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Autore: sarasuskind    10/11/2015    0 recensioni
cosa è il vuoto?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E non sapevo perché ma a volte ero colta da una voglia insensata e maniacale di scrivere ciò che non sapevo: incredibilmente inconscia e ignorante, iniziavo a tracciare le basi della mia idea e più andavo avanti nella narrazione di essa, più di contraddicevo e mi smentivo. Era più forte di me: mi mettevo in dubbio e non ne uscivo. Tracciare le fondamenta della mia mente mie era impossibile, finivo con il cambiare discorso o scrivere cose che avevano senso. E una mente di sicuro non è dotata di logica se presa genericamente congiunta. Ma era come diventata una droga: scaricarmi dei miei pensieri su quel foglio di carta. Questo non avrebbe cambiato nulla, ovvio. Scrivevo del nulla, come ora sto facendo; potevo parlare della paura della mia ombra, del mio ideale di amore fisico, o del domani che non sapevo; potevo raccontare del sogno ricorrente che ogni notte mi abbracciava, o della musica ostinata che nelle orecchie mi risuonava. Ma no. Non volevo scrivere per forza di un qualcosa, mi bastava sapere che l’inchiostro continuava a bagnare il foglio e lo bagnava con forme disordinate. Scrivo velocemente, quasi in modo ansiogeno e malato. Solo io capisco quella mia calligrafia che colma la carta di pensieri sconnessi. Forme dialogate, descrizioni infinite, colpi di scena terrificanti, introduzioni meticolose, prologhi saccenti ed epiloghi non soddisfacenti, conclusioni malinconiche, lieti fine. Bene ora non so più di che scriverò. Mi avvolge la paura, o forse è quell’ansia che mi spinge a scrivere ad abbracciarmi mortalmente. È disperazione, malinconia perpetua. Ma ormai la mano ha preso vita e fa l’amore con la penna ad inchiostro. Dallo stato comatoso in cui si trova di solito a compiere gesti, la mia mano ha assunto volontà e fa trasmigrare la mia anima dalla mente a lei, è passata a uno stato stupefacente. Sconnessione. Incongruenza. Non è coesa. Ma di cosa mai potrei scrivere. Strano scrivere del nulla. Originale. Banalmente rassicurante. Concepivo il nulla come una stanza vuota, ma anche una stanza conteneva aria e gli stessi muri di essa. Oppure come un deserto, ma anch’esso era formato da sabbia e calore. Tracciavo uno 0 sul foglio, ma anche questo era d’inchiostro e la sua forma gli consentiva di contenere il bianco-uovo del foglio. Arrivai al punto di non concepire il vuoto come un oggetto assente o una situazione inesistente. Mi sarei comunque messa in dubbio. Perciò pensai a me. Ero forse vuota? No, non lo credevo. Avevo dei valori, e questi dovevano bastare a riempirmi. E nessun altra persona poteva esserlo. Ogni persona conserva dei ricordi, e questi fanno in modo di renderci unici e pieni. Per questo mi convinsi dell’inesistenza del vuoto e del nulla. Non mi credevo e ben presto trovai la falla nel mio sistema accurato e sconnesso di idee: se ad ogni cosa esiste un opposto, al tutto, che ero certa esistere, corrispondeva un niente e a quel niente un vuoto, a cui si opponeva un costante riempire. Piansi. Non comprendevo nulla della realtà. Malinconia. Ma forse il vuoto stava nel tempo. Il tempo in effetti non era nulla. Controllava l’ogni e il tutto, condizionava più di ogni altra cosa le nostre vite, ma non esisteva, non era pieno e né poteva essere riempito. Sfruttare il tempo non era renderlo pieno, era farsene proprietà, anche se era lui a possederti. Ma anche se ti possedeva non divenivi parte di lui, rimanevi all’infuori di tutto. Noi tutti eravamo condizionati drammaticamente dal nulla più assoluto. Qualcosa di ingenerato. Non era creato da nessuno, non poteva morire e né poteva vivere per sempre, per il semplice fatto che non esisteva. Squallida esistenza, radicata dal niente. Attraversavamo il tempo, ed era come attraversare il nulla. Non lo sentivamo sulla pelle, non aveva sapore, né profumava di pioggia o di ortensia, non lo udivamo, e non cambiava. Immobile non esisteva.
Ma se avessimo applicato il nulla a qualcosa di materiale e fisico, come a noi stessi? Sarebbe stato comunque vuoto? La gioventù contrapposta alla vecchiaia. La gioventù era materiale: le gote all’in su, le labbra rosse, e le gambe dalla pelle dorata. La vecchiaia pure: la pelle sciupata, i capelli freddi, e gli occhi stanchi. Contenevano caratteristiche. Forse solo questo conteneva il vuoto: delle qualità soggettive e non materiali. Ma contenere qualcosa di non materiale significa contenere? Le emozioni riempivano la mente o erano solo innocenti sensazioni che ampliavano l’animo, ma non potevano considerarsi riempimento genuino?Basta non scriverò mai più del nulla. Mi spaventa. L’assenza di pienezza mi rendeva malinconica. Mi girava la testa. Avrei preferito descrivere le mani rovinate di una donna o le mattonelle di uno stradello di pietra.
 
Ho molta paura del nulla. Forse è la mia più grande ansia vivere sapendo questo.
   
 
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