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Autore: TimeKeeper    16/10/2015    0 recensioni
Un finale alternativo per Tomb Raider: La Culla della Vita.
«Terry – lo chiamò Lara che era rimasta immobile, a guardarlo – che stai facendo?»
«Ti va di scherzare, vero? – le rispose lui, alzando la testa qual tanto che bastava per guardarla negli occhi - Il Vaso di Pandora è nostro, lo portiamo con noi»
Lo sguardo della tomb raider inglese divenne triste ed autoritario: «Non te ne andrai se non lo metti a posto»
L’uomo si alzò, abbandonando il sacco accanto al Vaso e cominciando ad avanzare verso di lei: «Vuoi dire che dovremmo rinunciare ad una cosa che può valere una fortuna?»
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Lara Croft
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Timeless
 
Nella caverna, il buio più totale ed insidioso faceva spazio improvvisamente a sprazzi di luce simili a fulmini che la illuminavano, ad intervalli regolari, di riflessi macabri, rivelando agli occhi la stranezza di quel posto e risvegliando paure ancestrali e terribili.
La ragazza teneva in alto le pistole, con le braccia piegate e le mani vicino alle spalle, pronta per reagire a qualsiasi attacco, perché sapeva che posti come quello erano pericolosi, persino mortali. Eppure amava quella sensazione che le correva viscida lungo la schiena, amava percepirla nelle vene, adorava saperla controllare a suo favore; a lei piaceva rischiare la vita perché pensava di non aver nulla da perdere. Ed era diventata brava nel farlo, forse più di ogni altro.
Un altro lampo illuminò la grotta, rivelando i numerosi passaggi e i bivi ricavati nella roccia. Era un labirinto naturale perfetto, dove l’orientamento si perdeva in pochi secondi grazie al gioco perverso tra il buio e la sinuosità dei passaggi verso il ventre della montagna.
La predatrice cominciò a camminare verso l’interno, posando una pistola nella fondina per recuperare la sua inseparabile torcia al neon; dopo averla accesa, l’agganciò alla cintura di cuoio e la fissò al lato della gamba per lasciare le mani libere di impugnare le armi in caso di bisogno. Riafferrò la pistola automatica e continuò a camminare lentamente verso l’interno.
La roccia era di un colore argentato e tendeva spesso al blu a causa dell’oscurità; splendeva, in alcuni punti, rivelando la sua natura rozza e non lavorata. Milioni di gallerie si diramavano in ogni direzione e così ponti naturali, passaggi, un intero mondo fatto di pietra nello stomaco della montagna; un universo alternativo e splendido, ma insidioso e terribile.
Troverai un luogo di follia dove non esiste orientamento e cielo e terra si confondono…
Si mosse ancora alla ricerca di un indizio per continuare la sua missione, ma c’era qualcosa che la tratteneva sul terreno, qualcosa che le rendeva faticoso ogni passo, come una forza di gravità superiore. Rinfoderò le pistole e si avvicinò ad una parete, passandoci lentamente la mano sopra, come in una carezza; appena le dita toccarono la superficie, la roccia le trattenne a sé, non permettendo nessun altro movimento.
La parete era formata da un minerale ad alta proprietà magnetica, in grado di trattenere un corpo umano in qualsiasi posizione a dispetto della forza di gravità: la roccia si legava all’alta elettricità del corpo vivente, in una semplice reazione fisico-chimica. Ecco spiegato il grande potere soprannaturale del magico labirinto in cui molti i cercatori di tesori erano andati perduti, o peggio, erano impazziti.
La ragazza abbozzò una mezza risata, staccando la mano dalla parete.
Aveva sempre avuto la convinzione che tutte le leggende, le trappole nascoste sulla giusta strada verso una grande scoperta, non fossero altro che invenzioni ben riuscite di menti geniali, segno distintivo del passato come del presente, e trasfigurate dell’immaginazione popolare o dalla paura dei pavidi archeologi muniti solo di pala e spolverino.
La verità era ciò che si vedeva e si toccava.
Erano i proiettili ad uccidere le persone, non i fulmini di un dio irato.
Prese una piccola rincorsa e si gettò con entrambi i piedi sulla parete, che la trattenne permettendole di cominciare a camminare in senso orizzontale rispetto al pavimento e, successivamente, si spostò sul soffitto dove si abbassò per gattonare silenziosamente e raggiungere il centro della montagna senza essere scoperta. Era emozionante avanzare a testa in giù in un luogo affascinante e senza tempo, dove la sua ombra si era dissolta e le leggi del mondo erano state sovvertite senza però bisogno di alcun tipo di spiegazione irrazionale.
Era la natura a governare il mondo, non gli uomini.
All’improvviso echeggiò un rumore sordo, poi due e tre; provenivano da ogni direzione e in qualunque luogo si sentiva la scia dei proiettili che erano stati esplosi. Perché di proiettili si trattava, ne era certa.
Non era stata la prima ad entrare nella Culla della Vita: aveva seguito in silenzio un’altra predatrice di tombe, ben più famosa e discussa di lei, una persona che una volta era stata parte della sua vita. Lara Croft. E così, mentre la tomb raider inglese aveva fatto il lavoro sporco, penetrando nella montagna minacciata dal famoso scienziato Jonathan Rice, con sulla coscienza la salvezza del mondo dai malvagi che volevano utilizzare il Vaso di Pandora custodito nella Culla come un’arma di distruzione, la ragazza che ora stava accovacciata sul soffitto della caverna aveva semplicemente dovuto restare in silenzio ed aspettare, accettando per una volta di non essere la protagonista dell’azione.
In effetti quella missione non aveva nulla di usuale: non era la morte della Croft che lei desiderava, o la vittoria contro i malvagi ed, incredibilmente, non era neanche il leggendario Vaso il suo obbiettivo.
No, lei voleva Terry Sheridan.
Prima comandante nei Royal Marines, poi mercenario e traditore. Aveva raggirato la Corona ed era fuggito verso l’Oriente dove aveva vissuto qualche anno nella banda degli Shai Ling, attuando per loro una serie di furti di opere d’arte e oggetti antichi, per poi darsi alla fuga alla guida di un camion pieno di vasi Ming e continuare la sua vita da latitante, braccato ovunque dai servizi segreti inglesi. Catturato sul confine tra Cina e Kazakistan, aveva vissuto i suoi ultimi anni in una prigione nel cuore della regione montuosa del Tian Shan, in una cella d’isolamento, finché la stessa Croft non lo aveva liberato in cambio della sua collaborazione nel ritrovamento del Vaso. Una vecchia storia d’amore tra i due aveva sicuramente facilitato il compito alla ragazza che ora se ne stava accovacciata contro il soffitto della grotta, per evitare eventuali proiettili vaganti; l’amore rendeva deboli e prevedibili, era ciò che aveva sempre pensato.
La predatrice accelerò il suo gattonare, seguendo l’eco dei proiettili di cui era riuscita ad individuare la fonte. Dov’era la Croft sarebbe stato di sicuro anche Sheridan; il resto lo avrebbe improvvisato, come sempre.
Un nuovo suono si accese nel vuoto, ora molto più vicino e forte; non era il rumore di uno sparo o di un colpo, ma qualcosa di più… umano. Un urlo disperato, di dolore, sofferenza.
La ragazza si spinse con forza lontano dal soffitto magnetico ed atterrò in piedi sul pavimento, cominciando a correre verso la direzione del grido; dopo qualche istante vide una luce più intensa delle altre illuminare il cunicolo dal quale veniva. Si fermò, sfoderando ancora una volta le pistole e portandole all’altezza delle spalle; rallentò il passo fino quasi a strisciare e raggiunse l’imboccatura della galleria che aveva percorso. Si gettava a strapiombo in un pozzo in cui convergevano tutti i passaggi all’interno della roccia: doveva essere circa di una decina di metri di diametro.
Delle voci si accesero sul fondo del pozzo e l’obbligarono ad acquattarsi contro la parete. La tomb raider si nascose nel buio e guardò verso la parte inferiore di quella cavità verticale: accanto ad un piccolo lago di acido nero e ribollente, due persona stavano accovacciate, vicine una all’altra.
«Preparatissimo» sentì dire da una delle due, una donna dai lunghi capelli neri raccolti in una coda. Lara Croft. Il suo braccio sinistro era completamente coperto di sangue e l’altra persona, sicuramente Terry Sheridan, la stava medicando.
«Beh, io lo so quanto sei maldestra» le rispose lui, avvolgendole una garza sulla ferita.
Nonostante fosse almeno tre o quattro metri sopra di loro, la ragazza poteva vedere perfettamente gli sguardi che le due persone si lanciavano; erano carichi di una luce particolare, di qualcosa che lei non aveva mai conosciuto.
Lara socchiuse appena gli occhi e li fissò poi in quelli di Terry: «Grazie» sussurrò, prendendolo alla sprovvista. Lara Croft non era una donna da convenevoli.
L’uomo rimase immobile ad osservarla per un lungo istante, poi si avvicinò e lei fece altrettanto, chiudendo le labbra in un lungo bacio.
«Andiamo via» continuò poi lei, alzandosi e mostrando un’altra ferita piuttosto profonda sulla parte destra della schiena.
Doveva esserci stata una lotta tra l’archeologa e Jonathan Rice, e a giudicare dall’assenza di quest’ultimo e dall’urlo udito poco prima, lo scienziato aveva avuto la peggio, precipitando probabilmente nella pozza di acido. La ragazza nascosta pochi metri sopra di loro prese nota mentale del pericolo rappresentato dalla pozza e mosse appena le dite sui calci delle pistole, attendendo il momento propizio per attuare il suo piano.
Terry si alzò insieme a Lara e si diresse verso il piccolo lago di acido, chinandosi verso una scatola dorata e luminescente che la ragazza nascosta non aveva notato; tirò fuori dallo zaino un sacco nero e cominciò a coprirla.
«Terry – lo chiamò Lara che era rimasta immobile, a guardarlo – che stai facendo?»
«Ti va di scherzare, vero? – le rispose lui, alzando la testa qual tanto che bastava per guardarla negli occhi - Il Vaso di Pandora è nostro, lo portiamo con noi»
Lo sguardo della tomb raider inglese divenne triste ed autoritario: «Non te ne andrai se non lo metti a posto»
L’uomo si alzò, abbandonando il sacco accanto al Vaso e cominciando ad avanzare verso di lei: «Vuoi dire che dovremmo rinunciare ad una cosa che può valere una fortuna?»
«Rimettilo a posto» lo ammonì ancora Lara.
«Non ci penso neanche»
«E’ in grado di uccidere milioni di persone innocenti»
«Non diventare melodrammatica»
«Rimettilo a posto»
«NO!» Il suo urlo echeggiò parecchie volte nel ventre vuoto della montagna. I suoi occhi azzurri sembravano essere diventati di fuoco puro.
«Ti ho aiutato a non farlo cadere nelle mani di Rice – continuò Terry, mentre un altro lampo luminoso squarciava il buio - è la mia ricompensa…»
Il silenzio regnò per un lungo istante: «Lo porterò via con me» concluse l’uomo camminando verso l’uscita del pozzo. Lara si spostò lateralmente e gli sbarrò la strada.
Terry la guardò: «E così siamo a questo punto: tu sei autorizzata ad uccidermi, no? Ti conviene farlo, allora, perché non ti basterà restare ferma davanti a me a fissarmi».
L’uomo alzò di scatto una mano e colpì Lara sul viso facendola cadere: «Non riuscirai mai a fermarmi – infierì mentre lei si rialzava - Tutto quello in cui credi, i tuoi grandi ideali, non sono realtà, io sì invece e tu mi hai amato…»
Quell’ammissione rimase sospesa nell’aria per alcuni istanti, mentre i due continuavano a scrutarsi, poi fu ancora Terry a parlare: «Non so quanto tu ti senta forte, ma so che non metterai la tua assurda morale contro di me. Fammi passare»
La risposta di Lara fu solo un sussurro: «No»
«Lo vuoi tu!»
Fu un attimo.
L’uomo portò la mano dietro la schiena ed estrasse la pistola; un colpo risuonò per tutta la caverna. Ma, incredibilmente, non fu la Croft ad accasciarsi al suolo, ferita a morte, ma lo stesso Sheridan. Scivolò lentamente verso il basso, sdraiandosi a terra, ferito al fianco sinistro. L’archeologa era stata più veloce.
La ragazza sopra di loro, che aveva assistito all’intera scena in silenzio, strinse più forte le pistole. Sapeva che Terry era ancora vivo e doveva riuscire a portarlo fuori di lì prima che entrasse in uno shock ipovolemico, ma se fosse uscita allo scoperto ora, Lara avrebbe pensato che lei era lì per il Vaso; lo scontro con Lara Croft avrebbe dovuto aspettare. Un giorno avrebbe avuto la sua vendetta, ma non ora.
La osservò fremendo mentre lei restituiva il Vaso alla pozza di acido e si allontanava abbandonando il corpo di Terry. Solo allora la ragazza rimise le pistole nelle fondine e piantò un picchetto ed una fune per calarsi fino al fondo del pozzo. Si accovacciò accanto all’uomo, premendo con forza con la mano sinistra sulla ferita per fermare l’emorragia; con la destra afferrò il telefono satellitare ed aprì la comunicazione.
«Hope, mi senti?» chiese, con la voce tranquilla e sicura.
«Mackie, tutto bene?» rispose una voce metallica.
«Io sì. Il nostro uomo è ferito ed è probabile che la CIA ci sia già dietro, trovami subito un contatto nei paraggi. E… Hope?»
«Sì?»
«Segui la Croft: non voglio sorprese»
   
 
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