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Autore: Butterfly8    06/10/2015    3 recensioni
Questa storia è il seguito de "I quarant'anni di Betty". In questa storia avranno un ruolo più attivo tutti i protagonisti "secondari". Armando e Betty sono uniti più che mai e saranno i punti di riferimento per tutti gli altri. Buona lettura e aspetto i vostri commenti e recensioni.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Driin driin. Squilla un telefono. Armando risponde.
“Dottor Mendoza” dice Sandra.
“Sandra sempre ad interrompermi!” le risponde Armando.
Ero così concentrato nel pensare a me e Betty e alle ultime due notti trascorse! Quella prima e quella dopo l’intervista e questa rompiscatole mi disturba! Un momento, Sandra sta chiamando dall’Ecomoda. Che sia successo qualcosa a Betty? Come se mi leggesse nel pensiero “Stia tranquillo dottore, Betty sta bene, ma è in ospedale e mi ha chiesto di chiamarla per dirle di raggiungerla lì”
“Cosa?” urlo con tutte le mie forze che Lorena entra spaventata nel mio ufficio. 
“Dottore… non è successo niente di grave, ma raggiunga Betty in ospedale e chieda di lei!”
Per niente convinto dalle sue parole, corro, anzi volo all’ospedale provando a chiamare Betty al cellulare che però non mi risponde. 

Quando arrivo all’ingresso chiedo di lei e vengo inviato al reparto di Neonatologia, dove finalmente trovo mia moglie circondata da un manipolo di poliziotti. Insomma c’è qualcosa che mi sfugge.
Betty, non appena mi vede, mi getta letteralmente le braccia al collo. “Amore, sei arrivato finalmente” mi dice.
La stringo a me. Ma non ci capisco nulla. “Betty cosa sta succedendo?” le chiedo.
“Lei è il marito della dottoressa Pinzon?” mi chiede un poliziotto.
“Si sono io, piacere Armando Mendoza” mi presento.
“Armando, ecco vedi, all’incirca alle dieci di stamattina, ha iniziato a suonare l’allarme della mia macchina, che era posteggiata in garage in Ecomoda. Wilson si è avvicinato per capire quale fosse il problema è ha trovato un vetro rotto, lo sportello aperto e questo scatolo con dentro un neonato.”
“Vuoi dire che hanno abbandonato un neonato nella tua macchina?” le chiedo.
“Tenente, può fare vedere a mio marito cosa c’era nello scatolo oltre al bambino?”
Il tenente mi mostra una rivista, dove campeggia un primo piano di Betty, dal momento che praticamente da due giorni è su tutti i giornali a causa della sua intervista e poi un foglio con su scritto ‘Betty sei una persona davvero speciale, prenditi cura del mio bambino. Si chiama Alejandro e io non posso tenerlo. Abbine cura. Mayte’.
“Non capisco Betty, chi è questa Mayte? Noi non conosciamo nessuno con questo nome, vero?”
“No Armando. Non ho idea di chi possa essere. Quando abbiamo visto che c’era il ambino, ho subito chiamato la polizia e sono venuta in ospedale perché mi sembrava che non respirasse bene e ti ho fatto chiamare” mi dice.
“E adesso, qual è la prassi?” chiedo al tenente.
“Al momento, bisogna vedere quale sia lo stato di salute del bambino, intanto noi abbiamo iniziato le ricerche della sua madre naturale, ma se non otterremo notizie, il bambino verrà dichiarato adottabile dal giudice” mi risponde lui.

Proprio in quel momento, in reparto arriva Hugo.

Passano delle ore senza che sappiano dirci niente. Finalmente arriva il dottore. La polizia ci ha comunicato che se volevamo andare via potevamo farlo, che ci avrebbero fatto chiamare. Ma Betty non ha voluto muoversi da lì, nemmeno con le bombe. Questa storia non presagisce niente di buono.
“Dunque, la situazione è la seguente…il bambino ha una forte insufficienza respiratoria e abbiamo dovuto collegarlo alle macchine. Secondo le nostre analisi è un bambino prematuro di circa un mese e mezzo e sua madre non deve avere avuto una gravidanza facile. Se non intervengono altre crisi respiratorie, ce la farà.”
“Dottore” interviene il tenente “il bambino verrà preso in carico dai servizi sociali. A momenti arriverà chi dovrà occuparsene. Loro sono i signori Mendoza, la madre l’ha abbandonato nella macchina della dottoressa Pinzon, quindi è naturale che vogliano delle informazioni sul neonato, credo che possa dargliele senza problemi.”
“Posso vedere il bambino?” chiede Betty. “La prego” dice rivolgendosi al poliziotto. “Per favore! Sua madre l’ha affidato a me!”
“Va bene” cede il tenente.
“Potete vederlo tutti” dice il dottore, “ma dovrete indossare tutto il necessario e potrà toccarlo solo una persona, penso lei signora, gli farà bene sentire un po’ di calore materno.”

 
Entriamo nella sala di terapia intensiva, coperti dalla testa ai piedi. Con grande delicatezza ci fanno avvicinare all’incubatrice dove c’è il bambino e Betty delicatamente introduce le mani e prende le sue.
Lo guardo, per la prima volta lo vedo. È uno scricciolo color caffellatte, con dei ricci che minuscoli spuntano dalla sua testolina. Vedo che Betty piange, mentre il bimbo le stringe un dito, nel sonno.
“Non riesco a capire come si possa ad abbandonare un dono del genere” la sento dire.
Stiamo dieci minuti lì e poi il medico ci chiede di uscire.
“Dottore” chiede Betty  “non possiamo restare qui stanotte?”
“No signora. Se succede qualcosa saremo noi che vi avvisiamo, ma è inutile. Tutta l’assistenza necessaria gliela forniamo noi” ci dice il dottore.
Quando torniamo in corridoio, veniamo raggiunti dal tenente Lopez e dall’assistente sociale.
“Signora Mendoza, le presento l’assistente sociale, Patricia Soler. Lei si occuperà di Alejandro. Tuttavia domani deve venire in commissariato perché dobbiamo interrogarla. Ed è necessario interrogare tutte le persone della sua azienda che possano aver visto qualcosa!”
“Va bene tenente. Ci vediamo domani” gli dice Betty. Poi si rivolge a me “Ti prego, portami a casa. Sono sfinita.”
Mentre usciamo, Hugo che è con noi ci dice “Betty, Armando, se non la fate  voi la richiesta per adottarlo, la presenterò io. Anche se sono single e gay, non permetterò mai che quel bambino finisca in un orfanotrofio o in una casa famiglia. E adesso buonanotte”. Mentre Hugo va via, abbraccio Betty che piange sconsolata e con lei mi dirigo verso la mia macchina per andare a casa.

 

*****

 
Sono nella mi camera da letto. Oggi è stato uno dei giorni più difficili della mia vita. Quando sono tornata a casa, ho abbracciato i miei figli e non li ho lasciati andare per più di dieci minuti. E’ stato difficile spiegare loro quanto è successo, soprattutto a Roberto, ma poi hanno capito.
Adesso aspetto Armando che sta facendo addormentare Aurora. Io nel frattempo mi spazzolo i capelli, anche se ancora sono corti. Lo faccio per rilassarmi ma non ci riesco.
Vedo che Armando è arrivato e mi volto verso di lui. Quando ci siamo sposati ci siamo promessi di starci accanto nella buona e nella cattiva sorte, ma un bambino abbandonato nella mia macchina come si classifica? Lo guardo cambiarsi. Quando ha finito, si volta e mi dice “Betty, noi abbiamo dei problemi giganteschi in questo momento… la mia nuova sorella, Miguel, il mio supposto tradimento, l’intenzione di far fuori la mia impresa, i miei genitori separati, una bambina di nemmeno due anni, non è un po’ troppo per pensare di adottare Alejandro??” mi chiede.
Io non ho ancora aperto bocca. Ma lui sa leggermi dentro.
“Lo so che per te sarà difficile lasciarlo andare e che…”
“Sua madre lo ha affidato a me!” gli dico interrompendolo.
“Sua madre era una egoista senza scrupoli!” mi dice. “Facile così. Pensa che siccome tu hai le possibilità economiche puoi prenderti cura di suo figlio?”
“Come fai ad essere così insensibile? Cosa ne sappiamo di lei?” gli dico. “E inoltre noi abbiamo parlato di avere un altro figlio. Che ci fa se invece di farlo noi, lo adottiamo? Cosa cambia?”
“Betty, non sarebbe nostro figlio!” mi dice lui. “Non sarebbe la stessa cosa!”
“Armando, io non lo abbandono! Mi dispiace! Sua madre me lo ha affidato e io non sarò soddisfatta fino a quando non saprò che lui avrà il meglio dalla vita!” gli dico.
“Betty….” mi dice lui.
“Betty, Betty, Betty!
Basta Betty!” gli urlo. “Non voglio abbandonarlo, non posso!” Mi avvicino a lui che si è sdraiato sul letto.
“Perché non vuoi tenerlo? È perché è mulatto?” gli chiedo.
“Amore, noi non sappiamo niente di questo bambino! Non sappiamo da dove viene, se ha dei parenti, se ha un padre naturale da qualche parte. Cosa che non possiamo escludere. Ti prego. Non pensare che saranno tutte rose e fiori!” mi dice accarezzandomi il volto. “Pensa anche a noi e ai nostri figli. Loro hanno bisogno di te e anche io. Non possiamo imbarcarci in una situazione del genere senza nemmeno pensarci. Così a cuor leggero.”
“Va bene! Hai vinto tu. Hai ragione. Le tue motivazioni sono valide. Ma risolvibili. Sappi che se io per causa tua dovrò rinunciare a lui sarò molto, ma molto delusa da te e dall’uomo che credo tu sia” gli dico e mi corico dandogli le spalle per la prima volta nella mia vita. Perché quando ci siamo separati, lui è andato via di casa.

 
E’ l’ alba. Ho dormito poco e male. Sono stata sveglia a pensare ad Alejandro, forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta in ospedale con lui. Mi sento responsabile per lui e non capisco perché Armando non voglia accettarlo. Gli do ancora le spalle. Solo che adesso lo sento avvicinarsi e stringermi tra le sue braccia. Non mi volto. Non voglio né posso dargliela vinta. Lui mi bacia sulla guancia e poi il collo e la spalla sinistra.
“Betty” dice incerto “qualsiasi cosa succeda, sappi che io ti amo e che tu sei la persona più importante della mia vita!” conclude e si alza dal letto.
“Dove vai a quest’ora?” gli chiedo.
“Sul divano, cerco di riposare un po’. Qui, nessuno dei due ha chiuso occhio stanotte e io ho bisogno di dormire, almeno un paio d’ore!”
“Ti prego” gli dico io “torna qui. Torna qui. Non voglio stare sola. Abbracciami.”
Lui in silenzio mi ubbidisce e mi stringe tra le braccia. Io appoggio la mia testa sulla sua spalla come sempre e finalmente chiudo gli occhi.
 

*****

Sono al commissariato con Armando. Il tenente Lopez ci presenta un suo collega, il tenente Gil.
“Abbiamo delle novità in merito al bambino” ci dice subito.
“Questa notte abbiamo ritrovato un cadavere” interviene il tenente Gil. “Ed era quello di Mayte Ortiz. Diciannove anni. Giamaicana. Noi la conoscevamo perché molte volte abbiamo provato ad aiutarla. Mayte era una prostituta. Aveva un protettore ed era incinta. Come vi dicevo, molte volte abbiamo cercato di convincerla ad uscire dal giro ma è stato del tutto inutile. Aveva troppa paura. Il nostro supporto non è mai stato sufficiente per denunciare il suo protettore. Non si fidava di noi. il medico legale ci ha confermato che il bambino era nato e al tempo stesso che è morta per una serie di emorragie interne, causate da percosse che le hanno anche causato il parto prematuro. Ho visto dalle informazioni del database che il mio collega cercava una madre che aveva abbandonato il figlio di nome Mayte e allora sono venuto qui.”
Sono assolutamente sconvolta e stringo le mani di Armando.
“E adesso cosa succederà al bambino?” chiedo. “Come sta? Non sono riuscita a passare ancora in ospedale, perché dovevo venire qui!”
“Lotta, signora Mendoza” mi dice il tenente Lopez. “Di positivo c’è che stanotte non ha avuto crisi respiratorie.”
“La dinamica è piuttosto chiara” ci dice il tenente Gil.  “Probabilmente Mayte l’ha vista in tv o sui giornali signora Mendoza e dopo aver partorito ha deciso che lei sarebbe stata la madre perfetta per il suo bambino. Probabilmente è stata picchiata a morte dal suo protettore. Non è la prima volta. Da quando era incinta, guadagnava meno denaro e più volte ha rischiato di abortire. Noi l’abbiamo salvata tre volte. E lei sempre ci diceva che il suo bambino era più importante di tutto. Se fosse stato maschio l’avrebbe chiamato Alejandro come suo nonno. E infatti così è stato. Purtroppo era in uno stato di soggezione psicologica tale che non ci è stato possibile sottrarla al suo padrone.” Il tenente fa un sospiro. “Abbiamo il dna di Mayte e l’abbiamo mandato in laboratorio per fare il confronto con quello del bambino e confermare la parentela. Abbiamo preso le immagini a circuito chiuso della vostra azienda e le visioneremo per capire definitivamente come siano andate le cose.”
“E adesso qual è la procedura?” chiede Armando.
“Adesso cercheremo i familiari del bambino con i servizi sociali” risponde il tenente Lopez. “Diffonderemo un’ immagine di Mayte ai frequentatori abituali di prostitute e vedremo se qualcuno si presenta per stabilirne la paternità. Nel frattempo, il bambino verrà dato in affidamento ai servizi sociali se nessuna famiglia fa richiesta.”
“No, farò io richiesta di affidamento” dico. “Almeno fino a quando non sapremo se il bambino ha dei parenti o se il padre si presenterà. Non permetterò che venga portato in una casa famiglia. Dove devo andare per fare le richiesta?” dico convinta. Non importa se Armando non è molto convinto della mia idea. In qualche modo lo convincerò che questa è la cosa migliore da fare.

 

*****

Ho lasciato Betty in ospedale e sono andato via. Sono molto arrabbiato con lei. Si è comportata come se il mio parere non contasse. Vado a casa dei miei genitori. Voglio parlare con mia madre.
“Se sei venuto per parlarmi di tuo padre, puoi anche andare via!” mi dice accogliendomi sulla porta.
“No mamma” le dico salutandola con un bacio. “Papà non c’entra. Sono venuto perché ho bisogno di te.”
“Cosa ti è successo figlio mio?” mi chiede lei.
“Una prostituta ha abbandonato suo figlio nella macchina di Betty nel garage dell’Ecomoda e ha lasciato un biglietto in cui le chiedeva di prendersi cura del piccolo. Siamo appena stati alla polizia. La prostituta è morta. Betty vuole adottare il bambino ma io non voglio. Cosa devo fare mamma? Cosa devo fare?”
Vedo che mia mamma è turbata.
“Respira innanzitutto” mi dice. “E raccontami daccapo tutto l’accaduto.”
Io mi siedo sul divano e le dico tutto dall’inizio non omettendo niente. Nemmeno che non ho dormito stanotte e le velate minacce di Betty.
“Figlio mio… tu lo sapevi che Betty aveva un gran cuore quando l’hai sposata e inoltre lei adesso è una madre. Se dovesse abbandonare quel bambino non se lo perdonerà mai.”
Sono stupito. Mia madre che prende le difese di Betty! “Ma non sappiamo neanche se potremo tenerlo. E poi, ci sono i nostri figli. Anche loro sono importanti!”
“Certo. Ma aiutare questo bambino cosa toglierebbe a loro? Di cosa hai paura Armando?” mi chiede. “Non ti dico questo per il buon nome dei Mendoza o perché voglio proteggere il tuo matrimonio con Betty, però pensaci, perché no? Cosa ti impedisce di aiutare questo bambino?”
“Quindi mi stai dicendo che se papà fosse venuto da te con la sua prima figlia, tu l’avresti accettata anche se non era figlia tua?” le chiedo a bruciapelo.
“La bambina non avrebbe avuto nessuna colpa Armando. Di certo ci avrei impiegato un po’ di tempo ma credo che sì… l’avrei accettata!”
“E allora adesso che cosa c’è di diverso?” le chiedo.
“Adesso c’è di diverso, che quella donna Mary o come diavolo si chiama si è presa uno spazio che era mio. Io avevo dato dei figli a Roberto. Io sono sempre stata la madre dei suoi figli. Mentre adesso si scopre che prima di me ce n’è stata un’altra!”
“E tu hai paura che papà avrebbe potuto amare questa donna come ha amato te? O dubiti che lui ti abbia amato per davvero o credi che lui abbia amato lei più di te?” le chiedo.
“Armando, non dovevamo parlare di tuo padre!” mi ricorda mia madre facendomi capire che ci ho colto nel segno. “E comunque la tua situazione è diversa, perché ad adottare questo bambino dovrete essere in due. È una scelta che dovete fare assieme.”

 

*****

Quando arrivo in ospedale, noto che c’è già Hugo con il bambino. Il dottore l’ha fatto entrare, nonostante non sia orario di visita. Ci sono anche i servizi sociali. Hugo parla con Patricia Soler. Io, dopo aver indossato il camice, la cuffia e i guanti mi avvicino all’incubatrice dall’altro lato e accarezzo dolcemente il bambino. Non posso fare a meno di piangere e vedo che anche Hugo ha gli occhi gonfi.
Quando usciamo da lì Hugo mi chiede di prendere un caffè e invita anche Patricia Soler.
“Betty, senta….”inizia. “Come le ho già detto ieri sera è mia intenzione chiedere l’affidamento del bambino. Anche se sua madre avrebbe voluto che ve ne prendeste cura voi, se Armando non vuole, io non intendo abbandonarlo.”
“Hugo… ho già detto alla polizia che abbiamo intenzione di fare la richiesta per l’affidamento del bambino,  mentre loro cercano qualche parente o il padre.”
“Signora Mendoza” interviene Patricia Soler “io ammiro che voi vogliate aiutare il bambino, ma deve ammettere che se anche la madre l’ha indicata come candidata ad avere cura di Alejandro, la sua situazione non è la più adeguata al momento affinché le venga affidato il bambino, una volta uscito dall’ospedale. In questo momento lei è sotto i riflettori per la sua vita privata e sembra che suo marito abbia una relazione con un’altra…”
“Queste sono tutte bugie!” la interrompo io. “La mia famiglia è molto solida! Io e mio marito ci amiamo moltissimo e non ha nessuna relazione con un’altra donna! Questo pettegolezzo è frutto di un inganno, e molto presto presenteremo una denuncia per diffamazione. Tutto questo è stato fatto per danneggiare mio marito sul lavoro. Ma lui non ha nessuna relazione extraconiugale, né tanto meno io.”
“Però vi siete separati, meno di due anni fa… capisce che queste non sono buone basi…” prova a dire lei.
“Mi scusi se la interrompo di nuovo” le dico. “E’ vero che ci siamo separati, per un breve periodo, ma i motivi che ci hanno portato a farlo sono ampiamente discussi e superati. Hugo diglielo pure tu!”
“E’ vero dottoressa Soler! Loro si amano moltissimo e hanno una famiglia meravigliosa. Ma comunque se per qualche motivo dovessero essere scartati, io sono disponibile a prendere in affidamento il piccolo. Qui nessuno di noi ha problemi a mantenerlo, sia emotivamente che economicamente.”
“Signori, capisco le vostre intenzioni, ma non bastano. Sarà il giudice a decidere non appena saranno rese effettive le dimissioni dall’ospedale, sapremo chi si occuperà di Alejandro. Inoltre signori, sapete benissimo che il bambino non potrà uscire da qui prima di tre settimane.”

 

*****

Io e Hugo siamo tornati in Ecomoda. Stasera andremo di nuovo in ospedale a vedere come stia Alejandro. Quando arrivo al piano degli uffici vengo accolta dalle ragazze che subito mi chiedono del bambino. Subito veniamo interrotte da Freddy che porta un gigantesco vaso di fiori che contiene circa cento rose rosse.
“Stimatissima presidente, dottoressa Betty, cioè voglio dire Pinzon” inizia Freddy  “queste rose sono per te, cioè per lei voglio dire!”
“Betty” dice Hugo “guarda assolutamente chi ti invia questo bellissimo omaggio. Guarda c’è una lettera.”
La prendo in mano e inizio ad aprirla quando le porte dell’ascensore annunciano l’arrivo di Armando.
Gli vado incontro e lo bacio. “Grazie” gli dico “non dovevi. Non ce n’era bisogno, ma sono bellissime.”
“Mostro” mi dice lui “non c’era bisogno di cosa? Io non ho fatto niente!”
Ci spostiamo verso la scrivania di Ana Maria dove ci sono le rose.
“Non me le hai mandate tu queste?” gli chiedo indicando l’enorme vaso di fiori.
“Io?” si acciglia lui. “No, Betty, non sono stato io!” mi dice in tono infastidito e geloso.
“Forza Betty” mi dice Sandra. “Leggi la lettera.”
“Si Betty, leggi la lettera!” aggiunge Hugo.
“Ok” dico io rassegnata e la apro.

 

Meravigliosa Beatriz,

mi chiamo Antonio Cardenas,ho quarantadue anni, sono avvocato e vivo a Cali.

Mi sono permesso di scriverti e di inviarti queste rose perché voglio dirti che sei la donna della mia vita. Quella che sempre ho aspettato ma che non avevo ancora trovato.

Ho visto la tua intervista in TV e sono rimasto semplicemente strabiliato della tua bellezza interiore ed esteriore. Sei favolosa. Sul tuo viso ho visto tutta la sofferenza che hai vissuto con quel disgraziato di Miguel Rodriguez che definire uomo, non è possibile se non si vuole danneggiare tutta la categoria.

So, sempre tramite stampa, che tu sei sposata con Armando Mendoza. Quest’uomo che è stato pubblicamente accusato di tradirti e che tu difendi. Fino a quando non sei apparsa in televisione, con il tuo pudore, il tuo imbarazzo, il tuo arrossire nel raccontare gli avvenimenti più intimi della tua vita non avevo capito quale splendida donna tu fossi. Ti cerco da sempre e adesso che ti ho trovata non posso fare altro che chiedere la tua mano. Vuoi sposarmi Beatriz?

Non posso non chiedertelo perché non vivrei in pace. Non sono un pazzo, sono una brava persona. Sono disposto a venire a vivere a Bogotà per te. Ho un’ottima posizione sociale e non avremo mai problemi economici. Se decidi di lasciare tuo marito, ma anche se non vuoi lasciarlo, ti prego conosciamoci e dammi la possibilità di renderti felice!

 
Antonio C.

 
Non posso crederci! Chi è questo pazzo e cosa vuole da me?
Armando strappa la lettera dalle mie mani e la rilegge.
“E’ uno scherzo vero?” dico rivolta alle ragazze che alzano le spalle.
“Betty” dice Ana Maria con circospezione “ci sarebbero anche queste” mostrandomi uno scatolo pieno di lettere.
“Cosa?” urla Armando. “Altre proposte di matrimonio?” chiede sarcastico.
“Armando non penserai sul serio che io accetti una proposta del genere, vero?” urlo. “Fate sparire queste rose!” ordino. “Ana Maria leggi tu tutte le lettere e se ne trovi qualcuna particolarmente carina me la fai leggere, basta che non siano proposte indecenti o di matrimonio” le dico seguendo Armando che è entrato in presidenza.
Lo seguo e vedo che si è seduto sulla mia sedia e che sta scrivendo qualcosa. Devo dire che mi fa un certo effetto vederlo nuovamente seduto lì!
“Armando… cosa stai facendo?” gli chiedo. Vedo che ha scritto qualcosa.
“Ana Maria” urla come non lo sentivo fare da anni, cosa che la fa correre in presidenza.
“Prendi questo foglio e invialo a questo tale Cardenas che si è permesso di scrivere a Betty!” le dice.
“Cosa?” intervengo io. “Cosa stai combinando Armando? Non è meglio lasciar perdere?”
“No!” mi risponde.
“Ana Maria, fammi vedere cosa ha scritto!” le dico prendendole il foglio dalle mani mentre guardo Armando che arrabbiatissimo ha incrociato le braccia nel suo solito movimento e sicuramente medita vendetta.

 

Ill.mo Avv. Cardenas,

chi le scrive è Armando Mendoza, il legittimo e unico marito di Beatriz Pinzon.

Le comunico, qualora non lo sapesse che io e mia moglie ci siamo sposati con rito cattolico, pertanto lei resterà mia moglie per sempre e inoltre NON ABBIAMO nessuna intenzione di divorziare.

Qualora Lei dovesse avvicinarsi o solo rivolgere a MIA moglie proposte indecenti sappia che la denuncerò come stalker e poi mi toglierò la soddisfazione di spaccarle la faccia.

Cordialmente

 Armando Mendoza

“Davvero vuoi mandargli questa risposta?” gli chiedo. “Secondo me è meglio lasciar perdere!”
“Secondo me no!” ribatte lui. “Se non me la fai inviare non accetterò di prendere in affidamento Alejandro!” mi sfida.
“Lo sai che questo è un ricatto? E che il tuo è un atteggiamento infantile?” gli chiedo.
“E tu pensi che un uomo ti fa una proposta di matrimonio e io non devo nemmeno reagire? Neanche per sogno! Ana Maria, se non vuoi essere licenziata, perché ti ricordo che io sono ancora un azionista di questa azienda, invia immediatamente questa lettera a quell’idiota!” sbraita.
“Si Don Armando!” acconsente lei, uscendo e chiudendo la porta.
Mi siedo su una poltroncina davanti la scrivania e guardo mio marito. Improvvisamente penso alla surrealtà della situazione e inizio a ridere come una matta. Lui mi guarda stranito, allora io mi avvicino e allontanando la sedia dalla scrivania, mi siedo sulle sue gambe. Vedo che il mio gesto lo stranisce.
“Sei proprio matto!” gli dico.
“Io matto? Allora Betty, iniziamo: Nicolas, Michel, Daniele, Stefan Castro, l’economista di NY, Corrado Traversi, e ora questo avvocato tal dei tali…. Non pensi che siano un po’ troppi questi uomini che ti girano intorno, perché io non reagisca?”
“Di tutti questi uomini, non devi temerne nessuno, perché io amo solo te. Però ce n’è uno che tu non hai nominato che potrebbe causarti qualche problema?”
“Ah si? E chi sarebbe?”mi chiede.
“Alejandro” rispondo io.
“Alejandro…” ripete lui.  “Va bene Betty, hai vinto tu. Però ti chiedo di fare un passo alla volta. Ti ho già detto che va bene chiedere l’affidamento, ma non chiedermi di più di questo al momento!” mi dice.
“Ok! Forse con una nuova proposta di matrimonio di uno sconosciuto, riuscirò a convincerti ad adottarlo” gli dico e lo bacio.
“Non credo che sarà sufficiente!” mi risponde lui.
“Io credo di si, perché tu mi ami e  alla fine io ti convincerò! Userò tutti i mezzi per farlo?”
“Tipo?” mi domanda.
“Dottor Mendoza, questo non è il momento migliore perché lei scopra le mie carte” gli dico scherzando, mentre vedo che Camila entra dalla sala riunioni dopo aver appena bussato alla porta.
“Betty ma  davvero hai ricevuto una proposta di matrimonio?” mi chiede  intrigata.

Oddio, questo sarà il pettegolezzo del secolo!

   
 
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