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Autore: lionelscot    07/11/2015    2 recensioni
Presente accanto a loro sul palco del concerto che segna la fine della più nota Symphonic Metal band finnica, un uomo che sta vivendo il sogno di quando era ragazzo di poter partecipare ad un loro tour, ripercorre mentalmente le tappe che in dieci anni lo hanno portato a rialzarsi e realizzare questo sogno, iniziato come un sinfonico incubo...
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Luglio 2015, Spagna, palco esterno numero 3
 
         L’esibizione giunse ad una naturale pausa dissetante per il gruppo. Dopo le due cover Nightwish, si erano esibiti in una versione di Be Preared che fece agitare e non poco le ragazze presenti quando quel ragazzo sembrava essersi mutato in un affascinante Scar umano. Cavalcando quell’entusiasmo, che aveva quasi fatto scoppiare a ridere l’olandese per la giulività delle supporters, il gruppo si era poi esibito con due propri pezzi che necessitavano ancora di lavoro, secondo il parere del gruppo. Ad un certo punto, il cantante riprese in mano il microfono e annunciò l’ultimo pezzo della serata: Ygdrasill. Dopo due testi che raccontavano di rinascita e della rabbia e l’orgoglio personale, chissà cosa poteva celarsi dietro a quel titolo…
 
         Leo aveva il fiatone. Nonostante quella disinvoltura palesata, in realtà aveva sempre il terrore del palco e la sua testa li stava già presentando il conto degli errori commessi dal principio. Era vero, era riuscito a colpire molto bene con la sua interpretazione di Be Prepared, ma Phoniex Dust e Who I Am li erano sembrate fiacche e anche se la reale motivazione di quelle esibizioni era il testare e correggere i pezzi, la sua ipercritica lo faceva sentire insoddisfatto. Osservò con attenzione ognuno dei suoi compagni, indeciso se chiudere lì o buttarsi con Ygdrasill. Alla fine fu solo quando incrociò lo sguardo di Eddy che decise di correre il rischio. “Fortuna Favet Fortibus” recitavano i latini. Prese un grosso respiro e si avvicinò al microfono.

         « Esta es nuestra última canción. Ygdrasill» annunciò dal palco prima di serrare le palpebre e sentire le parole che doveva ripetere lungo le invisibili linee delle note…
 
         Quel pezzo…  L’apertura era un assolo di tastiera modulata e accompagnata da una cornamusa poi a seguire l’accoppiamento chitarra batteria ed infine il basso. Tuomas era rimasto a bocca aperta, così come gli altri ragazzi. In quell’assolo, il cantante aveva fatto da direttore d’orchestra incitando il pubblico ad accompagnare a ritmo l’assolo, prima di zittirli e lanciarsi con le parole. Per un amante dei Nightwish, si sarebbe potuto dire che la musica di quel pezzo era la perfetta unione tra “White Night Fantasy” e “Live to tell the Tale” ma le parole raccontavano altro, di un viaggio, di un amore, di una ricerca attraverso i mondi che componevano l’albero della vita…  Eppure, nonostante tutto l’impegno e la magia, si percepiva che mancasse ancora qualcosa e Floor, Tuomas, Eppu, Marco, Jukka, Elize e gli altri si scambiarono uno sguardo complice. Erano arrivati alla stessa conclusione, la stessa che era passata per la mente del cantante e dei suoi più stretti: quella canzone era pensata per una voce femminile. Forse erano i soli a rendersene conto, perché quando il pezzo fu terminato, tutto il pubblico lì presente si lasciò andare ad un piccolo boato ricolmo di applausi.

         « Wow… Che roba ragazzi ! Da brividi. Ful il commento di Jukka. »

         « BRAVI ! BRAVI ! » urlavano li svedesi a volume talmente alto da far tappare le orecchie ai poveri membri della band d’Amaranto, mentre Marco cercava di non perdere l’equilibrio per via dei salti dei gemellini. Floor si scambiò uno sguardo con Lyz e poi con Tuomas, il quale la fulminò con uno sguardo di dissenso.

         « No Floor. Scordatelo che tu riesca a trascinarmi… » fu quanto pronunciò prima che le due ragazze e gli altri lo trascinassero via con sé
 
         Dopo quell’inchino voleva solo scappare via. I suoi compagni erano ancora carichi a mille e si erano gettati tra la folla, quasi tutti in cerca di compagnie femminili mentre Eddy si era lasciato andare ad un lungo bacio con la sua Jessica. Lui no. Lui era calato dal palco nel modo più anonimo possibile e si era recato al bancone del bar cercando di svicolare eventuali grupies o fan. La parte di quella vita che detestava di più. Oh, lui amava che la gente apprezzasse il suo lavoro ma non il doversi trovare in mezzo alla folla. Preferiva le piccole compagnie e in quei moneti pensava solo a quando in riviera scappava in quei posti che solo lui e la sua moto conoscevano. In quel momento però ringraziava di trovarsi in un posto dove servivano della birra rossa irlandese. Rossa come i capelli di qualcuno di sua conoscenza.

         “Uno che sogna in grande come te non può detestare questi momenti. E poi, parliamo solo di una cinquantina scarsa di persone. Semmai dovessi suonare difronte ad un migliaio che faresti ?”

         « Non siamo tutti persone che necessitano dell’attenzione degl’altri, Rossa… Questa forse è una differenza che abbiamo sempre avuto. O forse la tua era invidia perché tu l’attenzione l’hai sempre dovuta cercare mentre io, per motivi che manco so, spesso me la trovo addosso senza volere ? » si voltò verso la fantomatica immagine che li sedeva accanto, stizzito.
         « Non so neanche perché continuo a parlare con te ! Sei solo il riflesso di una persona che credevo di conoscere. Per una volta, chiudi quella bocca e lasciami in pace. » concluse autorevole, cacciando via quella sagoma dalla sua vista. Poggiò le labbra sul calice per gustarselo, ma mentre il freddo gusto di quella bevanda li stava calando giù per la gola, un’altra voce, in un inglese con uno strano accento portò la sua attenzione a farlo voltare. Per un istante, si domandò se ciò che vedeva era vero o solo frutto di una malata, fervida, eccessiva immaginazione che sin dalle elementari li era costato numerosi richiami.

         « Parliamo alla birra dopo lo show ? Bene, mi aggiungo pure io ! »

         Se la sua immaginazione aveva deciso di giocargli uno scherzo di quel tipo, probabilmente doveva essere ricaduto in coma etilico come alla sua laurea o peggio, perché mai li era capitato di avere un’immagine così vivida. Anzi, per una volta il suo essere alto centottantatre centimetri sembrava non esistere al confronto di una sensazione di piccolezza che non provava da quando a quindici anni a pallanuoto aveva incrociato due boe croate di serie A2. Nella sua testa sentiva la sua stessa voce che lo minacciava di non svenire.

         « Non male davvero. Dunque… » lo incalzò lei dopo aver sorseggiato dal suo calice « tu saresti il cantante dei Six of Woods. Piacere, io sono-»

         « Floor Jansen… »
   
 
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