No love
Left in
me
No eyes
to see
The
heaven beside me
My time
is yet to come
So I’ll
be forever yours
-
Forever Yours, Nightwish -
Il
legno
scricchiola, geme come un animale ferito. La barca danza il valzer
delle onde, dondolando
da una parte all'altra, costringendomi ad afferrarne saldamente un
bordo per
non cadere.
Alle mie
spalle sento le imprecazioni del pescatore che mi accompagna. Forse mi
sta
chiedendo qualcosa, ma io non riesco proprio ad ascoltarlo. Non
più.
I miei
occhi sono fissi sull'isola, sulla sua isola. Ne
osservo la costa
frastagliata e aspra e le rocce appuntite, mentre il vulcano sbuffa
minacciose
volute di fumo in un cielo grigio e uniforme.
Questo è
il suo rifugio, la sua prigione, nient'altro che un luogo dove poter
essere ciò
che gli altri hanno sempre pensato che fosse: un
Orco, un Traditore, il
Gemello Oscuro.
Ma io so
che la verità è un'altra. Mi è bastato
guardarlo negli occhi, per comprenderlo.
Ricorderà quella volta, quell’unica volta in cui
abbiamo lottato fianco a
fianco?
-
Fermate qui l'imbarcazione, è più sicuro per voi
– dico ad un tratto, quasi non
me ne rendo conto.
- Ne siete certo, Cavaliere? – mi chiede l'uomo alle mie
spalle.
Non ho
bisogno di voltarmi per constatare quanto abbia paura. Posso sentire i
suoi
denti sbattere gli uni sugli altri.
- Sì, vi
ringrazio per il vostro aiuto.
Mi
sollevo, continuando a fissare la costa rocciosa. Il ruggito del
vulcano – o
forse è il suo? – m'intima di tornare
indietro e, per un folle istante,
sento il morso della paura chiudersi intorno al mio cuore.
Mi
percepisce e so che si aspettava una mia visita.
Saprà
che nessuno è a conoscenza di questa mia personale missione?
Nemmeno il Gran Sacerdote,
nemmeno Kardia.
Forse lo
sa solo Athena, che con un semplice sguardo materno, mi ha dato il suo
tacito
consenso. Lei sa, conosce i miei sentimenti e desidera farmi saggiare
un breve
istante di felicità, prima che la Morte mi estingua. Non
sopravvivrò a questa
Guerra, me lo sento...
Scuoto
il capo, scacciando questi pensieri. Per una volta decido di non
riflettere, di
agire senza una strategia, ma spinto solo dal desiderio di vederlo. Di parlargli.
Mi basta
un balzo e atterro sulla sua isola, silenzioso e leggero come neve. Il
terreno
nero è incandescente e riesco a percepirne il calore anche
attraverso
l'Armatura. L'odore di zolfo è asfissiante e l'aria
è così satura che, se non
conoscessi le sue straordinarie abilità, mi chiederei come
possa sopravvivere
all'interno del vulcano.
Il
terreno freme e ulula, scosso da un improvviso terremoto. Le rocce
intorno a me
stridono, mentre fontane di gas lanciano verso il cielo getti
d’aria bollente.
- So
essere molto ostinato – dico, certo che lui possa sentirmi
– forse molto più di
te, Deuteros... Per lo meno, lo divento quando c'è di mezzo
qualcuno a cui
tengo.
M'incammino
lentamente, guardando quest'afa spettrale ondeggiare di fronte a me.
Se non
fosse per le vestigia dell'Acquario che mi proteggono, starei
già andando a
fuoco. Solo lui poteva resistere in quest'Inferno!
Sollevo
per l'ennesima volta lo sguardo al vulcano e mi sento come in presenza
di una
divinità: più minaccioso di quanto non sembri in
lontananza, affonda le sue
radici di magma nell'isola, come un re assiso sul suo trono. Nulla gli
sfugge –
ti sfugge – e quei pochi
abitanti che
incontro, mi osservano come se fossi pazzo. E chissà, forse
lo sono per davvero.
Al
Santuario si parla di Deuteros come di un Orco, un demone assetato di
sangue. Su
di lui ho udito storie tremende, giudizi falsi e aneddoti
raccapriccianti, che
mi hanno riempito il cuore di disgusto e sdegno. I fatti sono altri e,
all’epoca,
non ho avuto bisogno delle spiegazioni di Sage: sapevo già
cos’era accaduto,
cosa Deuteros aveva fatto. Ma, soprattutto, sapevo perché.
“Non
hai idea di quante volte avrei
voluto smentire quelle voci”.
Tuttavia, non l’ho mai fatto per paura di sbagliarmi.
Sì, ho paura. Ho paura
di trovarmi di fronte
ad una creatura irriconoscibile, che mi attaccherà e che non
vorrà ascoltare
ciò che ho da dire. Ho paura di scoprire che lui non
potrà più fidarsi di me.
“Deuteros,
la fiducia nel prossimo la
si perde solo se si viene traditi! Tuo fratello l’ha fatto,
Aspros ti ha
tradito. Ma io no”.
Io
no.
Oh,
Athena...!
“Ma
cosa pretendo?”.
Mi
fermo, l’ho quasi raggiunto. Avverto il suo Cosmo ringhiare,
pronto ad
aggredirmi. Deuteros mi sta avvertendo e voglio illudermi che sia un
buon
segno. Voglio credere che non sia diventato una bestia assetata di
sangue, ma
che dentro di lui ci sia ancora l’uomo buono
che ho intravisto in quella lontana notte.
Cerco la
sua figura, invano. Intorno a me ci sono solo rocce annerite e ardenti,
un
paesaggio desolante quanto quello di Blugrad, ma fatto di fuoco.
Sento
che è qui, eppure non riesco ad individuarlo. Mi guardo
intorno per l’ennesima
volta, grondante di sudore. Con questo caldo non riesco a riflettere!
“Possibile
che possa fondersi con
l’isola stessa?”.
- Che succede?! – urlo, mentre il terreno prende a vibrare
sempre più forte.
Avverto
il Cosmo di Deuteros percorrerlo come una scarica elettrica e non posso
fare
altro che tenermi pronto alla lotta. Mi lascio sfuggire un sorriso: in
fondo,
il combattimento è l’unico modo che conosce per
comunicare.
Un getto
di lava fonde il terreno al mio fianco, all’improvviso. Lo
evito appena in
tempo, nonostante qualche goccia sia riuscita a colpire le Sacre
Vestigia che
indosso. Ho solo il tempo di posare i piedi a terra, che sono costretto
a
scagliare una serie di Diamond Dust
per contrastare una nuova offensiva.
Mi
ritrovo ad indietreggiare, parando questi attacchi sempre
più violenti. Vuole
forse sfinirmi?
“Perché
non ti fai vedere, Deuteros?”.
L’idea
che abbia paura di me non mi sfiora nemmeno per un istante. Sono
convinto,
infatti, che la sua sia una semplice strategia. Ma quale?
Una
fontana di lava s’innalza davanti ai miei occhi stupefatti,
facendomi sentire
piccolo e indifeso quanto una formica.
“Non
ho intenzione di tirarmi
indietro!”
penso,
digrignando i denti.
- Diamond Dust!
Sotto il
mio sguardo incredulo, l’attacco che ho appena scagliato
viene spazzato via da
questa valanga incandescente che si sta abbattendo su di me.
“Vuole
davvero uccidermi?”.
Sollevo
le braccia per lanciare il mio colpo più potente, anche se
le forze iniziano a
venirmi meno. Il calore mi annebbia la vista...
- Aurora Exec-...!
E
infine, eccolo. Deuteros emerge dalla lava come uno squalo
dall’acqua, con gli
occhi folli e i muscoli gonfi e tesi. Si avventa su di me, che
l’osservo
basito, e mi stringe una mano intorno al collo.
Il
dolore esplode davanti ai miei occhi in tanti puntini neri,
attraversandomi
tutto il corpo. L’Armatura crepita e le rocce su cui sono
stato scaraventato mi
tagliano la pelle esposta.
Annaspo
in cerca d’aria, provando a liberarmi dalla sua micidiale
presa. La mano
rovente di Deuteros stringe sempre più forte e la paura
torna prepotente ad impossessarsi
di me. Vorrei dirgli che se si macchierà del mio omicidio,
verrà messo a morte
e diventerà davvero il
Mostro che
tutti credono. Provo a parlare, ma dalle mie labbra esce solo un sibilo
soffocato.
- Deuteros...!
Davanti
a me, i suoi occhi strabuzzati e febbrili mi fissano con rabbia, odio,
disprezzo... e con rammarico.
Cosa
cerca di dirmi con questo sguardo pieno di dolore? È
confuso? Credeva davvero
che sarei tornato indietro, che sarei andato a nascondermi dietro la
veste del
Gran Sacerdote come fanno tutti?
- Degél...
La sua
voce arrochita sembra giungere dai recessi degli Inferi, là
dove le anime
subiscono le più atroci torture. Da quanto tempo non parla
con qualcuno?
Solleva
la mano libera e, per un istante, penso che voglia colpirmi. Invece, la
dirige
al suo viso e si strappa via la museruola, lanciandola lontana.
“Quanto
sei cambiato, Deuteros!”.
La sua pelle
sembra bruciata, le labbra sono secche e sbiadite e le guance scavate.
Il suo
respiro è bollente e sa di zolfo come l’aria di
quest’isola.
- Non è un posto per te, Acquario – mi dice,
cercando di essere sprezzante – il
fuoco è un elemento che non ti si addice!
Mi libera,
allontanandosi da me, mentre cado sulle ginocchia tossendo sangue.
Sento il mio
stesso respiro sibilare. “Se avessi
fatto
sul serio, Deuteros” penso, annientato dal dolore
che mi scuote il petto “a
quest’ora avrei il collo spezzato”.
Mi sta
fissando, avverto i suoi occhi su di me. È uno sguardo che
pesa, il suo, perché
di certo starà biasimando la mia debolezza. Provo una
profonda vergogna: sono
venuto qui, tronfio, convinto che sarei riuscito a tenergli testa,
quando in
realtà è palese l’incommensurabile
divario che ci separa.
- Vattene, Dégel. Torna al Santuario e non mettere mai
più piede sulla mia
isola – mi dice – se lo farai, la prossima volta
non avrò pietà.
La mia
mano si muove da sola e si stringe intorno alla sua caviglia. Mi
aggrappo, come
se io fossi un naufrago e lui un’ancora di salvezza apparsa
in mezzo al mare,
sperando che basti a trattenerlo ancora un momento.
Sollevo
il capo e i suoi occhi sono lì, pronti ad incontrare i miei.
Lo fisso con
insistenza: questa volta non distoglierò lo sguardo, ma gli
permetterò di
leggere tutta la determinazione che mi anima e che mi ha spinto a
sfidarlo nel
suo regno.
- Non vado via, Deuteros di Gemini.
- Non c’è nulla che ti trattenga qui, Cavaliere!
- Ti sbagli. Ci sei tu.
Deuteros
freme e il suo viso tradisce la sorpresa e lo smarrimento, la
commozione e il
dolore. Vacilla, come quella notte nell’arena. Ma gli basta
un battito di
ciglia per tornare ad essere l’Orco dell’Isola di
Kanon.
Sorrido,
mostrandogli sfacciatamente un’espressione beffarda.
- Non mi impressioni più, Deuteros. Hai perso la tua
occasione! Se volevi
uccidermi, avresti dovuto farlo prima.
- Posso sempre rimediare!
- No, non vuoi farlo.
Si
libera dalla mia presa, piegandosi sulle ginocchia e circondandosi con
l’energia fiammeggiante del suo Cosmo.
“Ho
l’impressione che in realtà non
ti sia tolto ancora nessuna maschera”
penso, rimettendomi in piedi e lanciando uno sguardo
alla museruola abbandonata nella polvere.
Barcollo
e per poco non ricado a terra. La realtà si mescola e la
figura di Deuteros mi
appare a tratti lontana a tratti vicina.
- Sono qui per parlarti – dico, imponendomi di non perdere i
sensi.
- Non ho nessuna voglia di ascoltarti!
- Non ti ho chiesto se posso. Lo farò a prescindere da
ciò che desideri.
Mi
mostra i denti come farebbe una belva pronta a saltare al collo della
sua
preda. Potrebbe scomparire in un istante, tornare a nascondersi nel suo
vulcano, ma il solo fatto che resta qui di fronte a me con gli occhi
pieni
dello stesso dolore, della stessa rabbia e della stessa innocenza del
passato,
mi fa pensare che forse è molto più propenso
all’ascolto di quanto voglia farmi
credere. O di quanto voglia far credere a se stesso.
- Non tornerò al Santuario – mi ringhia contro
– puoi andare a dire al Gran
Sacerdote che non ho bisogno di un buon
Samaritano che mi riconduca sulla retta via!
Prendo
aria, ingoiando la saliva che sa di sangue.
- Non mi manda il Gran Sacerdote. Non sa nemmeno che sono qui...
l’unica che ne
è a conoscenza, forse, è Athena.
Il suo
viso si tende in un’espressione confusa e gli occhi si fanno
più grandi, più
lucidi. Deuteros rilassa i muscoli e si ritrae di colpo, come se
all’improvviso
avesse iniziato a temermi. Mi dà il fianco, coprendosi il
viso con la mano
tremante.
Oso fare
un passo verso di lui. Tendo una mano per raggiungerlo, per
costringerlo a
voltarsi e guardarmi di nuovo con quello sguardo. Avrei tante cose da
dire, ma
in questo momento le parole fuggono via dalla mia mente come le rondini
sul
finire dell’estate, divenendo solo pallide ombre
all’orizzonte.
Ancor
prima di rendermene conto, il cielo e la terra si mischiano e tutto
viene
inghiottito dall’oscurità.
A
rendermi i sensi sono il sapore disgustoso di bile che ho in bocca.
Il
sangue che pulsa nelle tempie mi strappa una smorfia, mentre cerco di
riaprire
gli occhi e di ricordare cos’è accaduto. Le
immagini del vulcano e della lava
si confondono con il volto di Deuteros e riuscire a dar loro un ordine
è
praticamente impossibile.
Sollevare
le palpebre mi costa un grande sforzo. Mi porto una mano alla fronte
bollente,
rendendomi conto solo ora di non indossare più
l’armatura.
- Cos-...?
Stringo
i denti, ricadendo all’indietro sul pagliericcio che mi ha
accolto. Volgo il
capo a destra e a sinistra, cercando di mettere a fuoco
l’ambiente che mi
circonda: sono in una grotta e tutt’intorno sono avvolto da
pareti rocciose e
nere.
- Non agitarti, Acquario – la voce di Deuteros riecheggia in
ogni dove,
confondendomi – come ti ho già detto, il fuoco non
è l’Elemento che fa per te.
- Dov’è la mia Armatura?
- Accanto a me, al sicuro. Ho avuto la premura di togliertela,
considerando che
non avevi più la forza di muovere un muscolo.
In
questa grotta l’aria è più fresca.
Sento le energie tornare, seppur lentamente.
Deuteros se ne sta nascosto nell’ombra, adesso riesco a
percepirne la presenza.
Il fatto che non mi abbia abbandonato fra la lava, ma che a suo modo si
sia
preso cura di me mi fa ben sperare. Che abbia finalmente deciso di
starmi a
sentire? Mi lascio scappare un sorriso: non posso credere di aver
trovato qualcuno
più cocciuto di Kardia!
Tirarmi
sui gomiti è un’impresa ardua. Ogni singolo
muscolo del mio corpo urla il
proprio dolore, spezzandomi il respiro. Con la vista ancora offuscata
–
accidenti, senza i miei occhiali mi trasformo in una talpa! –
esamino le ferite
che ricoprono gran parte delle braccia e dell’addome.
“Non
oso immaginare in che condizioni
è l’Armatura”
mi dico,
storcendo il naso. “Spero solo che
Shion
non faccia troppe domande...”.
Deuteros
si è preso cura delle ferite, per quanto gli sia possibile
farlo su
quest’isola. Le ha pulite e forse disinfettate, a giudicare
dall’odore di erbe
che sento sulla pelle.
- Vuoi restare nascosto lì ancora a lungo? –
chiedo, senza voltarmi. Il suo
sguardo brucia quanto il suo Cosmo.
- E tu quanto vuoi restare sulla mia
isola? – ribatte indispettito.
- Il tempo necessario per ottenere ciò che voglio.
- Non ricordavo che fossi così fastidiosamente ostinato.
Rido,
mio malgrado. Senti da che pulpito mi arriva la predica!
- Hai forse paura di ciò che devo dirti?
- Paura?
Volto il
capo, ritrovandomi il viso di Deuteros a pochi centimetri dal mio.
Sotto i
ciuffi arruffati dei capelli i suoi occhi brillano come zaffiri,
più torbidi del
mare in tempesta.
- Pensi che delle insulse parole possano farmi paura? –
sibila a denti stretti
– hai detto che non ti manda in Gran Sacerdote, per cui sei
giunto qui di tua
spontanea volontà. Ebbene, parla e dopo vattene! Se ci
rivedremo, Dégel, sarà
sul campo di battaglia!
- Hai dunque deciso d’indossare le Sacre Vestigia di Gemini?
Sto tergiversando e
non so nemmeno io il
perché...
Deuteros
indugia e si limita a stringere le palpebre.
Non sono
qui per parlare di Aspros e di ciò che ha fatto. Il rapporto
che li legava è un
qualcosa che non posso comprendere e in cui non voglio ficcare il naso.
In
fondo, Deuteros sta già facendo i conti con se stesso e non
ho nessuna
intenzione di costringerlo a confrontarsi anche con me.
- Sai, non ho detto a nessuno della tua esistenza...
Il mio
non è altro che un sussurro, che lui riesce comunque a
cogliere. La sorpresa
attraversa di nuovo il suo sguardo, permettendomi di vedere la maschera
che il
suo animo ancora indossa, creparsi.
- È stata una premura del tutto inutile, Dégel
– replica – ormai tutti
conoscono l’esistenza dell’Orco
dell’Isola di Kanon.
- Ma anni fa io ho fatto la conoscenza di Deuteros, non di un Orco.
La
maschera s’incrina nuovamente, mentre il volto di Gemini
perde del tutto la
ferocia che ha ostentato fino ad ora.
- Ne sei sicuro, Dégel?
- Direi di sì.
Lui
tace, meditabondo. Distoglie lo sguardo, che sento subito scivolare sul
mio
torace nudo. Fremo, avvertendo la pelle bruciare là dove
Deuteros posa i suoi
occhi.
- Sei stato la prima persona, che non fosse mio fratello, a
preoccuparsi per me
– dice ad un tratto, tenendo le palpebre basse – lo
hai fatto durante la
battaglia contro i Berserker e lo stai facendo anche ora...
perché, Dégel?
“Perché?”
chiedo a me stesso, cercando
disperatamente una risposta.
È un
bene che non mi stia guardando, altrimenti vedrebbe le mie guance
imporporarsi.
Mi sento uno stupido ragazzino!
- Potrei farti la stessa domanda, Deuteros – rispondo infine
– mi hai protetto più
di una volta durante quel combattimento e se non ci fossi stato tu...
dubito
che sarei sopravvissuto.
- Non avevo ragione per non farlo.
- Nemmeno di farlo, se è per questo.
I nostri
occhi s’incontrano ancora una volta, a metà
strada. Il suo sguardo è ancora
tormentato, ma ora c’è una luce diversa e nuova ad
animarli. È lo stesso
bagliore che vi ho visto nel momento in cui, in passato, Deuteros ha
deciso di
fidarsi di me...
Prima di
partire per l’isola di Kanon, avevo preparato un discorso.
Non sono un tipo
capace d’improvvisare o agire senza aver riflettuto a lungo.
Eppure, tutte
quelle belle e convincenti parole che avevo accuratamente scelto, sono
fuggite
via come i petali di un soffione sospinti dal vento. E adesso? Deuteros
è qui e
io ho l’occasione di dirgli che non è passato
giorno in cui non abbia pensato a
lui.
- Non sono sicuro che ci rivedremo sul campo di battaglia, sai?
Lui mi
guarda con attenzione, fissandomi negli occhi come un bambino che si
è appena
destato da un incubo e ne sta ancora saggiando il timore.
- Non credo di sopravvivere a questa Guerra – continuo
– non fraintendermi, non
ho paura e non ho intenzione di disertare. Quando ho accettato di
affrontare
l’addestramento con il mio maestro, sapevo già a
cosa stavo andando incontro
e... va bene così. Sono al servizio di un Bene
più grande e sto proteggendo il
futuro del Mondo. Ho fiducia negli uomini, nonostante
tutto.
Deuteros
sogghigna.
- Pensi, invece, che io sopravvivrò solo perché
sono più forte di te? – mi
chiede – non ti facevo così ingenuo, Acquario. Se
non sbaglio, sei considerato
il Cavaliere più arguto e intelligente del Santuario!
- Non intendevo questo, Deuteros.
- E cosa, allora?
- Che questa, probabilmente, è l’ultima volta che
ci vedremo.
Non so
dove trovo il coraggio per non distogliere lo sguardo, per restare in
silenzio
a contemplare l’azzurro dei suoi occhi trascolorare in un blu
cupo.
- Con chi dobbiamo prendercela per questo destino, Dègel? Con chi?
La sua
voce è piena di rabbia e frustrazione, due sentimenti che mi
sento di
condividere. Potrei rispondere che la colpa non è di
nessuno, che gli eventi
hanno seguito il loro corso e che questo non deve impedirci di
continuare a
lottare. Potrei citare qualche scontatissimo filosofo, potrei
addirittura
illudere entrambi che avremo una nuova occasione in un’altra
vita, ma mi
renderei solo ridicolo e, quel che è peggio, mentirei.
- Deuteros? – lo chiamo, sporgendomi verso di lui. Il suo
corpo emana un
piacevole calore.
- Ti ascolto.
Increspo
le labbra in un sorriso. Era ora!
- Ti fideresti di nuovo di me, per un’ultima volta?
Come in
passato, rimane in silenzio a guardarmi. Le sopracciglia corrucciate e
le labbra
leggermente dischiuse incorniciano gli occhi tormentati, che mi stanno
urlando
la risposta. La risposta che la sua voce non è mai riuscita
ad articolare.
Vincendo
la ritrosia e il timore, annullo la distanza che ci separa e premo le
labbra
contro le sue. Il mio cuore sussulta, freme e s’incendia.
Cozza contro le ossa
del torace con una tale violenza, che sembra surclassare il latrato del
vulcano.
Mi
scosto lentamente, ma Deuteros mi cattura il volto con una delicatezza
inaspettata. La sua espressione si è addolcita e il suo
sguardo brilla. Non mi
è mai sembrato tanto bello come ora...
Ho la
gola secca e sto tremando come una foglia: mi sento nuovamente piccolo
e
fragile e per la prima volta mi ritrovo a sperare in una seconda
possibilità,
in un’altra vita senza dèi e Guerre.
- Finirà tutto questa notte, lo sai? – mi sussurra
sulle labbra.
- Sì, lo so. Ma solo per questa notte ci è
concesso di non essere più Cavalieri
– respiro a fondo – e possiamo far finta che la
Morte non esista.
“Questa
notte, Deuteros, ci sarà
spazio solo per il sapore della tua pelle e per il calore del tuo
petto”.
Angolino
dell’autrice:
Non sono
nuova su questi lidi, ho solo cambiato nick da Elpida in Crateide.
Cosa
posso dire? Innanzitutto, che la one-shot è nata dopo aver
letto il Gaiden
dedicato a Deuteros, che mi ha fatto schippare indegnamente questa
coppia.
La
vicenda narrata, però, si colloca nel breve lasso di tempo
che trascorre fra
l’attacco al castello di Hades e l’invio di Tenma
sull’isola di Kanon, sotto
consiglio dello stesso Dégel.
Non sono
molto abile nel descrivere certe vicissitudini sentimentali (e come se
non
bastasse, la narrazione in prima persona non è proprio il
mio forte!), per cui
mi auguro di non essermi persa in un bicchier d’acqua. In tal
caso, sarò
felicissima di ricevere tutti i consigli che vorrete darmi! :)
Alla
prossima!