Norvegia Centrale,
Lillehammer, notte di Natale 1855
Il
bambino si stiracchiò impercettibilmente
contro il suo petto, stretto com’era nelle coperte di lana
colorata non aveva
molta libertà di movimento. La donna correva come non aveva
mai corso in vita
sua, attraverso il sottobosco innevato, sotto un cielo senza stelle.
Solo
un’innaturale luna piena regnava su quel cielo invernale,
brillante come il
riverbero del sole sulla neve, filtrando attraverso i rami rinsecchiti
degli
alberi.
Doveva
raggiungere il piccolo villaggio al
confine della foresta prima dell’alba, prima di essere vista
da qualcuno.
Doveva portare a termine il compito che le era stato assegnato dalla
madre del
bambino sul letto di morte. Povera donna, così giovane
eppure con un così
nefasto destino sulle spalle: si era spenta pochi minuti dopo aver dato
alla
luce quel piccolo fagotto che ora le premeva sul cuore.
Salvalo, le aveva detto tra i
singhiozzi, con un filo di voce, mentre la luce abbandonava i suoi
occhi e la
sua anima tornava ad essere un tutt’uno con la Madre Terra.
Non aveva avuto nemmeno
il tempo di stringere la piccola creaturina tra le braccia.
In
lontananza sentì delle voci e si fermò di
botto, con una mano su un tronco e l’altra stretta sulla
schiena dell’infante.
Doveva essere vicina. Una cantilena incomprensibile si alzava dal
confine della
foresta, dove una forte luce rischiarava
l’oscurità. S’incamminò piano
in
quella direzione e fece attenzione a non farsi notare. Gli abitanti del
villaggio, uomini e donne, erano riuniti in cerchio attorno ad un
grande
albero adornato con ghirlande, frutti colorati e piccoli oggetti, che
luccicavano alle luci delle candele che brillavano nelle mani di tutti
gli
astanti: doveva essere incappata in una delle festività
della nuova religione. Rimase
nascosta per più di un’ora, seduta nella neve,
dietro una siepe abbastanza alta
di arbusti bruciati dal freddo glaciale degli ultimi mesi, aspettando
con
pazienza che la piazza del paesino si svuotasse, per raggiungere la sua
meta.
Deboli
vagiti si alzarono dal piccolo fardello
che teneva tra le braccia: lo cullò appena e subito
tornò ad addormentarsi.
Quando
finalmente tutta la gente si allontanò
dall’albero, e un fiume di candele ardenti si
sparpagliò per le stradine di
terra battuta che si allargavano a ventaglio in tutte le direzioni,
osò muovere
un passo nel cono di luce proiettato dal grande fuoco che bruciava poco
distante dal grande albero. Si mosse veloce, come se da un momento
all’altro
qualcuno avesse potuto sorprenderla e, arrivando davanti alle enormi
porte
dell’unico edificio in pietra del villaggio, si
fermò indecisa sul da farsi:
bussare e aspettare che qualcuno le aprisse o lasciare il neonato sugli
scalini
gelidi e sperare che qualcuno lo raccogliesse prima che morisse di
ipotermia?
Scelse
una via di mezzo: posò il fagotto
sull’ultimo gradino, proprio davanti alla porta, gli rivolse
un ultimo sguardo
e con un peso sul cuore bussò forte. Una. Due. Tre volte.
Poi si voltò e corse
via, nella stessa direzione da dove era arrivata, sparendo nella notte.
Mentre
correva, con il fiato corto e la neve
che le arrivava alle caviglie, ostacolando ogni suo passo,
augurò al bambino un
destino meno infelice di quello che era toccato alla sua povera madre.
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.
Tre
tocchi. Tre colpi di battente contro il
portale di quercia della chiesa, lo svegliarono dal suo sonno leggero.
Sentì la
sua perpetua alzarsi dal letto nella stanza accanto, e la raggiunse nel
corridoio
freddo, portando con sé una candela per illuminare la via,
trascinando le sue
povere ossa stanche prima nella piccola sagrestia e poi lungo
l’unica navata,
fino al portale d’ingresso. La donna lo seguiva a pochi passi
di distanza,
stringendosi nel suo scialle di lana, con i capelli scuri striati
d’argento
raccolti in una morbida treccia che le ricadeva lungo la schiena.
Quando
aprì la porta e non
trovò altro che la fredda aria invernale ad attenderlo,
pensò che qualche
ragazzino doveva aver trovato divertente svegliare il vecchio parroco e
la sua
aiutante, la notte di Natale.
Ma
quando fece per
richiudere, la donna alle sue spalle esclamò incredula:
“Oh mio Dio ”.
Seguì
lo sguardo della donna
e il cuore gli si strinse a quella vista: un piccolo neonato dormiva
placido
sul sagrato della chiesa, incurante dell’aria gelida e
sferzante di quella
notte. “Bulda”- chiamò la
donna-“Vorresti prenderlo tu?”- le chiese
portandosi
una mano alla schiena scricchiolante. La donna raccolse il bambino con
mani
tremanti, ne osservò il visino arrossato dal freddo e il
piccolo naso a
bottoncino, e poi se lo strinse al petto, avvolgendolo ulteriormente
nello
scialle.
Il
vecchio prete la osservò
cullare il piccolo con le lacrime agli occhi, mentre gli carezzava le
guance
paffute con un dito.
-“Sembra che quest’anno il Signore ti abbia inviato il regalo che hai sempre desiderato.”- le disse, chiudendo il portale. La donna lo osservò con tanto d’occhi e poi gli sorrise tra le lacrime. “Buon Natale, Bulda.”
Angolo
delle Autrici:
Grazie per essere arrivati fino in fondo! Speriamo di sentirvi numerose/i :D