Libri > Twilight
Ricorda la storia  |      
Autore: Florence    01/03/2009    21 recensioni
"Avevo scelto di morire, invece un angelo mi aveva salvata e mi aveva concesso una vita eterna. Non solo: mi aveva donato una famiglia, ma io non riuscivo a sentirmene parte. Perché io avevo scelto di morire... Mi chiamavo Esme Ann Platt e adesso sono solo una vampira" NdA: I pensieri e le scelte di Esme, nei primi anni della sua nuova vita da Vampira. Fanfiction partecipante al Pre-Twilight Contest indetto da Queen_of_sharingan_91: Prima classificata
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Carlisle Cullen, Edward Cullen, Esme Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tre
Fanfiction Prima Classificata al
Pre-Twilight Contest indetto da Queen_of_sharingan_91

http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8208696&p=1

Tre
(by Florence)

Avrei tanto voluto che Edward fosse un bambino. Anche un bambino vampiro, sarebbe andato bene lo stesso. Anche un bambino non nostro. Non mio.

Forse il dolore non sarebbe stato ancora così atroce, forse avrei potuto trovare la forza di ricominciare.

La neve cadeva morbida sui tetti di ardesia, in lontananza: ora potevo sentirne il crepitio, fiocco a fiocco, mentre si scioglieva appena, per compattarsi a quella già stesa in una coltre silenziosa e candida. Non pensavo che in questo nuovo corpo avrei provato le stesse sensazioni di allora. Pensavo che sarei diventata insensibile al caldo e al freddo, al dolore e alla noia.

Mi sbagliavo. Come i sensi si erano acuiti oltre quelli di un inumano predatore, così le emozioni urlavano, rimbombando feroci nel mio cuore immobile.

Mi sentivo più innamorata, più attenta, più triste.

Più disperata ancora di quando la fragile, mortale Esme aveva scelto di buttarsi da una rupe.

La nuova Esme chiedeva vendetta al Cielo per quello che le aveva strappato, ringhiava in silenzio perché non era più in grado di farla finita.

Eppure non riuscivo ad odiare Carlisle per avermi salvata: giorno dopo giorno il suo amore alimentava il mio tenendo accesa la mia debole fiammella.

Solo... quanto avrei voluto che Edward mi guardasse davvero come se fossi stata sua madre! Anche se non era un bambino e i suoi occhi erano più adulti dei miei riflessi nello specchio, implorando perché cadessero quelle maledette lacrime che il mio nuovo corpo non sapeva versare, anche se lo avesse fatto solo per compiacermi, quanto lo avrei desiderato!

Pensare che in questa nuova realtà, Edward era persino più vecchio di me! Mi aveva vista neonata: come poteva considerarmi sua madre? Andava contro logica e contro natura.

La cosa peggiore, la sofferenza più atroce, era il non poter spegnere mai la mia testa. Un tempo mi imbottivo di sonnifero e cadevo nell’oblio. Era un po’ come morire, un poco alla volta. Adesso l’orrore di quello che era accaduto era davanti ai miei occhi ogni momento della mia esistenza.

I pensieri si sovrapponevano ai pensieri, i ricordi mi disintegravano pezzo per pezzo.

Un fiocco di neve cadde sul dorso della mia mano, dimenticata, immobile sul costone roccioso che si stendeva a fianco e sotto di me e rimase intatto, senza sciogliersi. Immutabile. Un po’ come me.

Lo portai alla bocca e, con la lingua, lo leccai: non era freddo come mi sarei aspettata. Ormai avrei dovuto abituarmi a quella esistenza glaciale: un cuore che ha smesso di battere non produce calore e il mio si era spento assieme a quello del mio piccolo Jimmy...

Un pensiero affannato balenò nella mia mente, il ricordo del suo odore, del suo vagito innocente.

Mi sforzai di piangere per l’ultima volta, ma era inutile. Feci un passo verso di lui e verso l’abisso.

Sentii di nuovo l’aria intorno a me, che mi scompigliava forsennatamente i capelli e premeva contro il mio corpo. Inspirai violentemente e questa volta aprii gli occhi. Almeno mi sarei spaventata.

Nulla. Non provai nulla.

Non dolore per l’impatto con le rocce aguzze, non disagio per la pelle scalfita.

Nulla. Nemmeno un po’ di paura.

Decisi di restare lì, in un angolo, immobile, sperando che Carlisle e Edward si dimenticassero di me e non venissero mai più a cercarmi. Chiusi gli occhi e smisi di respirare. Questo corpo avrebbe sopportato tutto e la mia mente si sarebbe presto offuscata.

Chissà, tra mille anni avrei potuto assomigliare ad una radice di un vecchio albero, oppure ad una roccia.

Passò del tempo: troppo poco, in realtà, quanto non sarei in grado di misurarlo.

Cadde la neve, sopra il mio corpo e mi coprì: solo i miei capelli arruffati potevano essere rimasti visibili.

Contai mentalmente i battiti di un cuore che non si muoveva dentro di me. Finché non si fermò.

Uno...

Due...

Tre...

Quattro...

Cinque.

Delle mani calde mi afferrarono dalle spalle, scrollandomi delicatamente. Braccia salde mi sollevarono e il mio volto affondò nel petto di Carlisle. Avrei riconosciuto il suo profumo tra un milione, anche se tenevo gli occhi chiusi.

Ci muovemmo lentamente, tornando a casa. Avrei dovuto essere priva di sensi, sconvolta. Tutto avrebbe dovuto essere trasparente alla mia memoria: le sue parole strazianti sussurrate al mio orecchio, il rumore dei passi, la stoffa strappata che scivolava sul mio corpo, sostituita da altra asciutta, i disperati e silenziosi rimproveri che continuava a rivolgersi, maledicendosi per avermi lasciata andare.

Invece sentivo ogni cosa e rimanevo assente. Volevo non tornare più a galla.

Dimenticatemi: non chiedo nulla di più.

Poi successe qualcosa di inatteso e magico.

Piccolo, dolce, irruento Edward! Fu lui a riportarmi indietro, entrando di corsa in casa, sbattendo le porte contro al muro quasi fino a romperle, chiamando il mio nome...

-Mamma...! Mamma sono qua. Carlisle… come sta? Dove l’hai trovata?-, prese la mia mano tra le sue e reclinò il suo viso sul cuscino, accanto a me.

Sei...

Sette...

Otto...

Non potei impedire alle mie labbra di distendersi in un fragile sorriso, alla mano libera di muoversi fino alla sua testa ed accarezzare i suoi capelli ribelli, avvicinandomi al suo viso con un bacio leggero.

Alzò lo sguardo su di me: capivo che il suo volto era rigato da sottili lacrime d’argento, anche se non potevo davvero vederle.

Sentii le mie, immaginarie, prorompere oltre il velo degli occhi arrossati e inondare il vuoto che avevo dentro.

Vidi Carlisle avvicinarsi a me, chinarsi e posare un bacio sulla mia fronte. Tremava.

-Non ho mai smesso di cercarti... non avrebbe senso tutto questo, senza di te…-, mormorò con il fiato spezzato.

Rimanemmo stretti tutti e tre in un abbraccio infinito.

Io, mio marito e il nostro bambino.

FINE


***

Disclaimer: i personaggi e gli argomenti trattati appartengono totalmente a S. Meyer. La storia è di mia fantasia e non intende paragonarsi a quella concepita e pubblicata da S. Meyer.

***

Twilight,  i Cullen sono copyright di Stephenie Meyer. © Tutti i diritti riservati.

La storia narrata di 'Tre', le circostanze e quanto non appartiene a Stephenie Meyer è di invenzione dell'autrice della storia che è consapevole e concorde a che la fanfic venga pubblicata su questo sito. Prima di scaricare i files che la compongono, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli altrove, né la modifica integrale o di parti di essi, specialmente senza permesso! Ogni violazione sarà segnalata al sito che ospita il plagio e verrà fatta rimuovere.
© 'Tre' Tutti i diritti riservati.
 

   
 
Leggi le 21 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Florence