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Autore: pgiovannini    12/10/2015    0 recensioni
Quello che potrebbe sembrare un normale risveglio dopo una sbronza, si rivela solo essere l'inizio di una lunga e misteriosa corsa contro il tempo
Genere: Horror, Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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       PROLOGO
Odio i risvegli bruschi. Sono come essere catapultati dall’oscurità alla luce. Il risultato ti stordisce, oltre a provocare un’inevitabile incazzatura. E’ stata una lunga notte, e che notte! Non so se mi sento più americano per il 4 Luglio o per i festeggiamenti che ne derivano. Insomma, le parate, le grida, i fiumi di birra, le ragazze eccitate; e tutto ciò è amplificato dal fatto che è anche il giorno del mio compleanno. 20 anni.
E chi si scorda una la festa di ieri notte? Sono collassato a letto con Sarah, la mia ragazza, che non capiva più niente anche lei, la santina. A volte mi chiedo come faccio a ridurmi in questo stato ogni volta: la maglia umida di sudore misto all’alcol, i pantaloni persi chissà dove insieme alle scarpe, e i capelli che sono un tripudio di zucchero e sostanze appiccicose. Non c’è una parte del mio cervello che è intenta a fermarmi, a dire “Chris, basta”, i freni inibitori con cui sono nato penso abbiano fatto le valige parecchi anni fa, lasciandomi affrontare, impavido, ogni fottutissima situazione. Ricordo quando al primo anno di liceo insieme a Lucas rubammo la macchina del preside Miller e la nascondemmo nel retro della palestra. La faccia sconcertata di Miller nel non trovare la propria vettura fu una cosa inebriante. Povero bastardo, quante cose ha dovuto passare a causa della mia irrefrenabile vena creativa nel rovinargli le giornate. Un giorno gli regalerò un mazzo di fiori, lo prometto. 
C’è una luce strana che penetra la finestra, non il caldo sole di Luglio che ti toglie il respiro e fa sembrare una passeggiata al parco, un viaggio interminabile nel deserto del Sahara; questo è un sole freddo, quello delle giornate sbagliate, quello che c’è ma non c’è. Avete capito? Quel cazzo di sole che, anche se coperto dalle nuvole, da fastidio alla vista.
Non è un buon giorno, non poteva esserlo, lo sentivo. Ci sono delle volte che, nel momento stesso in cui mi sveglio capisco come andrà la giornata. Se sarà una vittoria o un’emerita merda. Ho quel presentimento, come se le cose fossero destinate ad andare male. Forse è il karma, penso. Mi sono divertito così tanto ieri notte con Sarah, Lucas, Valerie, quel cocainomane di Steve e persino con mia sorella Beatrice e il suo ragazzo stronzo, Derek, che oggi dovrà per forza essere una giornata da schifo. Ok, sono pronto a odiare questo 5 Luglio 2015.  Il mio udito si sta pian piano abituando al mondo esterno, pensavo che dormissero tutti, ma mi ero sbagliato. Quei festaioli stanno ancora facendo festa? Sento le loro grida di sotto. Penso siano veramente pazzi, e per questo li amo. Mi hanno fatto passare la notte più bella della mia vita, ed è incredibile quanto mi sia divertito. Ok, diciamocela tutta, merito del buon risultato della festa è anche dei Miei che hanno lasciato a me e a Beatrice le chiavi della casa qui a Redeye Park. I party in montagna hanno il loro fascino, lo ammetto. Una casa in mezzo al nulla. Casino a volontà e niente polizia: tagliati fuori dal mondo.
L’unica rottura è che per raggiungere la casa abbiamo dovuto prendere quella vecchia funivia: non esiste una strada che permetta alle macchine di raggiungerci, e questo ha comportato anche una breve camminata. Poco male, un po’ d’isolamento non fa mai male, se non fosse per la rete assente. Dovrò aspettare di raggiungere la fine della funivia per caricare le foto della festa su Facebook, e ora che controllo il cellulare mi rendo conto di quanto matto ero.
Mi alzo dal letto con calma, non voglio vomitare sul parquet, mi gira ancora la testa. Inizio a frugare per la stanza: dove cazzo sono i miei pantaloni? Non ci tengo per niente a fare un chilometro di strada a piedi in mezzo al bosco in mutande, bucate tra l’altro. Ispezionata la camera, mi rendo conto che dei miei pantaloni, qui, non c’è traccia. Probabilmente me li avranno fatti togliere durante qualche sorta di scherzo, continuando a scorrere le foto nel telefono ne ho la prova inconfutabile. Bastardi.
Saranno sicuramente in soggiorno, dunque, apro sospirando la porta della camera per recarmi al piano di sotto a grandi passi, ma mi blocco. Il mio udito capta qualcosa d’insolito, come se nell’equazione che mi ero formulato in testa il risultato venisse sbagliato. Non stavano “festeggiando”, non sembrano urla di gioia. E’ un frastuono frenetico, come quando si è in ritardo per l’autobus e ci si prepara velocemente per non perderlo. Che cosa sta succedendo? Il mio corpo si muove d’istinto, scatto in avanti. Scendo le scale velocemente, la curiosità mista al cupo mistero. Mentre sto per giungere al piano terra sento distintamente le grida: Beatrice sta gridando a squarcia gola. Non frasi, non concetti. Un nome:
Derek.

Stordito dalla situazione, provo a far mente locale mentre mi avvicino di corsa agli altri. Cos’era sucecsso? Derek non è mai stato il tipo di ragazzo che combina casini durante le serate: mai uno spinello, figurarsi qualche pasticca di Steve, il che esclude l’overdose; non ha mai alzato troppo il gomito, era un ragazzo responsabile. Anche se stronzo. Il che ha sempre tranquillizzato, ma non troppo, le mie incertezze sul suo rapporto con Beatrice. Beatrice è sempre stata una ragazza esigente, ma con Derek si trova bene. Mai li ho sentiti litigare se non per stronzate. In fin dei conti, sono contento della loro relazione. Derek è un duro. Il classico ragazzo tutto d’un pezzo che vuole e sa di avere sempre ragione. Una specie di soldato. É stato il quarterback della squadra del Liceo, non era una mezza calzetta. Eppure ora è lì, disteso a terra, i ragazzi che creano un muro intorno a lui e Beatrice, che gli è accanto e gli urla addosso. Vedo le scene al rallentatore. Spingo via Valerie e Sarah e mi butto di fianco a Beatrice. Le sue urla si sono placate e cerca disperatamente il battito del fidanzato sul collo con due dita. Non respira.
Cazzo.
Gli strappo la camicia, i bottoni volano ai lati, il suo petto è così freddo, sebbene sia cosparso di sudore. Inizio a fargli il massaggio cardiaco, una, due, tre, quattro volte. Niente.
-Beatrice, la respirazione bocca a bocca, ORA!
Sono agitato cazzo, cazzo! Di situazioni così ne ho viste minimo un centinaio alla televisione, guardando quelle stupide serie tv sui medici, o giocando ai videogiochi. Questa è la vita reale, qui un mio amico sta morendo. Le gambe tremano, i movimenti sono frenetici. I miei palmi sul suo sterno che spingono, spingono, spingono. Ogni quattro pressioni Beatrice libera il suo ossigeno nella bocca di Derek. Non funziona. Perché non funziona, perché?! Continuo a premere contro il suo petto, sempre più forte, le lacrime agli occhi.
-Chris…- Spingo, premo. É tutto cosi lento e veloce allo stesso tempo. Le mani iniziano a farmi male, sento che non ho più forza nelle braccia. Respira cazzo, respira. Ti prego. So che ci sono gli altri vicino a me, ma io non li sento, non sento la loro presenza. Mi sento così solo, isolato nelle mie azioni. Non sento il peso del tempo. Non sento gli sguardi o le parole, non sento niente, come Derek. Non voglio arrend…
-Chris, basta. - Di scatto mi fermo, torno alla realtà. Lucas mi mette un braccio intorno al collo e mi stringe, Beatrice, tra le braccia di Sarah, piange. Evidentemente mi sono fatto trasportare dal momento, non mi sono accorto che lottavo invano ormai da qualche minuto. Da solo.  Beatrice si era arresa, ma io no. Ho lottato contro l’impossibile, l’inevitabile quasi. Il sole filtrava delle finestre, la polvere vagava nell’aria come uno sciame di minuscoli insetti. E’ un giorno dal sole freddo. Ho appena perso un’altra sfida contro il destino, contro il fato, ma a questa sconfitta non c’è rimedio.
Derek è morto.
   
 
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