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Autore: confidentina    20/02/2009    2 recensioni
In cui si parla di cibo e di cravattini. (E di regali. E di ZPM. E dell'ego di McKay.)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Sheppard, Rodney McKay
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Interludio
Fandom: Stargate: Atlantis
Rating: PG
Conteggio Parole: 625
Riassunto: In cui si parla di cibo e di cravattini. (E di regali. E di ZPM. E dell'ego di McKay.)

Scritta per la minisfida di Criticoni dedicata al cenone di Natale, betata da anne_elliot.




"Spiegami di nuovo perché sono qui," sbuffa spazientito Rodney. Sta cercando senza successo di sistemare il cravattino, ritto davanti allo specchio.

Sheppard non risponde, intento ad osservarsi le unghie e cercare di non scoppiare a ridere: Rodney può essere la persona più paziente al mondo, se si parla di tecnologia Antica, ma con tutto il resto? Proprio per niente. Sheppard resiste alla tentazione di alzarsi e di aiutarlo.

"Voglio dire. Non è che non ci siano crisi da porca-miseria-stiamo-per-morire una volta ogni nove giorni e tredici ore," dice Rodney. Più che dire, Rodney sta borbottando fra sé e sé, quasi come se si fosse dimenticato della presenza di Sheppard nella stanza. Sheppard aggrotta le sopracciglia, poco contento di questo ultimo sviluppo.

Sheppard dice, "Brontolare non ti si addice," per provocarlo. Rodney non sembra starlo a sentire.

"Voglio dire," prosegue, la bocca accartocciata in una smorfia di sdegno, semi-spazientito, "voglio dire. Ci potrebbe essere un'altra crisi fra nove minuti e tredici secondi. A chi interessa realmente un cenone natalizio quando potremmo morire tutti nelle prossime ore? A chi?"

"A Elizabeth, questo è sicuro." Sheppard ghigna e si rilassa un po' di più sul letto di Rodney. Questo è territorio familiare. McKay parla e si lamenta a grandi lunghezze mentre Sheppard finge di ascoltarlo e lo asseconda. "Voglio dire," continua, scimmiottando l'intonazione di Rodney, "non è che tu non l'avresti potuto prevedere."

McKay arriccia il naso in una maniera impossibile a Sheppard. Sheppard ne è sempre impressionato, ma non lo lascia vedere: se c'è una cosa che si può dire dell'ego di McKay, è che non ha alcun bisogno di essere lustrato. "Sì, sicuro," borbotta. Sheppard riesce quasi a vedere i complessi meccanismi del cervello di McKay passare da 'interessato a ciò che Sheppard ha da dire' a 'onestamente, concentrarsi sulla mia voce è molto meglio'. "Come se avessi il tempo materiale da dedicare a sciocchezze del genere," dice. "Come se avessi tempo da dedicare a festività inutili," dice. "Come se avessi tempo da dedicare alla socializzazione fra militari e civili quando potrei concentrarmi sul nuovo ZPM mezzo carico che ho trovato due giorni fa," dice.

Sheppard risponde, "Quello ZPM l'abbiamo trovato due giorni fa, McKay." Una pausa ponderata. "E il Natale non è inutile," continua, "non dirmi di non tenere almeno un pochino al cibo e ai regali." Un sorrisino saputo. "Ti conosco, McKay."

McKay lascia finalmente perdere il cravattino e si volta verso Sheppard, corrucciato. "Cosa vuol dire, ti conosco?" Sembra pensarci su, poi il suo volto si distende e gli occhi gli si illuminano. Sheppard ha imparato a temere quella particolare scintilla. "Cibo," sospira Rodney. "cibo. Tacchino ripieno e patate al forno. Pandoro e panettoni." Una pausa. "E regali, Sheppard! Il Natale non ha nulla da invidiare al Ringraziamento, sappilo." Un'altra pausa. "Potrei perfino sorvolare sull'ovvia e assoluta idiozia di questo cenone. In fin dei conti, ci sono dei motivi se è Elizabeth quella al comando."

Sheppard lo osserva indulgente. "Solo tu, McKay," mormora. "Solo tu." Rodney non sembra starlo a sentire, il che è perfetto: Sheppard non ha troppa voglia di mostrare il proprio lato indulgente a nessuno, niente meno che a McKay.

Rodney sembra intuire che in Sheppard qualcosa non vada, perché d'un tratto si riprende dal torpore indotto da pensieri di tacchini arrosto e dolci natalizi. Lo osserva, inclinando la testa di lato, come se volesse capire cosa, di preciso, non sia normale. Sheppard sa di doversi giustamente sentire a disagio, ma non ci riesce; si stiracchia e sistema il cravattino che ha tirato fuori dal proprio armadio. McKay lo sta ancora osservando.

Sheppard salta su dal letto e gli fa cenno di avviarsi. "Forza, non vorrai essere in ritardo, McKay," sorride. "Ci potrebbe anche essere del vero tacchino."

La porta si apre e chiude al loro passaggio.



  
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