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Autore: Vika_Derryth    25/11/2015    0 recensioni
Una notte temporalesca ed insonne per S., dai risvolti surreali, che assume ben presto le sembianze di un incubo.
Sussurra ancora nel mio orecchio, carezzandomi come la punta gelida di una lama affilata.
Mi volto, ma accanto a me non c'è nessuno. La voce è nella stanza, nella mia testa, proviene da ogni direzione e da nessuna.
"Sono te."
Genere: Dark, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La pioggia cade fitta all'esterno.

Grosse gocce scrosciano sulla tettoia di metallo, riversandosi in rivoli tumultuosi lungo la grondaia e sul balcone.

La luce giallognola dei lampioni è un bagliore fioco che a malapena riesce a raggiungere il piano e rischiarare il buio completo della stanza, rotto solo dai violenti fulmini che squarciano il cielo notturno.

Il ritmico bagliore dei lampi illumina le pareti lillà, disegnando su di esse ombre nette e allungate come dita mostruose che si protendono verso di me.

Il rombo di un tuono sovrasta il canto della tempesta, facendo tremare i vetri della finestra.

Sussulto sorpresa e mi rannicchio contro la testiera di ferro battuto, tirandomi le gambe al petto e nascondendomi sotto la coperta, come fosse una tana sicura che possa proteggermi dal mondo esterno.

 

"Perché hai paura?"

 

Un sussurro leggero come il tocco di una piuma mi sfiora l'udito. È appena percettibile, ma fremo mentre brividi freddi mi percorrono la schiena.

«L'ho solo immaginato. Lo so.», mi dico, non so neanche se le parole siano davvero uscite dalle mie labbra perché il temporale cancella qualsiasi altro suono.

 

"Perché hai paura?"

 

Questa volta più nitida, la voce pare una soffice bacio posato vicino l'orecchio.

Spalanco gli occhi atterrita e mi guardo intorno, drizzando la schiena.

La coperta mi scivola via, cadendo mollemente intorno a me.

«Chi sei?», chiedo ad alta voce.

Ma so di essere sola, la piccola stanza è vuota.

 

"Sono te."

 

Sussurra ancora nel mio orecchio, carezzandomi come la punta gelida di una lama affilata.

Mi volto, ma accanto a me non c'è nessuno. La voce è nella stanza, nella mia testa, proviene da ogni direzione e da nessuna.

 

"Sono te."

 

Ripete, ancora, facendosi più forte, cristallina, mentre un altro fulmine squarcia la notte, mentre la paura mi squarcia il petto e il cuore vi martella furiosamente.

«Dove? Dove sei?», quasi urlo.

Non so neanche cosa sto dicendo, so di non voler sapere dove si trovi la fonte di questa voce così innocente e dolce e che mi terrorizza.

 

"Sono sempre stata con te, ti proteggo."

 

Mi rassicura.

 

"Sono qui per toglierti ogni paura."

 

Mi siedo sul materasso. La pioggia sembra essersi fatta lontana, quasi un sogno.

Ho la testa leggera, la mente confusa e lucida nello stesso istante, corrosa dal timore.

 

"Vieni da me."

 

«Dove?»

 

"Qui. Saremo al sicuro. Saremo insieme per sempre."

 

«Perché?»

 

"Così nessuno potrà più farti del male."

 

Mi alzo, spostando lo sguardo sulla camera vuota.

Tanto dolore, tanta sofferenza.

Compagni costanti della mia breve esistenza.

Ferite, paure, insicurezze sembrano ormai lontane in quella notte temporalesca.

Le sue parole mi allettano. Non fa più tanto paura, in confronto ad una vita costellata di cattiveria e solitudine.

«Sono così sola...»

 

"Non sei sola.

Non più.

Vieni da me."

 

Mi fermo ad osservare il mio riflesso nello specchio appeso alla parete, un contorno a malapena disegnato nell'oscurità quasi totale, dai pallidi riflessi della strada e che i fulmini scolpiscono vividamente per un istante.

La ragazza nello specchio ricambia il mio sguardo mesto, stringendosi la coperta sulle spalle.

Mi sorride.

Indietreggio di un passo, un piccolo urlo sorpreso mi muore in gola.

Animata di vita propria, la figura raddrizza le spalle, osservandomi con occhi dolci, le labbra increspate in un sorriso sempre più ampio che scopre leggermente denti bianchissimi.

È come immersa in un bagliore proveniente dal suo corpo, una luminescenza che le ricopre la pelle rendendola vivida e reale mentre si muove al di là dello specchio.

 

"Vieni?"

 

Sussurra.

Alza lentamente un braccio, tendendomi la mano e aspettando quieta una mia mossa.

Sono ancora pietrificata, le gambe pesanti incatenate al pavimento gelido su cui tento di muovere qualche passo incerto.

Mi avvicino, mentre lei fa lo stesso, fino a che non ci troviamo una di fronte all'altra.

Ancora sorride, invitandomi a darle la mano.

 

"Vieni."

 

Ripete.

Non è più una domanda. Sembra un consiglio, un invito, quasi un ordine che riesce a smuovere il mio corpo ancora intorpidito dalla paura.

Senza che me ne renda conto sollevo un braccio, avvicinando le dita al vetro.

Lo sfioro appena, con delicatezza.

I polpastrelli percepiscono il freddo della lastra mentre li poggio su di essa, esitando. Dall'altro lato, lei fa lo stesso.

Nel momento in cui le mani si trovano nella stessa posizione sembra quasi che sia tornata ad essere un riflesso inanimato.

Mi muovo, si muove, rimandandomi la me che è nella stanza, ancora assordata dalla tempesta che ormai è solo il sottofondo tumultuoso di questa strana notte.

Poggio il palmo sul vetro, facendola combaciare perfettamente col riflesso.

Non ne ottengo alcuna reazione, mentre mi osservo confusa così da vicino.

Abbasso lo sguardo sulle mani che si toccano, poi lo risollevo lentamente seguendo l'arto, la spalla, il collo fino ad incontrare il volto immobile a fissarmi, con di nuovo un sorriso stampato sulle labbra.

Il sorriso è meno dolce di prima, più deciso, furbo, quasi sornione.

Sussulto, tentando di allontanarmi ma me lo impedisce, chiudendo le dita ed intrecciandole con le mie.

Sento la sua pelle gelida come neve sfiorarmi.

Rimaniamo immobili, il respiro accelerato come il battito del cuore, gli unici suoni che ora riesco a sentire.

La osservo più attentamente. È me, ma non è me.

Il candore che irradia il suo corpo è quasi innaturale, le labbra rosse come boccioli di rosa.

E gli occhi. Nel riflesso non vedo i miei occhi azzurri.

Le sue iridi sono grigie. Un colore indefinibile, cangiante, sfumature che virano dal ghiaccio al piombo liquido.

Con un movimento così veloce e fluido da essere quasi impercettibile solleva l'altro braccio, stringendo la mano diafana intorno al mio polso.

Il sorriso si allarga, mostrando i denti così innaturalmente bianchi.

Un fulmine abbacina la stanza e lei mi tira a sé.

Mi sento sollevare come fossi fatta di gommapiuma, senza alcun peso.

Nell'attimo in cui il lampo si sta spegnendo, come se il tempo si fosse dilatato, il mio corpo affonda dello specchio, attraversando il vetro divenuto liquido, denso. Sento la materia sfiorarmi la pelle, stringermi addosso mentre inesorabile avanzo trascinata da lei, che ancora mi guarda, incatenando i suoi occhi metallici ai miei, colmi di paura.

 

"Saremo insieme per sempre!"

 

Esclama ridendo.

E quando affondo completamente ogni bagliore si spegne, tranne le sue iridi d'acciaio.

Annego in esse, mentre l'oscurità mi avvolge.

   
 
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