Questa shot è tutta dedicata alla mia simpaticissima Mel,
alle nostre strampalate teorie sulle linguacce, e ai nostri scleri mai conclusi
sulle yuri, sulle biblioteche galeotte, sulla biologia e soprattutto su Kingdom Hearts!
E se volete capirci qualcosa in quello che ho appena scritto, vi
consiglio di leggere! ^^
I kissed a boy
This was never the way I planned,
not my intention
I got so brave, drink in hand, lost my discretion
It’s not what I’m used to, just wanna try you on
I’m curious for you, caught my attention
[Katy Perry, I kissed a girl]
«Axel?»
Il giovane dai capelli rossi si riscuote; distoglie lo sguardo dal
tavolo vuoto in fondo alla sala e lo punta sull’adolescente seduto
davanti a lui.
«Cosa?»
«Continui a distrarti.» Da dietro il lungo ciuffo di
capelli che gli copre una buona metà del viso, Zexyon gli lancia uno
sguardo indecifrabile. «Riesci a concentrarti per qualche nanosecondo, o
sono costretto a lasciar perdere con te?»
«Io opterei per la seconda» interviene Demyx con un
sorrisetto, alzando gli occhi dal suo libro e fissando a sua volta Axel.
«Non c’è storia, Zex, non riuscirai a fargli venir voglia di
studiare da qui a domani. Del resto, come biasimarlo?»
Zexyon guarda di nuovo il libro.
«Non è un problema mio» taglia corto, «se
quest’anno decide di farsi bocciare. Di certo non sarà il mio sistema nervoso a risentirne.»
Axel sussulta violentemente a quelle parole, e i due compagni
tornano a fissarlo.
«Ma che hai?» gli fa alla fine Demyx. «Sei
strano… Sicuro di sentirti bene?»
Per tutta risposta, lui solleva il libro e vi affonda la faccia.
Non riesce tuttavia a trattenersi dal lanciare uno sguardo in tralice allo
stesso tavolo di poco fa: è ancora vuoto.
Demyx e Zexyon non sanno, non capirebbero.
Ma questa volta Axel ha più motivi del solito per non
riuscire a studiare.
Ma cosa diavolo mi è venuto
in mente?
Non ho idea di cosa mi sia preso.
So solo che lui era lì, a
guardarmi.
Con quei dannati occhioni azzurri.
Con quel dannato sorrisetto.
E allora mi è venuto
spontaneo.
Ho baciato un ragazzo.
Peggio: ho baciato un ragazzino.
Peggio: ho baciato quel ragazzino.
Ma cosa diavolo mi è venuto
in mente?
Il giorno prima.
La biblioteca era quasi vuota,
ma il biondino era al solito tavolo, intento a studiare.
Gli si
avvicinò senza fare rumore, fermandosi appena dietro il ragazzo, che non
si accorse della sua presenza. Quindi si appoggiò con un braccio allo
schienale della sedia, chinandosi su di lui.
«Ancora
qui?»
Roxas
sobbalzò, afferrò l’astuccio prima che potesse cadere dal tavolo
e si voltò a guardarlo. Quando vide che era lui, gli rivolse uno sguardo
rabbioso.
«Cos’è,
hai deciso di farmi prendere un accidente?» lo aggredì.
Axel
sogghignò.
«Non avevo
idea che fossi tanto assorto.»
Roxas
sbuffò e gli voltò di nuovo le spalle, tornando ai suoi libri.
«Vorrei ben
vedere. Domani c’è un’interrogazione. Persino tu dovresti
conoscere il significato di questa parola.»
Con un altro
sogghigno, Axel si tirò su dalla sua sedia e girò intorno al
tavolo, andando a sedersi di fronte all’amico.
«Ma come
siamo sarcastici, oggi.»
Roxas non
alzò gli occhi dal libro che aveva davanti.
«Tu non hai
nulla da studiare, immagino» ribatté.
«Uh…
No.»
«E nemmeno
qualche prova con la band, presumo.»
«Rimandata.
Demyx è ancora febbricitante, non sarà in condizione di suonare
prima di un paio di giorni.»
«Mmm.»
Roxas voltò pagina, sempre senza guardarlo. «E così hai
deciso di venire a rompere le scatole al sottoscritto.»
Axel puntò
un gomito sul tavolo e posò il mento sul palmo della mano.
«Mi pare di
notare un certo astio nel tuo tono, biondino.»
Roxas lo
guardò di sottecchi, con aria vagamente ironica, ma non disse nulla, e
tornò subito a scorrere con gli occhi tra le righe.
Axel fece un mezzo
sorriso. Si conoscevano da anni, ormai, e non mancavano mai di punzecchiarsi in
quel modo… Per quanto fossero vicini, però, c’erano sempre
dei momenti in cui Roxas gli appariva lontanissimo, chiuso in un mondo tutto
suo, dove non aveva bisogno di niente e di nessuno. Anche ora, seduto là
da solo, concentrato sul libro, il capo chino e gli occhi azzurri seminascosti
dai capelli, sembrava quasi tenerlo a distanza. Forse era questo ad
incuriosirlo di lui, questo suo essere fisicamente presente e al contempo
inaccessibile.
«Cosa
c’è da guardare?»
Axel si scosse.
Roxas lo stava fissando con aria interrogativa.
«Niente,
pensavo.»
«Pensavi?»
Il biondino spalancò gli occhi. «Non ci credo. Allora pensi,
qualche volta.»
«Ah,
ah» si limitò a replicare Axel, «molto divertente,
biondino.»
«Smettila di
chiamarmi così» sbuffò Roxas, distogliendo gli occhi.
«Perché?
Che c’è di male, biondino?»
«Senti,
invece di star qui a sciorinare appellativi vari, perché non ti rendi
utile?»
«E cosa vuoi
che faccia? Il poggiapiedi?»
«Non mi
tentare.» Roxas gli tese il libro. «Potresti interrogarmi.»
Axel si
stiracchiò e gli scoccò un’occhiata annoiata. Roxas
sostenne il suo sguardo senza cambiare espressione, così alla fine fu
lui a dover cedere. Scrollò le spalle.
«E va
bene.» Prese il libro dalle sue mani, lo rigirò e lesse il titolo
dell’argomento. «Il sistema nervoso?»
Guardò di
nuovo Roxas, che gli restituì il breve lampo di ironia di poco prima.
«Guarda
caso, proprio quello cui tu stai attentando in me.»
«Ho sempre
odiato la biologia, in effetti» annuì Axel, compunto, iniziando a
leggere tra sé le prime righe e chiedendosi come diavolo facesse Roxas a
studiare quella roba.
«Solo
quella?» fece l’amico.
«D’accordo,
biondino, cominciamo» lo interruppe, lanciandogli l’ennesimo
sogghigno dal bordo del libro. Consultò di nuovo le prime righe.
«Come sono fatte le cellule nervose?»
Roxas
iniziò a ripetere diligentemente. Axel si distrasse; con gli occhi
vagò oltre il paragrafo, oltre le figure, fin sul margine bianco del
libro, dove era stato scarabocchiato qualcosa…
Solo quando non
sentì più la voce dell’amico, si risolse a sollevare la
testa.
Roxas lo osservava
con immensa esasperazione.
«Non stavi
ascoltando neppure una parola, vero?»
Axel
scrollò di nuovo le spalle.
«Bah. Hai
parlato parecchio, il che significa che sai cosa dici.»
«Oh,
davvero? Chissà, magari mentre tu indugiavi lì perso nei tuoi
pensieri ti ho parlato delle previsioni del tempo, oppure mi sono limitato a
ripetere ad alta voce l’orario scolastico della settimana,
oppure…»
«E dai,
biondino!» Gli strizzò l’occhio. «Non farti tanti
problemi; tanto lo so che sei un secchione.»
Roxas
sospirò e scosse la testa, passandosi una mano tra i capelli, con
l’aria di chi si arrende.
«E va bene,
ti faccio un’altra domanda…» Axel studiò di nuovo lo
scarabocchio in fondo alla pagina. «Da quando in qua ti annoti i numeri
di telefono delle tue amichette sui libri di scuola?»
Roxas lo
fissò, allibito; poi arrossì lievemente.
«Se proprio
vuoi saperlo, mi stavo solo informando per rintracciare Naminé; aveva un
libro che mi serviva per quel giorno stesso» borbottò. Poi
alzò la voce, irritato. «E comunque, non mi pare che siano affari
tuoi quello che faccio sui miei libri di scuola.»
Axel scrutò
di nuovo il numero di telefono, truce. Non capiva bene il perché, ma
aveva sentito una lievissima fitta, come di fastidio, quando l’aveva
notato e si era chiesto di chi fosse.
«Possiamo
andare avanti?» riprese Roxas, sempre in tono brusco.
Axel si scosse di
nuovo, e puntò gli occhi su due parole evidenziate.
«Cos’è
il midollo spinale?»
«Una
porzione del sistema nervoso centrale, dalla forma cilindrica e il diametro
disomogeneo, e…»
«Ehi, chi ti
ha detto che ha forma cilindrica?» lo interruppe Axel, stavolta
più attento alle sue parole.
Roxas
esitò.
«L’ho
letto poco fa…» mormorò.
«Io non lo
vedo da nessuna parte.» Axel si mise a spulciare il paragrafo, posando il
libro sul piano del tavolo e chinandosi in avanti. «Dai, che te lo sei
inventato.»
«Ma non dire
scemenze.» Roxas si sporse sul tavolo, guardando il libro
dall’altro verso. «Da’ qua, te lo trovo io.»
Axel alzò
gli occhi. Il viso dell’amico era molto vicino al suo; ancora una volta,
i suoi occhi erano fissi sulle parole stampate, e la sua aria così seria
lo fece sorridere.
«Ecco.»
Roxas puntò il dito su un’immagine del libro, dove una didascalia
dai caratteri molto piccoli recitava Schema del midollo spinale: di forma cilindrica e leggermente
schiacciata, eccetera eccetera…
«Non ti hanno mai detto che quando si studia si guardano anche le figure,
Axel? Non stanno lì solo ad occupare spazio, sai?»
In quel momento
Roxas incrociò il suo sguardo: sorrideva, in modo ancora sarcastico, ma
più sereno.
«No, non me
l’hanno detto…
Axel ebbe un
impulso improvviso. E la sua natura dichiaratamente istintiva non poteva che
indurlo a seguire gli impulsi, sempre e comunque, anche quando erano folli e
insensati come quello.
Si protese a sua
volta sul tavolo, avvicinandosi ulteriormente al viso di Roxas, e lo
baciò.
Un bacio appena
accennato, a fior di labbra, breve, ma pur sempre un bacio.
Quando si
ritrasse, vide che Roxas lo fissava con aria assolutamente attonita.
Arrossì, stavolta furiosamente. Per qualche istante si limitò a
restare lì immobile e in silenzio; poi si lasciò ricadere pian
piano sulla propria sedia.
Axel non disse
né fece nulla. Lui stesso era sconvolto dal proprio gesto, così
assurdamente inaspettato, come tutti gli impulsi, del resto.
Poi, di colpo,
qualcosa si spezzò; senza più guardarlo, Roxas gli sfilò
il libro dalle dita e lo chiuse con un colpo secco, raccolse tra le braccia
anche l’astuccio e i fogli di appunti, si alzò, infilò il
tutto nello zaino, se lo mise in spalla e con un «Ci vediamo» poco
convinto attraversò a testa bassa la biblioteca della scuola.
Axel rimase
lì ancora per qualche istante, a domandarsi cosa cavolo fosse successo.
Non trovando
risposta alcuna, si alzò e si avviò a sua volta fuori della
biblioteca.
Ma cosa diavolo gli
è venuto in mente?
Ancora non riesco a
credere a ciò che ha fatto.
Ma l’ha fatto, quel maledetto
l’ha fatto davvero.
E mi ha lasciato
così, attonito e incerto.
Incerto se evitarlo
a vita o spaccargli la faccia.
Però,
dannazione, lui resta sempre il mio migliore amico.
Quello che non si
lascia scoraggiare dai miei silenzi.
Quello che non mi
ha mai deluso.
Così diverso
da me, così sicuro di sé, così totalmente pazzo.
Ma cosa diavolo gli
è venuto in mente?
Cammina
guardingo tra gli scaffali della biblioteca, lo zaino in spalla e gli occhi
fissi al biglietto che tiene in mano: il titolo dell’ennesimo libro che
quel seccatore del professor Vexen ha ordinato di leggere.
Quando passa accanto alla fila di tavoli riservati agli studenti,
reprime i ricordi di quel dannatissimo episodio e si ostina a non alzare lo
sguardo.
Arriva infine allo scaffale che cerca. Il libro di cui ha bisogno
è lassù, in bella vista sul ripiano più alto, lucidissimo
nella sua copertina rosso fuoco.
Rosso fuoco.
Rosso come Axel.
Roxas impreca a mezza voce, e si maledice per la fitta
d’imbarazzo appena provata nei dintorni dello stomaco. Accartoccia il
foglietto e lo affonda nella tasca dei jeans, poi si sporge per prendere il
libro. Niente da fare, non ci arriva. Si alza sulle punte dei piedi, ma
è ancora inutile.
All’improvviso nel suo campo visivo irrompe una mano che
afferra sicura il libro per il dorso.
Roxas sussulta. Soprattutto perché sa di chi è
quella mano.
Si volta con rabbia.
«La tua capacità di non far scoprire la tua presenza
è semplicemente terrorizzante!»
Axel non si scompone, e resta tranquillo a guardarlo, rigirandosi
il libro tra le mani con un sogghigno che lui conosce anche troppo bene.
«Ma tu studi sempre, biondino?» lo canzona.
Roxas si sente di colpo avvampare. In questo momento capisce di
odiare quell’aria strafottente che vede dipinta in quegli occhi
verdissimi e maledetti, quella piccola traccia di malizia che poi forse sta
solo immaginando.
Senza rispondere, tende la mano verso il libro, ma Axel lo tiene
sollevato, al di fuori della sua portata.
«Mi spiace, ma serve anche a me.»
Roxas solleva le sopracciglia, scettico.
«Ti serve un libro?
A te? Non prendermi in giro.»
«Si dà il caso che io conosca il significato della parola
‘interrogazione’.»
Roxas sbuffa eloquentemente.
«E va bene. Se la metti così.»
Si raddrizza lo zaino in spalla, supera Axel urtandogli un braccio
e si rincammina lungo il corridoio.
Axel
resta per un istante attonito. Si aspettava imbarazzo, o sarcasmo, o anche la
freddezza più assoluta; ma ora gli sembra che Roxas si comporti come se
non fosse accaduto nulla. Si chiede persino se non si sia semplicemente sognato
tutto.
Ma il ricordo delle labbra di Roxas è vivo, nitido,
tangibile.
Axel si volta.
«Ma dove vai?»
«A chiedere in prestito quel libro a qualcuno» fa lui
di rimando, continuando a camminare.
«Non fare l’idiota e fermati. Ho un’idea
migliore.»
Con palese riluttanza, Roxas si ferma e si volta a guardarlo.
Axel prende tempo, gli si avvicina e si appoggia con un braccio
allo scaffale al suo fianco.
«Tu ti prendi questo affare» esordisce mostrando il
libro, «ma appena hai finito passi da me e me lo porti. Così non
mi tocca tornare in biblioteca.»
Per un istante ha l’impressione di vederlo arrossire, ma
Roxas sostiene il suo sguardo con fermezza, quasi con sfida.
«Sempre il solito sfaticato.»
«Se preferisci, io prendo il libro e ti chiamo quando ho
finito.» Sogghigna. «Ma poi ti tocca venire da me comunque.»
L’ha incastrato, e lo sa benissimo.
Quello che non si spiega è il perché.
Roxas incrocia le braccia, e alla fine sorride con aria astuta.
«Come vuoi. Dammi il libro.»
«Non così in fretta.» Axel sogghigna di nuovo,
sventolando il libro. «Prima chiedi scusa per lo ‘sfaticato’.»
«Non ci penso nemmeno.»
«Niente scuse, niente libro. Niente libro, niente studio.
Niente studio, niente figura da secchione.»
Roxas sbuffa e gli fa una linguaccia.
Axel si sposta dallo scaffale.
«Attento a te, biondino. Non provocarmi.»
Roxas gli mostra di nuovo la lingua, e stavolta nei suoi occhi
azzurri passa un’ombra di divertimento.
«Riprovaci, se hai il coraggio» mormora Axel
avvicinandosi.
Il ragazzo obbedisce, e lui si china subito, cercando di mordergli
la lingua.
Roxas si ritrae, sorpreso, anche un po’ allarmato.
Arrossisce, stavolta in modo ben definito.
«Ma che fai…?»
Axel non gli lascia finire la frase: si china di nuovo e lo bacia.
E stavolta non è come ieri.
Stavolta non è perché è l’impulso di un
momento; è perché vuole farlo e basta.
Roxas si ritrae ancora, ma solo dopo aver indugiato per un attimo.
Abbassa lo sguardo. Le sue guance sono di un colore rosso acceso.
Un po’ confuso da se stesso, Axel gli tende il libro che
tiene ancora in mano; Roxas lo afferra al volo, si volta e riprende ad
allontanarsi.
Lui ha solo il tempo di chiedersi quando accidenti sia stato il
momento esatto in cui gli sia venuta questa fissazione, che Roxas si volta di
nuovo.
«Axel?»
Per un istante è il silenzio. Poi Roxas sorride: il primo
sorriso sincero e spensierato. Gli fa un’altra linguaccia. Infine volta
le spalle e se ne va.
Axel sorride tra sé. È solo dopo un po’ che si
decide ad incamminarsi a sua volta per tornare da Demyx e Zexyon, che certo si
staranno chiedendo dove cavolo sia finito. Progetta di dir loro che il libro
che stanno cercando non è più disponibile.
Anche ora non sa bene cosa sia successo, ma non gli importa.
It felt so
wrong, it felt so right.
I kissed a
boy.
And I
liked it.