Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses
Ricorda la storia  |      
Autore: benzodiazepunk    25/10/2015    14 recensioni
Duff è buono, non saprei come descriverlo altrimenti.
Accetta tutto con pacifica filosofia, non si arrabbia mai né alza la voce, quando ho i miei momenti sa sempre come farmi calmare, e soprattutto è sempre presente, per ognuno di noi.
-Axl- mi chiama per attirare nuovamente la mia attenzione, e all'istante nella mia mente risuona la sua voce che rocamente sussurra il mio nome, solo poco tempo prima, mentre le sue mani stringevano i miei capelli e le sue gambe si stringevano intorno a…
Scuoto il capo sforzandomi di tornare al presente.
-Pensavo che dopo la prima volta sarebbe finita lì. Solo una scopata, no?- riprende, sempre immobile di fronte a me. -Perché sei tornato?-
[...]
Sei da sempre il mio migliore amico Duff
Sei sempre stato il mio migliore amico Axl
-------------
Breve DuffxAxl, perchè nonostante non sia così tanto diffusa come coppia, io li vedo troppo bene insieme.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Axl Rose, Duff McKagan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                               

 
Yes, I have definetly a dangerous Appetite for Destruction

Mi guardo allo specchio e adoro la mia immagine; sono sexy, sono forte, sono il re sul palcoscenico e faccio strage di donne.
Sorrido al mio riflesso che mi sorride di rimando, si passa una mano tra i lunghi capelli rossi e ammicca, e mi trovo terribilmente attraente; ecco perché le donne cadono ai miei piedi.
Sono sexy, folle, re del rock, nessuno mi resiste.
E ho un dannato bisogno di autoconvincermi di tutto questo.
Il mio sorriso si trasforma in una smorfia quando il ricordo di ciò che ho appena fatto, ricordo che ero giusto riuscito a nascondere nel più lontano recesso della mente, torna a invadermi il cervello. Non posso credere neanch’io di essere stato tanto stronzo.
La prima volta è successo quasi per caso, ma la seconda volta... Immediatamente la mia coscienza si ribella, perché dire che è successo accidentalmente non corrisponde alla realtà, ma ora non ci voglio pensare. Quindi, la prima volta è successo quasi per caso, eravamo entrambi strafatti ed è successo.
Tutto è nato sul palco. Mi ero già sparato la mia prima, piccola dose di coca prima di iniziare il concerto in modo da essere carico e presente al massimo, e il cocktail coca-più-adrenalina da esibizione mi aveva fatto andare letteralmente fuori di testa. Vedevo Duff, alla mia destra, far correre le dita sulle corde del suo strumento come fosse il corpo di un’amante, e l’immagine mi aveva eccitato non poco. Poi, ovviamente, con ‘Welcome to the jungle’ avevo dato il meglio di me facendo impazzire tutto lo stadio e donandomi completamente al mio pubblico, ma quando avevo urlato “I wanna watch you bleed” i miei occhi erano corsi a Duff, inchiodandolo con uno sguardo che mi rendo conto essere stato tutt’altro che casto. E quando poi ero arrivato a “I wanna hear you scream” non avevo potuto fare a meno di notare che era stato il suo turno di lanciarmi una lunga occhiata, accompagnata da un sorrisetto che aveva smosso qualcosa di equivoco in me. Di molto equivoco.
A concerto terminato avevamo bevuto, fumato, fatto baldoria tutti insieme, e infine le eccessive dosi delle nostre rispettive droghe avevano spinto me nella stanza di Duff, e lui a letto con me.
Mi ero odiato dopo essermi reso davvero conto di ciò che era successo, avevo cercato in ogni modo di far ricadere la mia rabbia su di lui, perché è estremamente più semplice odiare qualcun altro piuttosto che sé stessi, mi ero ripetuto talmente tante volte che era stata solo una scopata dettata dalle droghe che avevo quasi finito per convincermene; e ovviamente non sarebbe mai più dovuto ricapitare.
Ma non tutto era andato secondo i miei piani, e la seconda volta che mi sono ritrovato nel letto di Duff non avevo nessuna droga in circolo che mi permettesse di trovare una scusante alle mie azioni di dubbia moralità. C’era di buono che, per quanto ne sapevo, anche Duff era completamente pulito, ma la cosa non mi consolava più di tanto.
Non so neanch’io com’è potuto succedere, non so perché sono andato da lui e come ho potuto cascarci ancora, ricordo solo di aver pensato che non avevo mai provato niente del genere. Quello è stato forse l’unico pensiero razionale che ero stato in grado di formulare prima che il mio cervello subisse un blackout invalidante.
Dopo, la rabbia era tornata, pronta ad accanirsi su chiunque, innocente o colpevole che fosse.
Se la prima volta, dopo essere stati insieme, ci eravamo addormentati nella stessa stanza senza rivolgerci la parola, troppo provati e fatti per poter dire alcunché, oggi la mia reazione è stata decisamente meno pacifica. Gli ho fatto male, lo so, la sua schiena ora dev’essere un labirinto di graffi insanguinati, e quando ha tentato di allontanare le mie mani dai suoi capelli, che tiravo troppo violentemente, ho reagito spingendolo via da me tanto brutalmente da farlo andare a sbattere contro il muro. Me ne sono andato per poter arginare la mia rabbia, per non ferirlo ancora, perché nonostante tutto non è questo che voglio.
E ora ho ribrezzo di me. Come posso essere così stronzo?
Qualcuno bussa alla porta della stanza dove alloggio ed io sobbalzo, coi nervi a fior di pelle. Non ho bisogno di controllare dallo spioncino per sapere chi è; apro semplicemente la porta, controvoglia, e senza rivolgerle lo sguardo nemmeno per un attimo giro i tacchi e torno a passo di marcia verso il centro della mia stanza.
-Scopi e scappi come con le puttane?- mi raggiunge la voce di Duff, dura, severa, ma allo stesso tempo troppo stanca.
-Non sono la tua puttana Axl- afferma, e il fatto che questo pensiero possa anche solo avergli sfiorato la mente mi fa rabbrividire e incazzare allo stesso tempo.
-Pensavo di essere tuo amico- continua. –Ma forse…-
-Forse cosa?- lo interrompo, aggredendolo e voltandomi finalmente a guardarlo in faccia. –Forse non è così perché non posso avere amici? Sono così meschino, per te, McKagan?-
Duff alza le spalle e abbassa lo sguardo.
-Pensavo di no- afferma. –Ma ti comporti da stronzo-
“Lo so” penso, e poco ci manca che io lo dica davvero. Mi fermo appena in tempo, ma una parte di me urla frustrata. Dillo Rose, avanti, ammettilo! Ammetti di esserlo. Lo sei, no? Dillo. A lui puoi dirlo.
Questa ultima, allarmante consapevolezza mi lascia letteralmente sconcertato perché si, è terribilmente vera.
Potrei fare qualunque cosa, combinare qualsiasi casino, dire le cose più crudeli e comportarmi il peggio possibile, ma nonostante tutto a Duff potrei sempre raccontare qualunque cosa, e lui non se ne approfitterebbe mai.
E questo perché lui è buono.
Non è mai stato come me, dannato e disadattato, ribelle perché incapace di integrarsi con la vita e con la gente; Duff ha sempre semplicemente cercato di tenere il passo, di tenere il passo con me, di eliminare o quantomeno nascondere la sua natura così gentile e buona e diventare provocatorio, qualcuno che la gente disapprovi.
Fuma sul palco, suona ogni concerto con una sigaretta fra le labbra e questo, oltre ad essere dannatamente sexy, è anche maledettamente geniale. Slash l’ha preso subito ad esempio ed io farei altrettanto se solo non dovessi cantare. Da un senso di noncuranza nei confronti di tutto ciò che lo circonda che è affascinante, inutile negarlo; sembra dire “Hey, ci sono 100.000 persone davanti a me? Non me ne può fregar di meno, suono perché mi va, non certo per voi stronzi”.
Ha deciso di portare un orecchino, un grande cerchio spaiato e pendente indubbiamente da donna; fa foto in boxer per le riviste, tiene i capelli lunghi ma perennemente spettinati, fa sempre quello che gli passa per la testa e riesce a rendere geniale ogni stupida cosa che fatta da altri sarebbe solo banale.
Ma nonostante tutto, il sorriso che rivolge alle telecamere quando lo colgono di sorpresa è lo stesso che conserva per noi, un sorriso ingenuo e forse anche un po’ timido, che racchiude tutta la sua essenza, essenza che non riuscirà mai a cambiare, tentasse per cento anni.
Duff è buono, non saprei come descriverlo altrimenti.
Accetta tutto con pacifica filosofia, non si arrabbia mai né alza la voce, quando ho i miei momenti sa sempre come farmi calmare, e soprattutto è sempre presente, per ognuno di noi.
Forse è proprio questa la differenza fra lui e me, ciò che lo renderà sempre diverso da me e che non gli permetterà mai di somigliarmi davvero. Duff c’è sempre per me che sono invece un egoista del cazzo.
-Axl- mi chiama per attirare nuovamente la mia attenzione, e all'istante nella mia mente risuona la sua voce che rocamente sussurra il mio nome, solo poco tempo prima, mentre le sue mani stringevano i miei capelli e le sue gambe si stringevano intorno a…
Scuoto il capo sforzandomi di tornare al presente.
-Pensavo che dopo la prima volta sarebbe finita lì. Solo una scopata, no?- riprende, sempre immobile di fronte a me. -Perché sei tornato?-
E in questo momento alza su di me uno sguardo così triste, così pieno di dolore, che devo farmi violenza per non abbracciarlo. Duff mi sovrasta di almeno una spanna, ma vorrei abbracciarlo e cancellare quel dolore dai suoi occhi per sempre.
La mia risposta tarda ad arrivare e alla fine lui scuote il capo e distoglie lo sguardo da me, sedendosi sul mio letto ed estraendo dalla tasca dei jeans una siringa piena di liquido bianco, la sua dose giornaliera di pace.
Ma questo è troppo per me, perché posso esser tutto, qualunque cosa, posso essere un demone che usa la gente, un mostro che cerca il suo migliore amico solo per egoismo, ma non posso essere il motivo per cui lui anela l’oblio.
Non posso sopportarlo.
Lo affianco e repentinamente gli strappo la siringa dalle mani, rimanendo poi semplicemente immobile a fissarlo, incapace di muovermi o di dire qualunque cosa. I suoi occhi sono fissi nei miei, ma non riesco a sostenere a lungo il suo sguardo.
-Non farlo- dico solamente allontanandomi di nuovo da lui.
-Perché no? Ma poi che cazzo te ne frega Axl?- mi aggredisce ora, forse per la prima volta la sua voce è tutt’altro che pacata, e quando mi volto a fronteggiarlo, decisamente colto alla sprovvista dalla cosa, la sua espressione è dura e rabbiosa.
-Invece che pagare una donna decidi di ripiegare su di me, ed ero strafatto, va bene, ma ci sto. È stata una tua cazzo di scelta Axl, ma ti comporti con me come se fosse colpa mia, ma lo sai che c’è?- domanda, facendo un altro passo verso di me. –Lo sai che c’è?- ripete, ma ancora una volta si interrompe senza concludere la frase.
So esattamente cosa farà ora, so che se non dirò nulla scuoterà semplicemente la testa girandomi le spalle e lasciando la frase incompiuta, forse per proteggere sé stesso ma più probabilmente per non ferire me, ma stavolta non voglio che lo faccia. So che me ne pentirò, ma non sarebbe giusto.
E non è vero che l’ho solo usato per egoismo.
-Cosa?- domando. Duff spalanca gli occhi, certamente non si aspettava che mi interessasse e ora non sa se parlare o meno.
-Cosa Duff?- ripeto, cercando per una volta di non imprimere nella mia voce sfida, paura o rabbia, ma solamente sincerità.
Duff boccheggia e mi fissa come se mi vedesse per la prima volta, infine parla.
-Posso fermarmi qui?- domanda semplicemente. –Stanotte?- chiede, tutta la rabbia che l’aveva infiammato improvvisamente svanita.
Io annuisco, incapace di articolare un qualunque suono o di pensare a cosa dovrei fare ora, continuando a stringere nel pugno la sua dose, e Duff si spoglia dei jeans e della maglietta voltandomi le spalle; come in un sogno imito i suoi movimenti liberandomi a mia volta dei vestiti e cercando di ostentare nonchalance, ma nonostante tutto il mio sguardo corre alle sue mani, che scostano il copriletto dal guanciale con un gesto fluido, ai muscoli appena accennati delle spalle, alle gambe affusolate e pallide che si piegano aggraziatamente quando Duff si siede sul materasso.
Ora anche i suoi occhi sono fissi su di me, e mi scrutano con un’espressione indecifrabile. Come un automa mi avvicino al bordo del letto e mi siedo al suo fianco; non credo di essermi mai sentito tanto in imbarazzo, e la sensazione non mi piace per niente.
Improvvisamente mi odio, mi odio dal profondo; rimpiango quando tutto era spontaneo e naturale, in compagnia di Duff, quando potevo dire tutto sicuro che mi avrebbe capito, quando scherzavamo e ridevamo come due coglioni, capendo solo noi le battute.
Mi manca il mio migliore amico, e temo di aver rovinato tutto.
-Sei da sempre il mio migliore amico Duff- affermo a mezza voce, nella luce ormai fievole della sera, e lui sicuramente nota il cambiamento in me, Duff nota sempre tutto, e dev’essere molto colpito dal vedermi così fragile perché sbatte le palpebre un paio di volte sgranando gli occhi.
-Sei sempre stato il mio migliore amico Axl- afferma. –Ma…- la sua voce ha un tremito e lui abbassa lo sguardo sulle sue mani, strette tra le ginocchia. –Ma ora non sei più come un amico-
Inutile negarlo, il mio cuore perde un battito.
-È perché pensi che io… non ti ho usato, Duff- ammetto; voglio che lui lo sappia senza possibilità di fraintendimento perché il pensiero che possa credere questo mi fa male, mi distrugge letteralmente. Ma lui mi stupisce ancora una volta.
-Lo so Axl. So che non l’avresti fatto, ma non è questo che intendo. Voglio dire… non posso più essere tuo amico perché non so neanch’io cosa sto provando ora, ma qualsiasi cosa sia di certo non è amicizia. Non solo, non più-
Per un attimo rimango immobile, col fiato sospeso, incapace di capire davvero quello che ha appena detto.
-I-io… non so cosa dire o… pensare e…- balbetto. –E… ho bisogno di ragionare- affermo balzando in piedi e scappando letteralmente verso il bagno. Mi tiro dietro la porta, che sbatte più forte di quanto avrei voluto, mi lascio scivolare lungo la parete fino a sedermi sul pavimento freddo e mi prendo la testa tra le mani.
E ora? E ora cosa faccio?
Eh Rose, forza, ora che cazzo fai?
Complimenti, sei davvero un asso nel complicare le situazioni.
Non riesco a pensare a una soluzione, non riesco a pensare a nulla se non che sono uno stupido idiota. Mi sento stupido, egoista, perso. E senza un cuore perdipiù, perché non capisco nemmeno io cosa provo in questo momento, o addirittura se provo qualcosa.
 
Quando esco dal bagno non so neanche quanto tempo è passato; Duff è steso sul mio letto, sdraiato su un fianco con le ginocchia raccolte al petto.
Ormai il buio ha inglobato ogni cosa nella stanza, e anche i lineamenti così familiari di Duff mi paiono in un certo modo diversi. Mi avvicino silenziosamente e mi adagio al suo fianco, tentando di non svegliarlo.
Ora non ho più paura, e nemmeno capisco cosa potessi mai temere prima.
-Axl- biascica Duff con la voce impastata dal sonno, voltandosi nella mia direzione appena appoggio la testa sul cuscino.
-Allora posso rimanere qui?-
-Si ma zitto perché voglio dormire- decreto; per un attimo temo di essere stato troppo duro, un’altra volta, ma poi percepisco il sorriso del mio migliore amico nel buio della notte e non posso fare a meno di sorridere di rimando.
Fuori dalla finestra il cielo è nero come la pece, privo di stelle a causa delle luci della città che brillano sotto di noi e tutto intorno. Ad un tratto l’occhio mi cade sui numeretti luminosi della sveglia, che segnano le 23:57, e come un lampo mi viene in mente che sono le 23:57 del 5 febbraio.
Piano allungo una mano verso il braccio di Duff e lo scuoto leggermente; lui apre gli occhi, con espressione assonnata e incuriosita, e io gli sorrido timidamente nella poca luce che illumina i nostri visi.
-Hey, buon compleanno Duff- affermo, imbarazzato. -È tutto il giorno che cerco di trovare il momento adatto per dirtelo, ma ogni volta che volevo farlo succedeva qualcosa che mi faceva pensare che fosse il momento più sbagliato in assoluto e allora…-
Duff mi sorride, e il suo sorriso mi blocca le parole in gola.
-Grazie- sussurra. Poi lancia un’occhiata alla sveglia appoggiata sul comodino, dietro di lui, e sorride di nuovo rivolgendomi l’espressione più bella che abbia mai visto.
-Buon compleanno anche a te Axl-
L’orologio segna le 00:01 del 6 febbraio.
Sorrido anche io, e quando Duff mi si avvicina leggermente da sotto le coperte non mi viene neanche in mente di spostarmi.
-Tu sei- inizio, schiarendomi la gola imbarazzato. –Sei la persona migliore che conosca-
Duff scuote la testa abbassando lo sguardo come per schermarsi dalla mia affermazione.
-Parlo sul serio. Tu sei gentile, sincero, sei maturo molto più di tutti noialtri e sei corretto. Per questo voglio averti accanto tipo sempre. Però… però ho paura di tenerti vicino, perché io invece non sono una brava persona. Io sono egoista, sono uno stronzo, hai ragione tu, sono lunatico e beh, lo sai, anche un po’ di più; non… non sono una bella persona, e se mi starai troppo vicino anche tu cambierai. E non voglio-
Duff scuote il capo con più convinzione.
-No Axl, non funziona così- mi sorride in modo rassicurante, e ora capisco che potrei dirgli qualsiasi cosa, e lui non cambierà mai idea.
-Tu sei uno stronzo egoista e maledettamente irritante, ma sei anche divertente, intelligente, sei molto profondo e a me piace stare con te. Ridiamo sempre quando siamo insieme, ragioniamo nella stessa maniera e siamo d’accordo su un sacco di cose, e sei un ragazzo dolce. Almeno, con me- conclude. –Non… non devi aver paura- sussurra, e io rabbrividisco.
-Non ho paura Duff-
-Si, ne hai, e ne ho anch’io. Ma che importa? Perché limitarci, perché sforzarci di non fare ciò che desideriamo e di non vivere come vogliamo? Lo dicevi sempre, tu, non ci credi più?-
Rimango in silenzio a fissarlo, a fissare il mio saggio migliore amico Duff, e non c’è nient’altro da dire.
Quando ci addormentiamo non siamo abbracciati o altro, ma le dita delle nostre mani si sfiorano, e appena il sonno rischia di coglierci e trascinarci via arrivano ad essere addirittura intrecciate.
  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Guns N'Roses / Vai alla pagina dell'autore: benzodiazepunk