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Autore: Grindellaik    24/02/2009    1 recensioni
Questo è il primo capitolo di una serie di fanfiction che sto tuttora finendo di scrivere. E' una fanfiction riguardante la saga di Underworld, il film di Len Wiseman sui vampiri e i licantropi. Per la lettura e massima comprensione di questa serie è consigliata la conoscenza della storia di Underworld (trovate qui i trailer in italiano dei film: http://www.youtube.com/watch?v=CbPKJ_sVE7I http://www.youtube.com/watch?v=cvHBye0Yymo ) Se volete scrivete non solo per commenti ma anche per chiarimenti se non capite qualcosa :) ***** Tutti i commenti sono moooooooolto ben accetti ***** Buona lettura
Genere: Azione, Fantasy, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando Aileen riprese i sensi non aveva idea di dove si trovasse. Cercando di alzarsi si accorse di avere mani e piedi legati, si guardò intorno; era distesa sui sedili posteriori di quella che sembrava un’auto d’epoca ristrutturata come nuova. Poco dopo si accorse che l’auto era in movimento. Ascoltò il debole rombo del motore in funzione, “quest’auto va a benzina” pensò accigliata, non pensava che ne esistessero ancora di funzionanti.
Le girava la testa come se fosse appena scesa da un ottovolante e la nuca le doleva come se fosse stata colpita… Ma era stata colpita. Ricordò di essere andata alla stazione di servizio a comprare qualcosa da mangiare perché aveva trovato il frigo vuoto e poi… qualcuno l’aveva seguita, e colpita. La stessa persona che in quel momento era al volante e la stava portando chissà dove? Aileen non ne aveva idea. Con un piccolo sforzo si tirò su a sedere.
- Ah, finalmente ti sei svegliata!- disse l’uomo al volante
- Che cosa mi hai fatto? Dove mi stai portando?-
- Non ti ho fatto niente, diciamo che ti sto solo “consegnando”-
- A chi? - chiese Aileen sempre più inquieta
- Questo non posso dirtelo, dolcezza -
“La vedo male…” pensò la ragazza. Guardò fuori dal finestrino sperando di riconoscere il luogo: stavano percorrendo una via molto ampia, illuminata dai regolari lampioni posti ai suoi lati, non c’era un’anima viva per la strada. Abbassò lo sguardo sul suo orologio da polso e si stupì notando che segnava le 2 del pomeriggio, forse si era rotto... Tornò a guardare attraverso il vetro, a giudicare dalla luce doveva essere notte fonda; quella via le sembrava stranamente familiare, ma non la riconobbe.
- Dove siamo? -
- Via Roham, Budapest -
“Via Roham?” Aileen guardò con più attenzione la strada. Conosceva bene Via Roham, ma non era certo così; come struttura le sembrava esattamente come la ricordava, ma non aveva mai visto gli edifici che la delimitavano, né portoni di palazzi, negozi chiusi… quasi niente le sembrava al suo posto. “Ma che sta succedendo?”
Il guidatore parlò di nuovo: - Budapest, 9 aprile 2001 -
Ad Aileen sfuggì un sorriso amaro: si stava prendendo gioco di lei. Non erano a Budapest, quella non era Via Roham, solo una strada che le somigliava, tuttavia… Una parte di lei considerò la possibilità che le parole di quell’uomo fossero vere. “Che cosa succede nel 2001?” si chiese sforzando la memoria, cercò di ricordare i libri di storia che aveva studiato, “L’11 settembre… le torri gemelle…” le sembrava quella la cosa più rilevante, ma non vedeva come potesse riguardarla, visto che non si trovava neanche in quel continente. Però nel 2002… “nel 2002 sì che c’è stato un bel putiferio…” non nella comunità umana ovviamente, gli umani non avevano mai saputo nulla di quello che accadde realmente nel 2002: la fine della sanguinaria guerra tra i vampiri e i lycan. A quanto ne sapeva non ci fu un vincitore, ci fu uno scontro decisivo e i vertici di entrambe le fazioni morirono ma ci furono molti sopravvissuti da entrambe le parti, solo che… questa era una pazzia! Semplicemente non poteva essere tornata indietro nel tempo, “queste cose non sono possibili” si disse. Cercò inutilmente di liberare le mani, quella corda era robusta e molto ben legata. Ricordò che aveva una pistola sotto la giacca prima di essere colpita; la cercò, ma senza risultato, ovviamente gliel’avevano tolta. Non aveva altre armi con se, dopotutto non si aspettava certo di venire rapita. La situazione le piaceva sempre di meno, ogni minuto diventava più inquieta e per di più l’ultima risposta di quel tipo cominciava a preoccuparla davvero. “Ok” pensò “è il momento di prendere in mano la situazione”. Scattò in avanti, passò le mani legate sopra la testa dell’autista per poi stringergliele sulla gola, l’uomo emise un verso di sorpresa e frenò bruscamente.
- Adesso spiegami che diavolo sta succedendo - gli disse all’orecchio
L’uomo si portò le mani alla gola cercando di liberarsi della stretta, ma Aileen non mollò la presa e il malcapitato iniziò a boccheggiare
- Dove siamo? - ripeté allentando leggermente la morsa per permettergli di parlare
- Te l’ho detto, a Budapest, ma non quella che conosci, siamo nel 2001… - la voce gli si strozzò in gola appena Aileen riprese a stringere più forte
- Te lo ripeto per l’ultima volta, dimmi la verità - gli intimò ancora
- E’ la verità, ti hanno rapita per via del tuo sangue, sei una discendente di Corvinus, è esattamente quello che serve ai lycan in questo tempo… -
Purtroppo tutto cominciava ad avere senso: in quegli anni Lucian, il capo dei lycan, conduceva davvero esperimenti sul sangue per poter diventare una creatura potentissima. E in effetti lei era davvero ciò di cui aveva bisogno per riuscire nel suo intento, e poi… l’auto a benzina, gli edifici che non conosceva in una inconfondibile Via Roham… la realizzazione di una spaventosa verità stava ormai prendendo forma.
- E come avreste fatto? Come sareste riusciti a viaggiare nel tempo? -
- Non lo so, io dovevo solo portarti a Lucian e spiegargli quanto eri potenzialmente utile…-
- Fammi tornare indietro - lo interruppe Aileen - portami da dove siamo venuti-
- Non è possibile, mi è stato ordinato di distruggere il congegno e l’ho fatto appena siamo arrivati - concluse l’uomo.
- No… - Aileen sentì lo stomaco chiudersi come in una morsa, cosa avrebbe fatto ora? Certo, sempre che fosse tutto vero… Di una cosa era certa: di sicuro non si sarebbe fatta portare da Lucian come una cavia da laboratorio. Guardò il viso dell’autista nello specchietto retrovisore appena in tempo per notare i suoi occhi diventare di un uniforme azzurro scuro, sentì i suoi artigli affondare nel dorso della mano con cui gli stringeva la gola, ritrasse la mano di scatto, “accidenti! Un lycan!” e stava anche iniziando a mutare! Doveva agire i fretta se voleva scappare, ma ce l’avrebbe fatta? Quello era un lycan adulto e lei solo un’umana e anche abbastanza giovane… Almeno doveva provarci, ma alla svelta! Afferrò la testa del lycan con entrambe le mani, raccolse tutta la forza che poté e la girò di scatto con uno strattone riuscendo a spezzargli il collo. Il corpo smise di mutare e si afflosciò senza vita sul sedile. Aileen tirò un sospiro di sollievo, poggio la testa sul sedile concedendosi qualche momento per calmarsi. Dopo pochi minuti decise che doveva fare qualcosa, liberarsi, tanto per cominciare. Frugò nelle tasche della giacca del lycan in cerca di una qualche arma o un coltello. In una tasca interna trovò un coltellino a serramanico: “perfetto”. Tagliò le corde che le legavano i polsi e le caviglie e uscì nella notte. Pensò rapidamente al da farsi: doveva accertarsi del luogo e soprattutto del tempo in cui si trovava. Se quella era davvero Via Roham, il palazzo reale non doveva essere lontano da lì. Se c’era si trovava davvero a Budapest, e se si trovava davvero a Budapest… probabilmente si trovava anche in un bel guaio.
L’aria era fredda e il cielo coperto non prometteva niente di buono. Mentre camminava a passo svelto si ricordò di avere la mano ferita dagli artigli del lycan; avrebbe dovuto farsela medicare, ma in quel momento le sembrava la minore delle sue preoccupazioni. Continuò a camminare cercando di ignorare tutti gli edifici a lei sconosciuti sulla strada, le mancavano ancora molti metri per raggiungere la sua meta, ma già riconobbe il profilo dell’imponente edificio che non poteva esser altro che il palazzo reale del 21esimo secolo. Si bloccò a quella vista, si guardò intorno, cercò indizi: cartelloni pubblicitari, manifesti che le confermassero in che anno si trovava. Finalmente trovò ciò che cercava: una locandina, faceva da pubblicità a un film che non aveva mai sentito. Ma non era quello che le interessava: in basso all’immagine che raffigurava una strana creatura dall’aria tutt’altro che amichevole appariva una scritta. Nei cinema dal 14/04/01. Allora era vero. Era tutto vero… si sentì completamente svuotata: tutto quello che aveva, tutto quello che conosceva da un momento all’altro non esisteva più, o meglio, non esisteva ancora. Sentì il mondo crollarle addosso, come poteva essere accaduta una cosa del genere? E come poteva essere accaduta a lei? Si sedette pesantemente sui gradini di un portone, e poggiò le braccia sulle ginocchia, stava iniziando a piovere, il tempo esprimeva perfettamente il suo stato d’animo. Non cercò riparo, rimase seduta lì, lasciò che la pioggia gelida si unisse alle calde lacrime a bagnarle il volto. Lasciò che il panico e la paura l’avvolgessero come una fitta nebbia. Ma poi la pioggia smise di cadere, così come le lacrime smisero di scendere e la nebbia di disperazione si disperse, lasciando un vuoto anonimo e tacito. Non sapeva quanto tempo fosse passato, probabilmente una dozzina di minuti. Rimase a fissare la strada come in trance, poi d’improvviso alzò lo sguardo verso l’imponente palazzo che torreggiava sull’altro lato della via, “ora basta” si disse, si era pianta addosso a sufficienza, doveva riprendere il controllo. Promise a se stessa che non si sarebbe arresa finché non sarebbe tornata a casa, che avrebbe cercato, indagato e fatto tutto il necessario per riavere la sua vita. Si alzò in piedi determinata come non mai “è ora di iniziare”.


Aileen Corvin entrò nel suo appartamento chiudendosi la porta alle spalle, non accese la luce, non le andava di vedere lo stato dell’ingresso-cucina, posò la giacca e le chiavi sul tavolo e andò nel bagno per sciacquarsi il graffio che aveva sulla fronte. L’acqua fredda le suscitò una sensazione gradevole sul viso, guardò il suo riflesso nello specchio, la sottile ferita aveva già smesso di sanguinare, per fortuna non era niente di serio.
“Solo un graffio per fortuna” si disse; aveva l’aria stanca, sfuggire all’attacco di quel lycan l’aveva sfinita, non le capitava spesso di imbattersi nei lycan mentre era di pattuglia e questa per fortuna era l’ultima notte di luna piena del mese. Si trascinò stancamente in camera da letto dove entrava la luce della luna illuminando fiocamente la stanza, mancavano poco più di due ore all’alba.
Esausta si stese sul letto e rimase a guardare le crepe sul soffitto, pensò alla sua situazione, ormai era quasi un anno che si trovava lì. Aileen sentiva di non appartenere a quel luogo, il suo posto era ad Ordoghaz, nel 2125 e soprattutto accanto alle persone che amava.
Il sangue dei discendenti di Alexander Corvinus, come aveva scoperto, aveva una parte fondamentale nel piano dei lycan per conquistare la supremazia sui vampiri agli inizi del ventunesimo secolo. Suo padre, discendente di Corvinus e ibrido vampiro-licantropo, aveva trasmesso questa peculiarità a lei e a suo fratello Betram. Betram, tredicenne vivace ma ancora troppo sorvegliato, non era un bersaglio facile da rapire, così la scelta era caduta automaticamente su di lei, una semplice umana con nessuna capacità particolare se non gli insegnamenti ricevuti dai suoi genitori, Selene e Michael. Come avesse fatto ad uccidere il lycan che avrebbe dovuto portarla da Lucian era ancora un mistero anche per lei, che una volta fuggita si era ritrovata sola e indifesa in un luogo e un tempo che non conosceva. Nessuno era al corrente della sua reale identità né della sua storia. Entrata nella polizia per guadagnarsi da vivere, aveva preso in affitto quel piccolo appartamento e aveva iniziato a cercare un modo per tornare indietro. A casa. Ma era passato tempo e, nonostante i suoi sforzi, non aveva ancora trovato una soluzione. E ora era lì, stanca e assonnata, a guardare il soffitto mentre un nuovo giorno stava per nascere; dentro si sentiva vuota, incompleta in quel mondo che non era il suo.
  
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