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Autore: Saerith    22/02/2009    4 recensioni
Breve racconto ambientato nell'antica Grecia. Quando il desiderio diventa troppo forte, la ragione non è in grado di ostacolarlo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per chi intraprende cose belle é bello soffrire,qualsiasi cosa gli tocchi. (Fedro)

Lisia procedeva lentamente, meditabondo, risistemando ogni tanto il chitone sulla spalla destra: la calura di quel giorno era insopportabile.

Il miglior oratore dell’Agorà si stava dirigendo verso la scogliera per trovare sollievo con la brezza marina e la solitudine necessaria alle sue meditazioni.

Un pensiero aveva totalmente assorbito la sua attenzione quella mattina.

“Perché l’essere umano desidera?”

Lui, che aveva sempre l’ultima parola in ogni discussione, fu bloccato da una domanda tanto semplice. Ad ogni passo, quesiti irrisolti si affollavano nella sua mente.

Cos’è il desiderio? Qual è la forma del desiderio? E’ possibile non provare desiderio?

Col dorso della mano tentò di detergersi il sudore sulla fronte e con sollievo notò che la scogliera era vicina. Amava quel posto, non solo perché riusciva a rimanere in raccoglimento, ma soprattutto per la presenza del tempietto sul promontorio: il tempio di Athena, la dea della saggezza.

Uno sguardo al luogo sacro gli infondeva una sorta di sicurezza, ma quel giorno notò una figura mai vista. Quel giorno gli fu fatale.

Cinta di un semplice peplo azzurro, ornato di orli dorati, uno sfavillante diadema brillava tra i capelli ramati che ricadevano come riccioli di fuoco sulle morbide spalle.

Un essere umano o una dea?

La giovane teneva in mano rami di ulivo, pianta sacra alla dea e si muoveva aggraziata tra le colonne del pronao, mentre la brezza marina le scuoteva i capelli.

Lisia si sentì inaspettatamente stordito, il calore del sole era nulla a confronto alla lava che gli scorreva dentro e senza accorgersene procedette verso il tempio, come se dei fili invisibili lo stessero tirando e lui non volesse opporre resistenza.

“Fermo!” una voce soave lo arrestò.

“Blasfemo, come osi accedere al tempio? La dea non accetta simili oltraggi!”

Solo in quel momento si rese conto di stare calpestando il suolo sacro e con un movimento goffo tornò con i piedi sul terreno arido antistante al tempio.

Dalla penombra, la sacerdotessa si mostrò a lui in tutto il suo splendore. La pelle era bianca come il latte e il suo viso delicato incorniciava occhi cerulei, che lo fissavano con sdegno.

Athena…

Pensò scioccamente Lisia.

“L’accesso al tempio è proibito ai comuni cittadini, anche al miglior oratore dell’Agorà”.

L’uomo rimase a bocca aperta.

“Sì, so chi sei. La tua fama ti precede.”

Tanta loquacità lo lasciò senza parole, ma ripresosi dallo stupore ebbe l’ardire di domandare: “Qual è il tuo nome, sacerdotessa di Athena?” si stupì lui stesso di quanto la sua voce suonò falsata.

La donna distese i tratti e abbandonò ogni intento di minaccia.

“Alie” sussurrò con un sorriso.

Fu come avere una folgorazione. Un moto interiore gli comandava di stendere le mani e toccare quella pelle serica, unire le sue labbra, abituate a crear concetti, a quei carnosi petali di rosa chiusi in un sorriso, avvolgente come un nastro di stoffa invisibile che lo stava attirando verso di lei.

Era quello il desiderio?

No, che assurdità, non poteva desiderare di possedere una sacerdotessa: era assolutamente irrazionale, ma niente che coinvolga un desiderio può essere compreso nel mondo della ragione.

Lisia si tormentò giorno e notte per quel desiderio proibito. Disdegnava spesso l’Agorà per andarsi a rifugiare presso il tempio, solo per vedere la seducente sacerdotessa. Come un condannato che si presta spontaneamente alla tortura, un tormento dolce e amaro al tempo stesso.

Ora sapeva: l’uomo non può impedirsi di desiderare e nel momento in cui ciò avviene insegue gioia, mentre il dolore rimane in agguato, pronto a colpire.

Il suo desiderio pressante era quasi spaventoso. Se avesse dato retta alla ragione, si sarebbe tenuto alla larga da quel delicato fiore di lilium: ma i sensi prevalgono sulla ragione.

Alie non era al tempio quel giorno. Lisia, totalmente affranto, andò a sedersi con la testa fra le mani. Quel desiderio lo stava facendo impazzire.

“Lisia” la sua voce lo accarezzò con la brezza che spirava dal mare.

La donna si inginocchiò di fronte a lui e il sangue pulsò velocemente nelle tempie.

“Non stai bene?”

I capelli bagnati dall’acqua marina ricadevano sul peplo che inumidito, lasciava poco spazio all’immaginazione.

Era troppo. Filosofia, razionalità e pazienza, con un gesto repentino Lisia diede un calcio a tutto questo. Strinse a sé Alie e la baciò.

La donna, passato lo stupore iniziale, ricambiò il gesto inconsciamente. Sapevano entrambi che era sbagliato, ma nessuno dei due cedeva alla ragione.

Si fissarono negli occhi confusi e ardenti di passione.

“Io ti voglio, Alie. Sei la mia ossessione.” Confessò prostrato dalla propria debolezza.

La donna gli prese le mani e lo guidò con passo sicuro fino al naos del tempio, dove troneggiava una statua lignea di Athena. Avrebbero pagato cara la profanazione, ma solo il desiderio che li guidava era importante. Il fuoco sacro si estinse e il peplo cadde a terra avvolgendosi su se stesso.

  
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