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Autore: Soul Mancini    27/11/2015    8 recensioni
La musica dovrebbe essere simbolo di pace, unione e condivisione.
Anche Manuel la pensa così.
Ma quando si ritroverà sul palco in preda a vibrazioni sconosciute, quei pensieri non avranno più alcuna importanza.
- QUARTA CLASSIFICATA a pari merito con Frenzthedeamer e vincitrice del premio "Originalità musicale" al contest "Horror's Tales" indetto da Hanna McHonnor sul forum di EFP.
Genere: Dark, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Death Vibes



Manuel amava salire sul palco ed esibirsi, era ciò che gli dava la forza di andare avanti e sorridere. Non che gli fosse capitato qualcosa di tragico, semplicemente guardandosi attorno si era accorto che il mondo era uno schifo, tutto sbagliato. C'era gente perfida in giro, c'erano ricchezza e povertà, c'erano discriminazioni e il potere era in mano alle persone sbagliate.

Lui non sapeva come cambiare le cose, aveva solo vent'anni, però ci provava, trasmettendo messaggi di pace con la sua band, i Communication Express.

Erano formati da lui e alcuni suoi amici, ragazzi normalissimi, che avevano tanta voglia di mettersi in gioco.

Non era famoso, non era ricco, ma quando suonava il basso con i suoi amici, con tanta bella gente sotto il palco e una birra a portata di mano, si sentiva la persona più felice e libera del mondo.

Un giorno Manuel decise che era arrivato il momento di sistemare quel bellissimo basso che aveva in soffitta. Lo aveva sempre visto, un semplice basso fatiscente e polveroso in una scatola di cartone, e lo aveva affascinato fin da bambino.

Quando aveva otto anni lo aveva osservato ed esaminato per un paio di minuti, era come una chitarra, ma con quattro corde. Aveva deciso che sarebbe stato suo un giorno, che lo avrebbe portato su un palco.

E da quel momento Manuel aveva cominciato a prendere lezioni per imparare a suonare il basso, ne aveva comprato uno per esercitarsi e per i suoi primi concerti, ma non aveva dimenticato certo lo strumento rosso fuoco che sembrava aspettare proprio lui.

Quel giorno lo portò via dalla soffitta, lo liberò dalla polvere, lo lucidò e riparò al meglio le piccole ammaccature, poi montò su di esso quattro corde nuove, le migliori che aveva. Era davvero soddisfatto del suo lavoro.

Il giorno dopo, alle prove, lo portò con sé per mostrarlo ai suoi amici.

Manu, dove l'hai pescato quello splendore?” domandò Laerte, il cantante dei Communication Express, osservando il basso con incredulità.

Oh cazzo...” mormorò Lorenzo, il chitarrista, per poi avvicinarsi ed esaminarlo nei dettagli.

Manuel sorrise soddisfatto. “Bello, vero? Sabato suono con questo!” annunciò, facendo riferimento alla data di quel fine settimana, la più importante della loro carriera.

Infatti avrebbero partecipato a un festival molto importante, a cui avrebbero preso parte gruppi e artisti famosi.

Le prove quel giorno andarono alla grande. Quel basso era potente, emanava delle vibrazioni pazzesche, faceva tremare le ossa a chi si trovava nella stanza.

Manuel, mentre lo suonava, avvertiva una scarica elettrica provenire da esso, che si diffondeva nelle sue mani, nelle sue braccia, in tutto il corpo, riusciva a raggiungere ogni remoto angolo del suo corpo e della sua mente e lo faceva sentire vivo.

Ad un tratto, preso da una spinta incontrollabile, improvvisò un assolo non previsto dalla canzone, sotto lo sguardo stupefatto degli altri musicisti.

Finite le prove, si ritrovò a ridere come un pazzo senza una ragione precisa.

Manu, ma si può sapere di che cosa ti sei fatto?” sbottò Ivano, il tastierista.

Una canna prima di venire, perché? Non faccio uso di altre sostanze, per chi mi hai preso?” rispose lui, continuando a ridere come un perfetto idiota.

Tutti si scambiarono un'occhiata perplessa.

Boh, secondo me non sta bene” commentò Lorenzo, facendo spallucce e riponendo la sua chitarra nella custodia.

Manuel sorrise con beatitudine. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quel giorno tutto era più luminoso.



Arrivò sabato, il giorno del grande concerto. I componenti della band erano molto tesi e allo stesso tempo entusiasti.

Sarebbero stati i secondi a salire sul palco e, nonostante l'agitazione, si sentivano pronti.

Manuel sorrideva, il suo nuovo e bellissimo basso in mano.

Quando la prima band lasciò il palco, venne annunciato il loro nome e i musicisti si posizionarono nell'abbondante spazio disponibile. Manuel quel giorno era in prima fila, accanto a Laerte.

Le luci si accesero, il pubblico regalò loro un boato meraviglioso, che li caricò tantissimo.

Laerte gridò qualcosa al microfono e lo spettacolo ebbe inizio.

Manuel, appena iniziò a suonare il suo strumento, venne invaso dalla scarica elettrica che già aveva avvertito durante le prove qualche giorno prima durante le prove, solo che questa volta era più forte, lo scuoteva, lo faceva quasi risplendere di luce propria. E ogni volta che sfiorava una corda, ogni volta che una vibrazione lo raggiungeva, la scarica aumentava, gli annebbiava i sensi.

Mentre suonava come non aveva mai fatto prima, esaminò le facce delle persone che cantavano e ballavano sotto il palco; c'erano i loro amici, che li supportavano ogni volta che ne avevano la possibilità, i loro fans, che nonostante fossero pochi non mancavano mai, e tanta gente che non aveva mai visto.

Ad un tratto il suo sguardo venne catturato da un viso in particolare. Era una giovane ragazza sui sedici anni, bella, dai lunghi capelli neri che oscillavano al ritmo di musica. Era semplice, aveva due bellissimi occhi verdi dietro un paio di occhiali dalla montatura nera, un sorriso radioso e un fisico mozzafiato, che in quel momento si muoveva a tempo.

Dopo questa visione, un lampo bianco, poi più nulla.



Laerte smise di cantare al termine del brano, si voltò verso i suoi compagni di band per annunciare la canzone con cui aveva intenzione di proseguire e notò subito lo strano sguardo di Manuel. Gli occhi del bassista, infatti, sembravano brillare di luce propria, una luce inquietante e sinistra.

Manu, tutto bene?” domandò con preoccupazione.

Il ragazzo, invece che sorridere entusiasta come suo solito, esibì qualcosa di simile a un ghigno malefico, un sorriso che assomigliava a una ferita.

Va tutto benissimo. Continuiamo, su!” rispose, con voce eccessivamente calma e bassa.

Tutti i componenti della band vennero scossi da un brivido. Il tono, lo sguardo e il sorriso... quello non era il loro Manuel, ne erano certi, qualcosa non andava. Ma non potevano di certo interrompere il concerto per questo.

Così proseguirono con la scaletta.

Ora dal basso rosso fuoco non venivano più vibrazioni allegre e positive, ma impregnate di odio, di negatività, facevano tremare dalla testa ai piedi e lasciavano uno strano senso di inquietudine.

Anche gli spettatori si erano accorti che qualcosa non andava e si scambiavano occhiate perplesse.

Intanto Manuel continuava a suonare, muovendosi sul palco come non aveva mai fatto prima, con prepotenza e forza.

Ad un tratto, tra una canzone e l'altra, si avvicinò a Laerte, gli strappò il microfono dalle mani e gridò: “Ehi belli, come va, vi state divertendo?”

Tutti gridarono e sollevarono in alto le braccia.

Bene, ne sono felice, ora lasciate che mi diverta anch'io!”

Detto questo, lasciò cadere il microfono a terra, strappò il basso dall'amplificatore e si lanciò giù dal palco, in mezzo al pubblico, stringendo lo strumento tra le mani.

Il pubblico, spaventato, si allontanò dalla sua traiettoria. Ognuno poteva vedere gli occhi del bassista ardere, sprigionare scintille.

Atterrò in piedi, proprio davanti alla ragazza dagli occhi verdi.

Carlotta, allontanati!” gridò la sua amica, strattonandola per un braccio.

Ma lei sembrava ipnotizzata e non accennava a spostarsi.

Manuel, senza dire una parola, sollevò il basso in aria e lo spaccò con forza disumana sulla testa di Carlotta. Quest'ultima perse i sensi e cadde a terra.

Tutti gridavano, tutti correvano, ma a Manuel non importava. Provava un piacere immenso nel vedere quella ragazza stesa lì, con i resti del basso a pochi centimetri dal capo. Sangue, vedeva sangue che le impregnava i capelli, e aveva voglia di ridere.

Per essere certo che non respirasse più, balzò sopra di lei mantenendo a stento l'equilibrio, posò in piede sulla sua gola e fece pressione con tutta la sua forza, finché non sentì qualcosa rompersi sotto la suola della sua scarpa.

Le aveva rotto il collo e provava piacere.

Si imbrattò le mani con il suo sangue.

Adesso si sentiva davvero soddisfatto.

Scoppiò in una risata malefica, piena d'odio e di disprezzo, una risata simile a un latrato.



Le immagini ritornarono nella mente di Manuel, inizialmente annebbiate, poi sempre più nitide.

Aveva le mani sporche di sangue, una marea di visi pallidi attorno a sé e il cadavere di una ragazza ai piedi.

Scoppiò a piangere, reprimendo un conato di vomito.



Ventun anni prima, Marco suonava sul palco con il suo inseparabile basso rosso fuoco. Tutto andava bene nella sua vita: aveva un tour con la sua band e stava per sposare la donna che amava e che più aveva amato in vita sua: Giulia.

Lei era bellissima, aveva una folta chioma di boccoli neri, un sorriso incantevole e un corpo perfetto.

Era tutto perfetto, doveva convincersene. In fondo lo strano comportamento della futura moglie era comprensibile, mancavano solo due settimane al gran giorno ed era molto agitata.

Ma mentre suonava, quel giorno, sentiva una strana agitazione dentro sé. Stava per accadere qualcosa di terribile, se lo sentiva.

Arrivò il momento di suonare la sua canzone preferita, quella a cui teneva di più. L'avrebbe dedicata a Giulia, l'avrebbe suonata pensando solo a lei, ai bei momenti passati assieme e a ciò che il futuro aveva in serbo per loro.

Ma durante l'assolo di chitarra, improvvisamente si sentì mancare. Le forze lo abbandonarono e gli mancò il respiro.

Prima di perdere i sensi, un'immagine si impresse per sempre nella sua mente, come una condanna: Giulia, sotto il palco, baciava con passione un altro uomo e strusciava il suo corpo contro quello di lui, quel corpo che la notte prima Marco aveva accarezzato e stretto a sé.

Arresto cardiaco, ecco la ragione della morte di Marco. Niente più.

Il suo spirito ferito e umiliato si infiltrò in ogni fibra dell'oggetto a lui più caro, l'oggetto che l'aveva accompagnato nel suo ultimo viaggio: il basso.

E l'anima di Marco, desiderosa di vendetta, serbò per anni e anni l'odio e il disprezzo nei confronti della donna che stava per sposare e di quell'uomo che aveva potuto accarezzare i lineamenti perfetti di Giulia al posto suo.

Si sarebbe vendicata un giorno.

Dall'unione di Giulia e l'altro uomo – Cristiano – cinque anni dopo nacque una bellissima bambina, dai capelli neri e gli occhi verdi e vivaci.

Carlotta.

   
 
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