Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: sarasuskind    11/11/2015    0 recensioni
siamo attaccati ad un muro, sul quale si proietta la luce appena passata per un prisma. assumiamo colori diversi, abbiamo frequenza diverse. eppure la mia mente non reagisce ai colori, semplicemente affonda nel nero. per duecento quarantanove volte è affondato nel nero
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 ​

Il paesaggio sembra quasi quello di una vecchia foto, con i bordi ingialliti e rovinati, e alcune parti sbiadite, non si sa da dove provenga e non si sa di chi sia.
Un vialetto di ghiaia è al centro del mio sogno, è contornato da rose e da cespugli di bacche, anch’essi sbiaditi come personaggi secondari di un ambientazione troppo tranquilla.

Il vialetto è circondato da terra umida, colma di erba verde e alberi alti, alberi centenari: querce, cipressi e salici piangenti, che sembrano lì da sempre, come se non fossero mai nati e come se avessero “visto tutto quello che è accaduto in quel luogo”. Il paesaggio è meraviglioso; percorro il viale, e sento nelle narici odore di primavera, di pioggia e di fiori. Un odore che mi reca tranquillità. Cammino per un tempo indefinito su quella ghiaia, ascoltando lo scrosciare dei ruscelli e il canto dei pettirossi, sempre sentendomi protagonista di una vecchia foto.
Ma ad un tratto appare al mio orizzonte una casa, una costruzione dipinta di rosa sbiadito. L’abitazione è circoscritta da una recinzione bianca, e la casa è interamente di stile inglese: tetto piatto e terrazzi sporgenti, che regalavano alla persona che vi saliva, una vista su tutto il paesaggio. Le finestre sono rifinite con tintura color canarino, dandole lucentezza, anche se il sole batte forte sul mio capo e da ciò deduco che è circa mezzogiorno. So che la magione è curata, lo riconosco dai gerani freschi piantati in un vaso, anch’esso rosa, sul terrazzo; ma allo stesso tempo sento che nessuno la abita, o per meglio dire, la vive.

Non so perché sono in quel luogo da sogno e la curiosità mi spinge ad entrare in quella casetta così placida.

Apro la porta e il mio cuore si spezza: mentre la porta, dall’esterno, pareva bianca e di legno, dall’interno è di legno scuro e marcio; il salone, che mi trovo davanti, è enorme e trasandato: le tende verde petrolio sono a terra, arrotolate in una massa informe, mentre il divano è posto in posizione verticale; le scale che sono sulla mia destra, sono “rotte” : mancano degli scalini e il tappeto rosso che li riveste, è bucato e ricoperto da polvere e segatura. Guardo il soffitto e scopro che delle travi di legno scuro pendono, facendo scricchiolare delle assi, ad esse attaccate.

Cammino per cercare una stanza che non rovini la mia idea di sogno; ma inaspettatamente di ritrovo davanti una porta ad incasso e capisco di poterla aprire solo spingendone la facciata. Cosi faccio.

Il trucco funziona e mi ritrovo in una taverna di legno, completamente di legno, senza finestre. Anzi una finestra deve per forza esserci, perché uno spiraglio di luce invade la stanza colpendo la facciata di un'altra porta.

Mi avvicino, aspettando qualcosa, anche se non so precisamente cosa. Il cuore batte troppo forte e lo avverto. È come una sensazione familiare, sono sicura di essere già stata in quel posto. Aprendo la porta, faccio scricchiolare i suo cardini e cerco di farlo nel modo più silenzioso possibile. Ed ecco lì: ho davanti un letto ricoperto da un lenzuolo verde mela, su cui dorme per sempre una donna; è bionda, con gli occhi sbarrati e il rossetto rosso colato sul lato destro del viso; indossa un abito beige con stampe a fiori marroni.
Resto per qualche attimo con lo sguardo fisso sui suoi occhi. È ferma immobile, ma mi scuote la mente. Mi fa paura. Mi fa una paura indicibile. E non ne capisco il motivo. Conosco quella donna e conosco questa casa. Io sono già entrata in questa taverna ma non ricordo né il quando e nemmeo il perché.

E poi vedo lui: lui si avvicina con sguardo malizioso e furbo, digrignando i denti. È grosso, abbastanza alto con la barba incolta sul viso; gli occhi sono blu, ma non quel blu vicino all’azzurro o al ceruleo; ma quel blu simile al cielo delle quattro di mattina, quel tipo di blu che inquieta l’animo. Quel blu che invade il mare di notte.

Mi si avvicina rapidamente, ma io è come se lo percepissi lento, perché la paura ha tutto il tempo per assalirmi. E mi assale, attraversa la pelle, spezza lo sterno e penetra nel cuore. È come un flash di eroina e fa sobbalzare.

Mi sveglio.

È finito per la centoquattresima notte.

Anche questa notte il sogno è finito.

Appena smetto di piangere per il terrore, il sonno nuovamente mi coglie.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: sarasuskind