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Autore: A r l i e    19/10/2015    3 recensioni
Il profumo caldo del grano inebriò l’aria, una promessa di speranza nel vento leggero sigillò quel momento e quelle parole che suonavano così sagge, nel cuore e nell’anima di Feliciano.
Impero Romano sorrise consapevole. Si rizzò in piedi, accarezzò con le dita la fronte del nipote e mosse un passo indietro dandogli le spalle, finalmente pronto per affrontare la sua ultima battaglia.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Antica Roma, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'ℛadici'
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Il  sole del primo pomeriggio brillava alto nel cielo, inondando con la sua calda luce l’immensa distesa di grano ormai quasi maturo: un mare incantato, mosso dal vento che generava lunghe onde dorate.
Il piccolo Italia, stremato dalla corsa disperata che l’aveva portato fin lì, si fermò ad osservare quello spettacolare panorama in cui il rosso dei papaveri e l’azzurro dei fiordalisi spiccava tra i secchi gambi gialli.
Sorrise Feliciano, ripromettendosi di raccogliere un mazzolino di quei fiori profumati prima di tornare a casa.
Portò una manina sulla fronte madida di sudore in modo da scrutare meglio l’orizzonte, poi riprese a camminare immergendosi in quel mare di spighe.
Fu lì che trovò Nonno Romano: i raggi del sole si riflettevano sulla pesante armatura che gli copriva il petto, accarezzandogli il viso solcato da un’espressione crucciata e pensierosa.
«Nonno Romano, ti stavo cercando!»
La voce allegra del suo nipotino, salvò Impero Romano da quel vortice di tristezza e frustrazione che affliggeva i suoi pensieri. 
Quando voltò il capo verso il bambino, il vento fischiò rumorosamente accompagnando quel breve istante in cui i due si scrutarono in silenzio. 
Lo sguardo del nonno si posò sulla veste di lino bianco, stretta poco sopra la vita da un sottile cordoncino in cuoio, che copriva il corpicino gracile del piccolo Italia fino alle ginocchia.
Era macchiata di terra e del succo delle more che aveva raccolto tra i rovi. Le spine avevano lasciato dei graffi superficiali sulle gambe esili, avvolte dalle stringhe dei sandali che portava ai piedi.
Un sorriso mesto solcò le labbra del grande impero; Italia appariva così fragile e indifeso ai suoi occhi.
Feliciano dal canto suo, interpretò quel sorriso come un via libera alle coccole, infatti senza esitare alzò le braccia verso il nonno chiedendogli con voce supplichevole di prenderlo in braccio.
«Ti stavo proprio aspettando, Italia.» gli disse sollevandolo da terra senza fare alcuno sforzo. Era incredibilmente leggero, tanto che riusciva a sorreggerlo con un solo braccio.
Feliciano avvolse le braccia attorno al collo del nonno, scoccandogli un rumoroso bacio sulla guancia. «Davvero?! Ultimamente non abbiamo giocato molto insieme, sembravi così triste…Credevo che ti fossi arrabbiato con me.» mugolò con la vocina triste prima di sorridere di nuovo,  raggiante e felice, strofinando la sua guancia contro quella del nonno. «Ma invece non è così, vero?»
Impero Romano avvertì un nodo alla gola. Accarezzò la testolina castana di Italia con la mano libera, e lo tranquillizzò confermandogli che non era affatto arrabbiato con lui. D’altronde non ne aveva motivo.
Era preoccupato e consapevole, più che altro.
Consapevole che di lì a poco l’avrebbe lasciato da solo, alla mercé di quel mondo crudele e senza pietà pronto ad approfittarsi di un’anima così limpida e pura come la sua.
Erano tante le preoccupazioni che affollavano la sua mente: cosa ne sarebbe stato di lui? E del piccolo Romano?
I sensi di colpa lo attanagliavano quando pensava al fratello di Feliciano. Quel bambino che aveva trascurato ingiustamente, rendendolo insicuro e timoroso nei confronti del mondo esterno.
Inspirò e chiuse gli occhi. Inspirò fino a sentirsi riempire completamente, in modo che i profumi e le quiete della campagna entrassero nel suo corpo donandogli un po’ di pace.
Quando riaprì gli occhi, il vento aveva cominciato a spazzolare le spighe di grano che si dimenavano armoniosamente  prima da un lato e poi dall’altro, disegnando dolci forme su quell’infinito lenzuolo dorato.
«Italia, sai qual è il significato del grano?»
Il bambino scosse la testa con decisione, osservando il nonno incuriosito.
«Significa rinascita.» affermò sfiorando con le dita una spiga. «Il grano prima di nascere resta sepolto sotto terra, nell’oscurità. Quando emerge, la sua anima passa dall’ombra alla luce. Rinasce.» 
«Perché mi dici questo, Nonno?»
«Perché noi siamo come il grano.»
Italia sbatté le palpebre più volte, inclinando il capo da un lato «Noi possiamo rinascere?» chiese confuso.
Non aveva capito davvero il discorso del nonno, eppure non aveva usato quelle parole difficili con le quali solitamente si rivolgeva all’imperatore.
Impero Romano lo mise a terra e si inginocchio alla sua altezza, stringendo con una mano la sua spalla; con l’altra invece, strappò due spighe di grano e le posizionò tra i sottili capelli castani del bambino.
«Sì, possiamo perché in fondo non moriremo mai. Vivremo nei ricordi delle nostre gesta e di chi ci ha voluto bene, per poi rinascere in chi porterà nel cuore il nostro essere.» la mano del grande impero, scivolò sul petto di Italia all’altezza del cuore. «Non dimenticarlo mai, Italia.»
Il profumo caldo del grano inebriò l’aria, una promessa di speranza nel vento leggero sigillò quel momento e quelle parole che suonavano così sagge, nel cuore e nell’anima di Feliciano.
Impero Romano sorrise consapevole. Si rizzò in piedi, accarezzò con le dita la fronte del nipote e mosse un passo indietro dandogli le spalle, finalmente pronto per affrontare la sua ultima battaglia.
«Ah! Un’ultima cosa…» aggiunse in un sussurro, prima di inabissarsi in quel mare dorato. « Chiedi scusa a Romano da parte mia.»
   
 
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