noi peccatori, mi dicesti una volta: pagheremo per i nostri errori nel modo più brutale possibile, esattamente come noi abbiamo giustiziato troppe anime innocenti.
Va bene così, papà. Sono felice perché ora potrò chieder perdono a quella madre alla quale ho strappato l'utero o quel signore anziano che mi faceva compagnia alla stazione quando aspettavo la metropolitana per la scuola, la cassiera del supermercato in centro oppure quella ballerina in quel disgustoso locale.
Genere: Angst, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Papà, perché stai piangendo? Asciuga quelle lacrime, non ne vale la pena: sorridi, io sto bene.
Sai, le tue mani sono caldissime, era una vita che aspettavo un momento del genere: sono morbide e lisce, come quelle dei bambini; riesco a sentire dei dossi morbidi, sono forse delle cicatrici?
I tuoi capelli mi solleticano il naso ma non posso storcerlo, non posso ridere e non posso poter mugugnare qualcosa infastidito. Ho un dolore all'addome tremendo, i miei occhi sono appannati dalla lacrime ma io riesco a sentirti.
Hai una voce così bella e calda papà, non guastare questa dolce melodia con un doloroso pianto, non ne vale davvero la pena. Non eri tu quello che mi dicevi che piangere non è da veri uomini? Mi hai sempre rimproverato quando mi trovavi rannicchiato sul mio letto col volto paonazzo e gli occhi gonfi pieni di delusioni amorose o scolastiche, il trucco che sporcava le lenzuola e i miei lunghi capelli umidicci. Mi rimproveravi anche il fatto che mi trucco pur essendo un uomo, per il mio smalto nero e i capelli sempre perfettamente corvini.
Amavi il biondo dei miei capelli ma io l'ho sempre detestato, mi associavi alla mamma e ciò mi faceva star male: quindi decisi di tingermeli, quando mi vedesti nero come la pece mi sorridesti senza dir nulla; quel gesto fece sorridere anche me, voleva dire che in un certo senso mi accettavi per quello che sono.
Ma ora perché non accetti la realtà, papà? Continui a piangere e a sussurrarmi di restare anche se sai che è impossibile: posso solo perdermi nell'argento dei tuoi lunghi capelli senza poterti dire nulla.
Mi accarezzi la guancia e il mento, sfiori con la falange la mia fossetta e le labbra che pian piano perdono il loro roseo colorio: riesco a sentire le forze che mi abbandonano sempre più lentamente, come un veleno che ti uccide dall'interno fino a farti impazzire.
La coltellata ha fatto male, sai? È stato come se mi avessero operato senza alcun tipo di anestesia, come un bisturi che mi ha aperto il ventre senza alcuna pietà.
Eppure è stato veloce: un attimo, un respiro, un battito di ciglia. Non pensavo che fosse così semplice, sai? Ora so cosa hanno provato tutte le mie povere vittime, papà, ora capisco cosa si prova nel vedersi strappare un futuro davanti agli occhi così brutalmente.
Ma sono felice. Sono felice perché questo pugnale ha salvato la tua vita papà, non importa se non potrò vedermi crescere i capelli bianchi e le piccole ragnatele di rughe che si insedieranno sul mio viso, la pelle che invecchia e la memoria che comincia a far cilecca.
Soffrirò nel poter non invecchiare perché so che non potrò più viverti, il tempo che ci è stato concesso è così poco che è quasi effimero, non trovi? Il lavoro, i litigi, lo studio... Tutto ciò ci ha allontanati per periodi così lunghi, quei momenti di crisi dove solo un tuo abbraccio poteva portarmi via dalla realtà crudele in cui viviamo.
Questo è il destino di noi peccatori, mi dicesti una volta: pagheremo per i nostri errori nel modo più brutale possibile, esattamente come noi abbiamo giustiziato troppe anime innocenti.
Va bene così, papà. Sono felice perché ora potrò chieder perdono a quella madre alla quale ho strappato l'utero o quel signore anziano che mi faceva compagnia alla stazione quando aspettavo la metropolitana per la scuola, la cassiera del supermercato in centro oppure quella ballerina in quel disgustoso locale.
Stai premendo sulla mia ferita e fa male, vorrei potermi contorcere dal dolore ma riesco a sentir picchiettare le ali tra le scapole: sono ansiose di venir fuori, il mio momento è arrivato.
Cullami fino a quando non mi addormento, stringimi al petto e consolami con il battito del tuo cuore, accompagnami in questo lungo viaggio verso il sonno eterno.
Lascia che io possa dormire in pace.
   
 
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