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Autore: Julietds    26/10/2015    1 recensioni
“Metti un uomo sull'orlo del precipizio e, a meno che non vi cada dentro, diventerà un mistico o un pazzo... il che è probabilmente la stessa cosa.”
― Apostolos Doxiadis


Fu in quel momento che sentii una voce pronunciare le parole che non scorderò mai.
“Penso… Penso di aver trovato Cliff…”
Kirk.
Urtai il bus più volte cercando di correre il più veloce possibile nella neve del boschetto in cui eravamo finiti. Combattei contro la sensazione di stordimento data dal freddo e dalla confusione ma ci finii in pieno quando i miei occhi si mossero dall'espressione scioccata di Kirk al paio di gambe che uscivano da sotto il veicolo.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Disclaimer: non conosco i personaggi di questa storia, non scrivo a scopo di lucro e, pur essendomi basata su un fatto realmente accaduto, ovvero la morte di Cliff Burton, non ho idea di come le cose siano andate realmente quella notte quindi, anche se ispirato da interviste et varie, il mio lavoro è frutto di fantasia. Il seguente scritto è la traduzione di una mia fanfiction pubblicata originariamente su Rockfic.com.





“Put a man on the brink of the abyss
and, in the unlikely event that he doesn't fall into it,
he will become a mystic or a madman...
Which is probably the same thing.”


 
“Poni un uomo sull'orlo del precipizio
e, a meno che non vi cada dentro,
diventerà un mistico o un pazzo...
il che è probabilmente la stessa cosa.”


 
Apostolos Doxiadis
 
 







 



 
Tornando a quella sera, le uniche cose che riuscivo a vedere inizialmente erano luci sfocate.

Ricordo di essere uscito da un finestrino dell'autobus, zuppo di caffè bollente.
Vidi Lars che urlava mentre Kirk si stava dando da fare per mettersi in salvo.

Il mezzo sarebbe potuto esplodere in un qualsiasi momento, ma ugualmente me ne restai lì in mutande e calze cercando di realizzare cosa fosse accaduto. Mi sentivo confuso, come sconnesso mentre il silenzio mi riempiva le orecchie. Non riuscivo a udire le grida di Lars così come il mio corpo non processava il freddo dell'essere nudo a dieci gradi sotto zero. Continuai a sentirmi in quel modo finché una mano non mi afferrò per l'avambraccio: Kirk.

Lentamente, i suoni ripresero ad essere udibili e, con loro, la voce del mio chitarrista. Mi stava urlando di allontanarmi dal bus e, sebbene all'inizio fossi come paralizzato, alla fine mi decisi ad annuire e seguirlo.

Il tourbus non esplose e tutti iniziammo a sentire il freddo cane di quelle terribile notte svedese.


No, non tutti.


“Dov'è Cliff?” chiesi allarmato.


Il guidatore se ne stava in piedi accanto a Lars continuando a gridare in modo febbrile. In quel momento desideravo solo che chiudesse la bocca o che mi dicesse che sapeva dove si trovasse Cliff.

Magari era rimasto dentro.

Senza neanche pensare alle possibili conseguenze corsi diretto al veicolo. Ignorai persino Kirk, ero troppo impegnato per ascoltarlo. Ero impegnato a cercare il mio migliore amico.

“Cliff!” presi a chiamare il suo nome. Cercai di rientrare dal finestrino dal quale ero uscito ma il bus si era ribaltato su un fianco e i pezzi di vetro erano ovunque. L'unica cosa che vidi affacciandomi furono un paio di corpi riversi. “Merda!” imprecai. Dovevo trovare Cliff e farlo anche velocemente.

Ben presto i miei compagni mi raggiunsero per aiutarmi a cercarlo mentre il guidatore stava ancora dando fuori di matto e correndo in circolo. Sembrava davvero uscito di testa. Chi se ne frega, mi dissi. Non mi importava di lui in quel momento, volevo solo aiutare Cliff ad uscire e controllare che stesse bene.

Fu in quel momento che sentii una voce pronunciare le parole che non scorderò mai.


“Penso… Penso di aver trovato Cliff…”


Kirk.

Urtai il bus più volte cercando di correre il più veloce possibile nella neve del boschetto in cui eravamo finiti. Combattei contro la sensazione di stordimento data dal freddo e dalla confusione ma ci finii in pieno quando i miei occhi si mossero dall'espressione scioccata di Kirk al paio di gambe che uscivano da sotto il veicolo.


Erano…?


Sussultai violentemente al solo pensiero che il mio migliore amico e amante fosse rimasto schiacciato dal nostro autobus.
Istantaneamente mi sentii mancare la terra da sotto i piedi e gli occhi liquidi dei miei compagni non fecero che confermare la mia peggiore paura. Sfiorai la sua gamba destra ma non si mosse né reagì in alcun modo.

“No… lui non può…” riuscii a sussurrare incredulo. Dovevo fare qualcosa. Non poteva semplicemente finire così, non sapevamo nemmeno se fosse ancora vivo o meno! Sicuramente lo era. Forse si era rotto le gambe, d'accordo, molto probabilmente aveva anche perso conoscenza.

“Ti porteremo fuori di lì” mormorai prima di iniziare a spingere contro il tetto della vettura.

Kirk e Lars se ne stavano lì immobili a guardarmi, così dopo qualche istante mi voltai e cercai rabbiosamente di scuoterli e convincerli ad aiutarmi. Le mie urla divennero presto più frustrate mentre le lacrime bagnavano il viso di Lars.
Sembrava una fottuta statua di sale.
Quando finalmente il guidatore si avvicinò sperai che almeno lui mi volesse aiutare, invece si chinò e afferrò il lembo di una coperta.


No!” urlò di colpo Kirk.


Non ci misi poi molto a realizzare cosa volesse fare quell'uomo.
Tutto ciò che sapevo di lui era che non stava portando rispetto né all'uomo che amavo né tantomeno a noialtri. Probabilmente era anche sbronzo. Sbronzo e… alla guida. Era fottutamente limpido ai miei occhi: era colpa sua se Cliff era intrappolato sotto l'autobus, così lo afferrai per la maglietta e serrai i pugni.

“Non ti azzardare a toglierla” asserii più serio che mai.

“Qual è il tuo cazzo di problema?!” prese ad urlarmi contro. Era solo capace di mettere insieme frasi sconnesse, in quel momento. Riuscivo a leggere nei suoi occhi persino quanto fosse sul punto di scoppiare a piangere. “Non sei tu il fottuto leader?” gridò disperato. “Chiama qualcuno che venga a salvarci il culo, rockstar!

Lo spinsi via con quanta forza avevo in corpo prima di esplodere. Lars e Kirk tentarono di fermarmi ma non volevo mollare la presa sul suo braccio. Fortunatamente per lui, i soccorsi arrivarono prima che potessi staccargli la testa dal collo. Quando finalmente giunsero a noi, stavamo tutti piangendo disperati con i nervi a fior di pelle.
Chissà che vista penosa dobbiamo essere stati.

Perlomeno i soccorritori portarono l'assistenza medica di cui avevamo bisogno e un bulldozer per sollevare il mezzo. Salvarono i ragazzi che avevo visto riversi all'interno, stavano tutti così bene che non vedevo l'ora che tirassero fuori Cliff e, allo stesso tempo, non volevo realmente che lo facessero. Sarebbe stato troppo doloroso dare una fondatezza ai miei sospetti che lo vedevano già morto. Nonostante la pressione, una flebile speranza stava facendo del suo meglio per sopravvivere nella giungla del miei pensieri.

Iniziai a metabolizzare l'idea che potesse non essere più tra di noi quando mi inginocchiai accanto alle sue gambe e non mi sentii come quando ero seduto vicino a lui. Mi sembrava di stare solo prossimo ad un cadavere e la cosa non aveva senso. Non aveva senso che lui potesse essere morto quella notte. Era tutto molto peggio che inaspettato. Era sbagliato. Perché lui? Perchè io ero ancora vivo e vegeto? Perché quello sbronzo figlio di puttana era ancora vivo e vegeto? Perché non c'era lui sdraiato sotto quel bus? Perché né io né lui dormimmo in quel letto con Cliff, quella notte.

Era uno scherzo crudele da parte del destino, considerato che in quel momento avrei dato qualsiasi cosa per morire con lui pur di non dover stare lì ad osservare il suo corpo venire lentamente schiacciato.

Ricordo che mi sentii distrutto – peggio, annientato – quando il bulldozer sollevò l'autobus e poi lo lasciò accidentalmente andare. In quell'istante mi sentii ancora peggio. Non potevo fare a meno di sentirmi debole e inutile.


Ero arrabbiato. Terribilmente arrabbiato.

Non riuscivo nemmeno ad abbassare lo sguardo sul suo corpo.


La notte precedente, a quella stessa ora, me ne stavo sdraiato a letto con lui, scherzando, accarezzandolo, baciandolo e ora…
Potevo ancora vedere il suo sorriso di quella e della notte successiva, quando pescò l'asso di picche dal mazzo di carte di Kirk.

Mi fece l'occhiolino e decise che, come premio, avrebbe dormito nel letto accanto al finestrino più grande. E così fece… finché l'autobus non si ribaltò.


Qualcuno della crew arrivò da noi poco dopo i soccorsi. Cercarono tutti di calmarmi ma senza successo. Eravamo tutti fuori di noi, ma io ero davvero furioso e improvvisamente mi ricordai contro chi avrei dovuto incanalare la mia rabbia.

“Non mi ho intenzione di calmarmi, quello stronzo ha ucciso Cliff!” urlai. “Guardami, figlio di puttana! Ti ammazzo! Guardati le spalle!”

Lo avrei fatto a pezzi ma in quel momento potevo solo urlare, apparendo così delirante.

“James, calmati. Posso comprendere quanto tu sia incazzato, lo siamo tutti ma… potrebbe essersi trattato di un incidente.” Squadrai il tour manager con aria confusa ma sprezzante. “Ha detto… C'era una lastra di ghiaccio nero, non sono facili da evitare con il buio. Non ne siamo ancora sicuri ma farem… James! Dove te ne vai adesso?”

Ero già sulla mia strada e rifiutavo di sentire ragioni.
Camminai fino in cima alla collina lungo la quale eravamo scivolati per poi proseguire ancora, ancora e ancora… finché non mi sentii più i piedi. Saranno state miglia.
Ero quasi completamente nudo, fisicamente distrutto e con il cuore spezzato ma almeno avrei scoperto la verità.

Un paio di ore di camminata più tardi, decisi di tornare indietro dal momento che avevo trovato la risposta che stavo cercando. Era ovvia sin da prima, per me, ma ora ne avevo le prove.


Non c'era nemmeno la parvenza di ghiaccio nero.





 
* * *





Dopo il salvataggio, o meglio, quando l'incubo sembrò finire, ci dirigemmo verso l'hotel che il nostro tour manager aveva trovato per noi. Avremmo passato lì la notte. Ci rendemmo però conto proprio mentre ci facevano il check-in, che quello sarebbe stato solo l'inizio di una terribile notte, forse addirittura la peggiore delle nostre vite.
Sicuramente lo sarebbe stata per James.

Eravamo tutti distrutti ma Dio, non avevo mai visto James in quello stato. Io mi sentivo malissimo ma ero certo del fatto che lui si stesse sentendo peggio. Lui e Cliff erano così legati… Anche Lars sopraffatto dal dolore e non l'avevo mai visto piangere così tanto ma, ancora una volta, non era niente comparato a come James si doveva sentire. Cliff era il suo migliore amico, la sua anima gemella, il suo amante. Gli era stato portato via tutto ed era solo colpa mia.


Eravamo degli alcolizzati così facemmo ciò che agli alcolizzati riusciva meglio: bere fino a collassare.


Bevemmo fino all'ultima goccia, naufragando nell'impotenza e nell'inettitudine. Solo fino a quarantott'ore prima ci sentivamo i re del mondo e adesso stavamo guardando verso il basso dall'orlo di un terribile precipizio. Eravamo sovrani del niente adesso e trovarci faccia a faccia con la morte perdendo un amico… travolse le nostre vite. Specialmente la mia. Troppe volte, quella notte, desiderai che Cliff non avesse mai pescato quel cazzo di asso di picche, ma era troppo tardi.

Io ero vivo, lui non più.


Verso le quattro del mattino prendemmo a strapparci le bottiglie dalle mani. Eravamo frustrati e arrabbiati e l'alcool era quasi finito. Decisi allora che tentare di dormire avrebbe forse potuto distogliere la mia mente dal pensare di fare qualcosa di stupido.
Forse stavo solo cercando di sentirmi morto almeno quanto volevo esserlo.

Credo fossero le sei circa quando iniziai a sentire qualcuno urlare. Aprii gli occhi per affondare nuovamente nella disperazione. Lars stava dormendo sul pavimento, una bottiglia vuota di vino gli teneva compagnia; James non si vedeva da nessuna parte. Mi diressi così verso la porta della nostra camera prima di capire che il rumore proveniva da fuori dalla finestra.
Lentamente, mi diressi al vetro e quello che vidi per poco non mi squarciò il cuore. Neanche dopo anni riuscii a dimenticare l'indicibile dolore provato a quella vista.

La strada che dava dietro l'albergo era deserta se non per un giovane che vi stava barcollando in mezzo. Le sue urla suonavano molto più che disperate, erano pura agonia. Stringeva tra le mani una bottiglia e non aveva addosso molto. Sembrava non gli potesse importare di meno del freddo e, poco dopo, della pioggia.

Apparentemente, solo un pensiero gli dava la forza necessaria per reggersi in piedi: la sua voce penetrante era forte abbastanza da continuare incessantemente a chiamare l'uomo che amava e chiedergli dove fosse, nonostante nessuno rispondesse. I suoi guaiti proseguivano senza sosta, insistenti così come inutili, ciononostante il ragazzo continuò ad urlare finché la sua voce non venne meno.
Le lacrime presero a scorrere calde lungo il mio volto ancora una volta mentre James cedette sfracellandosi contro l'asfalto.


È in pace adesso, sussurrai in risposta alla sua domanda, immerso nell'oscurità.







 
   
 
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