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Autore: DomenicoDavoli    06/11/2015    0 recensioni
Potrebbe trattarsi solo di un sogno, ma a volte i sogni possono rivelarsi più tangibili della realtà stessa.
Sogna con noi...
Genere: Horror, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Senta, non ricordo come arrivai in quel piccolo paesino, di cui a dire il vero non ricordo neanche il nome; ricordo solo che mi trasferii lì per un breve periodo.

La mia era una piccola casa isolata proprio al limitare del paese, non molto lontana da una chiesa abbandonata da poco e da un grazioso ruscello con una piccola cascata il cui suono mi conciliava il sonno. La gente era cortese e amichevole, e ciò mi permise di integrarmi con molta rapidità in quell'umile ma unita comunità.

I giorni trascorrevano lenti e tranquilli come avevo sempre desiderato, e iniziai a pensare che quella vita quasi idilliaca fosse la realizzazione dei miei sogni più intimi; alcuni potrebbero pensare che tutto ciò possa essere troppo bello per essere vero, altri che possa risultare troppo monotono, altri ancora che sia soltanto un'utopia, ma la verità è che quella era la mia vita ormai, stava succedendo davvero!

Dunque, una sera accadde che dopo aver cenato andai a dormire come di consueto, e sempre come ogni sera socchiusi le ante della finestra in modo da lasciar entrare un flebile fascio di luce lunare subito prima di mettermi a letto .

Ahimè! Mai prima d'ora mi capitò di passare una notte così travagliata! Sognai il dolore nella sua incarnazione più reale e tangibile; sognai urla di dolore e una miriade di corpi deformi e agonizzanti si materializzò davanti ai miei occhi inreduli; sentii i sensi abbandonarmi, le mie membra erano come paralizzate davanti a tanto orrore.

Successivamente tutti i corpi svanirono di colpo per lasciare spazio ad una macabra danza praticata dagli stessi esseri deformi che fino a un momento prima erano agonizzanti al suolo. Era uno spettacolo agghiacciante, quando ad un tratto le mie orecchie furono investite da una rauca nenia in una lingua a me sconosciuta; sempre più forte, più animata...

Mi sentii venir meno quando i primi raggi del sole mi destarono da quel turbolento sonno accarezzandomi il viso, e il canto degli uccelli mi riempì il cuore di gioia perchè presi piena coscienza del fatto che quella notte che mi parve infinita si era finalmente conclusa e ancora una volta il sole era sorto per dissipare i fantasmi della notte, sempre pronti a dilaniare gli animi...

La prima cosa che feci appena mi alzai dal letto fu correre in bagno e notare attraverso lo specchio le evidenti occhiaie che si erano formate sul mio volto, segno della terribile nottata appena trascorsa.

Nell' uscire di casa mi accorsi che quello strano canto non aveva ancora abbandonato la mia mente, e mi dava un'innaturale sensazione di apatia e smarrimento che mi accompagnò per tutta la durata della giornata; fu il giorno peggiore da quando mi trasferii lì.

Cenai e andai a letto come la sera precedente, e ancora quel canto si faceva strada nella mia mente, senza lasciarmi un attimo di pace; ma con gran fatica alla fine sopraggiunse il sonno.

Quale stupore quando vidi nuovamente quei corpi!

Non poteva essere vero! Non di nuovo! Quel canto... Sempre più forte... Sempre più alto e animoso... Quei corpi che danzavano, sangue ovunque...

Urlai, ma nessuno mi udì; d'un tratto realizzai che nessuno avrebbe potuto sentirmi finchè fossi rimasto in quell'onirica prigione che io stesso avevo creato; allora provai a svegliarmi, ma ogni mio tentativo si rivelò vano, ero prigioniero del mio sogno!

Mentre pensavo a come fuggire, uno di quei mostri mi venne incontro urlando, ma le sue non erano urla d'odio, bensì strazianti urla di dolore e disperazione; quelle urla mi penetrarono nel cuore, mi attraversarono le ossa quand'ecco che mi svegliai...

Era di nuovo mattina; ma il mio risveglio fu molto diverso dal precedente, infatti sentivo ancora il canto, ma mi sentivo molto più debole di prima, e l'apatia si trasformò in un'inspiegabile tristezza che mi pervase dalla testa ai piedi come un brivido gelido.

Non uscii di casa quel giorno, non ne avevo voglia, né mangiai; mi sentivo in qualche modo sazio grazie a quel canto che mi ronzava in testa.

Giunse la sera, non cenai, ma stetti seduto sul pavimento a fissare... Non lo sapevo neanch'io; forse una parete, o un mobile, tuttavia ciò che vedevo era il vuoto; un immenso vuoto che ai miei occhi stanchi pareva così familiare, come se fosse sempre stato lì, dinanzi al mio sguardo perso.

Non sapevo quanto tempo trascorse, né cosa accadde nel mentre; certo era che quel canto era ormai fortissimo, percuoteva ogni cellula del mio corpo. Intanto la mia tristezza si era tramutata in euforia, poi in felicità; mi alzai in piedi ed ebbi come l'impressione di non controllare il mio corpo, tanto che d'un tratto presi a danzare seguendo il ritmo di quello che ormai era diventato un rumore assordante nella mia testa.

Danzai ancora e ancora, passarono giorni? Mesi? Non potevo saperlo; seppi solo che di colpo smisi e mi accasciai al suolo sentendo un improvviso calore, e scoppiai in lacrime.

Ero stanco, provai a muovermi, ma i miei arti erano come intorpiditi e le mie ossa rotte... e poi il buio...».

All' improvviso la porta della camera numero sei si aprì e l'infermiera lasciò cadere il vassoio che reggeva in mano alla visione di quell'orribile scena: l'uomo che arrivò appena una settimana prima era seduto sul letto con le braccia grondanti di sangue mentre finiva di raccontare la sua storia al corpo inerme e senza vita del dottor Lemeng; mentre sulla parete erano scritte le parole “Sogna insieme a noi”.

Curioso fu scoprire che una settimana dopo la giovane infermiera fu trovata priva di sensi nella sua casa, con evidenti tracce di autolesionismo e le ossa degli arti inferiori rotte; quasi come se avesse danzato per tanto, troppo tempo, senza mai fermarsi...

 

 

   
 
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