Capitolo 22
La scelta di amare
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Prima parte -
“Nelle bufere
più tormentose, io ho scelto te.
Nell’arsura più
arida, io ho scelto te.
Nella buona e
nella cattiva sorte, io ho scelto te.
Nella gioia e
nel dolore, io ho scelto te.
Nel cuore del
mio cuore, io ho scelto te”.
S. Lawrence, Ho
scelto te
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Ricordare per ricominciare ad amare -
Foresta
di Grunewald[1],
20 aprile 1945[2]
I
cannoni sovietici tuonavano senza tregua e i palazzi in città crollavano come
castelli di carta. Un rumore infernale di mitragliate e di aerei, pronti a
lanciare le loro bombe, echeggiava nel cuore silenzioso della foresta e faceva
tremare le ginocchia di chi, tra la vegetazione e nei fossati, un rifugio aveva
trovato. Kurt ed Engel erano nascosti tra i poveri resti di una casetta
sventrata e, rannicchiati l’uno di fronte all’altra vicino a quello che un
tempo era stato un muro, cercavano di proteggere la piccola Brigit, un tenero
fagottino di appena due settimane di vita. Quanto era stata crudele la vita con
loro! Per anni avevano combattuto il nazismo – tra rinunce e stenti, con fatica
e sofferenza –, salvando molte persone e perdendo tutti i loro cari e, adesso,
le bombe sovietiche – sorde e cieche – non avrebbero risparmiato il loro
coraggio, la loro innocenza. Senza pietà, avrebbero colpito anche loro
condannandoli alla stessa sorte dei colpevoli. Kurt ed Engel si guardavano con
espressione disperata: i loro occhi erano pieni di lacrime che non riuscivano
più a versare e le loro labbra screpolate non potevano far altro che chiudersi
nel silenzio; i loro volti e le loro mani erano sporchi di polvere e di terreno
e i loro vestiti erano sempre più logori; le loro gole erano riarse per la sete
e i loro stomaci brontolavano per la fame. Nello zaino avevano soltanto un po’
di latte per la bimba e delle scatolette di carne rubate ad un soldato delle SS
morto in città. Kurt allungò il braccio, poggiando la mano sul fianco di Engel
e, aprendo pian piano la bocca impastata, iniziò a parlare con voce tremante:
“Superato questo inferno, sarà tutto finito. Teniamo duro. Ancora qualche
giorno e la guerra sarà finita, vedrai.” La ragazza dissentì scuotendo
freneticamente la testa e il fragore di una bomba esplosa nelle vicinanze
incrementò in loro la paura di morire. Si sentivano indifesi, vulnerabili,
deboli, impotenti dinanzi ad un qualcosa che non avrebbero mai potuto fermare e
dal quale sarebbe stato impossibile scappare. I due erano in una trappola
mortale. Entrambi ripensarono alle loro madri, alla tenerezza dei loro sorrisi,
al calore dei loro abbracci, alla spensieratezza della loro infanzia, al tepore
delle loro case e desiderarono rivivere anche solo per un attimo quel piacevole
senso di protezione e di sicurezza provato da bambini. Sentivano la morte
sempre più vicina e desideravano l’abbraccio della mamma. Il pensiero di Kurt
andò anche a sua sorella Käthe – ai
loro giochi e alle loro zuffe, ai loro litigi e al loro affiatamento, a quel
rapporto di “amore e odio” che li teneva sempre uniti – e a suo padre – alle
parole non dette e a quelle che avrebbero dovuto evitare, agli abbracci
mancati, al tempo sprecato, a quello schiaffo ricevuto per le foto scattate a Ravensbrück,
a quei soldi rubati per fuggire con Nadine. E inevitabilmente il suo cuore
corse a lei – al ricordo di un amore così lontano, eppure tanto vicino da
riaprirne le cicatrici e bruciargli nelle viscere, nelle ossa, nelle profondità
dell’anima. Ma poi fissò lo sguardo di Engel e, in uno slancio d’amore, vide in
lei la donna della sua vita, le sue speranze, i suoi sogni, il suo futuro, la
sua sposa, la madre dei suoi figli … se mai sarebbe sopravvissuto. Kurt era
sempre stato innamorato di Engel, tante volte in quei quattro anni avevano
dormito insieme, si erano lasciati e poi ripresi, ma mai aveva trovato il
coraggio di ricominciare ad amare, di fare una scelta di vita importante, di
iniziare a concretizzare la promessa fatta al signor Franz di prendersi cura di
lei regolarizzando il loro rapporto. Mai come in quel momento – forse
inopportuno perché contrassegnato dal rumore di cannonate e mitragliate –, in
quel luogo – non proprio adatto perché teatro di follia e disperazione, bagnato
dal sangue delle vittime e dei carnefici di un’insensata guerra contro
l’umanità –, aveva provato un sentimento così forte, improvviso, profondo,
esplosivo verso di lei. Era un sentimento, una forza capace di spezzare le
catene delle sue paure, di infondergli sicurezza in se stesso fino a spingerlo
a dire: “Engel, io ho preso una decisione …” il cuore gli batteva forte e la
voce era rotta per l’emozione “… Io voglio sposarti. Dopo la guerra,
riconoscerò la bambina come mia figlia e ti sposerò!” Il tempo e i rumori
sembrarono fermarsi e loro non essere più lì. Engel sgranò gli occhi, verdi, da
cerbiatta, belli, velati di lacrime e, con un fil di voce, confusa, sussurrò:
“Perché?” “Perché …” Kurt inumidì le labbra con la lingua “… Io ti amo.” A
queste parole dolci e tremanti, la ragazza ebbe un tuffo al cuore e quasi le
mancò il respiro: per ben quattro anni le aveva sperate, desiderate, sognate,
attese tra fiducia e angoscia, tra pazienza e tormento, e adesso non riusciva a
credere alle proprie orecchie. Avrebbe voluto piangere per la commozione,
urlare per quell’improvviso senso di liberazione che aveva provato, ma riuscì
soltanto a balbettare una parola, un nome, la causa dei suoi dubbi e delle sue
paure: “Nadine.” Subito, gli occhi di Kurt si bagnarono di lacrime e, con voce
grave, rispose: “Nadine è morta.” “Non per te.” Engel aveva ragione. E
un’altra bomba cadde nelle vicinanze. “Ma io ho scelto te …” fece il giovane
estremamente commosso, accarezzandole la guancia “… è con te che voglio trascorrere il resto della mia vita. E tu
vuoi restare con me per sempre?” Engel annuì con la testa. Lo amava troppo.
Accennò un sorriso e, con il cuore in gola, gli rispose: “Anch’io ti amo.” Gli
prese la mano, intrecciando dolcemente le dita con le sue e fu colta da un
incontenibile desiderio di incontrare le sue labbra. Anche Kurt sorrise ma poi,
all’improvviso, ci fu uno scoppio tremendo. Il cielo si accese, la terra tremò
e, all’urlo straziante di Engel, la loro casetta scomparve in una nube di fumo
nero.
[1]
La Foresta di Grunewald (detta anche “foresta verde”) si
estende lungo la riva orientale dell’Havel, nella zona occidentale di Berlino.
[2]
Quinto giorno della Battaglia di Berlino (16 aprile 1945 - 2 maggio 1945).
L’Armata Rossa sferra il grande attacco per distruggere le forze tedesche e, dopo
scontri molto aspri e dure perdite per entrambe le parti, i sovietici
conquistano la capitale. L’8 maggio 1945, sei giorni dopo la fine della
battaglia, il Terzo Reich si arrende ufficialmente.