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Autore: LiliFantasy    27/11/2015    1 recensioni
Natale...chi non ama il Natale?
La neve che copre le strade, i prati, i tetti delle case...
La scuola è chiusa...
La gente è perennemente a girovagare per negozi, in cerca di idee regalo per i loro figli, nonni, zii, genitori, cugini e compagnia bella...
La scuola è chiusa...
Dalle chiese si sentono intonare canti natalizi...
La scuola è chiusa...
La scuola è chiusa...
Ma a te non importa nulla di questo giorno...
Sembra che i bambini siano felici nello scartare i regali, i liceali festeggiano perché LA SCUOLA E’ CHIUSA, agli anziani piace andare a messa a Natale, i fidanzatini gioiscono nell’attaccare il tradizionale rametto di vischio sulla porta.
Ma nel tuo cuore ormai non c’è nulla di bello. Le emozioni sono svanite, scomparse...portate via da qualcuno...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MUSIC & TEARS

Tratto da una storia vera (no, non è vero)





Il Natale...chi non ama il Natale?

La neve che copre le strade, i prati, i tetti delle case...

La scuola è chiusa...

La gente è perennemente a girovagare per negozi, in cerca di idee regalo per i loro figli, nonni, zii, genitori, cugini e compagnia bella...

La scuola è chiusa...

Dalle chiese si sentono intonare canti natalizi...

La scuola è chiusa...

La scuola è chiusa...

Ma a te non importa nulla di questo giorno...

Sembra che i bambini siano felici nello scartare i regali, i liceali festeggiano perché LA SCUOLA E’ CHIUSA, agli anziani piace andare a messa a Natale, i fidanzatini gioiscono nell’attaccare il tradizionale rametto di vischio sulla porta.

Ma nel tuo cuore ormai non c’è nulla di bello. Le emozioni sono svanite, scomparse...portate via da qualcuno...

Dai un calcio al sasso davanti a te.

“Possibile che riesco solo a deprimermi??” pensi.

Sei stanca, vuoi solo sdraiarti da qualche parte a piangere, ma sai di non poterlo fare.

Così continui a camminare, i piedi ti fanno male, ma tu ignori.




Tu ignori sempre tutto.




Ti guardi attorno con aria di sdegno. Sdegno per te stessa, per la situazione in cui ti trovi e per il carattere di schifo che ti porta sempre ad isolarti dal mondo intero.

Non trovi mai la fiducia nelle persone, non riesci mai a confidarti con nessuno e ti tieni tutto dentro.

Sei talmente piena di risentimento verso la vita, che ormai non conosci più la speranza.

Presa dalla tristezza ti accasci contro il muro di un vicolo qualsiasi, sbattendo contro il cassonetto dell’immondizia accanto a te.

Ignori la puzza. Tu non sei da meno.

Porti le tue mani al viso, asciugando con la manica le piccole lacrime che ti rigano le guance.

Non hai più nessuno. Non vuoi più nessuno.

“Lasciami in pace” ti ostinavi a ripetere a un qualcuno qualsiasi che cercava di aiutarti. Hai sempre rifiutato ciò che le persone ti offrivano.

E ora ti ritrovi da sola, a piangerti addosso.

-Che vita di merda- farfugli.

Sei stanca, terribilmente stanca.




Hai corso tanto.




Vorresti chiedere aiuto, una volta tanto, mandare a quel paese il mondo intero e urlare che non ce la fai più, ma la voce ti si blocca in gola.

Non riesci a parlare, la tua gola è secca come il Sahara.




Hai urlato tanto.




Non riesci neanche a ricordare il motivo che ti ha costretta a scappare da quella casa. Forse perché ti senti solo una vigliacca.

Ma sai, infondo, che non è vero. Capisci, è tuo padre ad essere un vigliacco. Capisci che è stato lui a provocarti.

E allora ricordi...

-E’ stata tutta colpa mia- sussurri con la poca voce che ti resta. Il tuo lamento rimbomba sulle pereti del cassonetto.

La puzza è insopportabile e, per quanto sporchi possono essere i tuoi vestiti, per quanto aggrovigliati possono essere i tuoi capelli, decidi di alzarti e continuare a camminare.

Tu non hai mai chiesto l’aiuto di nessuno. Hai sempre vissuto la tua vita con quel maledetto sorriso che rendeva così bello il tuo volto.




Un sorriso troppo bello per essere vero.




Non volevi avere la compassione della gente che ti circondava. I tuoi cosiddetti “amici”.

Cammini, cercando di ricordarti dove hai messo quella foto. Hai bisogno di rivedere ancora una volta quel viso. Quel viso che non potrai mai più rivedere. Il mio viso.

Hai sempre fatto la simpatica, la sociale. La tua bellezza ti ha garantito tutto nella vita. Ma non ti sei mai vantata.

Chissà allora perché, ora, gironzoli tra le strade della tua città, con una felpa lunga macchiata di sangue e un paio di jeans strappati.

Cammini e trattieni le lacrime.

I piedi tremano per il dolore. Le tue mani sono congelate, fredde. Ti senti morire, quasi, e i tuoi occhi si riempiono di rabbia e di lacrime.

Non vuoi tornare alla casa da cui sei scappata. Non vuoi rivedere i tuoi genitori e quelle persone di cui non ricordi neanche i nomi. Pensi che dovresti chiamarli con il loro vero nome di “parenti”, ma non li riconosci come tali.

Non ti fidi neanche dei tuoi cari. Che chiamarli “cari” è troppo per te. Costa troppo energia dire quelle quattro lettere. Tu non parli. La tua voce ti manca già.

Ricordi quando era il tuo unico mezzo di difesa.



Mi ricordo sai, quando mi rispondevi male ed io ridevo.

Ma ora la tua voce ti manca. La rivuoi indietro. Ma non puoi chiederla a nessuno.

Il sussurrare ti crea rabbia. Vuoi tornare a casa, ma non puoi. Non vuoi rivedere ancora le loro facce.

In quel momento tu vuoi solo stare da sola, a piangere e a urlare.

Ma sai di non poterlo fare.




Tu non hai più voce.




Sei disperata, ma sono solo i tuoi vestiti e i tuoi capelli a darlo a vedere. Le lacrime le sai trattenere, ma la rabbia no.



Ti vedo sai, mentre corri per le strade, ignorando il rosso dei semafori.

Rischi di essere investita due volte, ma la tua agilità e il tuo rancore ti salvano la vita.

E continui a correre, diretta verso un luogo in preciso.

Non capisci perché non ci hai pensato prima. Non ricordi per quanto tempo sei stata a girovagare per i vicoli del tuo quartiere.

E intanto corri, corri finché non riconosci il viottolo, finché non riconosci i sassi sotto le tue scarpe, che ti uccidono i piedi.

E allora, quando i tuoi occhi riconoscono ciò che hai davanti, aumenti il passo.

I tuoi piedi si muovono veloci, ignori le lacrime che abilmente erano riuscite a fuoriuscire dai tuoi occhi e a colarti sulla felpa sporca.

Non vuoi più pensare a niente.

Crolli davanti alla porta di quella casa. La casa chiusa a chiave, che ora tu stai aprendo.

Le chiavi di quella villetta le tieni sempre con te. Portano ancora il mio profumo.

E ti fiondi all’interno, chiudendo la porta alle tue spalle. Ed è quello il momento che scegli per cadere contro la porta d’ingresso e scoppiare a piangere.

Piangi, piangi e urli. Urli e batti i pugni contro il pavimento fino a farti sanguinare la mani.

Non riesci a dimenticarmi. Non capisci che dovresti festeggiare il Natale come gli anni passati e cercare di accettare la cosa.

E, stanca di rimanere lì, a non fare nient’altro che piangere, ti trascini fino alla stanza segreta.

Infatti, quella dove sei entrata è casa mia.

Tu eri l’unica a sapere l’esistenza di quella stanza, la stanza dove passavo più tempo.

Tu non sei riuscita mai a capire il perché conservavo quel pianoforte a coda. Vestivo in una maniera totalmente diversa da un pianista.

Ma, nonostante tutto, mi capivi.



Ti vedo sai, mentre apri la porta e piangendo accendi la luce di quella stanza. Ti accasci su quel sedile di pelle.

Piangi, piangi fino a sentirti svenire.

Lo so, tu non riesci ad accettare la mia morte. La vita è veramente ingiusta a volte, so che mi amavi.

Era il nostro amore ad alimentarti.

Lo so. So che vuoi avermi lì con te. La casa è piena del mio odore e per questo tu continui a piangere stando attenta, però, a non bagnare con le tue lacrime i tasti di quel pianoforte.

Sei stanca, i tuoi palmi sanguinano, ma le tue mani si muovono comunque da sole. I tuoi polpastrelli vanno a toccare un tasto, poi due e poi tre.

Una splendida e triste melodia si perde nell’aria. Una melodia troppo simile a te per farti smettere di piangere.

Cerchi di farti venire in mente un brano più allegro, ma appena torni con il tuo sguardo sulle tue mani, ti convinci a continuare a suonare.

E allora suoni. Le tue mani scivolano esperte sui tasti, mentre alcune gocce di sangue riescono a sporcarli, ma tu continui ad ignorare.




Tu ignori sempre tutto.




Abbassi lo sguardo, che cade su un fazzoletto di stoffa rimesto a terra. Era quel fazzoletto.

Le nostre iniziali vi erano state ricamate sopra, “A&C”, mentre in basso c’era la mia dedica. Quella dedica.



Lo so, tu l’hai letta e riletta molte volte quella scritta. Non ti stancavi mai. Le lettere erano poche. Otto misere parole in quella dedica.

Sapevi che non ero bravo con le poesie sdolcinate e robe varie...ma a te bastava.



“Ti amo piccola mia.

Per sempre tuo, Castiel”




Chiudi gli occhi tentando di fermare l’ennesimo attacco di disperazione, ma riesci solo a farti ritornare in mente l’immagine di tuo padre.

Quel bastardo ti picchiava ogni notte, tu me lo avevi detto.

Sapevo di dover di fare qualcosa. So che non potrai perdonarlo. Io ti ho solo difesa da quell’uomo, e sono morto.

So che ricordi, quando quella notte sono stato ucciso. Non potrai mai perdonare quell’uomo.

Ti ha rovinato la vita.



La tua maglia è sporca di sangue, sangue perché tuo padre ti ha ancora una volta malmenata.

Volevi raccontare tutto alla polizia. Volevi vedere quello stronzo dietro le sbarre, a gridare, volevi vedere la disperazione nei suoi occhi.

Ma tu sei troppo giovane, troppo debole per avere la meglio. Ti limiti a subire, senza parlare.

Non parli, perché hai paura.

Ti credi vigliacca, tu. No, non sei vigliacca piccola mia.

Sai, infondo, che è quell’uomo ad essere vigliacco.

Non volevi essere trattata in quel modo. Ma non potevi fare nulla per evitarlo.

Io ti sto guardando sai, mentre interrompi la melodia e ti abbandoni sui tasti di quel piano, a piangere. Ancora una volta.




E piangi, piangi ed urli.




Non sai, però, che fuori da quella casa c’è un ragazzo che conoscevamo entrambi.

Un ragazzo alto e vestito al vittoriano. Un ragazzo dai capelli argentei, che è pronto ad aiutarti.

Un ragazzo che entrerà da quella porta d’ingresso che hai scordato di chiudere a chiave e ti abbraccerà, piangendo insieme a te.



Lo so, so che anche lui ti ha amata e ti ama ancora, te ne accorgerai piccola mia.

E perciò ti dico, anche se non hai orecchie per sentirmi, che io ti vedo e ti veglio.

Dimenticami, piccola mia. Dimenticami, perché soffrire ti fa star male.

Crea una nuova vita, con nuovi amici e nuove cose importanti.



Dimenticami, ma non scordarmi del tutto.











*ANGOLO DELLA SCRITTRICE*

Ehmm...

*si nasconde sotto il letto*

Lo so, questo non è il mio genere...quasi non mi riconosco...

Non è propriamente una storia natalizia...spero di non avervi intristolito troppo...

Coomunque...cercate di guardare la parte positiva:

La dolcetta, il cui nome inizia per A (per le iniziali sul fazzoletto ho messo quella di Castiel e una lettera pescata a caso), avrà una nuova vita con Lysandro...ma *sing*...SENZA CASTIEEL!...


Mi dispiace davvero aver fatto morire Castiellino (dato che il mio personaggio preferito) ma vabbè...

La vie est si


Ovviamente le recensioni sono molto piú che accette (?) anzi, vorrei sapere come vi sembra questa One Shot molto poco natalizia ^^, perché...beh...mi sento davvero un pesce fuor d'acqua...di solito scrivo cose un po' piú...allegre...°_°

Detto questo vi saluto...Ciaooo!



*Scappa via, tornando sotto il letto*
   
 
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