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Autore: Adeia Di Elferas    24/10/2015    15 recensioni
Da quando Jane Eyre è arrivata a Thornfield Hall, Rochester non riesce a distogliere la mente da questa nuova e strana istitutrice. Anche ora che la casa è piena di ospiti, tra cui Blanche Ingram, l'uomo fatica a concentrarsi, continuando irrimediabilmente a pensare a Jane.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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~~Che cos'era Jane Eyre, se non la promessa di una vita vera, di una vita che finalmente fosse degna di essere vissuta?
 Che altro era per lui Jane Eyre, quella creatura così mesta eppure così accesa, quell'essere così impalpabile eppure così concreto, quell'essenza che con la sua sola presenza aveva stregato il suo cavallo e l'aveva fatto cadere in terra?
 E chi era lui, chi era, per potersi permettere di accettare quella mano che il destino gli tendeva? Era davvero all'altezza di una simile fortuna, di una simile grazia?
 Lui, che nella sua vita non aveva fatto altro che stare agli ordini per poi provare risentimento, che non aveva fatto altro che rispondere a tutti 'sissignore' per poi pentirsene, che non aveva fatto altro che prendersi responsabilità, non solo le sue, tutte quelle che gli capitavano a tiro, per poi sentirsi oppresso e stremato, boccheggiante come un neufrago in mezzo al mare in tempesta...
 E ora eccola, la sua scialuppa. Non una zattera malferma, né una barchetta che fa acqua da tutte le parti... No, una scialuppa sicura e ferma, splendida e indomita in mezzo alle onde, più forte e irriducibile di ogni nave, più valida e solida di ogni veliero...
 Jane Eyre... Un nome così piccolo per un'anima tanto grande...
 “Cosa fate ancora qui?” chiese Blanche Ingram, i boccoli neri che scendevano morbidi sulle spalle coperte da un tessuto color pastello.
 Rochester sospirò e si mise in piedi, lasciando la sedia imbottita su cui si era seduto per riflettere meglio.
 “Avete ragione, sto facendo la figura del solitario...” disse l'uomo, sforzandosi di sorridere.
 Sul suo volto si era formata una ruga nuova, tra gli occhi, che non accennava a sparire. Blanche aveva notato, forse, l'irrequietezza di Rochester, ma non lo diede a vedere.
 Anzi, prese l'uomo sottobraccio e lo scortò fuori, dove tutti gli altri si stavano già intrattendendo in svariati modi, chi stando sulle coperte stese sull'erba, chi rimirando una delle grandi piante del giardino, chi chiacchierando all'ombra.
 Rochester vide quell'ostentazione di felicità come un affronto personale nei confronti della sua incertezza. Tutti ridevano e scherzavano, ma che avevano da essere tanto contenti? Erano tutti sulla stessa barca, tutti trascinati alla deriva dalla stessa nefasta e malevola sorte eppure nessuno di quei bambocci sembrava rendersene conto...
 “Ecco, sediamoci un po' al sole...” rise Blanche, mentre quasi trascinava Rochester verso una delle coperte libere.
 L'uomo lasciò che lei si sedesse per prima e poi, tentando di staccare la mente dalle immagini apocalittiche che l'avevano catturato, si sforzò di apparire lieto e, dopo qualche minuto, la ruga tra gli occhi si fece meno profonda.
 “Una giornata davvero meravigliosa. Domani mattina, se il tempo resta stabile, potremmo andare a fare una bella cavalcata... Cosa ne pensate?” chiese Blanche, accarezzando con lentezza studiata il dorso della mano di Rochester.
 Lui, in tutta risposta, annuì con un cenno secco del capo: “Se vi fa piacere...”
 “Forse siete ancora un po' stanco per via del viaggio...” fece Blanche, non per vero riguardo, ma per fargli capire che quella freddezza la stava infastidendo: “Magari andremo a cavalcare nel pomeriggio, così sarete più riposato.”
 “E vada per il pomeriggio.” concluse Rochester, stringendo gli occhi contro i raggi del sole.
 Per fortuna due degli invitati ebbero la bell'idea di sedersi accanto a loro e così Blanche poté finalmente chiacchierare quanto voleva.
 Mentre la donna parlava quasi senza prendere fiato tra una frase e l'altra, Rochester la osservò con attenzione. In quei giorni, si era reso conto, la vedeva per la prima volta senza filtri.
 Prima era stata la bellezza di Blanche ad attirarlo, o il fatto semplice e stupido che Blanche non era pazza... Come se al mondo non esistessero altre donne belle e sane di mente a parte Blanche Ingram!
 Ora che la guardava con gli occhi disincantati e liberi da quella sete di normalità che l'aveva fatto cadere nel tranello della bellezza, gli sembrava di non riconoscerla.
 Certo, i suoi tratti erano ciò che di più affascinante potesse esistere e i suoi capelli corvini erano lisci e perfetti. La sua voce sembrava una melodia e le sue mani si muovevano aggraziate e leggere, rendendo ogni suo gesto semplicemente incantevole. La sua postura era impeccabile e il suo corpo si muoveva sinuoso come quello di una ninfa dei boschi.
 Eppure c'era qualcosa nel modo in cui schiudeva le labbra per sorridere... Qualcosa in quei vestiti così colorati ed eleganti...
 A Rochester tutte quelle cose sembravano inganni e trucchi per nascondere la pochezza e la meschinità di quella donna.
 Ora che ne ascoltava i discorsi con più attenzione, non poteva più fingere di non sentire le vere intenzioni che le sue parole pacate e gentili nascondevano. Blanche non era la donna dolce e sensibile che voleva far credere di essere.
 E quel tessuto color pastello che faceva risaltare i suoi boccoli neri...
 Rochester, inconsciamente, si voltò a guardare le finestre buie di Thornfield Hall. La cercò come un ferito cerca soccorso e infine la vide.
 Era appena un'ombra, là, alla finestra della stanza dove faceva lezione ad Adèle. E in un lampo, l'ombra scura dell'istitutrice era sparita, come se si fosse accorta che Rochester la stava fissando.
 Che anche lei lo avesse fissato fino a pochi istanti prima?
 La ruga sulla fronte di Rochester si approfondò di nuovo, mentre Blanche lo tirava ancora nel discorso, pregandolo di raccontare una volta di più di come si erano conosciuti e di come subito erano andati d'accordo.
 Rochester cominciò a parlare, ripronendo agli ospiti la solita storia, quella che Blanche gli faceva ripetere con chiunque in qualunque occasione. Erano frasi tanto trite e ritrite che non doveva nemmeno concetrarsi per ricordarle.
 E così, mentre sciorinava la sua parte di recita, Rochester tornò a pensare al mare in tempesta e a quella donna così austera eppure così appassionata e passionale che era lì, a portata di mano eppure lontanissima... Sarebbe riuscito a salvarsi dalla mareggiata che l'aveva travolto?
 Cos'era, per lui, Jane Eyre?
 Un mostro marino pronto a divorarlo o la salvezza fatta a persona?
 Cos'era, Jane Eyre? L'insperata possibilità di ricominciare a respirare dopo un'apnea durata una vita oppure sarebbe stata l'ennesima spina nel cuore, l'ennesima sofferenza?
 Una cosa sapeva, Rochester: se Jane Eyre non fosse stata la salvezza, sarebbe stata per lui la fine, perchè perderla sarebbe stato un colpo troppo duro, una lama troppo affilata nel cuore, una scottatura troppo importante per riuscire a sopravvivere.
 Forse per quello non riusciva ad avvicinarsi davvero a lei. Forse per quello aveva così tanta paura di farsi avanti... Non era per la differenza di classe o d'età, quelle erano cose che non avevano alcuna importanza per lui...
 Ma cos'era, dunque, Jane Eyre?
 Era la luce in fondo al buio di un dedalo oscuro, era l'acqua nel deserto per il pellegrino che si era perso tra le dune... Era la terra in lontananza per un naufrago che vaga da giorni in mare... E Rochester era un naufrago, e come un naufrago vedeva la terra in lontananza e ne era affascinato e spaventato allo stesso tempo, desideroso di raggiungerla e terrorizzato all'idea di non potervi restare...
 Oh, Jane Eyre... Un nome così piccolo per un'inquietudine tanto grande...
 
   
 
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