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Autore: Crateide    22/10/2015    2 recensioni
"- Ti fideresti di nuovo di me, per un’ultima volta?
Come in passato, rimane in silenzio a guardarmi. Le sopracciglia corrucciate e le labbra leggermente dischiuse incorniciano gli occhi tormentati, che mi stanno urlando la risposta. La risposta che la sua voce non è mai riuscita ad articolare."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Aquarius Degel, Gemini Deuteros
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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No love

Left in me

No eyes to see

The heaven beside me

My time is yet to come

So I’ll be forever yours

- Forever Yours, Nightwish -

 

 

 

 

 

 

 

 

Il legno scricchiola, geme come un animale ferito. La barca danza il valzer delle onde, dondolando da una parte all'altra, costringendomi ad afferrarne saldamente un bordo per non cadere.
Alle mie spalle sento le imprecazioni del pescatore che mi accompagna. Forse mi sta chiedendo qualcosa, ma io non riesco proprio ad ascoltarlo. Non più.
I miei occhi sono fissi sull'isola, sulla sua isola. Ne osservo la costa frastagliata e aspra e le rocce appuntite, mentre il vulcano sbuffa minacciose volute di fumo in un cielo grigio e uniforme.
Questo è il suo rifugio, la sua prigione, nient'altro che un luogo dove poter essere ciò che gli altri hanno sempre pensato che fosse: un Orco, un Traditore, il Gemello Oscuro.
Ma io so che la verità è un'altra. Mi è bastato guardarlo negli occhi, per comprenderlo. Ricorderà quella volta, quell’unica volta in cui abbiamo lottato fianco a fianco?
- Fermate qui l'imbarcazione, è più sicuro per voi – dico ad un tratto, quasi non me ne rendo conto.
- Ne siete certo, Cavaliere? – mi chiede l'uomo alle mie spalle.
Non ho bisogno di voltarmi per constatare quanto abbia paura. Posso sentire i suoi denti sbattere gli uni sugli altri.
- Sì, vi ringrazio per il vostro aiuto.
Mi sollevo, continuando a fissare la costa rocciosa. Il ruggito del vulcano – o forse è il suo? – m'intima di tornare indietro e, per un folle istante, sento il morso della paura chiudersi intorno al mio cuore.
Mi percepisce e so che si aspettava una mia visita.
Saprà che nessuno è a conoscenza di questa mia personale missione? Nemmeno il Gran Sacerdote, nemmeno Kardia.
Forse lo sa solo Athena, che con un semplice sguardo materno, mi ha dato il suo tacito consenso. Lei sa, conosce i miei sentimenti e desidera farmi saggiare un breve istante di felicità, prima che la Morte mi estingua. Non sopravvivrò a questa Guerra, me lo sento...
Scuoto il capo, scacciando questi pensieri. Per una volta decido di non riflettere, di agire senza una strategia, ma spinto solo dal desiderio di vederlo. Di parlargli.
Mi basta un balzo e atterro sulla sua isola, silenzioso e leggero come neve. Il terreno nero è incandescente e riesco a percepirne il calore anche attraverso l'Armatura. L'odore di zolfo è asfissiante e l'aria è così satura che, se non conoscessi le sue straordinarie abilità, mi chiederei come possa sopravvivere all'interno del vulcano.
Il terreno freme e ulula, scosso da un improvviso terremoto. Le rocce intorno a me stridono, mentre fontane di gas lanciano verso il cielo getti d’aria bollente.
- So essere molto ostinato – dico, certo che lui possa sentirmi – forse molto più di te, Deuteros... Per lo meno, lo divento quando c'è di mezzo qualcuno a cui tengo.
M'incammino lentamente, guardando quest'afa spettrale ondeggiare di fronte a me.
Se non fosse per le vestigia dell'Acquario che mi proteggono, starei già andando a fuoco. Solo lui poteva resistere in quest'Inferno!
Sollevo per l'ennesima volta lo sguardo al vulcano e mi sento come in presenza di una divinità: più minaccioso di quanto non sembri in lontananza, affonda le sue radici di magma nell'isola, come un re assiso sul suo trono. Nulla gli sfugge – ti sfugge – e quei pochi abitanti che incontro, mi osservano come se fossi pazzo. E chissà, forse lo sono per davvero.
Al Santuario si parla di Deuteros come di un Orco, un demone assetato di sangue. Su di lui ho udito storie tremende, giudizi falsi e aneddoti raccapriccianti, che mi hanno riempito il cuore di disgusto e sdegno. I fatti sono altri e, all’epoca, non ho avuto bisogno delle spiegazioni di Sage: sapevo già cos’era accaduto, cosa Deuteros aveva fatto. Ma, soprattutto, sapevo perché.

“Non hai idea di quante volte avrei voluto smentire quelle voci”. Tuttavia, non l’ho mai fatto per paura di sbagliarmi.
Sì, ho paura. Ho paura di trovarmi di fronte ad una creatura irriconoscibile, che mi attaccherà e che non vorrà ascoltare ciò che ho da dire. Ho paura di scoprire che lui non potrà più fidarsi di me.

“Deuteros, la fiducia nel prossimo la si perde solo se si viene traditi! Tuo fratello l’ha fatto, Aspros ti ha tradito. Ma io no”.

Io no.

Oh, Athena...!
“Ma cosa pretendo?”.
Mi fermo, l’ho quasi raggiunto. Avverto il suo Cosmo ringhiare, pronto ad aggredirmi. Deuteros mi sta avvertendo e voglio illudermi che sia un buon segno. Voglio credere che non sia diventato una bestia assetata di sangue, ma che dentro di lui ci sia ancora l’uomo buono che ho intravisto in quella lontana notte.
Cerco la sua figura, invano. Intorno a me ci sono solo rocce annerite e ardenti, un paesaggio desolante quanto quello di Blugrad, ma fatto di fuoco.
Sento che è qui, eppure non riesco ad individuarlo. Mi guardo intorno per l’ennesima volta, grondante di sudore. Con questo caldo non riesco a riflettere!

“Possibile che possa fondersi con l’isola stessa?”.
- Che succede?! – urlo, mentre il terreno prende a vibrare sempre più forte.
Avverto il Cosmo di Deuteros percorrerlo come una scarica elettrica e non posso fare altro che tenermi pronto alla lotta. Mi lascio sfuggire un sorriso: in fondo, il combattimento è l’unico modo che conosce per comunicare.
Un getto di lava fonde il terreno al mio fianco, all’improvviso. Lo evito appena in tempo, nonostante qualche goccia sia riuscita a colpire le Sacre Vestigia che indosso. Ho solo il tempo di posare i piedi a terra, che sono costretto a scagliare una serie di Diamond Dust per contrastare una nuova offensiva.
Mi ritrovo ad indietreggiare, parando questi attacchi sempre più violenti. Vuole forse sfinirmi?

“Perché non ti fai vedere, Deuteros?”.
L’idea che abbia paura di me non mi sfiora nemmeno per un istante. Sono convinto, infatti, che la sua sia una semplice strategia. Ma quale?
Una fontana di lava s’innalza davanti ai miei occhi stupefatti, facendomi sentire piccolo e indifeso quanto una formica.

“Non ho intenzione di tirarmi indietro!” penso, digrignando i denti.
- Diamond Dust!
Sotto il mio sguardo incredulo, l’attacco che ho appena scagliato viene spazzato via da questa valanga incandescente che si sta abbattendo su di me.

“Vuole davvero uccidermi?”.
Sollevo le braccia per lanciare il mio colpo più potente, anche se le forze iniziano a venirmi meno. Il calore mi annebbia la vista...
- Aurora Exec-...!
E infine, eccolo. Deuteros emerge dalla lava come uno squalo dall’acqua, con gli occhi folli e i muscoli gonfi e tesi. Si avventa su di me, che l’osservo basito, e mi stringe una mano intorno al collo.
Il dolore esplode davanti ai miei occhi in tanti puntini neri, attraversandomi tutto il corpo. L’Armatura crepita e le rocce su cui sono stato scaraventato mi tagliano la pelle esposta.
Annaspo in cerca d’aria, provando a liberarmi dalla sua micidiale presa. La mano rovente di Deuteros stringe sempre più forte e la paura torna prepotente ad impossessarsi di me. Vorrei dirgli che se si macchierà del mio omicidio, verrà messo a morte e diventerà davvero il Mostro che tutti credono. Provo a parlare, ma dalle mie labbra esce solo un sibilo soffocato.
- Deuteros...!
Davanti a me, i suoi occhi strabuzzati e febbrili mi fissano con rabbia, odio, disprezzo... e con rammarico.
Cosa cerca di dirmi con questo sguardo pieno di dolore? È confuso? Credeva davvero che sarei tornato indietro, che sarei andato a nascondermi dietro la veste del Gran Sacerdote come fanno tutti?
- Degél...
La sua voce arrochita sembra giungere dai recessi degli Inferi, là dove le anime subiscono le più atroci torture. Da quanto tempo non parla con qualcuno?
Solleva la mano libera e, per un istante, penso che voglia colpirmi. Invece, la dirige al suo viso e si strappa via la museruola, lanciandola lontana.

“Quanto sei cambiato, Deuteros!”.
La sua pelle sembra bruciata, le labbra sono secche e sbiadite e le guance scavate. Il suo respiro è bollente e sa di zolfo come l’aria di quest’isola.
- Non è un posto per te, Acquario – mi dice, cercando di essere sprezzante – il fuoco è un elemento che non ti si addice!
Mi libera, allontanandosi da me, mentre cado sulle ginocchia tossendo sangue. Sento il mio stesso respiro sibilare. “Se avessi fatto sul serio, Deuteros” penso, annientato dal dolore che mi scuote il petto “a quest’ora avrei il collo spezzato”.
Mi sta fissando, avverto i suoi occhi su di me. È uno sguardo che pesa, il suo, perché di certo starà biasimando la mia debolezza. Provo una profonda vergogna: sono venuto qui, tronfio, convinto che sarei riuscito a tenergli testa, quando in realtà è palese l’incommensurabile divario che ci separa.
- Vattene, Dégel. Torna al Santuario e non mettere mai più piede sulla mia isola – mi dice – se lo farai, la prossima volta non avrò pietà.
La mia mano si muove da sola e si stringe intorno alla sua caviglia. Mi aggrappo, come se io fossi un naufrago e lui un’ancora di salvezza apparsa in mezzo al mare, sperando che basti a trattenerlo ancora un momento.
Sollevo il capo e i suoi occhi sono lì, pronti ad incontrare i miei. Lo fisso con insistenza: questa volta non distoglierò lo sguardo, ma gli permetterò di leggere tutta la determinazione che mi anima e che mi ha spinto a sfidarlo nel suo regno.
- Non vado via, Deuteros di Gemini.
- Non c’è nulla che ti trattenga qui, Cavaliere!
- Ti sbagli. Ci sei tu.
Deuteros freme e il suo viso tradisce la sorpresa e lo smarrimento, la commozione e il dolore. Vacilla, come quella notte nell’arena. Ma gli basta un battito di ciglia per tornare ad essere l’Orco dell’Isola di Kanon.
Sorrido, mostrandogli sfacciatamente un’espressione beffarda.
- Non mi impressioni più, Deuteros. Hai perso la tua occasione! Se volevi uccidermi, avresti dovuto farlo prima.
- Posso sempre rimediare!
- No, non vuoi farlo.
Si libera dalla mia presa, piegandosi sulle ginocchia e circondandosi con l’energia fiammeggiante del suo Cosmo.

“Ho l’impressione che in realtà non ti sia tolto ancora nessuna maschera” penso, rimettendomi in piedi e lanciando uno sguardo alla museruola abbandonata nella polvere.
Barcollo e per poco non ricado a terra. La realtà si mescola e la figura di Deuteros mi appare a tratti lontana a tratti vicina.
- Sono qui per parlarti – dico, imponendomi di non perdere i sensi.
- Non ho nessuna voglia di ascoltarti!
- Non ti ho chiesto se posso. Lo farò a prescindere da ciò che desideri.
Mi mostra i denti come farebbe una belva pronta a saltare al collo della sua preda. Potrebbe scomparire in un istante, tornare a nascondersi nel suo vulcano, ma il solo fatto che resta qui di fronte a me con gli occhi pieni dello stesso dolore, della stessa rabbia e della stessa innocenza del passato, mi fa pensare che forse è molto più propenso all’ascolto di quanto voglia farmi credere. O di quanto voglia far credere a se stesso.
- Non tornerò al Santuario – mi ringhia contro – puoi andare a dire al Gran Sacerdote che non ho bisogno di un buon Samaritano che mi riconduca sulla retta via!
Prendo aria, ingoiando la saliva che sa di sangue.
- Non mi manda il Gran Sacerdote. Non sa nemmeno che sono qui... l’unica che ne è a conoscenza, forse, è Athena.
Il suo viso si tende in un’espressione confusa e gli occhi si fanno più grandi, più lucidi. Deuteros rilassa i muscoli e si ritrae di colpo, come se all’improvviso avesse iniziato a temermi. Mi dà il fianco, coprendosi il viso con la mano tremante.
Oso fare un passo verso di lui. Tendo una mano per raggiungerlo, per costringerlo a voltarsi e guardarmi di nuovo con quello sguardo. Avrei tante cose da dire, ma in questo momento le parole fuggono via dalla mia mente come le rondini sul finire dell’estate, divenendo solo pallide ombre all’orizzonte.
Ancor prima di rendermene conto, il cielo e la terra si mischiano e tutto viene inghiottito dall’oscurità.

 

 

A rendermi i sensi sono il sapore disgustoso di bile che ho in bocca.
Il sangue che pulsa nelle tempie mi strappa una smorfia, mentre cerco di riaprire gli occhi e di ricordare cos’è accaduto. Le immagini del vulcano e della lava si confondono con il volto di Deuteros e riuscire a dar loro un ordine è praticamente impossibile.
Sollevare le palpebre mi costa un grande sforzo. Mi porto una mano alla fronte bollente, rendendomi conto solo ora di non indossare più l’armatura.
- Cos-...?
Stringo i denti, ricadendo all’indietro sul pagliericcio che mi ha accolto. Volgo il capo a destra e a sinistra, cercando di mettere a fuoco l’ambiente che mi circonda: sono in una grotta e tutt’intorno sono avvolto da pareti rocciose e nere.
- Non agitarti, Acquario – la voce di Deuteros riecheggia in ogni dove, confondendomi – come ti ho già detto, il fuoco non è l’Elemento che fa per te.
- Dov’è la mia Armatura?
- Accanto a me, al sicuro. Ho avuto la premura di togliertela, considerando che non avevi più la forza di muovere un muscolo.
In questa grotta l’aria è più fresca. Sento le energie tornare, seppur lentamente. Deuteros se ne sta nascosto nell’ombra, adesso riesco a percepirne la presenza. Il fatto che non mi abbia abbandonato fra la lava, ma che a suo modo si sia preso cura di me mi fa ben sperare. Che abbia finalmente deciso di starmi a sentire? Mi lascio scappare un sorriso: non posso credere di aver trovato qualcuno più cocciuto di Kardia!
Tirarmi sui gomiti è un’impresa ardua. Ogni singolo muscolo del mio corpo urla il proprio dolore, spezzandomi il respiro. Con la vista ancora offuscata – accidenti, senza i miei occhiali mi trasformo in una talpa! – esamino le ferite che ricoprono gran parte delle braccia e dell’addome.

“Non oso immaginare in che condizioni è l’Armatura” mi dico, storcendo il naso. “Spero solo che Shion non faccia troppe domande...”.
Deuteros si è preso cura delle ferite, per quanto gli sia possibile farlo su quest’isola. Le ha pulite e forse disinfettate, a giudicare dall’odore di erbe che sento sulla pelle.
- Vuoi restare nascosto lì ancora a lungo? – chiedo, senza voltarmi. Il suo sguardo brucia quanto il suo Cosmo.
- E tu quanto vuoi restare sulla mia isola? – ribatte indispettito.
- Il tempo necessario per ottenere ciò che voglio.
- Non ricordavo che fossi così fastidiosamente ostinato.
Rido, mio malgrado. Senti da che pulpito mi arriva la predica!
- Hai forse paura di ciò che devo dirti?
- Paura?
Volto il capo, ritrovandomi il viso di Deuteros a pochi centimetri dal mio. Sotto i ciuffi arruffati dei capelli i suoi occhi brillano come zaffiri, più torbidi del mare in tempesta.
- Pensi che delle insulse parole possano farmi paura? – sibila a denti stretti – hai detto che non ti manda in Gran Sacerdote, per cui sei giunto qui di tua spontanea volontà. Ebbene, parla e dopo vattene! Se ci rivedremo, Dégel, sarà sul campo di battaglia!
- Hai dunque deciso d’indossare le Sacre Vestigia di Gemini?
 Sto tergiversando e non so nemmeno io il perché...
Deuteros indugia e si limita a stringere le palpebre.
Non sono qui per parlare di Aspros e di ciò che ha fatto. Il rapporto che li legava è un qualcosa che non posso comprendere e in cui non voglio ficcare il naso. In fondo, Deuteros sta già facendo i conti con se stesso e non ho nessuna intenzione di costringerlo a confrontarsi anche con me.
- Sai, non ho detto a nessuno della tua esistenza...
Il mio non è altro che un sussurro, che lui riesce comunque a cogliere. La sorpresa attraversa di nuovo il suo sguardo, permettendomi di vedere la maschera che il suo animo ancora indossa, creparsi.
- È stata una premura del tutto inutile, Dégel – replica – ormai tutti conoscono l’esistenza dell’Orco dell’Isola di Kanon.
- Ma anni fa io ho fatto la conoscenza di Deuteros, non di un Orco.
La maschera s’incrina nuovamente, mentre il volto di Gemini perde del tutto la ferocia che ha ostentato fino ad ora.
- Ne sei sicuro, Dégel?
- Direi di sì.
Lui tace, meditabondo. Distoglie lo sguardo, che sento subito scivolare sul mio torace nudo. Fremo, avvertendo la pelle bruciare là dove Deuteros posa i suoi occhi.
- Sei stato la prima persona, che non fosse mio fratello, a preoccuparsi per me – dice ad un tratto, tenendo le palpebre basse – lo hai fatto durante la battaglia contro i Berserker e lo stai facendo anche ora... perché, Dégel?

“Perché?” chiedo a me stesso, cercando disperatamente una risposta.
È un bene che non mi stia guardando, altrimenti vedrebbe le mie guance imporporarsi. Mi sento uno stupido ragazzino!
- Potrei farti la stessa domanda, Deuteros – rispondo infine – mi hai protetto più di una volta durante quel combattimento e se non ci fossi stato tu... dubito che sarei sopravvissuto.
- Non avevo ragione per non farlo.
- Nemmeno di farlo, se è per questo.
I nostri occhi s’incontrano ancora una volta, a metà strada. Il suo sguardo è ancora tormentato, ma ora c’è una luce diversa e nuova ad animarli. È lo stesso bagliore che vi ho visto nel momento in cui, in passato, Deuteros ha deciso di fidarsi di me...
Prima di partire per l’isola di Kanon, avevo preparato un discorso. Non sono un tipo capace d’improvvisare o agire senza aver riflettuto a lungo. Eppure, tutte quelle belle e convincenti parole che avevo accuratamente scelto, sono fuggite via come i petali di un soffione sospinti dal vento. E adesso? Deuteros è qui e io ho l’occasione di dirgli che non è passato giorno in cui non abbia pensato a lui.
- Non sono sicuro che ci rivedremo sul campo di battaglia, sai?
Lui mi guarda con attenzione, fissandomi negli occhi come un bambino che si è appena destato da un incubo e ne sta ancora saggiando il timore.
- Non credo di sopravvivere a questa Guerra – continuo – non fraintendermi, non ho paura e non ho intenzione di disertare. Quando ho accettato di affrontare l’addestramento con il mio maestro, sapevo già a cosa stavo andando incontro e... va bene così. Sono al servizio di un Bene più grande e sto proteggendo il futuro del Mondo. Ho fiducia negli uomini, nonostante tutto.
Deuteros sogghigna.
- Pensi, invece, che io sopravvivrò solo perché sono più forte di te? – mi chiede – non ti facevo così ingenuo, Acquario. Se non sbaglio, sei considerato il Cavaliere più arguto e intelligente del Santuario!
- Non intendevo questo, Deuteros.
- E cosa, allora?
- Che questa, probabilmente, è l’ultima volta che ci vedremo.
Non so dove trovo il coraggio per non distogliere lo sguardo, per restare in silenzio a contemplare l’azzurro dei suoi occhi trascolorare in un blu cupo.
- Con chi dobbiamo prendercela per questo destino, Dègel? Con chi?
La sua voce è piena di rabbia e frustrazione, due sentimenti che mi sento di condividere. Potrei rispondere che la colpa non è di nessuno, che gli eventi hanno seguito il loro corso e che questo non deve impedirci di continuare a lottare. Potrei citare qualche scontatissimo filosofo, potrei addirittura illudere entrambi che avremo una nuova occasione in un’altra vita, ma mi renderei solo ridicolo e, quel che è peggio, mentirei.
- Deuteros? – lo chiamo, sporgendomi verso di lui. Il suo corpo emana un piacevole calore.
- Ti ascolto.
Increspo le labbra in un sorriso. Era ora!
- Ti fideresti di nuovo di me, per un’ultima volta?
Come in passato, rimane in silenzio a guardarmi. Le sopracciglia corrucciate e le labbra leggermente dischiuse incorniciano gli occhi tormentati, che mi stanno urlando la risposta. La risposta che la sua voce non è mai riuscita ad articolare.
Vincendo la ritrosia e il timore, annullo la distanza che ci separa e premo le labbra contro le sue. Il mio cuore sussulta, freme e s’incendia. Cozza contro le ossa del torace con una tale violenza, che sembra surclassare il latrato del vulcano.
Mi scosto lentamente, ma Deuteros mi cattura il volto con una delicatezza inaspettata. La sua espressione si è addolcita e il suo sguardo brilla. Non mi è mai sembrato tanto bello come ora...
Ho la gola secca e sto tremando come una foglia: mi sento nuovamente piccolo e fragile e per la prima volta mi ritrovo a sperare in una seconda possibilità, in un’altra vita senza dèi e Guerre.
- Finirà tutto questa notte, lo sai? – mi sussurra sulle labbra.
- Sì, lo so. Ma solo per questa notte ci è concesso di non essere più Cavalieri – respiro a fondo – e possiamo far finta che la Morte non esista.

“Questa notte, Deuteros, ci sarà spazio solo per il sapore della tua pelle e per il calore del tuo petto”.

 

 

 

 

 
 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti!
Non sono nuova su questi lidi, ho solo cambiato nick da Elpida in Crateide.
Cosa posso dire? Innanzitutto, che la one-shot è nata dopo aver letto il Gaiden dedicato a Deuteros, che mi ha fatto schippare indegnamente questa coppia.
La vicenda narrata, però, si colloca nel breve lasso di tempo che trascorre fra l’attacco al castello di Hades e l’invio di Tenma sull’isola di Kanon, sotto consiglio dello stesso Dégel.
Non sono molto abile nel descrivere certe vicissitudini sentimentali (e come se non bastasse, la narrazione in prima persona non è proprio il mio forte!), per cui mi auguro di non essermi persa in un bicchier d’acqua. In tal caso, sarò felicissima di ricevere tutti i consigli che vorrete darmi! :)

 
Alla prossima!

   
 
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