Scritto per Dralloween. 07 Haunted House.
Remake di Falsa amicizia. L'originale di questa storia ha partecipato al contest: "La fiera dell'Impossibile. Binomio bilanciato di Angst e Fluff e si è qualificata al secondo posto.
Scritta sentendo Nocturnus - Dark Music.https://www.youtube.com/watch?v=VzMAwJ6OhI4
Casper the Friendly Ghost ...alone
“Posso tenerti con me?”. “Casper, chiudi la finestra, ho freddo”.
Casper
guardò i suoi zii
attraversare la finestra e si tolse il cappello da cuoco. Il vento che
entrava
dalle fessure delle pareti di legno gli scivolava lungo la pelle
trasparente e
il capo a forma di palloncini. Appese il cappello da cuoco e
volteggiò fino a
una scopa, le sue mani penetrarono nel legno attraversandolo e gemette.
Cercò
di afferrare il manico un paio di volte, mugolò e
riuscì ad afferrarlo, tenendo
gli occhi socchiusi e la fronte corrugata. Spazzò il
pavimento, facendo
rotolare nella paletta un miscuglio di frammenti di dolce, ectoplasma e
fece
liquide.
“Gli
zii mi vogliono
bene” sussurrò.
Il
bambino appoggiò la mano sul vetro e socchiuse gli
occhi, le sue iridi azzurre erano liquide. Abbassò lo
sguardo ed osservò un
gruppo di bambini che avanzava. Sorridevano con gli occhi socchiusi e
ridacchiavano. Una donna li salutò, sorridendo a sua volta e
tenendo gli occhi
chiusi. Il piccolo strinse le labbra fino a farle sbiancare e si
staccò dalla
finestra. Avanzò lungo il corridoio dell’edificio,
i suoi piedi affondavano nel
tappeto rosso. Raggiunse la balaustra di metallo e si
affacciò. Vide suo padre,
teneva in mano una pipa e nel fumo che si alzava da essa intravedeva
solo i baffi
del suo viso. Una serie di uomini davanti a lui sorridevano.
“Tutti
le vogliono bene qui in paese”. “Siamo contenti
che le sue invenzioni abbiano così successo”
dissero gli uomini davanti al
genitore. Casper indietreggiò allontanandosi dalla balaustra
ed iniziò a
scendere le scale. Vide due uomini appoggiati alla parete, a
metà delle scale
che tenevano dei sigari in bocca.
“Certo
che quel vecchio pazzo si crede chi sa chi”
ringhiò uno dei due. L’altro gli diede una
gomitata.
“Stai
zitto, c’è quel marmocchio viziato del
figlio”
sibilò a bassa voce.
Casper
trascinò la scopa
fino a un lavandino, la mise al suo interno e si piegò in
avanti. Con entrambe
le mani bianco-trasparenti aprì il rubinetto.
“Benvenuti
a Friendship.
E’ un nome bellissimo, non trovi?” chiese
l’inventore. Indicò fuori dal
finestrino della carrozza un cartellone di legno.
“Abiteremo
qui?” chiese il figlio. Teneva il capo
reclinato e la frangetta di capelli biondi gli copriva il viso.
“Certo.
Finalmente avrai degli amici” disse il genitore.
Si lisciò i baffi con una mano e sorrise. Il bambino strinse
le mani tra loro.
“Non
ho mai avuto un amico” mormorò.
Casper
volteggiò fino
alla paletta, la sollevò ansimando e volò fuori
dalla finestra. Divenne
invisibile, percorse il giardino, superò la cancellata di
metallo e raggiunse
un cassonetto. Vi nascose dietro e rovesciò il contenuto
della paletta al suo
interno. Si acquattò a terra, lasciando cadere la paletta,
vedendo due anziane
avvicinarsi.
“E’
vero che Wally ha
venduto la taverna?” chiese una delle due.
L’altra
negò con il capo
e si deterse le labbra con la lingua.
“No,
io ho sentito dire
che l’ha persa al gioco. In fondo ho sempre pensato non fosse
la persona che sembra”
sibilò. Casper strinse gli occhi, sentendo
l’ululato del vento in lontananza.
“Questo
posto mi fa venire la pelle d’oca” disse il
padre. Si tolse la benda da pirata e la gettò sulla
scrivania. Il figlio mise
una palla da baseball nel forziere e lo chiuse, facendo scattare la
serratura
metallica.
“Il
nostro rifugio?” chiese. Appoggiò il forziere
dentro la stanza di metallo, indietreggiò e la chiuse.
“No,
il paese a valle. E’ un posto di falsi sorrisi
che si ripetono. Stanno sempre lì con quelle smorfie sul
volto” brontolò. Il
bambino raggiunse un lenzuolo e se lo mise addosso.
“Bu”
disse. Il padre si voltò verso di lui e si tolse
il monocolo.
“Che
fai?” chiese. Il figlio ridacchiò e si tolse il
lenzuolo.
“Ti
faccio paura io” ribatté. Il genitore si
alzò, lo
raggiunse e lo sollevò, prendendolo in braccio.
“E
se ti mangiassi la pancia, fantasmino?” chiese.
Casper ridacchiò, il padre gli diede un bacio sulla fronte e
lo rimise a terra.
“Allora,
oggi come è andata? Hai fatto amicizie a
scuola?” chiese. Il bambino si mordicchiò il
labbro e negò con il capo.
“Dicono
che sono uno stupido bamboccio pieno di soldi”
rispose.
“Allontaniamo,
siamo
troppo vicine alla casa infestata” disse una delle vecchie.
Si fece il segno
della croce e l’altra anziana annuì, buttando un
sacchetto di spazzatura.
“Sì,
gli spettri
perseguitano ancora la casa di quel vecchio pazzo. Mia madre lo diceva
sempre
che venerava il demonio con strane invenzioni”
sibilò.
“Era
ovvio che il figlio
sarebbe morto per la polmonite. Era una punizione divina per la sua
insania” rispose
l’altra anziana, facendo nuovamente il segno della croce.
L’altra uscì il
rosario e le due si allontanarono. Casper riprese la paletta e
spiccò
nuovamente il volo.
“Casper
… bambino mio … sei tu?” chiese il
padre.
Camminò intorno al fantasma ed il bambino annuì.
Le lacrime gli rigavano il
volto bianco luminescente.
“Mi
hanno portato qui dei simpatici zietti” spiegò. Il
genitore cadde in ginocchio, le mani gli tremavano.
“Sei
… un fantasma?” chiese. Il bambino
annuì e chinò
il capo.
“Sono
morto … però non ha fatto male. E’ come
nascere,
solo al contrario” lo rassicurò. Il padre
cercò di sfiorargli la mano, ma la
attraversò e singhiozzò.
“Papà,
non piangere. La slitta era bellissima. E’
stata colpa mia che ci ho giocato tutto il giorno e mi sono
ammalato” sussurrò.
Il genitore si nascose il volto tra le mani e singhiozzò
più forte, gli
occhiali gli ricadevano storti.
“Sai,
non ho trovato la mamma tra i fantasmi. Lei è un
angelo e verrà a prendermi, ne sono sicuro”
sussurrò il fantasmino. Si piegò in
avanti e sbatté un paio di volte le palpebre.
“Fino
ad allora ti sarò accanto. E cercherò un amico.
Papà, lo avrò un amico, vero?” chiese.
Casper
attraversò una
finestra ed entrò in una stanza da letto. Vide il letto e
gli volteggiò
intorno. Osservò le lenzuola piene di buchi e la stoffa
giallastra. Socchiuse
gli occhi e sospirò.
-
Ogni giorno di più i
ricordi sembrano sbiadire, come portati via dal vento –
rifletté.
Il
padre tossì un paio di volte ed ansimò, il sudore
gli colava lungo la fronte. Il fantasmino si sedette ai piedi del suo
letto.
“Sono
così vicino. Non posso morire adesso … Lazzaro
funzionerà” farfugliò il genitore.
Tossì più forte e gli uscì un fiotto
di
sangue dal naso.
“Non
voglio tornare in vita. Ti sto accanto anche così”
ribatté il fantasma. Congiunse le mani e guardò
il padre rabbrividire.
“Però
tu non andare dalla mamma, non lasciarmi solo”
implorò.
Casper
uscì dalla stanza
attraversando la parete, raggiunse la cucina e chiuse il lavandino. Si
era
creata una pozza d’acqua sul pavimento che rifletteva la luce
lunare che
entrava dalle finestre. Sollevò la scopa e la
portò fino a una finestra aperta,
appoggiandola sul davanzale. Si voltò di scatto sentendo la
porta aprirsi con
un cigolio. Kat entrò, indossava un lungo abito nero e sotto
i suoi passi il
pavimento scricchiolava.
“Casper,
ancora sveglio?”
chiese. Casper la guardò in viso, arrossì, chiuse
gli occhi e sorrise.
“Io
non dormo. Tu perché
sei sveglia?” chiese. Kat raggiunse una sedia e vi si sedette.
“Sono
tornata ora. Lo
sai che adesso suono in una band” spiegò la
giovane. Casper osservò il seno che
le premeva contro la maglia, la pelle chiara e guardò
l’anello al dito di lei.
“Perché
vivi nella casa
infestata, vero? Oh, per domani vuoi le frittelle? In caso mi metto a
cucinare
da ora, manca solo qualche ora alla colazione”
spiegò il fantasma. Kath si mise
una ciocca dietro l’orecchio.
“No.
Anche se suono in
un gruppo gotico, non vuol dire che mi accetterebbero se sapessi che
vivo nella
casa degli orrori. Insomma, ti ricordo che da bambina ho avuto dei
problemi a
frequentare la scuola” spiegò. Si
mordicchiò il labbro togliendo il rossetto
violaceo. Casper volò fino a uno stipetto e lo
aprì, togliendo un sacco di
farina.
“Gli
zii rientreranno
affamati. Anche se hanno mangiato un sacco a cena. Tuo padre ti ha
visto
vestita così?” chiese. Kath roteò gli
occhi e allungò le gambe sotto il tavolo.
“Mio
padre mi ha detto
che sono carina. Complimento tipico
per tutto, lo sai” rispose. Casper accese il fornello a gas e
guardò le fiamme
azzurre.
-
Non sei carina, sei
stupenda. E stai crescendo, poi invecchierai e io resterò di
nuovo solo –
pensò. Si guardò la mano ed osservò le
quattro dita.
-
Scommetto che i
ragazzi con cui suoni hanno cinque dita. E non hanno pagato il giorno
più bello
della loro vita divenendo creature dell’oltretomba
– rifletté. Si voltò e
sorrise, guardandola.
“Una
volta di queste
devi invitarmi a un tuo concerto. Magari balliamo insieme”
disse. Kath lo
guardò e assottigliò gli occhi.
“Pensi
di trovare un
altro angelo che ti trasformerà in umano fino alle nove, Cenerentolo?” chiese.
“Le
tue favole sono le migliori!” gridò il bambino. Il
padre gli rimboccò le coperte e gli ticchettò
sulla guancia con la nocca dell’indice.
“Io
sono un grande inventore di tutto” rispose. Si
coprì un occhio con la mano e ghignò.
“E
il pirata più feroce” scherzò. Il
figlio ridacchiò
e strinse la coperta.
“Poi
mi racconti di come la mamma era una principessa?”
chiese.
“Tua
madre era bella come una principessa, ma
ricordava un gatto. Soffia e graffiava” spiegò il
padre.
Le
iridi azzurre di
Casper divennero liquide.
-
Anche Kat è come un
gatto. Però l’ho vista accoccolarsi sul letto come
una micetta, addormentarsi
indifesa facendo le fusa – rifletté il fantasmino.
“Scusa,
non dovevo. Solo
che oggi doveva venire un ragazzo che mi piace a vedermi e mi ha dato
buca”
mormorò Kathleen. Casper avvertì una fitta al
petto, si rimise il cappello da cuoco
e guardò la padella.
-
Troverai una persona
da amare. Non sarai più mia amica. E un giorno volerai in
cielo come un angelo
ed io resterò per sempre qui … in questa casa
infestata -.