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Autore: Oblio    22/11/2015    1 recensioni
C'era una volta una ragazza bella e popolare di nome Juliet. Aveva tutto quello che avrebbe potuto desiderare, e poi, improvvisamente, non più.
La vita di Juliet viene sconvolta quando, durante il ballo scolastico, viene uccisa sua madre. Da allora tutto cambia.
Juliet, la regina della scuola, perde la sua corona. Ed ora tutto quello che può fare è cercare l'assassino di sua madre. Cercare la verità.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cosa poteva chiedere di più?
La musica le intorpidiva i sensi in quella piccola palestra, ma si stava divertendo comunque.
Era il ballo di fine anno e lei era stretta al suo fidanzato. Nulla poteva andare meglio.
Jake, che le cingeva i fianchi con le sue mani, le sorrideva con fare quasi malizioso.
-dopo ci divertiamo ancora- le sussurrò quando Christina Perri giunse a metà di A thousand years.
Come rovinare un momento quasi romantico, pensò una voce dentro di lei, ma poi decise di non pensarci. Jake era il suo ragazzo, per quella sera, il suo cacciatore. Già, cacciatore. Il mondo era pieno di principi, ma di cacciatori no.
Sentì le mani di lui accarezzarle la schiena. Le mise il cappuccio per scherzo.
-sei bellissima stasera-
-grazie- rispose assaporando quel momento con gli occhi lucidi.
I loro volti si avvicinarono. Lei sentì vicino il suo respiro, il suo profumo.
-ti amerò per ancora mille anni-
Cosa poteva chiedere di più?
Chiuse gli occhi, e con il buio giunse il silenzio.
Lui forse le prese il viso tra le mani, mentre lei si preparava a ricevere il suo primo bacio.
Era tutto perfetto. E poi non lo fu più...

Sentì un urlo. Un singolo e acuto urlo che le arrivo frammentato, rotto.
Il volume della musica si abbassò e tutti smisero di ballare.
Solo il signor Fogg, i cui apparecchi acustici dovevano essere ancora scarichi, continuò a versarsi avidamente del punch.
Si voltò, scostandosi da Jake. Si guardarono, uno più stupito dell'altro, e la palestra si fece tutto un vociare.
Chi aveva gridato?
Qualcuno disse che doveva essere uno scherzo, qualcun altro provò ad avvicinarsi all'uscita, quando la porta si spalancò da sola.
-è morta- singhiozzò una voce femminile.
-è morta!-
Nella palestra entrò Shannon Jill, la ragazza con gli occhiali che tutti prendevano in giro.
Nessuno sembrava capire.
Lei aspettava ancora che qualcuno accucciasse la fine dello scherzo, quando vide quattrocchi avvicinarsi proprio a lei.
Shannon la guardava dritta negli occhi. Nelle iridi verdi un color misto tra la compassione e la paura.
La guardava fissa.
-è morta...

-Shannon? Shannon cosa è successo??- le chiese lei preoccupata.
La ragazza dai codini e gli occhiali spessi sembrava davvero sconvolta.
-Ju è sotto shock! Lasciale il tempo di respirare- la rimproverò Jake in un momento di normalità.
-Shannon- lo ignorò lei sempre più preoccupata.
Shannon Jill si stropicciò gli occhi, come per svegliarsi da un sogno di nebbia.
-Juliet Kane- disse quattrocchi, -è tua madre..-

Ju non esitò un attimo. Si allontanò da Shannon e Jake che la stava aiutando a sedersi, e uscì in fretta dalla palestra.
-Ju- la chiamò in eco Jake. -Ju aspetta!-
Il mantello svolazzava scomposto dietro di lei. Le mani intente ad alzare la gonna quanto era necessario per correre senza inciampare nei tacchi.
Era uno scherzo. Doveva essere uno scherzo.
Corse per i corridoi, sfrecciando tra le coppiette appartate negli angoli e le ragazze che non erano state invitate al ballo.
Arrivò alla stanza più lontana della Stonewood High in poco tempo.
L'ufficio della vicepreside era aperto.
La porta forzata, ora socchiusa. Il freddo, dalla finestra, le graffiava il viso.
-Mrs. Kane- lesse sulla targhetta dorata che dominava la scrivania.
Era uno scherzo. Doveva essere uno scherzo.
La luce non si accendeva.
Ju si avvicinò alla scrivania, sommersa dalle scartoffie. La sedia era al suo posto.
Quello che non era al suo posto, era la macchia scarlatta che si intravedeva dietro ad essa.

-mamma!- urlò quando vide il corpo.
Pianse, gridò, e pianse gridando. Poi tutto si fece sfocato nei suoi ricordi.
Qualcuno la portò via mentre la vicepresidenza si affollava di curiosi. La polizia arrivò dopo due buone ore.
Arrivò anche suo fratello, Sam.
-Ju cosa è successo?- le chiese vedendola seduta a terra. -Ju rispondimi! Ti prego!-
E poi, il buio.

L'omicidio di sua madre venne archiviato come accidentale. Secondo gli inetti della polizia un ladro si era introdotto a scuola e aveva cercato di rapinare Violet Kane, che, avendo opposto resistenza, era stata uccisa; anche se il portafogli e i gioielli le erano rimasti addosso.
Ma questo non importava allo sceriffo di Stonewood, che aveva cercato in tutti i modi di proteggere il Signor Jackson, il preside della Stonewood, che Sam aveva accusato pubblicamente.
-quello nasconde qualcosa, io lo so. E anche mamma lo sapeva- le aveva detto Sam quando lei gli aveva chiesto spiegazioni.
Il resto aveva cercato di evitarlo.
Per tutta l'estate era rimasta sola. Lei e Jake si erano lasciati, per quello che stava succedendo tra le loro famiglie, e Ju passava le sue giornate a leggere o a occupare il tempo a disegnare, l'unica cosa che riuscisse davvero a distrarla.

E l'estate passò lenta quanto immediata, finché non giunse l'inizio della scuola.
In effetti mancavano ancora tre giorni, ma Ju si era messa di impegno a studiare prima. Le piaceva tenersi impegnata.
Aveva appena spedito una mail a Michael Ross, il referente del corso di Arte e creatività, che era stato entusiasta di averla nel suo gruppo. Quell'anno era diverso, dopotutto.
Aveva lasciato le Cheerleader, e aveva lasciato effettivamente l'elite della Stonewood High dopo che aveva rotto con Jake.
Era diverso. Era tutto diverso.
Sospirò. Fece per chiudere il computer, quando sentì un trillo.
Una nuova mail. Si chiese se non fosse ancora Michael, che la ringraziava per l'ennesima volta.
Ma non era Michael.
-da: me
Oggetto: VERITAS-

Ju si rimise gli occhiali, interessata alla mail che apparentemente si era inviata da sola.
-oggetto: VERITAS- diceva il messaggio.
-vuoi conoscere la verità?- le chiedeva lo schermo.
Ju fece una smorfia. Era uno stupido scherzo, ma qualcosa la incuriosiva.
-la verità su cosa?- digitò in fretta.
-la verità sulla mia opera: l'omicidio di tua madre :)-
Ju per poco non buttò il pc giù dal tavolo.
-non è divertente. Smettila.- fu il suo ultimo messaggio, prima di inserire le mail da "me" nella spam.
Un altro trillo.
-STONEWOOD HIGH SCHOOL. 23:59-

Andare a scuola non le piaceva, men che meno andarci di notte. Ma se qualcuno la stava prendendo in giro voleva affrontarlo.
-Juliet sei sicura che sia legale-
-ovviamente no- rispose a Michael mentre scassinava la porta principale, -e non chiamarmi Juliet. Mi chiamava così solo... Be' lasciamo perdere. Hai portato quello che ti ho chiesto?-
-s-sì- rispose lui agitando la borsa che teneva in mano.
-shhhh!- lo zittì lei.
Be', in realtà non voleva solo affrontare lo spiritoso che le inviava le email. Se voleva davvero spaventare Juliet Kane, prima sarebbe stata lei a fargli prendere un bello spavento.
-sangue finto, una mano quasi umana e ossa di pollo- ripeté Michael come fossero stati sulla lista della spesa.
-shhh!!-
E si richiese perché se lo era portato dietro.
-sai, sei davvero bella, anche qui- provò a dire Michael socchiudendo gli occhi dietro agli occhiali, mentre superavano la biblioteca e l'aula di detenzione.
Lei inarcò un sopracciglio.
Non era il suo tipo. Non era per niente il suo tipo, ma alla fine era l'unica persona disposta ad aiutarla anche nel bel mezzo della notte.
-esattamente dove stiamo andando, ehm, Ju?-
Sforzò un sorriso. -in vicepresidenza. Sarà lì.-

Controllò l'ora: le undici e cinquantacinque.
Eppure non c'era nessuno.
La vicepresidenza era vuota, spoglia di tutte le cose di sua madre.
Erano nascosti sotto la scrivania. Michael tremava e lei lo riprese un paio di volte. 
-vuoi stare fermo?-
 Le undici e cinquantotto.
-forse non verrà nemmeno- si disse socchiudendo gli occhi.
Sospirò. Era stato uno scherzo. Uno stupido scherzo, e lei ci era cascata.
-dai Michael usciamo, possiamo anche and...-
Ma non finì nemmeno la frase, che l'allarme della scuola cominciò a suonare.
-che hai fatto?!- chiese al ragazzo.
-io non ho fatto niente-
Uscirono dal loro nascondiglio. Ju aprì la porta e...
Michael si tappò le orecchie quando lei urlò.
-c'è.. C'è una mano!- disse lei arretrando alla vista di quella che sembrava una vera mano umana, con tanto di sangue vero e ossa vere.
Accanto, un biglietto.
"le campane suonano quando i colpevoli vengono arrestati
-me"
Salve a tutti :) Questa è la mia prima storia e mi farebbe molto piacere se recensiste per darmi la vostra opinione...  
   
 
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