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Autore: MCR_24_9    18/10/2015    4 recensioni
Daimonas è un bambino speciale. Non è un bambino come tutti gli altri. Lui è figlio di un demone e riesce a vedere i demoni che ogni persona ha dentro di sé. La sua vita è molto dura e ben presto si renderà conto che non esistono santi, ma solo malvagità da estirpare. E questa è la sua storia.
Genere: Horror, Sovrannaturale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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                                     CAPITOLO 8





Gli ci volle un po' per arrivare in città e adesso Daimonas camminava tra la folla che riempiva le strade. Si sentiva sollevato, non era più dentro quella spirale di odio e dolore, non era più in quel maledetto posto. 'Qui nessuno mi farà del male'.
La gente lo ignorava mentre il bambino si guardava attorno, stupito. C'erano edifici molto alti e pieni di luci, le strade erano illuminate da tanti lampioni. Ma ciò che colpì il bambino erano degli strani edifici con grandi vetrate. Dietro di esse c'erano giocattoli, vestiti e in alcuni anche del cibo. Daimonas vedeva la gente che entrava e usciva. Vedeva genitori che prendevano giochi e peluche ai loro figli. Tutt'intorno a lui c'erano famiglie felici. Padri che tenevano la mano alle figlie, madri che tenevano in braccio i più piccoli. Daimonas li guardava, dentro di lui sentiva un vuoto. 'Non avrò mai una famiglia....'. Camminava a testa bassa, con le mani nelle tasche dei pantaloncini. Alcune persone lo guardavano e ridevano, ma a lui non importava. Si sentiva solo, nonostante la moltitudine di gente, era come se fosse ancora intrappolato in quella cella buia. All'improvviso si sentì cadere a terra, spinto da qualcosa. Alzò lo sguardo e vide che si era scontrato con un bambino. Si tastò la testa e fu sollevato nel sapere che il cappello non era caduto. Il bambino lo guardò. "Hey! Stai attento a dove cammini, perdente!". "Scusa" rispose Daimonas aiutandolo a rialzarsi. In quel momento arrivò quella che sembrava essere la madre del bambino. Allontanò in malomodo la mano di Daimonas e fece alzare il figlio. "Quante volte devo dirti di non avvicinarti ai pezzenti? Lo sai che portano solo malattie. Andiamo dritti a casa, così mentre che ti lavi ti butto via quei vestiti". La madre si allontanò col figlio, mentre alcuni passanti mormoravano parole incomprensibili. 'Pezzente? Non capisco'. Continuò a camminare, mentre la gente quasi lo evitava. Poi vide che vicino ad uno di quei edifici c'era una piccola scatola con dentro dei giocattoli un po' rovinati. Daimonas era curioso e si avvicinò. Un uomo se ne stava davanti alla porta con fare minaccioso. Il bambino prese coraggio e ci parlò. "M-mi scusi. Perché ha lasciato fuori questi giocattoli?". L'uomo guardò il bambino, cercando di sorridergli. "Li butto via. Ormai nel mio negozio, nessuno li comprerebbe più". 'Negozio? Si chiamano così questi?'. Guardò dentro la scatola. C'erano macchinine, strani pupazzi e giocattoli che non aveva mai visto. Poi vide un orsetto di peluche un po' rovinato. Indossava un abitino rosa e aveva un fiocco tra le orecchie, anch'esso rosa. Vedendolo, pensò a Sara. 'Non ha più una madre, e nemmeno un padre che la rende felice'. Prese l'orsetto e si rivolse all'uomo. "P-potrei prendere questo per favore?". L'uomo fece spallucce. "Fa pure, tienitelo. A me non serve" disse poi scrutò il bambino. "Normalmente non faccio carità,  ma probabilmente questo sarà il tuo primo e ultimo bene. E adesso vattene, non voglio che muori davanti al negozio!".
Daimonas si allontanò stringendo il peluche. 'A Sara piacerà? Forse devo chiedere ad Albert di sistemarlo un po'. Lui è bravo ad aggiustare le cose'. Guardava le vetrine piene di dolci e cibo. Aveva tanta fame, era da un po' che non mangiava. Ma c'era abitiato. Per lui la fame non era una priorità. La folla si era fatta più fitta e Daimonas fece fatica a passare. Ad un tratto, una donna urlò. "Aiuto!  Mi hanno rubato il portafogli! Al ladro! Al ladro!". Alcune persone fissarono Daimonas, mentre un agente cercava di far calmare la signora. "Che cosa è successo?" le chiese. "Oh agente. Stavo camminando e qualcuno mi ha spintonato facendomi cadere la borsa. Quando l'ho presa, mi mancava il portafogli. C'erano tutti i miei soldi". Daimonas continuò a camminare, non capiva cosa stessero dicendo. Vedendolo andare via, la gente iniziò ad indicarlo. "È stato lui! Quel pezzente! È lui il ladro!" esclamò un uomo col consenso di tutti. "Si è vero!". L'agente si avvicinò al bambino. "È tuo questo cappello?" Gli chiese. "Di sicuro lo ha rubato!" disse una donna. "Persone come lui non dovrebbero esistere!". L'agente cerca di togliergli il cappello. 'Oh no. No'. Daimonas si allontana a piccoli passi, poi si mise a correre. "Hey! Hey! Fermati! Dannazione! Fermati!". Sentiva l'agente che gli correva dietro, urlando e cercando di raggiungerlo. Alcuni cercarono di fermarlo in ogni modo, ma Daimonas era agile e veloce. Riusciva a scansarli tutti. 'Perché. Perché io? Che ho fatto di male? Non voglio che scoprano chi io sia in realtà'. Corse veloce, senza neanche vedere dove andasse. I passi erano lontani, ma lui non voleva smettere. 'Perché per tutti sono io il cattivo!'. Scivolò cadendo rovinosamente a terra, sbattendo la faccia. L'orsacchiotto era finito un po' lontano da lui. Daimonas si alzò e si asciugò le lacrime che stavano per scendere dai suoi occhi. 'No, non devo piangere. È inutile piangere'. Prese l'orsacchiotto da terra e lo scotolò, poi si guardò attorno. 'Dove sono finito?'. Era in una stradina, buia e silenziosa. Le luci delle case erano spente e non c'era neanche un lampione. 'Cavolo, mi sono perso. Adesso dove devo andare? Forse dovrei cercare qualcuno'. Vide una luce fioca alla fine di quel vicolo. Andò in quella direzione, riusciva a sentire due persone che parlavano. Si nascose, la schiena attaccata al muro e la testa girata a guardare. Sotto la luce di un lampione vi erano una ragazza e un ragazzo. Lui indossava una felpa e un paio di pantaloni lunghi, portava in spalla uno zaino che sembrava essere pesante. La ragazza aveva i capelli raccolti in una coda e indossava un vestito viola. "Jessica, ti prego. Torniamo insieme. Io ti amo, non posso stare con te. Ti prometto che non succederà più" supplicò il ragazzo. "È inutile che fai così. È la terza volta che succede, adesso basta". "Non ti picchierò più. Lo sai che quando mi arrabbio non ragiono piu, devi solo non farmi arrabbiare e andrà tutto bene". "No, basta! Mi hai rotto il braccio tre mesi fa solo perché avevo sporcato per sbaglio una maglietta". "Sapevi quanto ci tenevo a quella maglietta. Solo una schifosa ingrata lo farebbe". Il ragazzo si avvicinò a lei, afferrandole un polso. "Ti ho dato una casa, un lavoro, soldi per quel ubriacone di tuo padre e per quella drogata di tua madre!" il suo sguardo era cambiato. "E tu cosa fai? Vai via di casa, non mi dici con chi esci e dove vai, stai sempre al telefono,  non ti occupi mai della casa e non cucini mai la cena nell'orario giusto! Secondo te non dovrei arrabbiarmi? Dovresti già essere a casa a prepararmi la cena invece di essere qua vestita da prostituta!". "Lasciami! Mi fai male!". Il ragazzo la bloccò al muro. "Tu sei mia!" le disse. Daimonas guardava la scena, pieno di rabbia. Fu in quel momento che lo vide. I suoi occhi cambiarono colore diventando viola. Quello che vide era un demone della violenza, ma era strano. Era di un viola molto intenso, molto scuro. Tendente al rosso. Fece cadere il peluche a terra, era deciso ad uscire allo scoperto. Ma qualcosa lo bloccò. 'No! Non lo fare!'. Era la voce che lo bloccava ogni volta. 'Non sono affari tuoi, e poi lei se la caverà. Vuoi essere odiato ancora?'. Non riuscì a fare neanche un passo. Rimase a guardare, con la rabbia che cresceva sempre di più.
La ragazza diede un calcio al ragazzo che la lasciò andare. "Non sono più di tua proprietà. Ormai ho chiuso con te, mi sto facendo una nuova vita. Ho degli amici che mi vogliono bene e mi sto conoscendo con un altro ragazzo. Sono andata avanti, dovresti farlo anche tu". Lo sguardo del ragazzo divenne pieno di rabbia. "Se non ti posso avere io...." dallo zaino prese un grosso coltello, puntandolo contro la ragazza. "Non ti avrà nessun altro!". Fu in quel momento che il demone dentro il ragazzo passò da viola a rosso. 'Un demone della pazzia? Devo intervenire!'. Ma il suo corpo era ancora bloccato. Sentiva che i suoi occhi erano cambiati. Il ragazzo la spinse di nuovo contro la parete, puntandole il coltello alla gola. "Sei solo una cagna ingrata, avevo pietà per te. Ma adesso meriti solo la morte! Ma prima mi divertirò con te!". Passa la lama sul viso della ragazza, ferendole la guancia sinistra. Dal taglio cominciarono a uscire gocce di sangue rosso vivo. "A nessuno piacerebbe un visino sfigurato, non trovi?". La ragazza era in lacrime. "Ti prego lasciami andare". "E perché mai dovrei farlo? Senza di me tu non sei niente. Senza di me tu non meriti niente, nemmeno di vivere!".
A quelle parole, Daimonas si sentì come un vulcano pronto ad esplodere. 'Basta, non posso stare qui senza far nulla! Devo tappargli la bocca! Lo devo uccidere!'. Accolse l'energia e la sprigionò. Si tolse il cappello, adagiandolo sul peluche. Le corna si trasformarono all'istante. 'È ora che abbia una lezione!'. Scattò in avanti mettendosi in mezzo ai due. Spinse via il ragazzo, coprendo la ragazza come uno scudo. Il ragazzo si alzò, era sbalordito nel vederlo. Il braccio destro del bambino era ricoperto di energia pura dalla spalla fino al polso. Nella mano stringeva un gladio che brillava di energia. Sopra l'elsa vi era un teschio e sulla lama vi era il simbolo di una stella rovesciata. Dal braccio sinistro uscivano piccole fiammelle di energia dalle cicatrici sul polso a forma di croce rovesciata. Le corna lunghe e appuntite, gli occhi completamente di un rosso acceso e infine un sorriso che faceva raggelare il sangue. "Se vuoi prendertela con qualcuno, allora fatti sotto". "Carnevale ormai è finito da un bel pezzo. Perché non vai dalla tua mammina? Sarà in pensiero per te" disse il ragazzo ridacchiando. Daimonas cominciò a ridere di gusto, una risata tutt'altro che piacevole. "Finalmente posso sfogarmi. Finalmente posso divertirmi! Finalmente sono libero! E mi divertirò a farti a pezzi! Fatti sotto se ne hai il coraggio!". Il ragazzo cercò di colpirlo con un pugno, ma Daimonas evitò il colpo senza fare alcuna fatica. "Troppo lento!". Il bambino gli ricambiò il colpo dandogli un violento pugno in faccia.  Il ragazzo si riprese quasi subito, cercò di afferrarlo per poi ferirlo con coltello, ma Daimonas lo anticipò recidendo la mano dal polso con un colpo netto e preciso. Il ragazzo urlò dal dolore, mentre il sangue zampillava dal moncherino. "Oh, che peccato. Ma non ti preoccupare, non ti serviva". Si avvicina al ragazzo, con fare minaccioso. "Che noia! Fammi divertire un po'!". Il ragazzo cadde a terra, cercò di allontanarsi da lui. "Ti prego..... non le farò più nulla...." lo supplicò, ma Daimonas fece roteare il gladio e lo pugnalò sopra il ginocchio, facendo trapassare la lama fino a conficcarla nell'asfalto. Sentì l'osso rompersi sotto la forza del corpo. Il ragazzo urlò dal dolore. Il bambino fece uscire la lama per poi pugnalare ancora. Gli piaceva quel suono, le ossa che si frantumavano, i muscosi che venivano strappati, il sangue cremisi che zampillava. Alla fine, gli tagliò la gamba in due per poi fare lo stesso con l'altra. Per il ragazzo era una lenta agonia. Daimonas lo guardò in faccia, sorrideva. "Facciamo così,  ti faccio una domanda, rispondi bene, intesi? Hai paura del demonio? Hai paura di me?". Il ragazzo lo guardò terrorizzato, mentre il bambino rideva di gusto. "Hai paura del demonio? Hai paura di me?". "Ti... prego.... non voglio morire.....". L'espressione di Daimonas cambiò, divenne cupa e gravosa. Seccata e inquietante allo stesso tempo. "Sono stufo delle tue continue lagne e dei tuoi lamenti! È ora che ti chiuda la bocca". Gli salta addosso, impugnando il gladio con tutte e due le mani e lo pugnalò infilando la lama in bocca al ragazzo fino a trapassargli il collo toccando l'asfalto con la punta. Sentiva i denti e le ossa che si spezzavano, il sangue che zampillava sporcandogli le vesti e la faccia. Alla fine, il ragazzo morì tra atroci sofferenze, soffocato dal suo stesso sangue. Ma Daimonas continuò ancora, ancora e ancora. Si fermò solo quando vide qualcosa uscire dai moncherini ancora sanguinanti. Vide artigli lunghi e rossi, due occhi gialli e una grossa bocca. Il demone uscì dal corpo ormai esanime del ragazzo ed emise un urlo acutissimo. Fece cadere il gladio che si dissolse e si coprì le orecchie che gli dolevano molto. Era insopportabile.  Poi il demone smise e si dissolse in cenere. Daimonas tornò normale, ritrovando se stesso. Si voltò e vide la ragazza,  rannicchiata con la schiena attaccata al muro. Tremava come una foglia. Negli occhi il terrore puro e il panico più indescrivibile.  Daimonas si avvicinò a lei. Negli occhi c'era terrore puro e il panico più indescrivibile. Il bambino si avvicinò a lei, ma la ragazza emise un forte urlo, cercando di allontanarsi. "Stai lontano da me! Lo hai ucciso, LO HAI UCCISO! Sei solo un mostro!". La ragazza si alzò a fatica e scappò urlando e chiedendo aiuto. Daimonas si guardo le mani, erano sporce di sangue, girò la testa e vide il corpo mutilato. Cadde a terra, incredulo. 'S-sono stato io? No, non può essere!'. Poi ricordò tutto, tutti gli orrori. E la cosa che lo spaventò fu la consapevolezza che gli era piaciuto. *'Ti è piaciuto cosa abbiamo fatto?'*. Sentì quella voce, ma non veniva dalla sua mente, ma dentro di sè. Era una voce cupa e gravosa. *'Complimenti, moccioso, sei diventato un mostro'*. Sentì quelle risate ed ebbe un fremito, si rannicchiò su se stesso, ancora incredulo. 'S-sono stato io.... sono un mostro!'.
 
  
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