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Autore: Lilith_Luna    25/10/2015    1 recensioni
“Gli adulti perdono la Vista quando crescono, sai? Vedono troppe cose crescendo e i loro occhi si dimenticano di quelle piccole come noi. Il cristallo apre la Vista, fa tornare la memoria agli occhi, ma solo a chi crede in noi. Gli adulti dimenticano.”
“Io non voglio dimenticare.”
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CREDENDO VIDES


 



  “Allora? Le vedi?”
  “Stai ferma, lasciami guardare!” Disse seccata Rachel alla sorellina che le tirava la gonna.
  “Dimmi se le vedi!” La piccola Sophia saltellava sul posto, il rumore dei piedini attutito dall’erba. Sapeva che Rachel non sopportava che le si tirasse il vestito - soprattutto perché Sophia aveva sempre le mani sporche di qualcosa, dalla marmellata alla terra del giardino - ma quella era una situazione particolare: Sophia doveva sapere se sua sorella vedeva le fate.
  L’occhio azzurro di Rachel si rifletteva più e più volte sulle sfaccettature del cristallo che teneva in mano. A Sophia ricordava un grosso insetto, ma questo non avrebbe mai potuto dirglielo, perché sua sorella era una ragazza molto permalosa. Rachel sbattè le palpebre più volte, infastidita; ormai le facevano male gli occhi a furia di guardare attraverso quello stupido oggetto. Sbuffò sonoramente e abbassò il cristallo, scostandosi i lunghi capelli biondi dal viso con l’altra mano.
  “Non vedo un accidenti di niente! La devi smettere di raccontare frottole, se la mamma lo sapesse lo sai che ti metterebbe in punizione.” Mise bruscamente il cristallo nelle mani della sorellina, che dovette tenerle a coppa per evitare di farlo cadere, per lei era troppo pesante da tenere con una mano soltanto.
  “Ma le fate ci sono davvero! Te lo giuro!”
  “E allora perché io non le vedo? Perché non esistono, è chiaro.” Concluse Rachel con le mani sui fianchi, chinata verso la piccola.
  Sophia non sopportava i modi di sua sorella, ma era l’unica compagnia che aveva, dal momento che tutte le sue amichette erano in vacanza e probabilmente non sarebbero tornate prima della fine dell’estate.
  “Non riesci a vederle perché non ci credi.” Insistette Sophia con passione. “Le fate esistono eccome, ma tu sei troppo grande per vederle.”
  “Ah sì? Beh, ormai è ora che cresca anche tu, la mamma continua a ripetertelo: hai sette anni, è ora di smetterla di credere a queste sciocchezze.” Il tono rimproveratorio di Rachel somigliava tanto a quello della madre. “Adesso andiamo dentro, tra poco serviranno il tè in salotto. Abbiamo ospiti.” Detto questo, Rachel lisciò accuratamente le pieghe del vestito azzurro pastello, controllando che non ci fossero macchie di terra, là dove Sophia aveva afferrato il tessuto, e rientrò in casa.
  “Io lo so che esistete.” Sussurrò la piccola Sophia al cespuglio di rose, prima di correre dietro alla sorella.

  Il tè venne servito alle cinque in punto nel salottino dalle pareti color crema. Tutto in quella casa aveva il colore di un dolce: le tende color panna, i divani e le poltrone color carta da zucchero, il tavolino da tè color caramello, i cuscini color zucchero a velo - perché un semplice bianco non bastava, dal momento che erano foderati interamente di pizzo - insomma, c’era una gran quantità di zucchero in quella casa, ma nulla di dolce nei caratteri delle donne che la abitavano.
  Rachel, impeccabile come sempre nei suoi vestiti pastello, fece un lieve inchino salutando miss Fairfax.
  “Buon pomeriggio, cara Rachel, buon pomeriggio, Sophia. Oh, che vestitino delizioso, ma… cos’hai nascosto nel grembiule, tesoro?” chiese curiosa.
  “Non sarà un altro animale raccolto dal giardino, spero, non lo tollero più!” La rimproverò la madre, il cucchiaino tintinnò contro la tazza da tè nel sistemarsi meglio sulla poltrona.
  “No mamma, è un cristallo.” Disse la piccola tirandolo fuori dal grembiule.
  Gli occhi di miss Tilney divennero grandi come piattini e la voce le tremò un poco. “Dove lo hai preso, quello?”
  Sophia capì che la risposta non sarebbe piaciuta a sua madre, ma non poteva mentire. “L’ho trovato nel solaio, era nel baule dei giochi di quando eri piccola.”
  Rachel, seduta sul divano accanto a lei, raddrizzò la schiena e disse deridendola: “Sophia era in giardino a cercare le fate, pensava di vederle attraverso quel prisma.”
  “Oh, che sciocchezze!” Si intromise miss Fairfax. “Non sei cresciuta per questi giochi, Sophia? Guarda tua sorella: tredici anni ed è già una vera signorina.” Chinandosi con fare malizioso verso Rachel aggiunse: “Devo proprio farti conoscere il mio John, quando sarà di ritorno da Londra.”
  “Sì, proprio una signorina” Pensò Sophia stringendo il cristallo in grembo. “Intanto quando dorme sbava su tutto il cuscino. Piacerà molto a John quando sbaverà anche su di lui.”
  Miss Tilney non distoglieva gli occhi dall’oggetto che la figlia più piccola teneva tra le mani.
  “Le fate non esistono, Sophia. E’ ora che tu cresca. Vai a riportare quella cosa dove l’hai presa, per favore. Subito.”
  Sophia, arrabbiata, si dette una spinta con le gambine per scendere dal divano, ma, invece di salire nel solaio, scappò in giardino e si nascose sotto al pergolato. Non le importava di sporcare il vestitino color lillà o di strappare le calze nuove. Non le importava neanche di piangere come una bambina, anche se lei una bambina lo era ancora.
  Qualcosa sfiorò la sua guancia umida di lacrime, pensando che fosse una foglia del roseto, Sophia si spostò un po’ più in là, ma la foglia la seguì. La bambina girò il viso per guardarsi la spalla e lì, posata sullo sbuffo della manica, c’era una fata dai lunghi capelli dorati e le ali trasparenti come una libellula. Sophia trattenne il respirò per un attimo, poi disse in un soffio: “Io lo sapevo che esistete.”
  La fatina annuì e si librò in aria, per poi atterrare in piedi sul cristallo. “Anche tua mamma lo sa. Ma adesso è troppo cresciuta per vederci.”
  “Conoscete la mia mamma?” Sophia alzò la voce, sorpresa.
  “Certamente, piccola Sophia. Le abbiamo regalato noi questo cristallo per permetterle di vederci anche quando fosse cresciuta.” La fata incrociò le braccia sottili sul petto. “Gli adulti perdono la Vista quando crescono, sai? Vedono troppe cose crescendo e i loro occhi si dimenticano di quelle piccole come noi. Il cristallo apre la Vista, fa tornare la memoria agli occhi, ma solo a chi crede in noi. Gli adulti dimenticano.”
  “Io non voglio dimenticare.”
  “Per favore, non farlo. Speravamo tanto che qualcuno tornasse a giocare con noi, ma tua sorella Rachel non ha mai avuto la Vista, tua mamma l’ha sempre tenuta in casa, lontano da noi.”
  “Perché lo ha fatto?” chiese Sophia, contrariata.
  “Oh.” Rispose la fata con un sorriso innocente. “Proprio non lo so.” Staccò una spina dalla rosa più vicina e punse un dito di Sophia, che si lasciò scappare un gridolino.
  “Scusami.” Disse la fata. E un sorriso ancora più ampio si allargò su quel viso angelico, mostrando una schiera di dentini appuntiti.






  
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