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Autore: Ambrambru    06/11/2015    2 recensioni
Quello che mi stava accadendo era uno scherzo. Doveva esserlo, per forza.
Forse, a mia insaputa, ero appena diventata vittima di uno di quei programmi americani dediti alle candid camera.
L'unico intoppo in quell'ipotesi era che non riuscivo a vedere alcuna telecamera o microfono, nessun presentatore che venisse a stringermi la mano e a ridere insieme a me, assicurandomi che fosse tutto finto.
MA LASCIATE CHE VI RACCONTI OGNI COSA DAL PRINCIPIO.
Mi chiamo Lil-Anne Desmet, ho diciassette anni e questo non è un diario. Assolutamente, non sono il tipo. E'... un... una... una biografia, ecco, si. Una biografia che magari nel futuro verrà trovata da qualcuno, magari verrà pubblicata e magari diventerò famosa anche se sarò già morta. Il che accadrà a breve, temo.
Quindi, se qualcuno sta leggendo quello che ho scritto deve essere avvertito di una cosa: i seguenti fatti sono veri, io stessa ho bisogno di scriverli nero su bianco per rendermi effettivamente conto di cosa sta succedendo. Forse, a forza di rileggere il tutto, mi abituerò all'idea di essere diventata una Senz'Ombra.
Genere: Azione, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. Di come ERO normale


Mi chiamo Lil-Anne Desmet, ho diciassette anni e questo non è un diario. Assolutamente, non sono il tipo.

E'... un... una... una biografia, ecco, si. Una biografia che magari nel futuro verrà trovata da qualcuno, magari verrà pubblicata e magari diventerò famosa anche se sarò già morta. Il che accadrà a breve, temo.

Quindi, se qualcuno sta leggendo quello che ho scritto deve essere avvertito di una cosa: i seguenti fatti sono veri, io stessa ho bisogno di scriverli nero su bianco per rendermi effettivamente conto di cosa sta succedendo. Forse, a forza di rileggere il tutto, mi abituerò all'idea di essere diventata una Senz'Ombra.

Tutto cominciò una fantastica mattina di settembre, un lunedì per essere precisi, il primo giorno di scuola per essere ancora più precisi. La sveglia aveva suonato, io mi ero alzata borbottando e avevo indossato i miei jeans preferiti, quelli strappati sulle ginocchia, una maglia nera, lo zaino e le cuffie del mio lettore mp3, ormai vere e proprie estensioni del mio corpo. Avevo preso la gomma da masticare più grande tra quelle che erano rimaste in casa e mi ero diretta alla fermata dell'autobus con le mani in tasca, prodigandomi in enormi bolle che rischiavo di farmi scoppiare sulla faccia.

Dopo due fermate una ragazza si sedette nel posto che le avevo tenuto appositamente occupato: Fianna Vos.

Non saprei dire se era la mia migliore amica, che fosse l'unica che avevo però era certo, dettaglio che la poteva automaticamente eleggere detentrice di quel titolo.

Mi sorrise.

“Sei pronta?”

“Di solito non sei così allegra il primo giorno di scuola” osservai.

Lei fece uno di quei sorrisetti che conoscevo molto bene: sapeva qualcosa che io ignoravo e si stava pregustando l'attimo prima di rivelarmelo.

“Beh, - iniziò – ho saputo che quest'anno ci saranno molti più O.F.A.C., a quanto pare le altre scuole nazionali che li ospitavano stanno iniziando ad avere paura, quindi toccano tutti a noi. Puoi immaginarti quanto sono dispiaciuta!” concluse ridacchiando.

Quella si che era una notizia.

Gli O.F.A.C., ossia gli Orfani Figli degli Arruolati Combattenti, erano dei ragazzi in età di liceo che sceglievano di intraprendere la carriera militare. Per poter entrare in quel particolare corpo delle forze armate dovevano soddisfare alcuni requisiti: il primo, ed il peggiore, era aver perduto almeno uno dei genitori sul campo di battaglia, il secondo era superare alcuni test psicofisici, il terzo era essere un maschio nel range d'età tra i quattordici e i vent'anni, il quarto ed ultimo, era essere disposti a sacrificare tutto, in qualsiasi momento.

Coloro che passavano la selezione diventavano automaticamente O.F.A.C. e godevano di una serie di diritti-doveri molto precisi, come ad esempio ricevere uno stipendio mensile da capogiro, vitto, alloggio e altri servizi completamente gratuiti, di contro c'era la segregazione in caserma, allenamenti ed esercitazioni di guerra e la completa impossibilità di fare una normale vita da adolescenti.

Il Dipartimento della Difesa assicurava loro l'istruzione fino alla fine del liceo, smistandoli in varie scuole sul territorio nazionale ma, a quanto diceva Fianna, ormai pochissimi istituti li accettavano. Ovvio, avevano tutti paura delle Ombre.

Questo voleva dire che quei poveretti dovevano lasciare la realtà che fino a quel momento avevano chiamato casa, per trasferirsi in una nuova scuola di una nuova città, che comunque non avrebbero mai visitato viste le esigue ore d'aria offerte dalla caserma.

Il tutto andava perfettamente a genio con l'ideale dell'anno scolastico che aveva la mia amica.

“Le divise, Lil, le divise!- ripeteva da cinque minuti buoni- Lo sai quanto mi piacciono le divise. Vorrei stringere la mano all' uomo che li obbliga ad indossarle anche a scuola!”

“Di sicuro non lo fa per fare un favore alle studentesse” ridacchiai.

Una volta arrivate nel cortile del nostro istituto mi resi conto che ciò che Fianna mi aveva preannunciato era vero: parecchi ragazzi in divisa verde scuro, con un assurdo cappellino in testa e delle stelline dorate sulle spalle, si accingevano ad entrare dalle porte di legno massiccio.

Stranamente mi sembravano aumentate anche le ragazze, che li guardavano un po' impaurite un po' ammirate, ma forse era solo una mia impressione.

“Bene ragazzi, sedete, sedete. Staremo un po' più stretti quest'anno, ma c'è posto per tutti.”

Il professor Dinette ci spingeva verso i banchi della nostra classe, effettivamente più stipati dell'anno precedente.

“Allora, come potete vedere, quest'anno la nostra scuola ha l'onore di ospitare molti più allievi O.F.A.C. - ci disse indicando con un cenno cinque ragazzi che occupavano altrettanti banchi- avrete modo di conoscervi più tardi. Ora, iniziamo riassumendo quello che dovevate ripassare durante l'estate..”

“Lo chiama onore - sbuffò Matisse senza farsi sentire – ma la realtà è che nessun'altra scuola li vuole”.

La nostra classe, insieme ormai da quattro anni, era passata da ventuno a ventisei elementi e tra i miei compagni avvertivo sentimenti contrastanti. Fianna, seduta vicino a me, li osservava curiosa, qualche altra ragazza sembrava ammaliata ma la maggior parte degli sguardi che venivano rivolti ai militari riservavano preoccupazione e astio.

Sapevo benissimo quello che pensavano tutti: la loro presenza avrebbe causato molti più guai alla nostra città.

Le Ombre si sarebbero fatte vive molto presto per divertirsi con i novellini.

 


Eccomi :)

Allora, come prima cosa voglio ringraziare chiunque abbia letto fino a qui (o voi coraggiosi!)

Sono consapevole che l'inzio non è dei più movimentati, ma abbiate fede, si rende necessario per introdurre la storia.

Essendo il primo lavoro che posto su Efp vi sarei grata se mi faceste sapere cosa ne pensate perchè solo così si può migliorare!

La storia (quel poco che sapete fin ora) vi sembra interessante? Ho scritto in maniera decente?

Fatemi sapere :)


Alohaaa

Ambrambru

  
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