Crossover
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Autore: Bookmaker    01/11/2015    3 recensioni
– Lo so, – disse improvvisamente, anticipando una notizia che sapeva gli sarebbe stata riferita di lì a breve. – Il ragazzo laggiù si è svegliato, ed è appena entrato nella fase di sintesi, giusto?
– Il ragazzo? Di che cosa stai parlando?
Si girò con una certa sorpresa scoprendo di non essere solo, nel mare lunare macchiato di un sangue troppo antico per essere ricordato: un altro essere lo stava fissando.
Non era certamente umano: sembrava un gatto col pelo bianchissimo, con grandi ciuffi che sbucavano dalle orecchie e un anello sospeso attorno ad ognuno di essi.
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai
Note: Cross-over, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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XV
Seconda interferenza: A way to end the fear
 
– Ciao, Asuka, – mormorò la dottoressa Akagi, aspirando una profonda boccata di fumo e soffiandola via in una tenue nuvola grigia. – Vedo che l’Angelo è stato distrutto.
– Sì, ma ora abbiamo un altro problema, – disse Asuka all’altro capo del ricevitore, una nota di nervosismo a incrinare la sua voce. – Mami è stata catturata dall’Angelo.
Ritsuko allentò per un attimo la stretta sulla sigaretta, rischiando di farsela cadere dalla bocca. Ora capiva il significato dell’improvvisa sparizione di quel diagramma d’onda bianco, pochi minuti prima. Tuttavia, c’era ancora qualcosa che non le tornava.
– E non è tutto, – proseguì Asuka, come per rispondere a quella domanda non espressa. – Pare che l’Angelo l’abbia trasformata in Strega. Non ho capito esattamente cosa sia successo, provi a chiederlo alla donna del mistero.
La dottoressa Akagi sollevò un sopracciglio, lievemente sorpresa. – Ti riferisci a Homura?
– E a chi, sennò? – sbuffò Asuka. – Credo che sappia molto più di quanto voglia darci a intendere.
– Già… – sussurrò Ritsuko, ripensando alle parole rivoltegli dalla ragazza in nero quella sera stessa. – Tuttavia, – aggiunse, – abbiamo rilevato un nuovo diagramma d’onda bianco, durante le fasi finali dello scontro. Si spostava a grandissima velocità, quindi l’abbiamo perso.
– Ecco, – disse Asuka. Stavolta, la tensione nella sua voce era palpabile. – Questo è l’altro problema di cui volevo parlarle. Sayaka… è diventata una maga. È stata lei a distruggere l’Angelo, ma facendolo ha liberato la Strega di Mami. Ora è imprigionata nella sua barriera, e non sappiamo come tirarla fuori.
Ritsuko prese una lunghissima boccata di fumo dalla sigaretta. In pochi istanti fra le sue dita rimase solo un mozzicone incenerito, e la donna lo gettò nervosamente nel posacenere strapieno. Le sue dita si tuffarono nella tasca del camice, afferrando il pacchetto mezzo vuoto ed estraendone una nuova sigaretta con una destrezza dettata dall’abitudine.
– Maya, – esclamò d’un tratto, facendo sobbalzare l’assistente. – Trova la barriera. Ci serve una zona ad emissione anomala, anche di pochissimo, quindi usa i sensori elettromagnetici. Se al suo interno lo spazio è distorto, è possibile che ci siano interferenze nelle immagini registrate dalle telecamere interne posizionate nelle aree di sovrapposizione dimensionale. Ci basta un dettaglio.
La ragazza fissò la sua senpai con un’espressione a metà tra lo smarrimento e la venerazione, quindi annuì con piglio deciso e cominciò ad armeggiare con la tastiera del proprio terminale.
– C’è un’anomalia, in effetti, – mormorò Maya dopo qualche secondo. – A un chilometro dagli Eva, vicino alla stazione. C’è una telecamera che dà immagini disturbate.
– Ascolta, Asuka, – riprese Ritsuko. – Esiste ancora una possibilità di salvare Mami, secondo me, ma sarà molto difficile. Dovrete eseguire i miei ordini, tutti e senza discussione. Ci siamo intesi?
– Sì, – disse Asuka dopo un breve silenzio. – Ho capito.
– Avete ancora un pallet gun?
– Shinji sta andando a prenderlo da un palazzo tattico qui vicino. In realtà, non so a cosa potrà servirci.
– Sarà un’esca, – disse Ritsuko, prendendo la sigaretta fra le labbra e pescando dalla scrivania ormai caotica un accendino. – Un’esca per la Strega.
***
La grata cigolò, smuovendosi di qualche millimetro. Era quasi fatta.
Mari si distese per qualche attimo sui gomiti, riprendendo fiato e sistemandosi gli occhiali sul volto sudato. Quella del condotto era stata una pessima idea, dopotutto: quel cunicolo era dannatamente caldo, e lo spazio al suo interno bastava a mala pena per respirare. Per quasi quindici minuti, Mari si era dovuta trascinare in quello spazio angusto strisciando sul ventre, graffiandosi le braccia e le gambe contro le irregolarità delle pareti, e adesso la grata d’uscita non voleva saperne di aprirsi.
– Andiamo… – ansimò la ragazza, gli occhi risplendenti di un verde intenso. – Ancora una volta!
Mari si rannicchiò su se stessa, cercando di schiacciare la schiena al tetto del condotto. Dopodiché, si scagliò contro la grata sferrandole una possente spallata.
Le viti cedettero all’unisono, e la ragazza capitombolò da un muretto non troppo alto. Atterrò di faccia, dritta su una zolla erbosa, e quando si sollevò carponi scoprì di non riuscire a vedere niente. – Ahia… gli occhiali…
Le sue dita si mossero freneticamente sul terreno, fino a tastare il contorno metallico dei suoi occhiali. La ragazza li inforcò, scoprendo con disappunto che la lente sinistra si era scalfita.
Si guardò intorno. Era nel Geo Front, nel mezzo di un campo di cocomeri che conosceva già. Lo zaino era caduto insieme a lei, e il suo contenuto si era riversato per terra. Il mantello mimetico era pieno di tagli, e le fibre ottiche che lo componevano erano ben visibili. L’unica fortuna era che il dispositivo cilindrico appeso al suo fianco era ancora al suo posto, e la sua spia era ancora accesa sul verde.
Mari si accovacciò, prendendo a raccogliere la sua roba e ricacciandola a forza nello zaino, e quando ebbe finito si gettò la mimetica addosso a mo’ di soprabito. La attivò, e una livrea irregolare si disegnò sulla sua superficie. Di certo non avrebbe ingannato nessuno, in un luogo ben illuminato, ma in quella notte senza stelle forse avrebbe funzionato.
– Torniamocene a casa, – sospirò, issandosi lo zaino in spalla e dando un’ultima occhiata al campo di cocomeri intorno a lei. – Il Draghetto sarà in pensiero.
***
Andava tutto benissimo.
La festa si stava dimostrando un successo, e l’atmosfera era deliziosa. Certo, molti degli invitati dovevano ancora arrivare, ma di sicuro non avrebbero tardato ancora a lungo.
Lungo il tavolo agghindato per l’occasione, tutti parevano divertirsi. Decine di ballerine danzavano gioiosamente, piroettando intorno a enormi sedie decorate di rose, e i candelabri proiettavano una squisita luce color miele dondolando oziosamente sotto l’altissimo soffitto. Innumerevoli nastri dorati si proiettavano in ampie volute, e la tavola imbandita era affollata da fantasmagoriche leccornie. Davvero, non si poteva desiderare di meglio.
Mami sporse la testa di lato per aggirare l’enorme teiera poggiata davanti a lei. In fondo al tavolo, Sayaka era un amore. Le ballerine accanto a lei la stavano lusingando con le loro moine, in modo da invitarla a restare. La ragazza, tuttavia, sembrava volersene andare.
Per fortuna i legacci erano resistenti.
Mami riempì di tè la sua tazza, aggiunse un cucchiaino di zucchero e girò delicatamente l’infuso.
Era tutto perfetto.
All’improvviso, però, un forte rumore proveniente dall’alto richiamò l’attenzione di Mami, spingendola a sollevare lo sguardo. I candelabri ondeggiavano in maniera leggermente bizzarra, ma a parte ciò non sembrava esserci nulla di strano.
Un secondo boato risuonò al di là del soffitto, facendo tremare la volta affrescata in bianco e oro. Sembrava che qualcosa stesse colpendo l’esterno della stanza, forse per entrare.
“E se volessero unirsi alla festa?” pensò Mami. Poi, un’illuminazione la colse: potevano essere gli altri ospiti! Ma certo, di sicuro avevano trovato il portone chiuso, e ora cercavano di farsi sentire.
Mami arrossì: che sciocca, era stata! Avrebbe dovuto aspettarli fuori. Si alzò dalla sedia, dirigendosi alla grande porta della stanza.
Era il momento di ricevere i suoi ospiti.
***
– Eccola!
L’urlo di Homura colse Asuka alla sprovvista. Poi, nel giro di pochi secondi, lo spazio davanti a lei cambiò: le strade, gli edifici, il cielo plumbeo, tutto sembrò essere risucchiato da un pozzo infinitamente profondo. Dal fondo del pozzo emerse un reticolo di linee disordinate, che andò espandendosi in un tripudio di spirali e volteggi, e da quel groviglio incomprensibile prese lentamente forma un volto.
La Strega di Mami Tomoe gettò un braccio all’esterno della barriera. In realtà, più che di un braccio si trattava di un enorme agglomerato di linee nere. Sembrava uno schizzo disegnato con un pennello rotto, pieno di sbavature e imprecisioni, e solo per un caso somigliante ad un arto umano.
Enormi e sottilissimi artigli d’inchiostro si infissero al suolo, senza nemmeno scalfire gli edifici e l’asfalto sottostanti, e l’arto si contrasse spasmodicamente nel tentativo di issare il corpo della Strega al di là della fenditura dimensionale.
– Dottoressa Akagi! – esclamò Shinji, serrando la presa sul pallet gun. – La Strega sta uscendo! Ora che facciamo?
– Aspettate che sia interamente fuori, – rispose Ritsuko. – Quando la attaccherete, probabilmente cercherà di fuggire. Non deve riuscire a rientrare nella barriera.
– Sì, ma poi? – insistette il ragazzo. Le sue mani tremavano sui comandi dell’Evangelion. – Se la colpissimo, potremmo fare del male a Mami!
– Infatti non dovrete colpirla, – spiegò la donna. – Tu, Asuka e Rei concentrerete gli A.T. Field degli Evangelion su di lei, in modo da contenerla. Le Streghe assorbono onde elettromagnetiche, quindi lei tenterà di prosciugare gli A.T. Field, ma se li espanderete in maniera sincronizzata non sarà capace di sostenerli. Se tutto andrà bene, Mami rimarrà indenne.
– E Sayaka? – intervenne Kyoko. – Lei è ancora nella barriera!
– Questa è la parte difficile. Mentre gli Evangelion terranno ferma la Strega, tu e Homura dovrete entrare nella barriera per prelevare Sayaka.
Kyoko rivolse uno sguardo a Homura. Nei suoi occhi c’era un’ombra strana. – Mi aiuterai?
La maga in nero guardò a sua volta verso Madoka. Era rimasta indietro, al riparo di un camion parcheggiato, ma continuava a sporgersi per guardare verso di loro. – Va bene, – disse alla fine. – Entreremo nella barriera insieme.
– Dovrete fare in fretta, – aggiunse Ritsuko. – Quando la Strega sarà neutralizzata, la barriera probabilmente collasserà in maniera diversa dal solito: la frontiera dimensionale potrebbe rimanere integra, e questo renderebbe impossibile entrare o uscire dallo spazio chiuso.
In lontananza, il corpo della Strega continuava a emergere dalla barriera in una pioggia di nastri dorati, agitandosi smanioso nel cielo notturno. L’appendice nera continuava a pulsare, simile a un gigantesco cuore sull’orlo del collasso.
La testa della creatura si protese fuori dal viluppo della barriera, affacciandosi sul mondo e fissando gli Evangelion con aria curiosa. Il suo volto sembrava una grande maschera d’oro, con occhi e bocca sostituiti da linee nerastre, ed era percorsa da incisioni intente a inseguirsi in capricciosi ghirigori. Pareva che il disegno stesso della maschera mutasse di istante in istante. Dietro alla maschera, invece, appena visibili nel marasma di frattali che circondavano la Strega, spuntavano due boccoli dorati, unico resto di ciò che era stata Mami Tomoe.
Kyoko materializzò una lancia davanti a sé, facendola roteare con rabbia e mettendosi in posizione accanto a Homura, pronta a scattare. – Non appena esce, – pensò, in modo da farsi sentire dai piloti, – noi ci tuffiamo dentro. Voi distraetela.
Il torso della Strega, dalle evidenti parvenze femminili, fuoriuscì dalla barriera. All’altezza della spalla sinistra si vedeva con precisione il punto in cui il suo corpo finiva, sostituito dai viticci neri che si intrecciavano nel braccio.
– Graaahh…
Con un gracchiare sordo, la Strega strisciò fuori dal suo nascondiglio. Un lungo abito, simile a una coperta rattoppata, coprì gli edifici senza schiacciarli, come se il corpo del mostro fosse privo di peso, e un secondo braccio si protese verso l’esterno. Sembrava il braccio di un manichino, avvolto in una sproporzionata manica a sbuffo decorata con indecifrabili caratteri runici.
– Ci siamo quasi, – urlò Asuka. – Shinji, il pallet gun!
– Sì!
Lo zero-uno incespicò, travolto dalla tensione del suo pilota, e lasciò cadere l’enorme fucile nel mezzo della strada. L’arma atterrò con un boato, recidendo cavi dell’alta tensione e abbattendo pali telefonici.
– Possibile che debba essere sempre così imbranato? – sospirò il pilota dello zero-due scuotendo la testa. – Cocca del comandante, tu sei pronta?
Rei attese qualche secondo, prima di rispondere. Il silenzio della notte era lacerato dalle grida della Strega.
– Shikinami… – mormorò alla fine. – Tu hai paura?
– Cosa?
Le braccia della Strega mulinarono in aria, e l’esile collo della creatura si contorse fin quasi a spezzarsi. Quando il suo sguardo si fissò su Homura e Kyoko, la maschera parve deformarsi in un ghigno atroce.
Un grido più forte degli altri fece tremare la terra. Un turbine di nastri dorati circondò la Strega, avvolgendosi intorno al suo corpo e tirandola a forza verso l’esterno della barriera. Uno dei lacci era serrato attorno al collo della creatura, sembrava strangolarla.
– Tu hai paura, Shikinami? – ripeté Rei. – Hai paura di morire? Hai paura di rimanere sola?
Una gigantesca sfera di metallo arrugginito, piena di fori e crepe, emerse dalla barriera e cadde al suolo. Al suo centro era infisso un lungo palo, che penetrava nell’abito della Strega come a costituirne l’unico supporto. Quando la sfera toccò la strada, scavò su di essa un gigantesco cratere. Subito la Strega si raddrizzò, come se quell’oggetto costituisse il suo centro di gravità, e contrasse spasticamente il braccio destro. Ora quella mano rinsecchita aderiva quasi al petto della creatura e stringeva una manciata di nastri, flosci e patetici come fiori appassiti.
– Ma cosa diavolo stai blaterando? – urlò Asuka. – Ti pare il momento di pensare a idiozie simili?
La Strega avanzò, erta sulla sfera perforata. Tutto ciò che entrava in contatto con la superficie arrugginita dell’oggetto sembrava corrodersi, per poi ridursi in frantumi. Il suo sguardo era ancora diretto verso le maghe, e il suo spettrale arto sinistro si agitava nel tentativo inutile di ghermire l’aria intorno a lei.
– Preparatevi! – esclamò Asuka. – Avremo solo un tentativo, dobbiamo agire insieme!
– Sì!
Nuovamente, Rei tardò a rispondere. Stavolta, però, la sua risposta si limitò a un semplice sì.
– Bene, allora, – disse Asuka. – Andiamo.
***
Homura respirò profondamente. Doveva agire in fretta, non c’era spazio per gli errori.
Guardò accanto a sé. Kyoko la stava ignorando, interamente concentrata sulla Strega di Mami Tomoe. I suoi occhi erano ridotti a fessure, pieni di rabbia e paura, ma erano ancora arrossati e gonfi di pianto. Mami doveva valere molto, per lei, o forse si trattava di Sayaka.
Madoka era ancora dietro di loro. Homura avrebbe preferito evitare di rivolgerle ancora lo sguardo, ma non riusciva a farne a meno: il suo volto la confortava, la faceva sentire bene.
– Eccola, – esclamò Kyoko, richiamando la sua attenzione. – Viene verso di noi.
Lo stridio della sfera della Strega era sempre più forte e vicino. La creatura torreggiava tra i palazzi di Neo-Tokyo 3 ancora in piedi, fissando le maghe con il suo diabolico sorriso.
Homura cercò gli Evangelion con lo sguardo. Lo zero-uno era alla loro destra, lo zero-due e lo zero-zero erano alla loro sinistra. Com’era possibile che la Strega non li vedesse, nel mezzo della spianata?
– Lei ha interesse solo per noi… – mormorò. – Non vuole gli Evangelion!
Kyoko si girò verso di lei, ma prima che potesse parlare fu interrotta da un latrato della Strega.
L’arto sinistro della creatura scomparve nella sua spalla, per poi proiettarsi verso le maghe con la velocità di un fulmine.
– Attenta!
Homura si gettò su Kyoko, e insieme caddero al suolo. Un attimo dopo, gli artigli d’inchiostro della Strega ghermirono l’asfalto nel punto in cui si trovava la maga rossa, per poi ritrarsi con uno scatto.
– Shikinami! – gridò Homura. – Adesso!
– Non darmi ordini, miss mistero!
Asuka si lanciò sulla Strega, seguita da Shinji e Rei. Gli Evangelion si disposero intorno alla creatura, ma questa non sembrò prestar loro attenzione. – Rei, Shinji!
All’urlo di Asuka, una gabbia di luce circondò la Strega. – Seguite i valori del mio A.T. Field sugli schermi! – ordinò la ragazza. – Dobbiamo alzare l’emissione insieme, avete capito?
Quando i confini degli A.T. Field si incontrarono, intorno alla creatura si formò una prigione apparentemente solida, dalla forma mutevole e instabile. – Kyoko!
Le maghe si rialzarono all’istante, scattando verso il reticolo nero che segnava l’ingresso della barriera. La Strega protese nuovamente l’appendice nera, ma gli A.T. Field la fermarono. La creatura parve perplessa, e cominciò a colpire ancora e ancora lo scudo di luce, senza però riuscire a scalfirlo.
Ormai la barriera era vicina. Un ultimo pensiero raggiunse Kyoko prima che il mondo scomparisse, un pensiero di Asuka.
– E vedi di non farti uccidere.
***
Com’era bello, quel posto. C’era così tanta luce, e colori così gradevoli!
Mami si guardò intorno. Non riconosceva ciò che vedeva, era come guardare il mondo in un sogno. Forse era per questo, che aveva perso Kyoko e Akemi.
Tornò a cercarle, ma non riuscì a vederle. Ad un tratto, però, sentì una voce attraversarle la mente. Non comprese le sue parole, ma riconobbe la sua proprietaria: era Asuka.
Oh, che bello! Non aveva pianificato che i Children venissero a trovarla, ma il tè e le cibarie bastavano per tutti, e c’era così tanto spazio che non sarebbe stato difficile trovare un posto per altre tre persone.
Si guardò intorno, cercando di capire da dove venisse quella voce, e quando finalmente riconobbe lo zero-due, il suo sorriso divenne radioso.
***
L’interno della barriera era un mondo frenetico e confuso. Un caotico affastellarsi di chincaglierie e vettovaglie occupava quello che avrebbe dovuto essere il pavimento, mentre sulle pareti si muovevano ombre geometriche simili a mandala giganti. Creature umanoidi, vestite con abiti troppo grandi per la loro taglia minuta, si muovevano apparentemente senza direzione. Il loro incedere pencolante faceva pensare che le loro ossa fossero rotte e deformi, e il loro volto consisteva in un velo di bende colorate decorato con ritagli di giornale a forma di fiore.
– Non sembrano aggressivi, – disse Kyoko. Homura non commentò, limitandosi ad estrarre una grande pistola automatica da dietro lo scudo.
– Preferisco essere prudente, – rispose, togliendo la sicura e tirando indietro il carrello dell’arma. – Muoviamoci. Non abbiamo tempo da perdere.
Corsero entrambe fra le montagne di dessert e nastri dorati che affollavano la barriera, cercando di non farsi distrarre dalle risate dei familiari della Strega. In effetti, quegli esseri non parevano affatto badare alle maghe; era perfino difficile definire se avessero coscienza di se stessi.
– Senza la Strega devono essere confusi, – esclamò Kyoko. La lancia al suo fianco tintinnava al ritmo dei suoi passi. – Non si sono nemmeno accorti che siamo qui.
– O forse è quello che vogliono farci credere.
– Sei sempre così solare?
– Sono solo realista, – asserì Homura alla fine. Poi indicò con un cenno del capo un punto poco lontano. – Eccola.
Kyoko seguì il suo sguardo, vedendo un lunghissimo tavolo. Le cibarie ammucchiate su di esso erano collassate ovunque, rovesciandosi sul pavimento in una melma nerastra, e i corpi di decine di familiari erano sparpagliati in giro come burattini con i fili tagliati. E in fondo alla tavolata, avvinta da decine di nastri, c’era Sayaka.
– Sayaka! – urlò Kyoko, lanciandosi verso di lei. Homura tentò di fermarla, ma inutilmente. La maga rossa raggiunse Sayaka, lacerando con la lancia i legacci che la tenevano ferma.
– Stai bene? – le chiese, sorreggendola per evitare che cadesse. La ragazza dai capelli azzurri scosse la testa, ma non per rispondere alla domanda. Sembrava che stesse cercando di risvegliarsi da un incubo, senza però riuscirci.
Kyoko si voltò verso la compagna. – È svenuta! Mi aiuti?
Homura si guardò intorno, passandosi una mano fra i capelli. – Non credo che sarà così semplice.
– Cosa vuoi…
Prima che Kyoko finisse di parlare, un pianto simile a quello di una bambina, ma distorto e amplificato, cominciò a risuonare nella barriera. Era un suono angosciante, tanto sgradevole da dare la nausea, e risuonava in ogni punto producendo una lugubre eco. I familiari abbandonati ai lati del tavolo si sollevarono sulle gambe sbilenche, e si diressero verso le ragazze gracchiando sordamente.
– Era una trappola, – sibilò Homura volgendo le spalle a Kyoko. – Noi abbiamo usato un’esca per far uscire la Strega dalla barriera, e lei ne ha usata una per farci entrare.
– Combattiamo, allora! – esclamò Kyoko, avvicinandosi alla maga in nero con Sayaka in braccio. – Se le sconfiggiamo, potremo uscire senza problemi!
– Non c’è tempo, – ribadì Homura senza voltarsi.
– E allora che dovremmo fare? – abbaiò Kyoko, furiosa. – Abbandonarla?
– Non ho detto questo.
Homura lasciò cadere la pistola. Avvicinò la mano allo scudo, girando leggermente la testa in modo da rivolgere alla compagna uno sguardo in tralice. – Io spianerò la strada. Tu stammi dietro.
***
La Strega stava superando l’A.T. Field.
Contro ciò che aveva previsto la dottoressa Akagi, l’intensità dell’emissione elettromagnetica degli Eva non sembrava avere alcun effetto sulla creatura, che anzi aveva cominciato a dimenarsi vigorosamente per sottrarsi alla trappola. Shinji e Rei avevano seguito Asuka quasi alla perfezione, ma ciononostante la barriera di luce cominciava ad essere solcata da grandi scalfitture.
– Perché non funziona?!
Asuka serrò la presa sui comandi, spingendo le cloche in avanti e sforzandosi di mantenere la concentrazione. Se non fosse riuscita a stabilizzare il proprio A.T. Field, gli sforzi di Rei e Shinji sarebbero stati del tutto inutili.
– Dottoressa Akagi! – esclamò la ragazza, sperando che la donna la sentisse al di sopra delle grida della Strega. – Non riusciamo a fermarla!
– Continuate a provare, – disse Ritsuko. La sua voce tradiva una nota di ansia. – Deve avere per forza un limite di assorbimento.
Rei parlò di nuovo, senza preavviso. – Hai paura, Shikinami?
“Eccola di nuovo”, pensò Asuka. “Perché quella stupida non sta zitta?”
– Se potessi farlo finire, – mormorò la First. – Se potessi evitare il dolore, la morte, la sofferenza… lo faresti?
“Certo che lo farei! Stiamo combattendo da ore, e continuiamo a brancolare nel buio. E poi, questa non è nemmeno più una battaglia.”
La Strega sollevò la mano destra. I nastri che stringeva si contorsero, trasformandosi in una specie di tazza sbeccata, che riversò il suo contenuto sul volto della creatura. La maschera cominciò a corrodersi, come se vi si fosse riversato dell’acido, e rivelò uno strato composto interamente da una ragnatela di sfregi e verderame. I versi della Strega si fecero strani, simili a un pianto soffocato, e l’appendice nera agganciata alla spalla sinistra si infisse nell’A.T. Field come un artiglio.
– E se ti costasse qualcosa, – riprese Rei. – Qualcosa che tu reputi infinitamente prezioso. Qualcosa di irrecuperabile. Lo faresti lo stesso?
Asuka rivolse allo zero-zero uno sguardo pieno di ira, stanchezza, paura, e mille altre cose mischiate insieme. – Sì, lo farei! Contenta, adesso?
La Strega gracchiò fra i singhiozzi, recidendo lentamente il sottile strato di luce che la separava dallo zero-due. Rei annuì, e i suoi occhi stanchi si chiusero. – Ho capito, Shikinami. Grazie.
***
La mitragliatrice Thompson ruggì sputando proiettili, mentre Kyoko e Sayaka varcavano il confine della barriera. Homura continuò a sparare fino a quando il caricatore a tamburo non si fu svuotato, quindi si voltò verso di loro. Non c’era più nessuno, alle sue spalle.
– Finalmente.
La ragazza gettò via l’arma, lanciandosi a sua volta oltre la barriera e raggiungendo nuovamente Neo-Tokyo 3. Kyoko aveva già adagiato Sayaka al suolo, e stava cercando di svegliarla. In lontananza, Madoka era uscita dal suo nascondiglio.
– Madoka, stai indietro!
La ragazza non la sentì, e continuò a correre verso di loro per raggiungere l’amica svenuta. La Strega, nel frattempo, continuava a gridare, l’artiglio nero infisso nella barriera.
Lo zero-due incespicò, cercando di contrastare la forza del mostro, e il suo piede si mosse verso Madoka minacciando di schiacciarla. Homura non pensò nemmeno. Fece scattare lo scudo, correndo all’impazzata verso di lei, e le si gettò addosso per allontanarla dall’enorme arto della macchina. Quando il tempo ripartì, il tallone dell’Evangelion si abbatté a pochi metri dalle ragazze, e Madoka fissò la maga in nero con gli occhi sgranati. Stava carponi su di lei, gli occhi pieni di lacrime. Tremava come una foglia.
– Homura…
La maga la prese per le spalle e le diede una scrollata. – Ora stai ferma, mi hai capito?!
Madoka annuì piano, senza riuscire a risponderle; Homura si sollevò inciampando e guardò la scena davanti a lei. La Strega era quasi libera.
– Abbiamo fallito, – mormorò. – Mi dispiace, Mami Tomoe.
Un improvviso lampo di luce richiamò la sua attenzione. Proveniva da un punto indistinto della gabbia elettromagnetica che avvolgeva la creatura, e pian piano si espanse fino a travolgere gli Evangelion.
Homura fu accecata, e quando riaprì gli occhi, la Strega era sparita. Asuka lanciò un urlo di vittoria, e lo zero-uno si chinò nel punto in cui fino a pochi istanti prima si trovava la creatura. La macchina raccolse un corpo femminile, e la voce di Shinji rassicurò tutti che Mami era ancora viva.
– Ha… ha funzionato? – mormorò Homura, accasciandosi sulle ginocchia senza più forze.
Lontana, oltre i palazzi, si intravedeva già la luce dell’alba.
***
– E dunque, la ragazza ha scelto.
Il comandante Ikari annuì al monolite che gli stava di fronte. Non c’era nessun altro, in quella stanza buia. – Non mi aspettavo che fosse lei stessa, a prendere questa decisione.
– Non ha importanza, – replicò l’interlocutore senza volto. – Ai fini del nostro progetto, la modalità con cui è stata raggiunta questa situazione è indifferente. Tutto ciò che importa è l’esito.
– Già, – mormorò Gendo. – Ancora una volta, i piani della Seele sono perfettamente al sicuro.
Davanti a lui, sulla piccola scrivania, un gioiello senza colore pareva brillare di luce propria.
***
L’angolo dell’autore:
Dopo un’assenza di mesi che non esiterei a definire criminale, eccomi tornato con un nuovo capitolo! Mi scuso per il ritardo mostruoso, ma questa parte è stata quanto mai difficile da buttare giù.
Candeloro, la Strega vestita, è finalmente arrivata a seminare il terrore. Come per Leliel, anche in questo caso ho reinventato il design della creatura, cercando di renderlo più inquietante di quello originale. D’altronde, lo stesso Kyuubey aveva messo in guardia i nostri protagonisti sulle possibili mutazioni a cui la Strega poteva essere andata incontro durante la sua permanenza nel mare di Dirac.
E a proposito di Kyuubey… dov’è andato? E cos’erano tutte quelle storie di Rei sulla paura e il dolore? Appuntamento alle prossime puntate, che saranno… boh.
Ringrazio tutti i miei lettori, fedeli e occasionali, e vi invito come sempre a lasciare una recensione con i vostri consigli e le vostre critiche. Alla prossima!
 
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