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Autore: alyeskaa    04/11/2015    1 recensioni
Sull'isola di Sant'Elena il tempo non scorre come a casa. O come vorremmo.
// Fanfiction, o meglio OS, su sì, Napoleone. //
Genere: Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Napoleonico
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Ilaria’s.
Note a inizio storia per spiegare tante, troppe cose. Leggere Il cinque maggio nuoce alla salute! Non la leggete mai, vi porta a questo çç
Che dire, Napoleone è davvero uno dei miei idoli storici { vedere: quando si impazzisce nello scegliere lo sfondo del desktop. }
Troppo corsivo in queste note, mmh mmh. E’ la mia prima volta in questa sezione – ed è un po’ strano da dire, perché io sono a destra e manca. –
Ho scritto questa roba strana per rendere un piccolo omaggio a questo grande uomo, che è tanto stato criticato, in vita e morte. Presente perché sì, rende tutto molto più realistico.
Bacini alla cannella e venite a trovarmi quando ne avete voglia * qui ci stava un’ondina *.

 
Disclaimers: questi personaggi non sono inventati da me, non mi appartengono, non li porto a letto – purtroppo – e tante altre cose. Non scrivo a scopro di lucro, qualunque riferimento a persone reali è puramente casuale – a parte Napoleone, si intende. – Non intendo offendere nessuno narrando di personaggi storici realmente esistiti.
 
 
 

Eppur mi resta il mare.
L’oblio dello stare male è la cosa peggiore che possa capitare. L’oblio del nulla corrente, assalito dai ricordi.
A Longwood House* c’era una routine, ed era ancora più insistente e normale di qualunque ne avesse effettuata in vita. Si direbbe, Napoleone non è un tipo da routine.
Per questo qualche volta si sveglia, e immagina ancora che sia l’attimo prima della Traversata delle Alpi. Poi  - e solo poi – si rende conto che in quella gabbia dove l’hanno confinato fa leggermente più caldo e che sì, avrebbe di gran lunga preferito morire di freddo che dover passare tutto questo.
Tutto questo dolore.
Tutti questi ricordi, troppo lontani e inafferrabili.
Tutto questo oblio.
A volte si ferma a  pensare a come sarebbe stato ritirarsi e basta, o se una dignità l’abbia mai avuta. E’ al corrente di cosa la gente gli stia lanciando addosso – merda, si ripete – e di tutte le codarde falsità, o meno, che girano sul suo conto.
Solo che non può preoccuparsene, perché c’è un male più grande che cresce dentro di lui, sottopelle ; male che comincia, inevitabilmente, ad avvertire.
 
A volte si ritrova addirittura a pensare a Giuseppina. Non c’è cosa più bella, quando è sopraffatto dal dolore e dalla perdita, consapevolezza di aver rinunciato a troppe cose per una vita sola. Lei compresa.
Lei che ha visto andare via, con una sconfitta in più nel cuore.
Lei che rispondeva perfino alle sue lettere, sempre in modi gentili. *
Lei che immagina accanto ad ogni risveglio, anche se beh, Alpi o meno, è un po’ improbabile.
 
I pensieri fanno parte dell’insostenibile leggerezza della sua routine, perché sono l’unica cosa che lo fanno affondare e lo tirano fuori dal nero oblio. Sempre e solo oblio.
 
Napoleone sa di avere un tumore. Ha nascosto troppe sconfitte nella vita, ma questa la guarda in faccia con occhi infuocati e l’affronta; in fondo cos’ha da perdere?
Non può negarlo, che ci sia qualcosa in via di sviluppo in una parte remota del suo stomaco, e questa cosa gli va quasi a genio. Non è il modo più nobile, o più degno, di morire, ma è meglio di nulla.
Tumore. Cancro.
Cancro. Tumore.
Parole che si era già sentito dire, che fanno parte della sua vita come battaglia e sconfitta.
Perché sarà l’ennesima battaglia e l’ennesima sconfitta.
 
Napoleone ha fatto cose grandi nella sua vita e all’età di cinquant’anni sa solo girare i pollici in una casetta in riva al mare*. Casetta per i suoi standard, eh.
Però gli piacciono, le parole  in riva al mare, hanno un suono melodico che sa di poesia. Che sa di tutto ciò che ha perduto.
 
La passione per la lettura* è nuova per lui, ma sa di non avere altro da fare e sa che stanno per arrivare i tempi in cui i ricordi saranno troppo lontani per essere gestiti, momenti in cui desidererà di morire e di tornare in vita più forte di prima.
Fa progetti sulla sua prossima vita. Non che creda alla reincarnazione, ma ultimamente non sa a chi affidarsi e pensa che nascere un’altra volta gli farebbe proprio comodo.
 Dio non può nemmeno pensarlo, perché sa di essere stato più in alto della Chiesa e mentre si incoronava Imperatore ha pensato che questo Dio non voleva incontrarlo mai, se è così forte e temerario come tutti dicono.
Poi si ricorda che quel “ tutti “ è lo stesso che lo copre di insulti, e di menzogne, - merda, si ripete – e non ne è più tanto sicuro.
In fondo, non gli importa, questo libro è davvero bello e il tempo davvero troppo poco.
 
Quando il primo conato di vomito* lo coglie impreparato, Napoleone capisce che stanno venendo i momenti della nausea costante, quelli che quando saranno ricordi sembreranno fiorellini.
Gli dispiace non avere amici, o persone più o meno care, che lo vengano a trovare con la solita, fraterna, battuta: “ Ah Bonaparte, ma come ti sei ridotto? “.
Solo che gli dispiace anche aver perso nella vita, quindi si annota mentalmente di rivedere il concetto di proporzioni.
 
Questo testo parla di Grecia e a lui torna in mente Giuseppina, con i suoi abiti Neoclassici, sorridendo al pensiero.
E’ tutta una questione di opprimente nostalgia lontana che, però, fa sorridere.
 
La prima volta che Napoleone vede il mare su cui si affacciavano le coste di Sant’Elena non se la ricorda, perché ormai anche questo fa parte della sua routine.
Stare immobili a fissare le onde, mentre i ricordi arrivano e sono sempre più veloci. Il mare sembra un oblio diverso visto da qui, e per la prima volta ringrazia non sa chi, esattamente, per essere stato esiliato, perché se lo può godere come nessuno in questo mondo.
Quando capirà che il mare è esattamente uguale alla tempesta che porta dentro, beh, sarà troppo tardi.
 
Il mare non è come la lettura, perché sa di sale e di benessere, non di tutto ciò che ha perduto. Mentre si osserva le dita, così scheletriche, così ossute, capisce che il suo corpo sta mutando sotto il volere di quel malato angolo remoto del suo stomaco.
E non ha idea di come fare ad ignorarlo per tanto, altro, tempo.
 
Poi l’idea gli viene, perché a furia di seguire routine e di trascorrere giorni a pensare, qualche parte della mente – la creatività? l’intelligenza? – si sviluppa.
Semplicemente, conclude che è meglio fissare il mare, perché lo distrae da quel bruciore che gli attanaglia la bocca dello stomaco, senza sapere se sia ansia o malattia.
 
Di sicuro, è rimpianto, perché altrimenti non si spiega, come uno dei più grandi Generali si sia trovato a notte fonda davanti un mare tempestoso – la luna è storta, pensa stasera - , con i pensieri offuscati dai ricordi, di soldati che eseguono comandi veloci e dalla storia che li osserva dall’alto delle piramidi*.  E’ per questo, forse, che i concetti nella sua mente non hanno un filo logico, e il bruciore nell’esofago rende tutto un po’ più reale, mentre rimette, magari solo un’ultima volta.
 
La lettura ha perso ogni piacere da quando quel senso di nausea lo persegue, e a volte non lo fa dormire di notte.
Domani in campo di battaglia, addormentati Bonaparte.  E un attimo prima di assopirsi, si ricorda che non c’è nessun campo, perché lui  è ancora a Longwood House, il luogo delle routine.
Però una battaglia c’è, ed è quella contro il suo tumore, la sua nostalgia e il suo subconscio.
 
Napoleone vorrebbe scrivere una lettera a Giuseppina, per dirle che ormai le pensa più di quanto credeva possibile, solo che si rende conto che è inutile, perché su quest’isola perde la condizione del tempo e dello spazio; eppure non è ancora questo il motivo che lo spinge a pensare di essere a Waterloo.
Chissà che fine ha fatto Giuseppina e se, anche per lei, la morte dura così tanti anni.
 
Forse è proprio Waterloo, perché la sconfitta è la stessa. Ennesima battaglia, ennesima perdita.
Mentre fissa l’oceano – o quello che sia, è sempre tanta acqua no?- si rende conto che l’oblio è esattamente lo stesso, eppure lo sta salvando dall’affondare. Mentre lo fissa si rende conto di star perdendo e si domanda, ovviamente, dove lo porteranno questa volta o se esiste un girone dell’inferno per quelli come lui.
 
Su questo letto di morte non è Dio che gli viene incontro, perché nemmeno se lo immagina, Dio.
Si costringe a pensare che sia solo qualcuno che ha deciso di salvarlo da questo bruciore, al sapore di rammarico.
-Eppur mi resta il mare.- sospira, mentre gli volge l’ultimo sguardo.
L’ultimo sguardo pieno dell’oblio che ha passato – brutalmente – sull’isola di Sant’Elena.

 

 
 
* Longwood House: fu la residenza dell'ex imperatore dei francesi Napoleone I durante il suo esilio sull'isola di Sant'Elena. Bonaparte la occupò dal 10 dicembre 1815 al 5 maggio 1821, data della sua morte.
* Lei che rispondeva perfino alle sue lettere, sempre in modi gentili: si riferisce alle lettere d’amore, tutt’oggi conservate, che Napoleone le spediva. Ovviamente, il fatto che gli rispondesse è puramente frutto della mia fantasia.
* in riva al mare: so bene che Longwood House non si affaccia direttamente sul mare, ma è il fattore modificato determinante a creare la storia.
* La passione per la lettura: per questo punto ho preso spunto dal quadro “ Napoleone in lettura “ [ di autore per me ignoto, scusatemi le poche fonti ] che trovate a fine note.
* il primo conato di vomito: [ piccolo avviso: è tremendo quanto istruttivo informarsi sul cancro]                       DI CANCRO ALLO STOMACO: I primi sintomi possono includere: sensazione di bruciore di stomaco, dolore all'addome superiore, nausea e perdita di appetito. I sintomi successivi possono includere: perdita di peso, ittero, vomito, difficoltà di deglutizione e sangue nelle feci.  Il tumore può diffondersi dallo stomaco in altre parti del corpo, soprattutto al fegato, ai polmoni, alle ossa e ai linfonodi.
* dalla storia che li osserva dall’alto delle piramidi: qui ho preso ispirazione dalla celebre frase del Bonaparte stesso: “Soldati, dall'alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano.”


 
   
 
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