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Autore: Sethmentecontorta    03/11/2015    1 recensioni
|Fanfiction by Sethmentecontorta and _Riddle (and maybe others)|Per il nostro caro P h o b i a, o Cecio, o Ita, o generale TUAMADRE, insomma, l'essere in grado di inventare le peggio bestemmie talmente fantasiose da scriverci un libro, il cui compleanno è stato ieri, ma OKAY-|Totale di 878 parole|Un po' angst, un po' romantico, un po' nonsense|
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– Ti chiedo scusa, capitano, ti ho trascinato qui con me, ed ora guardati… Ti sei ubriacato con una singola lattina di birra. – accennò un sorriso, effettivamente il ragazzo aveva una resistenza all’alcool da far ridere, ma durò solo pochi secondi. Era ugualmente colpa sua.
– Oh, ma è stata una magniiiifica serata. – canticchiò egli, ridacchiando e chiudendo gli occhi, l’espressione serena, non che usualmente non lo fosse. Egli era quasi famoso per il suo eterno sorriso.
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Un’ombra sgusciò dentro al locale, trascinando il moro all’aria frizzantina della notte.
“C-come fai tu a sopportare questa vita..?”
L’interpellato, dopo aver indugiato con lo sguardo nel vuoto, rivolse le proprie iridi cerulee verso il compagno.
Non gli rispose. Stette in un religioso silenzio, fissando il castano negli occhi azzurri.
HAPPY BIRTHDAY CECIOH!!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Matatagi Hayato, Matsukaze Tenma
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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~Sethmentecontorta
L’odore gli pungeva le narici più forte di quanto non avesse mai fatto, fin quasi a nausearlo. Non gli era mai capitato, ma forse questa volta quella sensazione derivava dal capo che gli gravava sulla spalla. Guardò quegli scompigliati capelli castani sparsi sul proprio collo, e si sentì male. Vi poggiò una mano, delicatamente. Come aveva potuto avere una simile idea? Il proprio compleanno non era una scusa per portare quel povero ed ingenuo ragazzino in uno dei locali che frequentava quando le cose gli sembravano andare troppo male per tornare a casa ed affrontare i fantasmi della notte, e preferiva vagare sperduto con la mente vuota da ogni pensiero, riempita solo dall’alcool. Quegli occhi che aveva sempre amato si alzarono sui suoi. A vedere quell’azzurro sporco, corrotto, solo a causa sua, storse la bocca in un moto di disgusto verso se stesso. Gli circondò le spalle con un braccio, facendolo appoggiare di più a sé, ed alzò lo sguardo sulle fronde degli alberi. Il venticello fresco gli stuzzicava la pelle scoperta delle braccia, ma ora la giacca l’aveva data al ragazzo al suo fianco, e non aveva intenzione di riprendersela. Sensi di colpa su sensi di colpa lo avvolsero.
"Hayato…" mormorò un’acuta vocina molto vicina al proprio orecchio. Si voltò nuovamente verso di lui, stringendolo più forte.
"Ti chiedo scusa, capitano, ti ho trascinato qui con me, ed ora guardati… Ti sei ubriacato con una singola lattina di birra." accennò un sorriso, effettivamente il ragazzo aveva una resistenza all’alcool da far ridere, ma durò solo pochi secondi. Era ugualmente colpa sua.
 "Oh, ma è stata una magniiiifica serata." canticchiò egli, ridacchiando e chiudendo gli occhi, l’espressione serena, non che usualmente non lo fosse. Egli era quasi famoso per il suo eterno sorriso.
Sospirò, prendendogli una manina gelida, avvicinandosela al volto ed alitandoci sopra per riscaldarla. Erano seduti su una panchina, in un parco tranquillo, dal quale si poteva ugualmente udire in lontananza la musica ad altissimo volume di quel luogo infernale.  Presto, però, essa gli sfuggì dalla presa, ed andò a posarsi sulla sua guancia calda, ma quel contatto invece che infastidirlo per la freddezza di quelle dita, ebbe l’effetto contrario: gli parve di venir scaldato da ogni punto in cui la pelle del castano toccava la sua, era una sensazione talmente meravigliosa, il primo contatto così intimo che aveva con il ragazzo, e gli parve che la testa si svuotasse da ogni problema. Una sensazione simile a quella dell’alcool, ma ancora più meravigliosa, e senza effetti collaterali. Lo guardò in quei laghi profondi che erano i suoi occhi, piacevolmente sorpreso da quel gesto. Prima che la sua mente potesse svegliarsi al punto da formulare una domanda, si accorse che il viso dell’altro si stava facendo sempre più vicino, poteva percepire il suo fiato sul viso, e ciò lo mandò fuori di testa. Prima che riuscisse davvero ad immagazzinare le informazioni su cosa stesse succedendo, le sue labbra vennero fermate da qualunque parola avrebbe potuto pronunciare. La bocca morbida come un bocciolo di rosa ed incontaminata come l’azzurro di quegli occhi che tanto amava di quel ragazzino era poggiata sulla sua. Dopo pochi secondi di sorpresa, maledisse ogni cosa, poggiò una mano dietro la nuca castana, sospingendola verso di sé, e strofinando su quei petali rosei le sue labbra sottili come spade. Quel puro bacio si protrasse per diversi, lunghi istanti. Fino a quando il moro non si scostò, circondando però il corpo del ragazzo con le braccia, per non permettergli di allontanarsi da sé, guardandolo.
"Comunque, per la cronaca, non sono più ubriaco da circa… un quarto d’ora." mormorò egli, sorridendogli.
"Tenma-kun…" sibilò Matatagi, lo sguardo era neutro, ma la voce aveva un certo qualcosa di inquietante.
"Sì?" sorrise Matsukaze, angelicamente.
"Comincia a correre."
Ti amo, mio piccolo angelo dagli occhi azzurri, sei la mia ancora.
 
 
~_Riddle 
 
Ennesima sconfitta, ennesima sbronza.
Un’esile figura contemplava gli aloni di un liquido vermiglio, che imbrattavano le pareti terse di un bicchiere di cristallo, con occhi grevi e gonfi.
Il silenzio, dopo la folla inferocita, era dilagato all’interno della stanza, dilaniandole i timpani. Ennesima scena, ennesimo incubo: si susseguivano da mesi, ininterrotti, infranti solo dal dilatarsi del tempo, della noia.
Ma quella non rappresentava una vita di noia, no.
Una vita di noia avrebbe posseduto un orologio dalle lancette pigre, lente, che consumano il tempo inesorabilmente, affamate di storie, speranze, illusioni.
Assolutamente, non il caso di Hayato.
La sua era aggrappata alla linfa di Bacco che tanto gli permetteva di evadere dalla realtà, di scansare per una volta tutti i suoi fottuti problemi, di scambiare fortuitamente casa per il bar. Non noia, solo terrore.
Un’ombra sgusciò dentro al locale, trascinando il moro all’aria frizzantina della notte.
“C-come fai tu a sopportare questa vita..?”
L’interpellato, dopo aver indugiato con lo sguardo nel vuoto, rivolse le proprie iridi cerulee verso il compagno.
Non gli rispose. Stette in un religioso silenzio, fissando il castano negli occhi azzurri. D’altra parte, Hayato si poteva così quasi specchiare nei pozzi di Tenma: scrutava la propria immagine, limpida nell’acqua cristallina, che gli lambiva con dolcezza i contorni, senza deformazioni. Vedeva se stesso sotto un’altra prospettiva, più rassicurante.
E non si sentì così immondo nell’anima: gli bastava riflettersi negli occhi del castano per acquietare il senso di orrore attanagliato ai recessi delle sue viscere.
“ Tenma, potresti guardarmi…
Per un’ultima volta?”

 

Little corner~
Salve pipol, volevo solo fare ancora gli auguri al nostro caro Cecio, colui che rallegra le nostre giornate con le sue uscite (e le sue bestemmie) favoloseH, e dire che FORSE questa fanfiction potrebbe tornare con altre puntate. Forse, eh. 
Au revoir
~! 

P.S. Mi rendo conto che rifarmi viva sul fandom dopo tipo penso un anno così dal nulla potrebbe essere traumatico... Ma anche no, dato che probabilmente nessuno si ricorderà di me.

 
   
 
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