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Autore: Lucilux    25/11/2015    1 recensioni
Csi può opporre al destino, ignorando i suoi segni e il suo volere e chiamare propria volontà l'aver negato il proprio io interiore credendo che ciò avrebbe portato alla serenità? Questa la storia di due anime che si completano a vicenda pur sembrando costantemente in lotta, di due destini che scorrono paralleli come fossero un binario e che mai trovano incontro pur non avendo alcuna possibilità se non di procedere appaiati per tutta la loro esistenza...
Non scrivo per ricevere recensioni o per terapia, lo faccio solo per me stessa. Usare Matt e i Muse mi serve solo per visualizzare un artista che ammiro ma nessuno dei fatti citati fa parte della sua vita reale, che potrà pertanto apparire diversa da quella che vi risulta essere.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Matthew Bellamy, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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- Cosa vuoi Matt?
- Non sulla porta, per favore…sono ubriaco, dai ospitalità ad un reo confesso…
- Siediti sullo zerbino allora  e respira l’aria fresca, ti farà bene…
- Devo vomitare, per favore fammi entrare…
- Ti sei fatto quanti km per venire a vomitare in casa mia Matt, potevi vomitare dentro le scarpette col tacco a spillo della tua nuova fiamma  o nel letto di tuo figlio anziché rompere l’anima a me all’alba?!? Devo pulire io il tuo vomito, tocca sempre a me il vomito della rockstar disperata, a fasi cicliche? Sono l’interludio tra i tuoi rigurgiti sentimental/sessuali? Una che “come pulisce il vomito lei dal pavimento e da dentro l’anima non lo pulisce nessuna”? Ecco, guarda, mi sono dimessa anzi no, adesso che mi torna in mente devi ancora versarmi i contributi per i servigi resi anni orsono e tutto sommato non ti conviene, ti manderei al lastrico tanto ti farei pagare….eclissati dalla mia vita…ci abbiamo riprovato Matt, abbiamo provato ad essere amici, ex tolleranti, complici e cosa abbiamo scoperto?Che tu non sai stare alle regole.  Ma che idea ti sei fatto di me? Di noi? Chi sono io per te?
- Sei la donna che amo e a cui sto chiedendo pace…pace e ospitalità  in questo momento…per favore, fammi stendere sto male
- Fottiti
Si svegliò col fastidio dell’aria fresca del primo mattino a pizzicargli le guance…un cuscino sotto la testa…adesso ricordava e gli venne da sorridere: l’aveva mandato neanche troppo metaforicamente a pascere le pecore però gli aveva tirato un guanciale prima e lui l’aveva interpretato come un “mi ama, mi ha sempre amato, o comunque qualcosa le impedisce di odiarmi quanto dovrebbe”. Si ricordò di quando un paio di volte avevano litigato di brutto e lei lo aveva sbattuto a dormire a notte fonda in macchina nel giardino e lui – la rockstar bella al punto da non dover chiedere mai a nessuna  – era uscito tutto stropicciato dalla sua macchina a tarda mattinata, capelli arruffati e cuscino alla mano, coi vicini che lo guardavano esterrefatti, non solo chiedeva ma supplicava di farlo entrare o quando la sera - ubriaco fradicio per aver tentato di affogare i fantasmi dei rimorsi e dei rimpianti in cui avvelenava l’anima – si sentiva respingere con frasi tipo: “Se proprio devo farmi scopare da un ubriacone me lo scelgo più giovane e più dotato” cosicchè si finiva a solletico e cuscinate e poi l’ubriacone desisteva dai turpi pensieri e si addormentava russando come un pupetto senza ombra di peccato addosso al suo seno. Si trovò a pensare per l’ennesima volta che il fascino delle donne non risiedeva nelle morbide curve che hanno, nella pelle profumata e nel loro inguaribile modo di esser pudiche anche quando sia palese che fingano di esserlo ma in quella perenne voglia di vivere ogni sensazione portandola all’estremo perché tutto sappia di amore o morte, di passione e non solo di desiderio, di anima straziata e non solo di tiepida sensazione, quel loro aver gli occhi sempre pieni delle lacrime della rabbia di parole che spingono violente incapaci ad uscire, quelle lacrime che velano gli occhi e che sono impedite a rompere gli argini di un sentimento sempre totalizzante (che sia odio o amore, che sia disprezzo o interesse) e che ti fanno sentire il loro Dio protettore un giorno e l’altro il loro perfido sadico aguzzino, il centro del loro mondo quando invece è palese che tutto gira attorno a loro, a quel maledetto cromosoma X che per te rappresenta il loro esserti madre e sposa, sorella e puttana.”Sesso debole col cazzo siete!” si trovo a ridacchiare sulla schiena tremando al freddo steso sul selciato del portico,  la schiena dolorante, le gambe irrigidite dalla nottata all’addiaccio…
Suonò il campanello…anzi prima bussò senza esito (“no, prima busso piano, se non mi apre insisto….poi al limito suono…una volta sola però…lei odia i rumori forti al mattino, odia parlare, odia lo sbattere delle ciotole dei corn flakes, odia persino lo sfrigolare della pancetta se abbiamo litigato….ma come diavolo ho fatto ad innamorarmi di una così respingente già di primo mattino io?”)
- Ecco….grazie…per il cuscino, grazie
- Figurati 
- Posso avere un caffè?
- Si, con un euro al bar in piazza ti ci danno anche il cioccolatino. Scusa, faccio tardi. Io ho un lavoro, ho una vita, non canto sotto la doccia io…- tentando di chiudergli il portone d’ingresso in faccia (“Bloody hell, quanto è stramaledettamente bella con i capelli sciolti lunghissimi, con gli occhi sporchi del trucco del giorno prima, con quei fianchi che fanno fatica a stare dentro quella camicia che usa per dormire…ma come diavolo ho fatto ad innamorarmi di una che ha i capelli più lunghi dei miei, che peserà dieci kg più di me, che mi sovrasterà di…bè, qualche cm sicuro  e che è tanto stramaledettamente normale e attenta alle convenzioni come io non sono?”)
- Possiamo parlare?
- Di cosa?
- Di noi
- Di te cioè…vuoi ancora mascherare  dietro il NOI la tua esigenza di sentirti padrone della vita altrui per giustificare a te stesso la tua grandezza, la tua magnanimità di essere eccezionale che si è donato a noi comuni mortali? O lo fai per saziare il tuo egocentrismo, Matt? La gente la usi deliberatamente oppure ti viene così, endogenicamente spontaneo? Vediamo un po’ a chi possiamo rovinare di nuovo l’esistenza quest’anno? Ma sì, alla mia ex, tanto al massimo che le può succedere che non si aggiusti con un paio di lacrimucce versate sui brani del cd prossimo venturo a chiedersi se fossero per lei o per chissà chi? Poi sparisco, mi eclisso andando a succhiare la vita di qualcun’altra, poi ritorno eh, mica l’abbandono la mia preda preferita, il suo collo è così invitante, il suo sangue nutriente, più lei rimane inerme ed esangue più io m’illumino della sostanza della sua anima e cresco, cresce il mio ego soprattutto, si scaldano le mie vene….Per non parlare della vena artistica poi, Matt…ma perché ogni tanto non ti rimorchi una troia che ti faccia a brandelli l’anima sul serio e non solo ti prosciughi il conto in banca ma ti sputtani su qualche tabloid anziché starsene sempre nell’ombra come ho fatto io? Sai che begli stornelli alla maniera boccaccesca ne verrebbero fuori? No, tu mi rovini la vita a corrente alternata e poi te la rivendi cantando quanto mi ami e quanto io sia stronza…che film hai visto, Matt? Di sicuro io stavo in un’altra sala quando proiettavano quello che ti piace rivivere ogni volta!
- Possiamo parlare anche di questo se ne hai bisogno, piccola…
- Se ne ho bisogno? Io? Ero io l’ubriaca ieri notte che bussava alla sua stessa porta? Io ho bisogno? Sei tu che ciclicamente devi svuotarti testicoli e coscienza non io…tu cerchi me non io te…e lo sai  perché non ti cerco?
- Perché non provi più nulla?
- E no eh, troppo facile. In primis non ti cerco perché difficilmente andrei a baciare in bocca uno con l’Ebola, in secundis perchè  si, non provo nulla perché se provassi qualcosa anziché tirarti cuscini ti prenderei a selciate! Sei un morbo mortale Matt, chi ti tocca muore e se non muore rimane contagiato a vita, coi segni delle piaghe che gli fa quello che tu chiami “il mio modo di amarti”…io, quel poveraccio del tuo amichetto, chi altri? Pochi eh, perché tu devi goderci a star male e far star male, devi vedere il senso di angoscia e di colpa che accartoccia lo stomaco dell’altro come accartoccia il tuo per sentire il peso e il valore di ciò che provi e di ciò che prova l’altro…non sei solo malato: TU FAI AMMALARE! Solo che tu questo lo converti in arte e te ne liberi, gli altri lo convertono in nevrosi, psicosi, lacrime, mal di stomaco, incapacità di riprender ele redini della propria esistenza. Fammi il piacere, levati di torno!
- Per favore, mai una volta che si riesca a parlare come due persone adulte io e te…piccola, per favore, sediamoci davanti ad un caffè e calmati
- Non sono piccola da anni ormai, e non ho tempo di sedermi. Io ci parlerei con te se fossi adulto nell’aspetto e nell’anima ma non lo sei. E poi sei uno straccio. Sei sconvolto, sei attraente quanto un barbone che ha dormito in un cartone, hai anche l’alito che puzza di alcol digerito, ti fossi fatto la pipì addosso avresti vinto l’oscar per la miglior interpretazione realistica di un homeless. Rimani fuori a schiarirti le idee poi quando esco entra, fatti una doccia, fatti un caffè poi tirati dietro la porta e sparisci. Chiamami a Natale, a Pasqua, al compleanno e quando mi chiami assicurati di comporre il prefisso cioè, se non è chiaro, spedisci di nuovo il tuo corpo oltre Manica. Evita di tornare ciclicamente come una meteora, lasciami aria perché finiamo di nuovo male io e te altrimenti. Ti auguro ogni bene, credimi. Ho dimenticato, ho perdonato, auguri e figli maschi…anzi no, quello l’hai già fatto senza venire qui a chiedermi il permesso…solo auguri quindi…
 
“Mi ama” pensò  “Si preoccupa…la doccia, il caffè…mi ama”. Sembrava incredibile ma tra loro era sempre stato così, bisognava raccogliere i flebili segnali di interesse l’uno per l’altro, isolarli, dargli il giusto significato per fargli assurgere il valore reale che avevano. Con tutto quello che era successo tra loro dal I incontro a quel giorno ne avrebbe avuto ben motivo di chiamare la polizia e accusarlo di stalking o peggio, chiamare la stampa e organizzargli la sistematica distruzione dell’ennesima parvenza di vita familiare e domestica serena che si era creata, invece lei al solito si era limitata a recitare la parte della dura e decisa ma i piccoli segni che lui percepiva nelle parole di lei, nella sua gestualità, confessavano tutt’altro e lo obbligavano ad affondare i colpi…non per farle male ma per aprirsi un varco: era tipo da cacciare per la sopravvivenza lui, non per il piacere di far del male alla selvaggina! Perché quello le sembrava la sua ex: una lepre che scappa velocissima col cuore che le esce fuori dal petto e che poi si ferma di colpo davanti al cane da caccia come a dirgli “Non mi fai paura, tu fai il tuo gioco io faccio il mio, se sarò io a soccombere la soddisfazione di non averti fatta fare la fatica che merita l’avermi catturata non te la do, ti faccio scoppiare il cuore dalla fatica semmai, ti riduco sull’orlo dell’infarto, tanto poi lo so che sarò io ad essere catturata”.
“Se non ti siedi a parlare io non sparisco, sappilo!” le gridò mentre lei usciva di casa correndo al lavoro dove sarebbe arrivata di sicuro in ritardo, ignorandolo.
 
Entrò in casa: un ordine maniacale, una rivista patinata non per l’arredamento o la scelta dei decori ma per l’ordine e la pulizia con cui era disposta ogni cosa. Gli andò subito la mente agli anni in cui erano stati insieme, quando erano stati una coppia ufficiale…la casa era di lei, lui si sentiva un ospite pur avendone le chiavi…non avevano provato mai a vivere nell’appartamento di lui perché la vicinanza con l’altra ex e la sua ex vita avrebbe potuto esacerbare gli animi e lui non aveva avuto mai tempo di costruire per lei il nido che aveva donato a chi prima di lei era venuta e chi si era a lei avvicendata…e per costruire non intendeva mettersi calce e cazzuola in mano ad alzar muretti ma prenderla per mano, portarla in giro in un quartiere che avevano individuato come idoneo per le esigenze di entrambi e scegliere una casa con il giardino, magari malmessa su cui poter metter la loro creatività, la loro passione, la piccola serra, la veranda, i fiori (non c’era nulla che lo rilassasse di più di fare giardinaggio, non c’era nulla che predisponesse lei di umore migliore che essere svegliata con un fiore sul cuscino o col solletico di una corolla sulle labbra, sul viso), poterne dipingere insieme le pareti come una coppia normale avrebbe fatto nei ritagli di tempo dal lavoro, con i soldi risparmiati… invece no, non era mai riuscito a darle la normalità che lei voleva non perché lui non volesse a sua volta ma perché ogni volta rimandava, ogni volta credeva di avere tutto il tempo necessario: con nessuna e nessuno mai nella vita si era comportato inconsciamente da rockstar nella vita come con lei, solo lei sentiva il peso di chi lui fosse, gli anni a nascondersi, a non dire o fare la cosa sbagliata, forse a non osare chiedere ciò che una donna normale (la tua donna, la regina della tua casa non solo quella che ti siede splendida al fianco se vinci un premio musicale ma anche quella che stira montagne di panni, ti lava i calzini e cerca di riportarti sul pianeta Terra quando sei sballottato dallo storm of fame) non dovrebbe neanche chiedere: una casa e dei progetti per essa condivisi, dei figli, il peso di portare il suo cognome.
“Non c’è un goccio di alcol in questa casa, accidenti” urlò ai muri mentre se ne andava in giro sgocciolando dentro un asciugamano…e gli tornò in mente la metafora della lepre impaurita e si ritrovò a sorridere pensando al cane che le ansima addosso non per la frenesia  e l’eccitazione della cattura imminente ma per lo sforzo fisico di averla per l’ennesima volta raggiunta e non riuscire ad andare oltre, stremato… “Un cane da caccia alcolizzato sono, ecco perché ho il fiatone stupida lepre…dovresti aver più rispetto per me” parlando all’unica foto di lei in soggiorno….lei e i suoi genitori e sua sorella, la sua famiglia, la sua orribile e poco affettuosa e affatto comprensiva famiglia che pur esponeva su quel mobile perché era l’unico brandello di vita di comunità e di nido che aveva: emancipata, self made woman e cittadina del mondo si sarebbe venduta carriera, gioventù, successo, soldi per uno scampolo di vita normale accanto ad un uomo normale che le avrebbe dato dei figli normali e le avrebbe fatto passare dei noiosissimi week end normali e che l’avrebbe resa la madre che sua madre non era mai stata per lei …”La donna più sanamente normale che ha scelto l’uomo più insano e sbagliato del pianeta Terra” riflettè (lei avrebbe detto “La donna più sanamente normale che è stata scelta dall’uomo più insanamente sbagliato” a rimarcare quando negli anni aveva messo in atto per sfuggirgli, per non incoraggiarlo, per stargli sempre un palmo dietro, mostrando il lato più coriaceo, indispettito, acido di se stessa) e tornò con la mente a sua madre e alle  volte che più o meno velatamente gli aveva fatto capire che quell’italiana era la donna giusta, la donna che avrebbe voluto vedere al suo fianco, la donna che gli avrebbe portato pace nell’anima tanto complicata. Ma che pace! Quella donna era una Erinni, una creatura indomabile, una figura mitologica a metà tra una Chimera imperscrutabile di cui era sempre stato impossibile interpretare mosse e pensieri ed una Musa come lo era stata la Maya desnuda di Goya, una che pur sfuggente, era sempre stata lì a farsi “usare”, a farsi gettare in pasto al mondo solo perché non ne era mai stata consapevole. Perché se ne fosse stata consapevole di sicuro sarebbe arretrata in tempo, in tempo per non rimanere invischiata in un amore immortale e immorale assieme, un amore che anche volendo non sarebbe stata capace di scrollarsi mai di dosso e che ne avrebbe segnato a vita l’esistenza. “Stupida lepre che non sei altro, sono nato, sono stato addestrato e plasmato  dalla vita solo ed esclusivamente per darti la caccia io, non sono un cane da tartufo o per la pet therapy, sono uno stronzissimo e sbronzissimo cane da caccia alla volpe e amo il mio lavoro e finchè non ti ho fatto vedere che tu sei nata per questo fine, che nella giostra della nostra esistenza altro scopo non hai che farti stringere all’angolo da me e che io vivo per non perderti d’occhio non ti darò tregua” fece alzando il calice ormai vuoto verso la foto…farneticava e non era neanche ubriaco, la mancanza di lucidità era colpa del pensiero pressante di lei e dei suoi modi aggressivi e sfuggenti.
Il feroce, rabbioso e deciso cane da caccia alla lepre al momento decise che l’’unica strategia da attuare fosse limitarsi a scrivere un biglietto e metterlo sotto la cuccia della sua preda “…but I had no sense
of living without aim, the day before you came”….tutto sommato non era poi così tanto feroce con quel mugulante messaggio…
  
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