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Autore: Baldr    08/10/2015    0 recensioni
Realgar è un esploratore mercenario, uno dei pochi temerari, o forse folli, disposti a sfidare l'inospitale superficie marziana per accontentare le più disparate richieste dei clienti, che si tratti di recuperare oggetti rubati o consegnare materie pregiate tra i vari avamposti disseminati sul pianeta rosso, colonizzato quasi due secoli prima.
Quando verrà ingaggiato per consegnare un'eredità a un'anonima ragazzina, si troverà suo malgrado coinvolto in uno spregevole gioco di potere che potrebbe portare alla distruzione delle città cupola e all'annientamento della vita sul pianeta Marte.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Kamar







-13-

 
 

 


Realgar era riuscito a far capire agli altri phobosiani le proprie necessità, ma soprattutto quelle di Samantha. I padroni di casa, però, non gli avevano permesso di andare a recuperare le scorte dal rover, per via del suo precario stato di salute.

L’espoloratore, costretto a una specie di prigionia, occupò il tempo, pulendo le proprie pistole. Di tanto in tanto, sollevava gli occhi su Samantha, diventata ormai una vera attrazione per i bambini di quella piccola tribù. Osservando i giochi dei giovani e le attività quotidiane degli adulti, Realgar si rese conto che il suo talento per le armi da fuoco era un’abilità ereditata da quella stirpe di cui ricordava molto poco. I phobosiani avevano una coordinazione motoria superiore, lui stesso ne ignorava le cause. Pierre, il padre di Samantha, si era prodigato in spiegazioni dettagliate, ma lui non era stato molto attento. Scarsa memoria a breve termine, campo visivo più esteso, conoscenze impresse nei geni che spiegavano come fosse possibile per un phobosiano, rimasto solo in tenerissima età, ricordare vagamente la propria lingua madre, ma che aveva impiegato quasi vent’anni per imparare la lingua umana.

Realgar aveva rimuginato parecchio sulla morte dello scienziato e l’arresto mancato della figlia. Era ormai convinto che la Fratellanza fosse coinvolta e, se Sam era veramente intenzionata a inviare i dati recuperati sulla Terra, doveva per forza andare a Olympus, ovvero nel cuore della Fratellanza stessa. Non riusciva a vedere via d’uscita per quella situazione, ma doveva riportare Samantha in una zona civilizzata, non poteva vivere a lungo senza cibo.

Il vociare crebbe quando i maschi della tribù ritornarono dall’escursione, trasportando non senza difficoltà il rover e tutto ciò che conteneva. I phobosiani avevano recuperato tutto quello che Realgar e Samantha avevano lasciato nei pressi della sonda e l’umana fu felice di poter finalmente placare la propria fame, sgranocchiando una delle razioni. Realgar le fece compagnia, sbocconcellando una delle proprie.

«Quindi le tue barrette di cosa sono fatte?» gli chiese Sam, guardandolo da dietro le sottili lenti degli occhiali. La stecca destra si era piegata e la montatura le cadeva obliquamente sul viso.

Realgar sollevò lo sguardo su di lei, per poi osservare la propria tavoletta dall’improbabile colore giallognolo. «Fosfato, potassio, acqua e sali minerali…» rispose dopo un attimo di esitazione.

La ragazzina annuì, rimanendo in silenzio.

Realgar sospirò. «A che stai pensando?» le chiese atono.

«Che se voglio sopravvivere devo raggiungere una città o un avamposto. Le mie scorte si esauriranno...»

Lui sbuffò. «Già...»

Lei portò il pollice alle labbra e iniziò a tormentarsi l’unghia, stringendola tra i denti. Lanciò fugaci occhiate a Realgar e aprì un paio di volte le labbra per parlare, ma non le uscì nemmeno una parola.

«Vuoi inviare i dati sulla Terra...» disse Realgar. Non era una domanda e non gliela pose con quel tono.

Lei assunse un’espressione addolorata. «Lo so che non sei d’accordo, ma le scoperte di mio padre potrebbero salvare il pianeta! L’Umanità potrebbe tornare a passeggiare tra i prati verdi e a godersi i tramonti in riva al mare!»

«L’Umanità non si estinguerà se non potrà fare quelle cose» rispose duramente lui, spostando lo sguardo sugli altri phobosiani. Erano un popolo primitivo, ma nei loro cuori non c’era la cattiveria che aveva visto in quello degli umani. «Ma sul fatto che tu debba tornare in una città hai ragione. Il problema è che sei ricercata, se cercherai di entrare in una cupola i Custodi lo sapranno subito, mentre in un avamposto irregolare rischieresti di finire a fare la prostituta per il resto della tua vita...»

Lei abbassò gli occhi, stringendosi le ginocchia al petto. «Quindi… mi stai dicendo che sono fregata, che non c’è niente da fare?»

«No» rispose lui, tornando a guardarla. «Devi andare tu stessa sulla Terra, là sarai al sicuro dalla Fratellanza.»

Sam lo guardò interdetta. «Hai dimenticato che le navi per la Terra partono dal Mons Olympus, che è la roccaforte della Fratellanza?»

«Hai dimenticato che ho più di un secolo di vita?» rispose lui. «Olympus era ancora in costruzione quando io già bazzicavo per il pianeta. So come entrare, evitando i controlli. Una volta all’interno, cercherò di portarti all’ambasciata terrestre. Una volta al suo interno i custodi non potranno prenderti e tu potrai chiedere asilo e grazie a quei dati avrai un bel biglietto di sola andata per la Terra.»

«Ma se ci scoprono, ci uccideranno! E come faremo ad attraversare il canyon? Non abbiamo abbastanza scorte per aggirarlo e l’interno non è mappato» obiettò Samantha.

«Probabile. Ma prima o poi capita a tutti di morire e non credo che tuo padre abbia sognato per te una vita da ricercata. Pierre ti voleva libera e felice, lo so bene. Per quanto riguarda le Vallis Marineris, troverò una soluzione e riusciremo ad attraversalo.»

«Ma...» esordì la ragazza.

«Stai tranquilla, farò del mio meglio affinché non ti accada nulla. Prenderai quella navetta e sarai in salvo. Solo… cerca di fare in modo che quei dati non vengano usati per farci del male» mormorò Realgar.

«Non potrai venire con me e difficilmente io potrò tornare su Marte» rispose mestamente lei, dando per scontato che con l’aiuto dell’esploratore la sua missione sarebbe stata un successo.

«Sarai libera» replicò il phobosiano, sorridendole.

Lei strinse i pugni, si mise in ginocchio davanti a lui e si sporse, posandogli un innocente bacio sulle labbra, chiudendo gli occhi. Aveva sperato che Realgar ricambiasse, che la cingesse a sé, tramutando quel bacio in qualcosa di più intenso, ma lui rimase impassibile, non mosse nemmeno un muscolo.

Sam si scostò e lo guardò negli occhi. «Non sarei felice...» disse, sperando di riuscire a smuoverlo.

«Biologicamente non siamo compatibili e non nutro attrazione sessuale nei tuoi confronti. Ti sono affezionato, ma come amico. Non posso essere più di questo» spiegò lui pragmaticamente, distruggendo qualsiasi speranza della giovane, che chinò il capo e si ritrasse, cercando di trattenere le lacrime che quella cocente delusione le avevano fatto salire agli occhi.

Realgar si alzò in piedi e si allontanò, raggiungendo il rover e cominciando a studiare le mappe della superficie marziana.

Un ragazzo gli si avvicinò incuriosito, affascinato dai disegni sui fogli plastificati. Cominciarono a parlottare tra di loro. Realgar aveva preso un po’ di dimestichezza con il loro idioma e spiegò al giovane che doveva raggiungere Olympus.

«Kuth’è» rispose il ragazzo, puntando l’indice sul Mons Olympus segnato sulla mappa. Quella parola riportò molteplici ricordi nella mente di Realgar, memorie non sue, indelebilmente scritte nei suoi geni.

«I tunnel...» mormorò preda di un lieve capogiro, mentre l’altro lo fissò interrogativo, non comprendendo la lingua umana. Realgar aveva ricordato che il suo popolo viveva sottoterra e che si muoveva sotto la superficie sfruttando gli antichissimi canaloni lasciati delle colate laviche risalenti a milioni di anni prima. Una mappa impressa all’interno del suo genoma, una dote che spiegava come mai gli era così facile orientarsi anche quando la strumentazione era inutilizzabile.

Realgar cercò di spiegare all’interlocutore la sua necessità: aveva bisogno di trovare l’accesso all’intrico di canali sotterranei, per poter raggiungere la propria meta.

Il giorno successivo i guardiani li accompagnarono all’ingresso del dedalo che si estendeva sotto la superficie di Marte in un’intricata ragnatela in cui nessuno essere umano aveva mai messo piede. Forse qualche galleria era stata utilizzata, ma di certo non quelle che correvano nel ventre delle Vallis Marineris.

L’ossigeno era così rarefatto che Samantha era costretta a tenere la maschera.

«Credi di poter trovare la strada giusta?» domandò la ragazza.

«Non ne ho idea. È la prima volta che metto piede qua sotto...» ammise Realgar.

Sam deglutì. «Se dovessimo sbagliare strada…?»

Lui si voltò a guardarla, mordendosi un labbro. «Moriremmo. I viveri sono molto limitati quindi tu non potresti nutrirti, mentre se non riesco a trovare una via per tornare in superficie morirò per l’assenza di luce.»

«Se tentassimo di attraversare i canyon sarebbe la stessa cosa, solo che tu non moriresti» commentò Samantha, sistemandosi gli occhiali sul naso.

«Ma i phobosiani conoscono questa via...» rispose Realgar. «Se quello che diceva tuo padre è vero, dovrei ricordare la strada, anche se non l’ho mai percorsa in vita mia.»

«Allora dobbiamo tentare» sentenziò la giovane.

«Sei sicura?» le chiese Realgar, con una punta di preoccupazione.

Lei gli sorrise. «Ho fiducia in te.»

Lui sorrise ironico. «Che fortuna...»



 
Non ho scusanti. Esco da un blocco scrittorio che dura dalla metà di agosto e non posso nemmeno garantire che io ne sia uscita. Ho deciso di concentrarmi solo su questa storia, così che quel poco che uscirà dalle mie dita sarà focalizzato su un obiettivo per volta. Spero che possiate perdonarmi per la lunga attesa e spero di riuscire a scrivere ancora, in modo da aggiornare con regolarità.

Grazie a tutti i lettori.
Se la storia vi piace, per cortesia, mettetela nei preferiti/seguiti/ricordati per darle visibilità.

Se trovate errori, orrori o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione, mandatemi un pm o potete lasciare una recensione: non mordo!
Daniela

 

   
 
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