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Autore: KeyLimner    27/11/2015    0 recensioni
"Rumore.
Tutto ciò che Goneril riesce a sentire è rumore.
Rumore dagli appartamenti a fianco. Rumore dal piano di sopra, dove sembra che gli inquilini non si stanchino mai di trascinare mobili. Rumore dalla strada, oltre le finestre con il doppio vetro.
Rumore dalle pagine del libro che tiene fra le mani.
Ma non hanno fantasia, questi mortali? Evidentemente la loro vita è troppo breve perché quei garbugli di trame sempre uguali e quei personaggi triti sempre alle prese con gli stessi problemi esistenziali abbiano il tempo di venire loro a noia. Goneril ha iniziato a leggere per distrarsi un po’, per tenersi occupata, ma mentre i suoi occhi annoiati scorrono fra le righe anticipando ogni battuta come se facesse parte di un copione che conosce a memoria, la sua mente ha tutto il tempo di andarsene a zonzo per conto proprio.
D’un tratto, si accorge di avere sete. Alza lo sguardo verso la brocca sul tavolo. Scocciata, constata che le toccherà alzarsi… e senza volerlo si ritrova pensare a quanto sarebbe facile schioccare le dita e lasciare che sia quella a venire da lei, fluttuando attraverso le particelle d’aria della stanza. Ci vorrebbe così poco…"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rumore.
Tutto ciò che Goneril riesce a sentire è rumore.
Rumore dagli appartamenti a fianco. Rumore dal piano di sopra, dove sembra che gli inquilini non si stanchino mai di trascinare mobili. Rumore dalla strada, oltre le finestre con il doppio vetro.
Rumore dalle pagine del libro che tiene fra le mani.
Ma non hanno fantasia, questi mortali? Evidentemente la loro vita è troppo breve perché quei garbugli di trame sempre uguali e quei personaggi triti sempre alle prese con gli stessi problemi esistenziali abbiano il tempo di venire loro a noia. Goneril ha iniziato a leggere per distrarsi un po’, per tenersi occupata, ma mentre i suoi occhi annoiati scorrono fra le righe anticipando ogni battuta come se facesse parte di un copione che conosce a memoria, la sua mente ha tutto il tempo di andarsene a zonzo per conto proprio.
D’un tratto, si accorge di avere sete. Alza lo sguardo verso la brocca sul tavolo. Scocciata, constata che le toccherà alzarsi… e senza volerlo si ritrova pensare a quanto sarebbe facile schioccare le dita e lasciare che sia quella a venire da lei, fluttuando attraverso le particelle d’aria della stanza. Ci vorrebbe così poco… E prima che se ne renda conto, sta già calcolando la distanza e calibrando l’energia necessaria, pronta a richiamarla. In quello stesso istante, sente la propria anima ritrarsi dentro di lei, pronta a balzare fuori… quel tanto che basta per osservare la geometria del luogo e calcolare le deformazioni necessarie ai suoi scopi.
Percepisce già la realtà farsi distante. Estranea.
Non appena si accorge di cosa sta succedendo, molla immediatamente la presa. Spaventata, distoglie lo sguardo per eliminare ogni tentazione.
Cosa le succede?
Erano anni che non provava più quell’impulso. Si è impegnata con così tanta determinazione a reprimerlo che ora le sembra normale alzarsi per prendere le cose… cucinare… fare le pulizie a mano. Persino stirare. E ora… per una cosa così semplice e stupida… stava per buttare via tutto.
Di colpo, sembra non sia passato neanche un secondo dalla sua decisione di abbandonare la dimensione di Clarion per sempre.
Chiude gli occhi.
È tutta colpa di quella ragazzina… quella… non sa come si chiama. Neanche il suo nome ha voluto sapere: è fuggita il prima possibile, decisa a cancellare del tutto quello spiacevole episodio. Ma adesso non può fare a meno di ripensare a lei… ai suoi fluenti capelli corvini, ai suoi grandi occhi color pervinca… proprio come quelli di Cordelia.
Cordelia.
Adesso anche quel nome. Per quanti anni non aveva più osato pronunciarlo nel timore che riportasse a galla ricordi dolorosi, al punto che adesso temeva di formularlo anche nei propri pensieri? Ma quando ha visto quella ragazza, non ha potuto fare a meno di pensare a lei.
Goneril sa che, spesso, le anime che sono state cacciate a forza dal corpo in cui abitano hanno difficoltà a dissolversi nel flusso della vita e tornare ad essere spirito informe, per poi riconvertirsi in qualche altro stato. Continuano a vagare - divorate dalla nostalgia - finché non trovano una dimora simile a quella che sono state costrette ad abbandonare. Una parte di lei aveva sempre sperato di rivedere prima o poi quello sguardo negli occhi di qualcuno. Quel sorriso che era quasi un guizzo. Che appariva e spariva come un flash, tanto da farti dubitare di averlo realmente intravisto.
Ma non lo voleva veramente. Non voleva che il passato che aveva cercato tanto a lungo di dimenticare le venisse sbattuto in faccia così.
Eppure in quel momento…
Quando l’ha vista, non ha potuto fare a meno di seguirla. Camminava a qualche metro di distanza da lei, attenta a non farsi scorgere, e nel frattempo la studiava in silenzio. Era piuttosto magra, ma non scheletrica, e aveva belle forme, non abbondanti ma ben definite. La sua camminata era un po’ goffa, e questo l’ha fatta sorridere, perché le ricordava proprio Cordelia, che malgrado tutte le lezioni di portamento seguitava a inciampare in continuazione, con somma costernazione dei suoi tutori che si dannavano inutilmente per renderla presentabile in occasione delle cerimonie ufficiali. Il che le ha riportato di colpo alla mente immagini di saloni gremiti, di lampadari di cristallo scintillante, di vesti di broccato che svolazzano fra i danzatori… e degli scranni dorati su cui sedevano con aria colma di sussiego il re e la regina di Clarion. Ricorda la sensazione dell’abito fine che le aderisce al corpo, l’abito che le ninfe hanno tessuto per lei lavorando milioni di minuscole gocce di rugiada… la sensazione della stoffa vellutata sotto i piedi che la protegge dalla suola fredda delle scarpine d’argento, che toccano il suolo senza il minimo rumore, tanta è la grazia di colei che le porta…
Immagini dolorose, che chissà perché non le riusciva di ricacciare indietro.
Stava per andarsene, quando aveva sentito di colpo una forte energia negativa in avvicinamento. Qualcuno stava per attaccare.
La ragazza doveva aver avuto la stessa impressione, perché si era di colpo fermata, in una stradina fra due palazzi.
È un vicolo cieco, non aveva potuto fare a meno di pensare Goneril, sentendo la fronte aggrottarsi per la preoccupazione suo malgrado.
Ed ecco dall’angolo della strada fare la sua comparsa un enorme orco. Ha la pelle squamosa di un disgustoso colore verdastro. Negli occhi gialli, un bagliore inquietante.
La ragazza si volta e lo vede. Spalanca la bocca, pronta a gridare con tutta l’aria che ha in corpo, ma dalle sue labbra non esce un fiato.
Goneril conosce bene quella sensazione.
La ragazza arretra fino al muro di fondo ad occhi sbarrati, mentre la creatura avanza inesorabilmente.
Non è affar tuo, cerca di dire Goneril a sé stessa. Se la creatura vuole quella ragazza, chi è lei per impedirlo? Evidentemente è così che deve andare. E poi quella mocciosa non è nessuno per lei.
Ma quando vede il terrore nei suoi occhi, l’assale come un’ondata improvvisa una visione di quegli stessi occhi, su un volto diverso. Un volto che conosce fin troppo bene.
“Goneril, ti prego!”, dicono quegli occhi.
La mano protesa verso di lei. Il corpo sospeso verso il baratro.
Quella mano non smetterà mai di lanciarle la sua disperata richiesta d’aiuto… e lei non riuscirà mai a raggiungerla. È questa la sua punizione.
No. Non di nuovo.
Prima che possa rendersene conto, si frappone fra la ragazza e il mostro. Questo arretra per un istante, sorpreso, ma è solo un attimo. Poi torna all’attacco. Si scaglia violentemente contro di lei, gli artigli protesi.
Goneril non batte ciglio.
Quando la gigantesca zampa sta per abbattersi sul suo cranio, qualcosa la frena. E la zampa si arresta a mezz’aria. O meglio, su qualcosa che appare ben più solido dell’aria, ma che né Goneril né la creatura possono vedere.
Il mostro sembra intontito. Il rinculo lo ha fatto schizzare a qualche metro di distanza. Guarda il proprio arto perplesso. Una volta constatato che non c’è nulla che non va, si lancia nuovamente su di lei, ma non ottiene migliori risultati. Ruggisce, frustrato, e osserva Goneril con sospetto come studiando la situazione.
Goneril non si scompone. Fissa la creatura dritto negli occhi, e dopo un po’ quella non riesce più a staccare lo sguardo. Poi, di colpo, inizia a contorcersi orribilmente. Cade a terra. Le convulsioni durano per un po’, e fino all’ultimo istante Goneril non smuove di un millimetro il suo sguardo di ghiaccio. Non batte neanche le palpebre. Infine i movimenti della creatura cessano, e il suo corpo si dissolve in una nera nube di polvere sottile.
Goneril si gira verso la ragazza, che la fissa ad occhi sbarrati, con un’espressione atterrita non molto diversa da quella con cui osservava l’orco poco prima.
E in fondo cosa abbiamo di diverso?, si chiede Goneril.
Ma l’orrore rimpiazza subito lo stupore sul volto della ragazza. Solo che stavolta non è rivolto a lei, ma a qualcosa alle sue spalle.
Goneril si gira di scatto, appena in tempo per vedere un secondo artiglio abbattersi su di lei. In quel breve flash, pensa mortificata che il suo ultimo pensiero sarà per la propria stupidità. Curioso morire così. Lei, ultima principessa erede del trono di Clarion, il più potente di tutti i regni della Dimensione Superiore.
Ma succede ancora qualcosa. Una luce di un bianco abbacinante riempie il suo campo visivo. È la famosa luce in fondo al tunnel?, si chiede.
Ma apre gli occhi, e vede che il mostro è diventato un ammasso di cenere fumante.
Ma che diavolo…
Si volta di nuovo verso la ragazza. Nota che tiene protesa innanzi a sé una mano tremante. Emana ancora un tenue bagliore.
Alla fine mi hai salvata, Cordelia, pensa. Sente il suo cuore irrigidito spezzarsi.
Non può tollerare più a lungo quella visione. Schiocca le dita, e la ragazza e il vicolo svaniscono, rimpiazzati dai parati del suo salotto.
È finita.
Goneril stringe gli occhi. Li stringe così tanto che le fanno male i bulbi oculari.
Non sa dire esattamente in che momento il ricordo di quella scena è divenuto realtà. Maledizione. Quando hai più di duemila anni, i ricordi diventano una tortura insopportabile: temi di fare qualunque cosa, sapendo che ogni errore resterà marchiato per sempre a fuoco nella tua memoria e sarai costretto a portartelo dietro come una croce.
Ma da quando Goneril ha detto il suo addio definitivo alla magia, ha cominciato lentamente a invecchiare. Non se ne è accorta subito. È successo tutto di botto, quando un giorno per caso si è guardata allo specchio - non lo fa mai, adesso, tanto è stanca di vedere la propria immagine - e ha visto il solco di quella prima ruga. Proprio lì, sulla fronte. La sua fronte color madreperla, un tempo liscia e vellutata come un fiore di pesco.
È rimasta sconvolta.
Credeva che il pensiero dell’approssimarsi della morte, che aveva sempre messo in conto quando aveva fatto la propria scelta… anzi, si poteva dire addirittura che fosse proprio ciò che bramava… credeva che non avrebbe potuto minimamente scalfire la sua decisione. Ma quella ruga… quella ruga non significava morte. Significava solo pelle che avvizzisce, che si raggrinzisce pian piano, che pian piano diventa un foglio di ruvida cartapecora e infine cade, lasciandosi dietro solo un’arida carcassa. È una cosa orribile. Come possono i mortali accettare una cosa simile? Che morte è quella che non ti assale come un colpo di spada o un sortilegio fulminante, ma che ti corrode pian piano, in silenzio, mangiandoti dall’interno senza che tu possa vederla… e senza che tu possa farci niente?
Ma aveva fatto pace anche con questo: rinunciare ad un mondo implica rinunciare a tutto ciò che esso comporta. Ora sulla sua fronte inizia ad arrampicarsi una sottile ragnatela di rughe, ma non la controlla ogni mattina allo specchio. Non le importa nulla del suo stupido aspetto.
Però, quando ripensa all’inutile fine cui sarebbe potuta andare incontro quel giorno… lei che sarebbe stata perfettamente in grado di impadronirsi di tutta la Dimensione Superiore, se solo avesse avuto la spregiudicatezza necessaria… uccisa da uno stupido orco. Che vergogna. Doveva essere parecchio arrugginita.
Non riesce a pensare che a questo. Non alla gravità dell’aver usato di nuovo la magia dopo decenni di dura astinenza. Ma a quell’imperdonabile distrazione, che mai l’avrebbe colta in altri tempi.
La ragnatela di rughe che ha sulla fronte si increspa.
  
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