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Autore: Ignis_eye    20/10/2015    2 recensioni
Non esiste solo un mondo, ce ne sono parecchi, o meglio, ce ne sono tanti raggruppati in uno solo, dove gli umani trascorrono tranquillamente la loro esistenza e dove le creature magiche vivono in armonia e talvolta si fanno la guerra.
Gli esseri magici svolgono le loro faccende quasi con normalità, tenendole nascoste agli uomini, ma... che cosa succederebbe se un terribile segreto venisse rubato e due razze si scontrassero?
Genere: Guerra, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Elsa rincasò da scuola assieme a Damiano. Buttarono a terra gli zaini e appesero le giacche all’attaccapanni per poi fiondarsi in cucina, affamatissimi.
«Mamma, cosa hai fatto di buono?» domandò sedendosi a tavola.
«Ma come, il naso non ti dice niente?».
I due ragazzi avevano capito cosa bollisse in pentola già da un pezzo, ma le domande stupide facevano parte del gioco.
Elsa annusò l’aria come per cercare una traccia impercettibile.
«Mmm… Damiano, senti anche tu questa fragranza?».
«Sì cugina, la sento. Credo che abbia qualcosa di familiare» disse massaggiandosi il mento «pare che sia proprio…».
«Pasta alla carbonara!» esclamò l’altra.
Gioia rise mentre scolava la pasta e li richiamò all’ordine.
«Basta fare chiasso, voi due! Andate piuttosto a chiamare Fulvio».
«Ricevuto».
Andarono in salotto e dalle scale chiamarono il padre di Elsa che accorse subito.
«C’è pronto?».
«Sì papà, andiamo a tavola».
Mangiarono tutto quanto e con gran gusto, parlarono del lavoro al museo che teneva parecchio impegnati i genitori e della scuola che annoiava i due ragazzi.
«Allora, Damiano» domandò suo zio «Come è andata la verifica di matematica?».
«Benone, credo. Ho fatto tutti gli esercizi».
«Da solo?» inquisì guardandolo sottecchi.
«Certo!».
“Sì, come no!” pensò Elsa ridendo sotto i baffi “Avrà messo una sfera del parva aurem nella classe di Pietro, il suo amico cercatore. Gli avrà suggerito tutto lui”.
Pensò che sarebbe stata una buona idea farselo prestare qualche volta, magari per le verifiche di tedesco.
«E tu, Elsa? Com’è andata?».
«Bene, mamma».
«Quando avrai la prossima verifica di tedesco?».
«Tra due giorni» rispose.
Damiano si infilò in bocca una forchettata di spaghetti e disse:
«Perché non ti fai aiutare dalla tua morosa? Lei è brava nelle lingue».
Quasi le andò di traverso il boccone.
«Non parlare con la bocca piena» lo rimproverò arrossendo.
«E tu non cambiare discorso» la punzecchiò facendo l’occhiolino.
Elsa era piuttosto riservata sulla sua relazione e parlarne la metteva un po’ in imbarazzo, così lui si divertiva tremendamente a tirar fuori il discorso ad ogni occasione.
E i genitori di Elsa non lo fermavano di certo.
«Ci penserò» tagliò corto «adesso finiamo di mangiare, che manca ancora il dolce!».
 
 
 
 
 
Salita in camera, aprì lo zaino e tirò fuori qualche libro.
Aprì quello di tedesco e dopo aver letto appena due righe lo richiuse.
Prese il cellulare e mandò un messaggio a Sefora:
 
Oggi pomeriggio ho casa libera, ti va di fare un salto?
 
La risposta arrivò dopo un minuto.
 
Ti serve aiuto con i compiti, eh?
 
Sospirò. Non poteva mentirle.
 
Colpita e affondata. Passi per le 15:00?
Magari dopo facciamo un giretto in centro e ci beviamo una cioccolata calda.
 
Sefora acconsentì, ed Elsa, visto che non aveva altri compiti, si stravaccò sul letto. Pensò a quanto era cambiata la sua quotidianità: Sefora frequentava la sua stessa scuola, anche se in un’altra classe; molti cercatori avevano deciso di restare a vivere a Villanova nonostante il Necronomicon fosse già al suo posto; quella troia di sua cugina era tornata a Latina.
Tra tutti, era quella che aveva dato più problemi. Ogni volta che vedeva insieme la licantropa e la cercatrice sputava veleno come una vipera, perciò Elsa era decisamente felice che avesse tolto il disturbo.
E Damiano… beh, lui aveva preso bene la notizia di quell’amore bizzarro ma ammise anche che se lo aspettava; non aveva dato di matto quando scoprì che i suoi genitori erano morti per proteggere Elsa. Passò delle brutte settimane durante le quali tenne il muso a tutti in casa ma poi si rese conto che nessuno, a parte i vampiri e i mannari, era responsabile della loro morte, né gli zii che l’avevano cresciuto con amore, né la cugina che gli aveva sempre voluto bene.
In un certo senso, disse di sentirsi sollevato: per tutta la vita la morte dei suoi genitori gli era parsa misteriosa, insensata e finalmente poteva darle un senso.
Ora stava meglio, anche se a tratti diventava nervoso e irascibile. Nulla di strano, quella scoperta era come un secondo lutto.
Elsa guardò fuori dalla finestra i rami spogli dell’albero che vi cresceva davanti. Ormai era quasi novembre e i colori estivi avevano lasciato spazio al grigiore del tardo autunno.
Era bello, nonostante tutto. Il freddo non la infastidiva per nulla, anzi.
“Magari potessi andare in giro in maniche corte senza destare sospetti!”.
Sbuffò.
Erano solo le 14:45.
Si rigirò pigramente su un fianco restando in attesa, sperando che le lancette dell’orologio scorressero più in fretta.
“Magari potessi andare in giro mano nella mano con Sefora senza destare sospetti” pensò amaramente.
A tutti era concesso amarsi alla luce del sole ma a loro due no. Era ingiusto.
I licantropi e i cercatori, così come i pochi esseri magici di Villanova, avevano preso abbastanza bene la loro relazione, senza farne un argomento di pettegolezzi maligni e senza giudicare le due ragazze. Almeno con la sua gente andava tutto bene.
Sentì chiudersi la porta d’ingresso e le ruote della macchina schiacciare le foglie secche sul vialetto, poi più nulla, solo il silenzio della casa vuota.
Tutta allegra e pimpante scese dal letto e si sistemò il maglioncino leggero pulendolo da qualche pelucco.
“Se sono partiti tutti significa che ormai sono le 15:00. Tra poco Sefora dovrebbe essere qui”.
Si sistemò la chioma riccia come meglio poté e restò in attesa che arrivasse Sefora, attesa che non durò molto.
Appena sentì suonare il campanello, si fiondò giù per le scale e spalancò la porta.
«Ciao!» la salutò.
«Ciao, Elsa» rispose allargando un sorriso.
«Vieni, entra».
La fece accomodare e la spogliò della giacca che appese all’attaccapanni. Le offrì qualcosa da bere ma la cercatrice prese solo dell’acqua.
«Allora, in cosa devo aiutarti?» domandò sorseggiando.
«Tedesco».
Sefora rise e disse che se lo immaginava. Posò il bicchiere sul tavolo e si lasciò accompagnare di sopra.
Si sedettero alla scrivania e iniziarono diligentemente a studiare, fin quando Elsa pese la mano dell’altra e la guidò sul foglio vergando maldestramente uno strano simbolo.
«Elsa» sussurrò quasi spaventata «non dovresti disegnare certe cose. E poi, perché ti è venuto in mente?».
La ragazza-lupo la prese e la spostò di peso dalla sedia alle proprie gambe, stringendosi a lei per sentirne il profumo.
Chiuse gli occhi e posò il viso nell’incavo del suo collo, baciandolo.
«Prima che tu venissi qui» soffiò sulla sua pelle «ho pensato a noi e a tutto il casino che è venuto fuori per colpa di questo stupido simbolo».
Sentì fremere la maga e le accarezzò una mano con studiata lentezza.
«Tutti ci dicono di restare nascoste, di non esporci, come se noi stesse fossimo un segreto. Ti immagini che faccia farebbero se sapessero che abbiamo noi il vero segreto?».
Sefora sorrise: non avevano detto a nessuno di aver letto il Necronomicon.
Lanciò un’occhiata a quel simbolo sinistro, un cerchio sormontato da un paio di corna caprine, e strinse le gambe attorno ad Elsa.
«Diventerebbero matti. Meglio che non lo sappiano mai, vero?».
In risposta la ragazza fece congiungere le loro labbra.
«Credi che i custodi del Necronomicon sappiano della sua esistenza?» domandò con voce improvvisamente roca «Magari ogni tanto sbirciano tra le sue pagine» insinuò.
Sefora rise di gusto.
«Scema! Non lo farebbero mai, sono troppo spaventati da quel libro».
«E pensare che basterebbe aprirlo per scoprire il segreto della resurrezione dei morti».
Da quando lo avevano letto, non potevano fare a meno di pensare a quell’oscuro disegno del quale erano custodi.
Nonostante Elsa ci scherzasse sopra, sapeva benissimo che il giuramento dei cercatori impediva loro anche solo di aprire il Necronomicon.
«Meglio così, no?» chiese la maga infilando una mano sotto il maglione della compagna «Non è bello essere le uniche a conoscere il sigillo di Belphegor?».
«Bello? Oserei dire eccitante» sussurrò maliziosa.
La mano a contatto con la sua pelle le accarezzava il fianco salendo centimetro dopo centimetro.
«E non sarebbe ancor più eccitante discutere sul suo possibile funzionamento?» replicò Sefora prendendo in mano il foglio.
«Decisamente più interessante di tedesco».
Si alzò di scatto reggendola in braccio e la fece sdraiare sul letto. Si rotolarono giocando finendo col gettare a terra il copriletto.
Si fermarono e ancora allegre e sorridenti, si sdraiarono composte l’una accanto all’altra; Sefora alzò il foglio per farlo vedere bene anche alla ragazza-lupo.
«Secondo te, come si usa?» chiese con occhi che brillavano di curiosità.
«Ma come, non hai letto anche tu le istruzioni del Necronomicon?».
«Sì, ma intendo: se noi lo disegnassimo seguendo la procedura, cosa accadrebbe?».
«I morti tornerebbero a vivere» rispose Elsa.
«Sì,ma quali morti? Tutti? Solo quelli che vogliamo noi? È questo che mi chiedo da settimane. Le nostre civiltà hanno paura di qualcosa che non conoscono a fondo».
«Si ha sempre paura di quello che non si conosce».
Sefora strappò il foglio, pronunciò alcune parole magiche e ogni pezzetto di carta si dissolse nel nulla.
«Meglio non lasciare tracce di questa roba».
Si rannicchiò contro il corpo snello dell’altra posando la fronte al suo petto caldo. Poteva percepire i battiti del cuore, regolari e rassicuranti.
«Secondo te riusciremo a mantenere il segreto?».
«Sicuro!» esclamò l’altra avvolgendola in un abbraccio «Morirà con noi».
La mano riprese ad accarezzare il suo ventre caldo, desiderosa di maggior contatto. La riccia guardò la più piccola negli occhi, quegli occhi verdissimi che la soggiogavano senza difficoltà, e pensò che quel sentimento così intenso e profondo che provava per lei non poteva essere altro che amore, altrimenti un tale scombussolamento ad ogni suo tocco non si sarebbe spiegato.
Con una mossa repentina si levò il maglione mettendo a nudo il fisico atletico, catturò la mano della maga e se la posò sopra il cuore.
Sefora era arrossita e dopo un secondo di smarrimento baciò la pelle dalla sua mano salendo fino al collo e poi alle labbra che non aspettavano altro di potersi fondere con le sue.
«Pensi che correremo ancora pericoli in futuro?» sussurrò «Battaglie, rapimenti… io ho paura che succeda ancora».
«Può darsi, ma non ti preoccupare».
«Cosa? Perché?» domandò confusa.
Elsa la bloccò contro il materasso e avvicinò pericolosamente il viso a quello di Sefora; i suoi riccioli solleticavano la pelle della cercatrice e i loro respiri si mescolavano in uno solo.
Sorrise maliziosamente mostrando i canini bianchissimi.
«Perché adesso sei la mia ragazza e nessuno potrà più portarti via da me».




 
FINE






 
Angolo dell'autrice:
Siamo giunti all'ultimo capitolo!
Tutto finisce bene, le due birbanti ritornano a scuola, si amano, nessuno rimpe le palle. Un lieto fine, insomma.
Devo dire che sono piuttosto soddisfatta del risultato, perchè quando cominciai a scrivere questa storia, non avrei mai pensato di farla finire così, avevo in mente qualcosa di più corto e più semplice; nonostante ciò, le recensioni che hi ricevuto mi hanno spinta a complicare la storia per renderla più interessante.
In queste righe vorrei ringraziare chi ha seguito la mia storia fino in fondo, e specialmente chi l'ha recensita.
Spero che questo mio racconto sia piaciuto e non vi abbia annoiato.
Alla prossima storia,

Ignis_eye

 
  
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