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Autore: imperfectjosie    25/10/2015    1 recensioni
Si ricordò il perché della loro prima notte insieme e maledì se stesso, per averne perso il controllo.
Non doveva piacergli, non doveva neppure volerne ancora, solo aiutare Jack ad uscire da quel tunnel autodistruttivo. Tutto ciò a cui mirava Alex, era riavere il suo maledetto migliore amico cazzone. E invece era finito nell'occhio del ciclone, travolto dalla sua stessa idea malsana. Ecco fatto, i piani erano stati sconvolti e il suo cuore stava sanguinando. Di nuovo.

| Halloween!J a l e x |
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Gaskarth, Jack Barakat
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: All Time Low
Pairing: Jack/Alex (accenni Lisex & Lisack... Jacsa? Oh gosh, trovatelo voi un nome per questa ship, non ne sono in grado ._. )
Rating: Orange
Note: Jack si è fatto Lisa, ad un passo dal matrimonio con Alex.
Josie's corner:

Halloween is coming, you freaks!
Siccome stiamo parlando della festa preferita del Gaskarto, ho deciso di scrivere una Jalex abbastanza angst, ma non troppo altrimenti mi mettevo a piangere davvero. Sono sensibile, io.
Giocando molto sul tatuaggio di Alex e sulla vena erotica di Jack, mi è uscita questa storiella che poi tanto stramba non è, leggere per credere.
PS: Ho scelto questa gif di presentazione perché mi fa seriamente ridere. Tipo forever.
PPS: Potreste notare che le parole di Jack e le sue azioni non si legano bene durante il corso della storia.
La cosa è voluta, visto che ho deciso di renderlo bipolare.
Perciò sì, questa one shot tratta anche dell'argomento, sappiate che non è una critica ai bipolari o al disturbo, bensì mi piaceva l'idea, così l'ho messa in atto. Forse forse però... Alex sarebbe stato più indicato, vabè, never look back.
PPPS: The edge of tonight, nella fanfiction, non fa parte del CD Future hearts. (che dovete comprare se non lo avete ancora fatto. No scherzo. No, sul serio, FATELO. GESOO VI GUARDA)
 

Trick or treat?
 

Casa Gaskarth, 31 Ottobre 2015
h 00:00


Alex amava Halloween fin da quando ne aveva memoria.
Non c'era un motivo particolare, ma gli piaceva l'idea di diventare chiunque volesse essere. Per una notte all'anno almeno, lasciare se stesso chiuso in un angolino della sua mente, lì, fermo nell'attesa di calcare un nuovo palcoscenico, e tirare fuori una faccia nuova. Coprirsi il volto di cerone bianco e improvvisare con la matita nera una bocca piena di cicatrici sotto a due occhi pericolosamente infossati, aveva il suo fascino.
Ad Alex piaceva.
Organizzava sempre un party per quella notte fantastica, comportandosi da buon padrone di casa e ignorando il telefono, sicuro di non voler sentire altre scuse patetiche dalla sua ormai ex futura moglie.
Aveva sopportato tutto. Ma il fatto che fosse andata a letto con Jack Barakat, quello non poteva ignorarlo. E non poteva ignorare nemmeno lo stronzo in questione, visto che occupava gran parte del divano, completamente ubriaco, intento a toccare qualsiasi culo gli passasse sotto tiro.
Il padrone di casa storse il naso con evidente disgusto, ricordandosi le parole di Zack, qualche mese fa, quando per il quieto vivere e soprattutto per i sogni ancora da realizzare, gli aveva detto di dimenticare. Perché in fondo Alex sapeva dare peso alla voce del bassista, che tutti i torti non li aveva.
Il problema non era Jack e il suo rapporto con il sesso, ormai fuori controllo.
Il problema era Lisa, che lo aveva tradito. E lo avrebbe fatto a prescindere.
Un migliore amico non ti fotte la fidanzata, ma un migliore amico ubriaco e una fidanzata senza morale, anche abbastanza troia a detta di Rian, beh, quello sì era un mix spaventoso.
La cosa, per assurdo, che più lo feriva era il rapporto con il moro. Non gliene fregava un cazzo di aver perso lei, e si dava del coglione per quel pensiero malsano, ma di aver perso Jack... sentiva un dolore lancinante all'altezza del cuore.
Probabilmente lo stesso che Barakat soffocava con l'alcool, quasi a livelli preoccupanti.
Avevano perso tutto, continuavano a suonare insieme, a tirarsi veloci occhiate durante le interviste, fingendo una complicità ormai distrutta, ma lontano dai riflettori, nemmeno uno sguardo. E il minore, egoista come sempre, aveva avuto persino la faccia tosta di presentarsi alla festa, ignorando l'inesistente invito.
Incrociò le braccia al petto, lamentandosi a bassa voce come era solito fare quando qualcosa lo stava facendo incazzare abbastanza, da parlare con sé stesso.
«Cos'è quello sguardo omicida, Gaskarth?»
La voce brilla e divertita di Zack gli si affiancò con un colpetto secco sul braccio a cui Alex prestò ben poca attenzione. Continuava a fissare Jack occupato ad ispezionare la bocca di una diavoletta bionda carica di probabili e incurabili malattie veneree.
«Adesso basta, questo è troppo!» prorruppe, sciogliendo le braccia dal petto e piantandole salde lungo i fianchi, prima di avanzare a passo spedito verso il suo immacolato divano bianco, costato quasi lo stipendio di un normale operaio.
Piantò le vans leopardate proprio di fronte ai due piccioncini, pestando un piede a terra per farsi notare. Bassam tuttavia gli concesse solo un'occhiata sfuggente, rifiutandosi di abbandonare la bocca calda della sua preda notturna.
Aveva nascosto un paio di preservativi nel costume da Batman.
«Ehy bellezza, smamma!»
La voce tagliente di Alex spaventò la giovane, che spinse via il chitarrista con entrambe le mani, prima di rivolgere uno sguardo al viso bianco del cantante. I nervi del collo spessi e tesi come corde di violino e gli occhi ridotti in due pericolose fessure truccate di nero.
Alla vista dei capelli viola resi dritti dal gel, la biondina decise che la notte di Halloween poteva pure terminare lì. E se la diede a gambe, ignorando la voce concitata di Jack che nel frattempo si era tirato in piedi a fatica, tenendosi con un braccio sul cuscino del divano.
«Grazie tante Lex, davvero» commentò infine, indicando il punto vuoto dove prima era seduta la ragazza, con un gesto secco del braccio.
Alex non si mosse, continuava a fissarlo con astio e fastidio.
«Ne ho i coglioni pieni delle tue puttane, Barakat. Chi ti ha invitato, si può sapere?» ringhiò, avvicinandosi di una spanna ed evitando comunque che l'altro cadesse a terra e picchiasse la testa sul tavolino in cristallo, regalo di Lisa.
Lo aveva fatto senza pensarci, uno scatto impulsivo. E si diede del cretino subito dopo, ricomponendosi.
A Jack non sfuggì nulla. Sospirò con un mezzo sorriso stanco, abbassando gli occhi sul tappeto. Voleva dirgli così tante cose... voleva fargli sapere quanto gli mancava, quanto si sentiva una merda per quello che aveva combinato e come suonare la chitarra sembrava inutile, senza potergli saltare intorno sul palco.
Voleva davvero abbracciarlo. E per la prima volta, Jack sentì l'impulso irrefrenabile di dover piangere. Perché era nato così?
Perché Lisa non poteva semplicemente rifiutarlo nel suo delirio alcolico? E quel cazzo di problema in mezzo ai suoi dannati pantaloni.... aveva perso il conto di tutte le volte in cui si era ritrovato a doversi picchiare con i mariti delle sue scopate.
Ma ciò che lo rendeva più triste, era vedere Alex con il cuore devastato. Sperava che Lisa lo amasse davvero e odiava il fatto di essere stato complice della caduta di quella maschera. Jack gliel'aveva strappata dalla faccia, mostrando al suo migliore amico il vero volto di quella donna.
Un pensiero egoista attraversò la mente del moro per un po'. A conti fatti, avrebbe dovuto quasi ringraziarlo. Ma Jack non aveva voglia di litigare, non ancora. Sentiva il Daniel's bruciargli la gola e un conosciuto conato di vomito invaderlo.
Scostò malamente Alex, tirandosi dietro il mantello alla ricerca di un bagno libero.
«Jack?» azzardò incerto.
Il volto preoccupato del padrone di casa seguì quel corpo asciutto per tutto il salone e si fermò, quando lo ritrovò in mezzo ad una coppia che stava animatamente discutendo, poco prima di vederlo sparire oltre la porta del cesso.
Alex sospirò, percorrendo gli stessi passi del moro.
«Barakat, tutto apposto lì dentro?» domandò, battendo quattro nocche sul legno.
Sentiva chiaramente che stava vomitando, ma non si scompose. Quella era una scena ben conosciuta per lui. Aveva passato dieci anni a tenergli la fronte, piegato sul water di qualsiasi casa/hotel/pub e chissà quale altro buco di stanza possibile.
«Alla grande!» fu il commento sprezzante del minore, ovviamente sarcastico.
Gaskarth sbuffò un mezzo sorriso. Gli era mancata quella voce, gli era mancata da morire.
«D'accordo Batman, adesso entro e ti aiuto»
Ma prima che potesse spingere la porta, Jack la bloccò con un tallone lasciando Alex a fissare la stessa superficie confuso.
«Me la cavo da solo, grazie lo stesso»
«Jack non fare il moccioso, non mi pare il momento adatto, ti avrò visto miliardi di volte combinato così» lo apostrofò, continuando a fare forza su quella dannata porta, convinto di poterla abbattere.
Avrebbe spaccato tutte le porte di casa, se questo significava aiutare Jack Barakat.
Il moro serrò la mascella sul cesso, stringendo le mani intorno alla tavoletta di porcellana e cominciando a piangere come il bambino che in fondo ancora sentiva di essere.
Aveva sputtanato tutto e nonostante questo, Alex era ancora lì. Fermo dietro al fottutissimo bagno, preoccupato per lui.
«Jack avanti, piantala e fammi entrare» continuò con tono affaticato, posando una guancia sulla porta e aiutandosi con entrambe le mani.
Era anche una scena abbastanza ridicola, sperò che nessuno la notasse o si avvicinasse a loro.
«Maledizione, Bassam! APRI O GIURO CHE LA SFONDO A CALCI» quasi urlò, prossimo ad una crisi isterica.
Alex era nato con il dono del panico, gli scorreva nelle vene.
Mentre Jack piangeva, lui si stava immaginando ogni film d'orrore possibile. La sua testa volava veloce tra il rasoio nello stipetto bianco accanto allo specchio e la vasca potenzialmente colma d'acqua.
Il moro si alzò dalla posizione in cui stava, bene attento a non spostare il tallone dalla porta e si mise seduto, con la schiena contro le piastrelle del muro, proprio vicino al lavandino.
Sollevò lo sguardo al soffitto, chiudendo piano gli occhi e sospirando.
«Alex vattene via»
«Con il mio cazzo che me ne vado!» fu la risposta sottile del maggiore, che regalò a Jack una leggera risatina divertita e nervosa.
«Beh, Gaskarth» cominciò, toccandosi il livido sul fianco, ultimo ricordo della notte precedente «se ti porta lontano da qui, fai pure»
Alex ringhiò, spintonando la porta con una violenta spallata, mentre i cardini cigolarono sotto allo sguardo calmo di Bassam.
«Jack?»
Lo stava esaurendo.
Non poteva vederlo, non poteva tenerlo d'occhio, al diavolo Lisa e tutto il resto, e la cosa lo stava lentamente facendo impazzire.
Jack Barakat aveva un passato da autolesionista ed era un bipolare sconosciuto agli occhi di tutti. Agli occhi di tutti, tranne ai suoi. Alex era l'unico a vedere oltre lo spesso strato di allegria e coglionaggine. E mentre una mano si curava dei suoi attacchi d'ansia, l'altra si curava della pelle di Jack.
Era sempre stato così, fin da quel giorno lontano, nei corridoi del Liceo.
«Jack ti prego, rispondimi»
Niente, ancora niente. La fronte del castano sfiorò nuovamente il legno, poi un colpo secco scosse i muscoli del minore, ancora seduto sul pavimento freddo di quel bagno così familiare.
Jack si voltò piano con un piccolo sorriso appena abbozzato.
«Adesso ti sei messo a dare testate?» lo stuzzicò.
Alex ringhiò ancora, provando a spingere con l'altra spalla, ma ignorando che al posto del tallone, Bassam aveva appoggiato alla porta il mobiletto bianco degli asciugamani.
«Fammi entrare, parliamone»
«Mi sono sbattuto la tua futura moglie, non ti sembra abbastanza per odiarmi, Lex? Perché cazzo sei così ossessionato?»
Il tono vibrava di odio e Alex si bloccò.
Jack non stava odiando lui, ma sé stesso. Forse fu quella frase ad aprire gli occhi al ragazzo dai capelli viola.
«No. Io credo di amarti»
Una risata gli riempì le orecchie, ma non aveva nulla di divertito al suo interno. Suonava come l'enorme stanza da letto vuota di una casa abbandonata da tempo.
«Tu CREDI? Ti stavi sposando bello, non provarci neppure a pigliarmi per il culo. NON GIOCARE CON I MIEI SENTIMENTI LEX, O TE LO GIURO CHE TI AMMAZZO»
La voce sembrava lontana anni luce dalla gola di Jack.
Era ovvio che fosse l'alcool a parlare, ma un brivido freddo accolse Alex con violenza, facendogli serrare i denti di colpo.
Si sentiva impotente.
Jack stava cambiando, di nuovo, e lui era troppo occupato ad aiutare le anime di tutto il mondo con la sua musica, per potersene anche solo accorgere.
Dall'altra parte di quel legno spesso e invalicabile, il corpo di Jack se ne stava mollamente appoggiato allo stesso muro, fasciato da un costume abbastanza economico, poco consono al fisico del chitarrista. L'unica cosa veramente a tema, era la mascherina sul viso. Jack spesso sognava di averne una reale, ma invisibile.
Probabilmente avrebbe continuato ad ingannare Alex, come Lisa stava riuscendo a fare. Ma dubitava fosse stato possibile.
Lui non era Lisa, Alex non apparteneva a Lisa. Apparteneva a-
«Pensi forse di essere migliore della diavoletta?»
Che domanda del cazzo!
Quasi Gaskarth non si strozzò con la saliva, ma battè un pugno contro la porta con decisione, ritrovando la stessa luce di sfida che lo accompagnava nei live, quando qualche giornalista di merda si permetteva di criticare la sua posizione sul palco.
«Porca puttana, sì. Cazzo, sì che lo sono Jack, lo sai che lo sono. Se vuoi te lo dimostro, ma prima devi aprire questa dannata porta» commentò velocemente, ansimando per lo sforzo e la paura.
Ma Jack non sembrava intenzionato ad obbedire. Si teneva il fianco con una mano, ciondolando la testa in preda agli shots di whiskey.
«Jack?»
«Credi che il mondo starebbe meglio senza Jack Barakat? Magari i mariti sì»
Appurato ciò, scoppiò a ridere di gusto, facendo sgranare gli occhi ad Alex come se la porta si stesse sciogliendo proprio davanti a lui.
Stava parlando da solo.
L'espressione del maggiore mutò ancora.
«Pensi forse che il problema sia la tua vita sessuale? Il problema è il tuo atteggiamento verso la tua vita sessuale» puntualizzò, continuando a battere i pugni contro la porta e fermandosi, quando non sentì più la risata del suo migliore amico.
«Che cazzata, Lex. Questa è davvero una cazzata. E dimmi, come pensi che dovrei risolverla?»
Alex ringhiò, aggredendolo.
«Se vuoi scopare con me, giusto per provare a capire da solo cosa cazzo hai nel cranio, una volta tanto in ventisette anni di vita, puoi farlo»
Il tono risultava pignolo e pacato, proprio come Alex. Jack si rilassò, fissando la porta attentamente, prima di sollevarsi con un gemito strozzato e spalancarla del tutto.
Davanti a lui, il ragazzo viola lo guardava con i pugni serrati e un mezzo sorriso ironico.
«Finalmente, principessa»
«Sei serio?» domandò, sorvolando sulla battuta e cercando quegli occhi più chiari dei suoi, ma comunque accesi. E belli. Belli davvero.
Non c'era nulla in Alex Gaskarth che poteva suggerire il contrario, niente di niente. Nemmeno un difetto agli occhi del minore. Il pipistrello sul petto si abbassava e alzava a ritmo del respiro accelerato, confondendo Alex per un po'.
«Jack, forse non ci siamo capiti, o non sono stato chiaro io dieci anni fa, quando Gesù ha deciso che i denti da roditore non erano abbastanza e ti ha portato nella mia vita» cominciò, portandosi la mano tatuata sulla faccia «non c'è niente che non farei per te. Avrei anche potuto scogliere la band dopo la merdata che hai combinato, fanculo gli All Time Low, fanculo tutto... o odiarti, questo sarebbe stato forse più difficile... magari anche solo restituirti il favore, aspettare che ti innamorassi seriamente, ma credo sarei morto di vecchiaia nell'attesa... però davvero, sono qui. Cristo se ci sono, dimmi qualcosa! Non spaventarmi mai più così» terminò con fiato corto, arpionandosi al mantello nero del costume e osservando la reazione del compagno.
Jack aveva abbassato il mento, ma non sapeva cosa dire, gli sorrise semplicemente. E Alex si sporse appena per baciare quella smorfia piano, il tempo di dare al minore un po' di sollievo.
«Vuoi farlo stanotte?» gli chiese, staccandosi appena per guardarlo negli occhi grandi e scuri.
Il ciuffo decolorato si mosse negativamente, facendolo respirare appena.
Perché anche se fosse stato un sì, tutto ciò che contava era il movimento naturale che riusciva a percepire oltre il tessuto della finta calzamaglia. Jack stava bene e lo poteva toccare di nuovo, come una volta.
«Lex mi dispiace, ti ho sputtanato la vita»
La prima volta che quel lato del carattere usciva allo scoperto. E Alex si sentiva spaesato. Il tono flebile non si addiceva affatto alla figura sprezzante e furba di Jack, però lo rendeva speciale, nonostante tutto.
Ogni tanto Lisa gli mancava, ma non aveva mai dubitato neppure una volta su chi dei due dovesse uscire dalla sua vita. E non si pentì mai della scelta.
«Forse me l'hai salavata, Jackie. Dopotutto è questo quello che hai fatto davvero» si lasciò sfuggire, spingendo il volto confuso del secondo chitarrista contro il proprio, per assaggiarlo ancora e percepire il calore della pelle che neppure Batman poteva nascondere.
Lo macchiò sulla guancia di bianco, mischiando i colori esattamente nel modo che descriveva una traccia del loro Future Hearts e si stupì, quando lo sentì tremare.
«Alex, cosa c'è che non va in me?»
«Perché qualcosa non dovrebbe andare?» ribattè confuso, con tono docile. Jack stirò un piccolo sorriso, arpionando le poche unghie agli avambracci del maggiore, che non si mosse.
Rimase lì, a guardarlo con studiata calma. Sapeva quanto fosse vulnerabile e imprevedibile in quei momenti. Era raro che capitasse, ma il moro aveva dei black-out caratteriali che potevano durare ore.
E quando tutto diventava buio, ingestibile, Alex allungava la mano in attesa che l'altro la trovasse. Jack era bravo nella caccia al tesoro.
In quel momento provò una sincera voglia di fare l'amore con lui.
«Ho paura perché non sono mai stato con un uomo. Ho paura perché non mi è mai capitato di volerlo così tanto... e ho paura perché sei tu. Quando si tratta di te, io non ho controllo su niente»
Al castano i rumori della festa sembravano lontani chilometri. C'erano solo lui, Jack e i suoi occhi lucidi a fissarlo, un braccio vibrava d'emozione, l'altro era sceso più in basso, a sfiorargli l'inguine. Alex sospirò, deglutendo.
Capiva bene il senso di quella frase e ne condivideva ogni passaggio, ma non si tirò indietro, gettò tutto il peso del proprio corpo sul petto dell'amico.
«Dovevi mandarmi a puttane il matrimonio per dirmi “ti amo”?» lo riprese ironico, sorridendogli addosso.
Jack ridacchiò nervoso.
«Lo sai quanto faccio schifo in queste cose»
«Jack, forse dovremmo allontanarci da qui»
Con un sussurro aveva cambiato abilmente discorso, sperando che l'altro capisse. Non potevano essere visti.
Lo sentiva un po' come un estraneo, Jack, ma non provava quasi mai a ribattere quando si trattava di salvare la faccia. A volte per stanchezza, altre perché in fondo gli bastava. Si trattava di Alex in ogni caso, era un pensiero molto ipocrita.
Non esisteva neppure un piccolo pezzetto di quella pelle pallida che sarebbe potuto bastargli. Tuttavia sorrise, spostandosi quell'attimo che gli serviva a ricordarsi come mai lo volesse tanto.
«Per andare dove?» domandò abbastanza divertito.
Si ricordava spesso di dover essere se stesso e il più delle volte capitava intorno al castano. La sua vita era una grande e vertiginosa giostra da cui non riusciva a scendere, ma poco importava se il giostraio era Alex.
«Non lo so» azzardò incerto, muovendo gli angoli della bocca e arricciandoli in un mezzo sorriso.
Ed era vero. Non lo sapeva affatto.
Jack, cacciò il labbro fuori come faceva spesso da bambino, guardandosi le scarpe per poco.
Entrambi non erano mai stati così imbranati in tutta la loro vita sentimentale, o comunque quella che valeva la pena ricordare.
La tremenda paura di avere finalmente tra le mani il cuore di cui ti importava davvero, creava disagi interiori profondi come crepe. Quellle spaccature Alex le conosceva bene, ma non le aveva mai associate a Jack. Non fino ad allora.
Alla fine si arrese, solleticandogli la guancia ispida di barbetta con il naso, per poi soffiare una risatina nervosa.
«Sembriamo due coglioni vergini»
Jack levò la fronte al soffitto, ridendo come un pazzo.
«A dire il vero lo siamo, Lex. Non so te, ma prenderlo nel culo non è mai stato uno sport per il sottoscritto» lo informò ironico, sorvolando sui muscoli tesi del compagno e sentendolo ridere a sua volta.
«Possiamo anche aspettare, nessuno ci corre dietro» commentò, con un tono appena percettibile, spaventato di doverlo tranquillizzare ancora.
Era sempre razionale, la frase non stupì il minore che invece annuì piano, abbracciandolo forte. C'era qualcosa di assolutamente perverso in quel rapporto, fin dai tempi lontani del liceo, dove a volte poteva bastare un letto e una chitarra per sentirsi appagati.
«Jack penso di volerlo davvero adesso»
Si staccò dall'amico, piegando appena la testa di lato e guardandolo così seriamente, che Alex rimase senza fiato il tempo di un imbarazzato sorriso. Jack non parlava affatto, nemmeno una singola battuta sprezzante. E non gli stava rispondendo. Così il maggiore si agitò tra le sue braccia.
«Perché non dici nulla?» continuò, spostando lo sguardo ovunque, pur di non guardarlo negli occhi.
E in un secondo, si sentì trascinare su per le scale. Conosceva quella casa a memoria e non aveva bisogno di chiedere dove fosse la camera da letto. Una volta individuata la porta, ci adagio il corpo del cantante con forza, facendolo ansimare di dolore.
Alex strizzò gli occhi, prima di riprendersi intrappolato tra il legno e il corpo di Jack, che respirava velocemente. Le mani stese a stringergli le spalle. Lanciò una veloce occhiata alle nocche bianche.
«Lex se è una delle tue solite battute del cazzo, non mi sta facendo ridere»
«Avrei forse motivo di scherzare?» lo provocò, leccandosi il labbro prima di avvicinarsi al lobo destro del moro, succhiando piano.
Jack vibrò appena, schiudendo la bocca e serrando gli occhi con forza. L'erezione ormai sveglia, in attesa.
Aveva un buon profumo, Alex. Era sempre stato così, ma in quel momento quello stesso odore gli stava annebbiando i sensi. Perse il mantello del costume nell'atto di spingerlo oltre la porta, poi sul letto, dove lo intrappolò ancora. E si sentì nudo molto prima che Alex slacciasse la zip da dietro, avvolgendolo con entrambe le braccia.
«Cosa stiamo per fare?»
«Non lo so Jackie, ma ti prego per stanotte non domandarmi altro»
Il trucco si stava sciogliendo. Appena in tempo, prima di violare quel corpo perfetto e un po' pallido, ma forte. Spinse in lui con il ritmo del cuore pulsante nelle orecchie, saggiando ogni centimetro della pelle di Alex, che bruciava come il fuoco.
Il più grande rovesciò la testa all'indietro, quando Jack riuscì a toccare il punto giusto, lasciandosi scappare due lacrime di piacere puro. Il dolore era ormai un lontano ricordo.
Vennero insieme, soffocando lo stesso grido l'uno nella bocca dell'altro. Lo sentì addosso, ma non si mosse, giocando con i nei della sua schiena e mostrando un mezzo sorriso alle pareti bianche del soffitto.
Era la sua stanza, era il letto in cui aveva fatto l'amore con Lisa un'infinità di volte e si sentì sporco, colpevole nonostante tutto, ma felice.
«Jack, davvero volevi questo?»
Alex spezzò il silenzio con la voce ancora impastata dall'orgasmo, osservando attento come il minore avesse cambiato umore. Si era voltato dandogli le spalle, gli occhi rivolti al grosso armadio di fronte alla specchiera. I ciuffi scuri dei capelli brillavano tra le nuvole d'alcool e l'azzurro del cuscino. Non rispose, così Alex sospirò, guardandosi le mani.
Lo aveva fatto solo per il suo amico, o in fondo era ciò che lui stesso desiderava? Sentire Jack Barakat dentro il corpo era devastante e dubitava di poter tornare indietro riuscendo così a cancellare ogni sensazione.
Avrebbe potuto benissimo lasciarlo lì con le sue turbe mentali, vestendosi per poi scendere e mischiarsi tra la folla di una festa che lui stesso aveva organizzato, magari rimorchiare una delle tante ragazze ubriache e disponibili, regalando un po' d'amore.
Almeno per una notte.
La sua mente stava già dando i numeri, persa tra le strofe di una canzone scritta qualche anno prima, dal titolo abbastanza stupido.
Si chiamava A party song e l'aveva buttata giù proprio per Jack. In modo deviato, gli ricordava davvero la vita dell'amico, ma mai avrebbe pensato di poterne far parte un giorno, non in quel modo.
«Bassam dimmi qualcosa, sto per impazzire» prorruppe infine, coprendosi gli occhi con l'avambraccio destro e sentendosi prossimo ad una crisi di panico.
Jack, studiando attentamente la cadenza di quel tono, si mosse velocemente, sovrastandolo con le braccia dritte a sostenere il proprio peso contro il materasso.
Aveva gli occhi gonfi e lucidi, le labbra piene di baci e un'espressione indecifrabile.
Alex continuava a pensarci: nei momenti di reale paura, Jack perdeva la sua maschera da buffone, vestendone una che a dispetto di ogni aspettativa, gli donava forse di più. Così eccitante e pericoloso.
«Se mi stai chiedendo quello che penso, allora sì, Lex. La tua fottuta terapia ha funzionato» sibilò, assottigliando lo sguardo appena al tocco veloce di una mano sul petto asciutto. Alex sentiva lento il respiro forte e deciso dell'amico, la mascella serrata e gli occhi attenti.
Si ricordò il perché della loro prima notte insieme e maledì se stesso, per averne perso il controllo.
Non doveva piacergli, non doveva neppure volerne ancora, solo aiutare Jack ad uscire da quel tunnel autodistruttivo. Tutto ciò a cui mirava Alex, era riavere il suo maledetto migliore amico cazzone. E invece era finito nell'occhio del ciclone, travolto dalla sua stessa idea malsana. Ecco fatto, i piani erano stati sconvolti e il suo cuore stava sanguinando. Di nuovo.
«Jack, mi dispiace-»
«Ti dispiace» lo anticipò, facendogli il verso e annuendo con il labbro inferiore stretto tra gli incisivi «Per cosa? Sai io non ho ancora capito che cazzo avevi in mente di fare»
Si stava infuriando, ma il maggiore non lo fermò, si limitò ad assottigliare lo sguardo, studiando ogni espressione del viso dal basso.
«Ti dispiace Alex, perché? Perché sei venuto a letto con me, o perché così facendo mi hai fatto capire cosa cazzo ho che non va? Sei tu, nella mia vita, che non vai. Non va niente di niente, Lex. È UNA MERDA ASSOLUTA DA QUANDO OGNI DANNATA TROIA BIONDA NON POTRÀ MAI CANCELLARTI DALLA MIA MENTE. CAZZO!» terminò, alzandosi di scatto e rivestendosi, agguantando distrattamente una maglia stropicciata, targata AWG.
Sembrava un pazzo furioso. Alex lo guardava spostarsi per tutta la stanza, con le dita infossate tra i ciuffi biondi, alla ricerca di chissà cosa.
Sollevò il busto, poggiando la schiena sulla testiera del letto, ma non si alzò. Decise che era arrivato il momento di chiarire, di decidere chi voleva essere davvero Jack.
Il festaiolo del cazzo che continuava a scoparsi mezzo mondo, affogando i propri sentimenti in litri inesauribili di alcool, o il chitarrista gay innamorato da sempre del proprio migliore amico.
Anche lui aveva paura, maledizione! Una paura fottuta. Passare in un mese dal promesso sposo di Lisa Ruocco, al fidanzato deviato di Jack Barakat poteva essere una tragedia internazionale.
Un vero boom per i media, la fine della loro carriera artistica. Al solo pensiero di dover dare spiegazioni sia a Rian che a Zack, un brivido gli attraversò la spina dorsale, morendo all'altezza del collo teso e colmo degli stessi nervi che Jack aveva succhiato avidamente, mezz'ora prima.
«Smettila di fare così e parliamone»
«Di cosa esattamente, Alex? Dobbiamo parlare DI COSA?» lo aggredì, allargando le braccia coperte dalla maglia che non riusciva a coprire completamente la figura asciutta del suo corpo.
Le clavicole bene in vista distrassero il cantante per un po'. Ma Alex lo voleva. Voleva quel corpo per sé ed era giunto alla conclusione che non ci sarebbe mai stata cura migliore.
Per nessuno dei problemi che lo assillavano. Per Lisa, per le crisi di panico del cazzo che gli toglievano ogni volta un po' di sé, per le lacrime notturne, per le risate perse e i momenti mancati... cristo, avevano così tanto da recuperare!
E quel coglione continuava a combattere una guerra inutile, contro la sua parte razionale. Parte razionale mai posseduta, tra l'altro. Alex si incazzò, aggrottando le sopracciglia prima di alzarsi dal letto come una furia e sfidarlo strusciando involontariamente il proprio corpo addosso alla sua stessa maglia.
Poteva sentire il respiro del minore sulle labbra, che si agitò, ringhiando.
Quel sorriso così maledettamente imperfetto e meraviglioso. La fottuta terapia di cui parlava Jack, gli si era rivoltata contro.
«Del fatto che ci amiamo, isterico pezzo di merda decolorato! E adesso dimmi, Bassam, hai davvero intenzione di continuare a soffocare ogni cosa tra alcool e puttane?»
Aveva alzato il volume di qualche tacca, mantenendo comunque il tono pacato che lo caratterizzava. Rare volte Gaskarth gridava davvero. Eppure stava perdendo le staffe. Guance rosse, respiro accelerato, occhi di fuoco. Jack sorrise senza alcun divertimento, mutando il suo ghigno tanto amato dalle fans e avvicinandosi ancora, fino a toccargli le labbra.
Sapeva non lo avrebbe baciato, ma percepiva lo stesso la voglia negli occhi di Alex e ne fu fiero.
«È davvero esilarante, Lex, dico sul serio. L'hai capito solo adesso anche tu, vero? Terapia una sega, ci hai rovinato la vita, complimenti!» ringhiò, staccandosi per poi spostarsi a sinistra, con l'intenzione di superarlo e andarsene.
Alex rimase a bocca aperta, fissando il vuoto per qualche attimo, prima di voltarsi e agguantarlo dalla manica della maglietta.
«Lo sapevi di amarmi, lo sapevamo entrambi, ce lo siamo detti poco prima di salire qui. Cosa cazzo è cambiato? Perché ti comporti così?» glielo disse piano, si sentiva stanco. E umiliato dal fatto che Jack non aveva nemmeno voltato il capo, per prestargli attenzione.
Ma poi parlò, continuando a guardare la porta.
«Non ci siamo detti niente, Lex, la voce non ha riempito i silenzi di nessuno dei due. E io non posso permettermi di amarti. Hai una vaga idea di come morirei se tu dovessi lasciarmi? Della fine che farebbe la nostra band, di come non riuscirei neppure a svegliarmi la mattina... di... troppo da perdere, tutto quanto... sei troppo. Davvero troppo. E ti sto dicendo la verità, qui non c'entrano i miei problemi mentali, questo sono io. Il famoso Jack Barakat» si fermò, ironizzando sul proprio nome e dondolando appena la testa bicolore, per poi soffocare un singhiozzo abbassando il collo «Ma tu sei di più. Vali di più e preferisco tenerti così per sempre, che perderti un domani per vivere qualche mese facendo l'amore. Anche se vorrei, cazzo come vorrei... ti lancerei su quel letto di nuovo, subito, fanculo cosa mi fai dire» terminò con amarezza e un velo di ironia.
Alex poteva sentire il tono piegato di quell'ammissione. Era rimasto a fissargli la schiena per tutto il tempo, sgranando gli occhi fino a farsi del male.
A Jack bastava.
Nell'egoismo, amico di vecchia data, ad Alex invece per niente. Serrò le labbra, mutando lo sguardo per poi voltare di scatto il corpo di Jack e costringerlo al muro con uno spintone deciso che fece strizzare gli occhi al minore.
«Mi stai dicendo che la tua paura vale più di me, Bassam? Attento, potrei prenderla sul personale» lo informò ironico, avvicinandosi prima di baciarlo con foga.
Jack accettò, ballando su quella lingua per alcuni attimi che gli sembrarono infiniti, prima di percepire il corpo del compagno svegliarsi sotto al contatto con le proprie labbra. E ne ebbe paura.
Perché forse Alex tutti i torti non li aveva.
«Magari è così»
«Non dire stronzate»
La voce decisa del più grande catturò la sua attenzione per poco, poi voltò di scatto la testa dall'altra parte, ignorando il ringhio che seguì a quel gesto.
«Perché ti importa tanto? Perché sei così incazzato? Sono solo io»
Lo disse con voce piatta, apparentemente priva di alcun sentimento. L'uomo travestito sull'avambraccio di Alex rapì Jack per poco, ricordandogli la notte che stava passando.
Era Halloween, a conti fatti, aveva fatto l'amore con il suo migliore amico nel giorno che lui amava di più. Forse poteva essere stato un regalo sufficiente a farlo sentire meno inutile. Forse.
Alex lo scosse, riportandolo in quella stanza con un colpo secco della schiena sul muro freddo. Il corpo del minore ciondolò in avanti, mentre la fronte spaziosa di Jack si posava lenta sul petto ancora nudo del compagno.
«Lex lasciami andare»
Suonava come una supplica, però Alex non la ascoltò.
«Per farti scendere e rimorchiare l'ennesima ragazza? Beh, te lo puoi scordare. Non è mia abitudine permettere ad un uomo di entrarmi dentro... perciò rassegnati Jack, tu sei roba mia» sibilò, mollando la presa e rimanendo comunque lì, a fissare il viso del moro che si sollevava stranito.
Mosse la bocca, richiudendola più volte incapace di parlare.
«Ho lasciato Jack Barakat senza parole? Da scrivere sul dannato calendario!» commentò divertito Alex, sfoderando uno dei suoi sorrisi rassicuranti migliori.
Sapeva d'affetto e di comprensione. Di un amore immaturo ma sincero. Nonostante l'età, avevano ancora molto da imparare. Per ogni cosa, ogni relazione andata male.
Le notti di Jack, la sua storia con Lisa... così tanto da dimenticare e riscrivere. Con la loro penna e il loro inchiostro, eppure la speranza di poterlo fare albergava ancora nel cuore del cantante.
Magari ci avrebbe scritto un pezzo su. E lo avrebbe intitolato The edge of tonight.
«Alex smettila di sognare e apri gli occhi. Guardaci!» tentò ancora una volta di spezzargli le ali, allargando le braccia per mostrarsi in tutti i suoi difetti più grandi, senza però mettere in conto che Alex non ne percepiva ad occhio nudo neppure uno.
Scosse i ciuffi viola, passandosi una mano sulla faccia prima di avvicinarsi ancora e lasciarsi andare sul corpo del compagno, il viso infossato contro la spalla magra di Jack sospirava d'ansia repressa con una sottile scintilla d'amore che di morire non ne voleva proprio sapere.
«Voglio scrivere una nuova canzone. Forse poteva starci in Future Hearts»
Lasciò ai propri pensieri il compito di viaggiare liberi, ignorando volutamente l'ennesimo tentativo del moro per allontanarlo e schiacciandosi sempre più vicino a lui.
Jack serrò le labbra, ancora restio ad abbracciarlo, lottando contro ogni cellula del suo corpo per rimanere immobile e decidendo di stare al gioco.
«Conoscendoti, scommetto che hai già un paio di strofe in testa»
Alex ridacchiò, annuendo leggermente. Sentiva il cervello libero da ogni catena problematica che di solito stringeva tutti i pensieri felici. E gli capitava sempre quando Jack era intorno a lui. Ogni pezzo scritto, lo doveva alla sua presenza.
«Vuoi sentire cosa penso, Jackie?» domandò retorico, beandosi di un silenzio che valeva più di ogni “sì”. Così continuò, percependo solo il respiro dell'amico a fare da sottofondo musicale.
«The road is long, and i am tired, but with you on my horizon i will drive until it all breaks down. 'Cause i can't breathe without you near. You keep me safe, you keep me sane, you keep me honest» intonò con voce leggera, ingoiando a forza la voglia di scoppiare.
Il petto bruciava, Jack continuava a stare zitto e si sentiva vagamente stupido ad aprire il suo cuore nel buio più totale.
«You keep me alive on the edge of tonight, chasing tomorrow with fire in my eyes. You're like a siren in the dark, you're the beat playing in my heart» si fermò, sapendo bene di offrire alla porta una vista ampia sulla sua schiena tremante.
Ancora nudo, ancora lo stesso ragazzo spaventato di molti anni prima. Ma quando il fiato di Jack sbuffò un sorriso, Alex rilassò i muscoli, abbozzandone uno a metà, invisibile e sottile.
«È bellissima» gli sfuggì, commentando il tono dolce ma deciso che aveva appena finito di ascoltare.
«È ciò che sei» ribattè deciso, staccandosi finalmente per guardarlo in faccia e notare un lieve rossore inaspettato, pochi millimetri sopra alla barba incolta.
Ogni tanto ritornava, Alex non aspettava altro.
«Ciò che sono» commentò più verso se stesso, alzando il grosso naso al soffitto e ricordandosi dell'odore di Alex, quando ancora una volta gli si avvicinò alle narici.
«Jack non sei solo e non sei spazzatura come credi, lasciami entrare»
Amava la sua voce. Quando cantava, quando parlava o lo insultava gridando appena... Jack la amava con tutto sé stesso.
Sorrise di un mezzo sorriso stanco, decidendo che poteva davvero essere tutto reale. Quella era la loro notte, era il momento perfetto. Dove il mondo dei morti toccava quello dei vivi spalancandone le porte, approfittando della confusione Jack poteva aprire la sua, lasciando semplicemente entrare almeno una persona. Quella più importante.
«Buon Halloween, Lex» sussurrò dal nulla, abbassando il mento fino ad incontrare gli occhi nocciola del cantante. Gli spostò il ciuffo spettinato dalla fronte, baciandolo sulle labbra lentamente.
Alex toccò la mano posata sulla propria guancia con quella tatuata, ricambiando ogni brivido di quel contatto.
Jack Barakat baciava bene.


FIN.

  
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