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Autore: Curleyswife3    28/11/2015    3 recensioni
E se, durante il suo vagabondaggio stellare alla ricerca di un marito alla sua altezza, la bellissima principessa Kurama atterrasse sulla Terra non all'epoca di Lamù, bensì all'epoca di Baldios?
Chi sarebbe il fortunato prescelto?
Crossover birichino con uno dei personaggi più sexy del mondo anime. ATTENZIONE: uno zinzinino di gender bender nell'ottavo capitolo.
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Ecco a voi, amici, l’ultimo capitolo di questa folle storiella: buona lettura!
 
 
Final fantasy
 
Le incursioni dell’armata Aldebaran comandata da Aphrodia si facevano sempre più numerose e audaci; l’Unione mondiale e i Blue Fixer non mostravano tracce di cedimento, ma le masse popolari…” 
A un tratto, il narratore si interruppe e rimase in silenzio per qualche istante.
Akiyoshi Sakai e Kazuyuki Hirokawa si guardarono interrogativi, poi il primo aprì la bocca per dire qualcosa
“Stavo pensando” riprese però la voce fuori campo “…il protagonista si chiama Marin e ama il mare…”
“Beh?” chiese l’autore, che iniziava a spazientirsi.
“Pensavo: meno male che non è un fan dell’isola di Creta” e scoppiò a ridere.
L’atmosfera era tesissima, chini sui loro scranni i disegnatori sudavano freddo; solo il ragazzo che portava i panini soffocò una risatina.
Akiyoshi si passò una mano sulla fronte, disperato.
“Ma proprio sto’ cabarettista da quattro soldi dovevi trovare?” mormorò al produttore.
“È l’unico che ha accettato questo lavoro” replicò l’altro, costernato.
 
***
 
“Ragazzo mio” disse Bannister, posando la pipa e avvicinandosi a Marin.
“Più volte mi hai detto che per te sono come un padre…”
Gli appoggiò le mani sulle spalle e lo guardò intensamente in volto.
“E adesso ti parlo come un padre”.
Tacque un momento.
“Devi andare a letto con quella donna, o aliena, o mezza cornacchia che sia!” esclamò poi con decisione.
Marin lo guardò sbalordito.
“C-che cosa?” esalò.
“Non mi pare che passare una notte di fuoco con una donna bellissima che pende dalla tue labbra sia chiederti troppo” aggiunse.
“Ma, comandante…?” fece l’altro, interrogativo.
“Mi sono spiegato?!” insisté Bannister con forza “Quando ha combattuto al nostro fianco abbiamo riportato una delle poche vittorie schiaccianti contro l’esercito di Gattler”.
“Se Kurama e il suo U.F.O.” concluse, serio “passano dalla parte di Aldebaran siamo spacciati! Non possiamo permetterci di perdere questo prezioso alleato”.
“Cioè vuol dire che io” esitò Marin “che io dovrei…”.
L’ufficiale sbuffò e levò gli occhi al cielo.
“Esatto” esclamò, spazientito “hai presente le api e i fiori?” .
“O hai bisogno che ti faccia un disegnino?”.
Lo spinse senza tanti complimenti verso la porta.
“E mi raccomando, dacci dentro! Se quella passa al nemico possiamo dire addio alla vittoria”.
“Ma, comandante…” Marin tentò ancora una debole protesta.
“Coraggio, ragazzo” aggiunse l’altro, spingendolo nel corridoio “se non sai come fare non preoccuparti, vai per tentativi”.
Lo guardò con espressione vacua.
“Prima un dito nell’occhio, poi un gomito nell’orecchio…”.
“Vedrai che ce la farai” concluse, chiudendo la porta.
Rimasto solo, Bannister si lasciò sedere pesantemente dietro la scrivania.
Sospirò e si passò una mano sul volto pallido e teso.
“Mannaggia a me quando non ho accettato la parte del dottor Kenzo Kabuto…” mormorò stancamente.
 
***
 
Quel pomeriggio Marin indugiò più del solito sotto l’acqua tiepida della doccia: era una delle poche cose che lo aiutava a rilassarsi e, insieme, a riflettere. Le ultime parole che gli aveva detto il comandante gli rimbombavano ancora nelle orecchie: era veramente possibile che Bannister volesse da lui una cosa del genere?
 
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L’uomo che aveva sempre considerato come un padre gli aveva chiesto senza mezzi termini di usare il suo corpo per uno scopo assolutamente vile: conquistare un’alleata, vincere la guerra in quella maniera gli sembravano una mostruosità. Decine di volte si era domandato se sarebbe stato capace di andare fino in fondo con una donna per la quale non provava niente, se non una discreta antipatia epidermica.
 
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Chiuse l’acqua e, rabbrividendo, si avvolse nell’accappatoio; i capelli bagnati gli si appiccicavano alla fronte depositando goccioline gelate sul collo e il torace.
Sospirò, pensieroso.
Il tempo stringeva e lui avrebbe dovuto prendere una decisione al più presto.

 
***
 
“Ehi, dove siete?” gridò Marin, la voce appena tremante.
Dall’U.F.O. di Kurama, che ancora stazionava davanti alla base BF, non venne nessuna risposta.
“Ehi?!” ripeté il ragazzo, avvicinandosi di più al portellone.
Assurdo: la principessa dei goblin gli aveva dato il tormento perché passasse la notte con lei e adesso che - dopo ore di terrificanti elucubrazioni mentali - si era finalmente deciso a cedere alle sue lusinghe, non solo non gli correva incontro a braccia spalancate, ma si permetteva pure di fargli fare anticamera?
“Principessa Kurama?!” disse ancora, avvicinandosi di più al portellone.
Ma in quell’istante il rombo dei motori dell’astronave lo avvertì appena in tempo che doveva togliersi velocemente di là se non voleva essere incenerito dai propulsori; in pochi secondi il velivolo si sollevò e si dileguò a velocità supersonica sparendo sull’orizzonte.
A bocca aperta, Marin  lo guardò svanire senza riuscire a muovere un muscolo.
 
UNA SETTIMANA DOPO
 
Nei giorni precedenti, subito dopo la partenza di Kurama, il clima alla base BF era stato assai teso: Bannister dava la colpa all’indecisione di Marin e lo trattava con grande freddezza, mentre gli altri erano terrorizzati al pensiero di cosa poteva accadere se la principessa dei corvi si fosse alleata con Aldebaran.
Come se non bastasse, gli attacchi nemici erano bruscamente cessati senza alcuna ragione apparente e iniziava a serpeggiare l’idea che le truppe di Gattler avessero intenzione di sferrare un ultimo attacco, l’attacco finale, per infliggere il colpo di grazia all’umanità.
Quel pomeriggio un cielo cupo e plumbeo nonostante fosse la fine di agosto salutò i Blue Fixer a rapporto dal comandante; Bannister camminava nervosamente avanti e indietro misurando la grande sala con passi veloci, la professoressa fissava il plico di documenti che aveva davanti come se fosse la cosa più importante del mondo mentre i piloti, immobili al centro della stanza, aspettavano muti sull’attenti.
Una decina di tecnici non staccavano gli occhi dagli schermi, attenti a monitorare ogni più piccola anomalia, ogni segnale premonitore dell’imminente catastrofe. 
La tensione si tagliava con il coltello.
A un tratto un grido strozzato fece sobbalzare la scienziata; non trattenne un sussulto e fece così cadere i fogli, che si sparsero sul pavimento in un frusciare spettrale.
Bannister in un balzo fu accanto al tecnico che aveva appena urlato.
“Cose c’è? Che succede?” domandò, ansiosamente.
“È… è incredibile…” replicò quello, sbalordito.
I quattro piloti si scambiarono uno sguardo carico di tensione, la Quinstein boccheggiava.
“Che cosa, che cosa è incredibile?” fece il comandante.
La sua mente si affollava di pensieri drammatici: cosa dovevano aspettarsi? Un attacco in massa, una schiera di mostri meccanici, un altro corpo celeste scagliato contro la Terra?
Ah, quel Marin, se avesse potuto gli avrebbe strappato uno a uno quegli assurdi capelli verdi dalla sua testaccia vuota!
Il tecnico deglutì.
“L’esercito di Aldebaran…” disse con voce tremante, dopo un attimo.
“Ecco… l’esercito di Aldebaran se n’è andato!”.
Le sue parole esplosero come una bomba.
“Ma…ma com’è possibile?” bofonchiò Bannister.
“Sei sicuro?” gli fece eco la professoressa.
“Confermo: da tutte le nostre basi ci stanno arrivando informazioni dello stesso tipo” aggiunse un altro tecnico, lo sguardo incollato al monitor.
“Le astronavi nemiche hanno ripreso a bordo il personale delle basi sulla Terra e, una dopo l’altra, hanno effettuato il balzo interdimensionale”.
“Si sono ritirate dai territori conquistati…” mormorò un terzo.
“Siete sicuri che non sia una trappola?” intervenne a quel punto Oliver.
“E chi può dirlo? Ciò che possiamo sapere adesso è che sono andati via senza lasciare nessuno dietro di loro”.
“Ma com’è possibile?” domandò Oliver.
“Ma questo vuol dire che…” esclamò Raita.
“… che la guerra è finita!” Jamie completò la frase.
“È finita, finita, capite?” la sua gioia era incontenibile e ben presto contagiò tutti.
Raita cominciò a ridere istericamente, Oliver volse lo sguardo sulla ragazza bionda al suo fianco, ma Jamie si avvicinò a Marin e gli prese le mani, fissandolo con aria sognante.
 “È finita…la guerra è finita” ripeté, quasi incredula.
Lui, però, si staccò freddamente da lei senza rivolgerle nemmeno uno sguardo.
Bannister con un sorriso a 354 denti si slanciò verso la Quinstein.
“Sono mesi che desidero farlo!” mormorò un istante prima di afferrarla e baciarla, tenendole le mani intorno al collo come se volesse staccarle la testa dal corpo. 
Nel clima di euforia generale, solo Marin manteneva un contegno funereo.
“Ma insomma, che ti prende?” gli chiese brusco Raita “Non sei felice?”.
Il ragazzo si strinse nelle spalle: l’unica cosa cui riusciva a pensare era che Gattler se n’era andato chissà dove e la sua vendetta sarebbe sfumata per sempre.
Nel frattempo, Bannister e la Quinstein non si erano ancora scollati.
A un tratto risuonò il segnale di una videochiamata e sull’enorme schermo apparve la faccia accigliata della signora Bannister; all’istante il comandante mollò la presa, lasciando che la professoressa piombasse al suolo con un gemito strozzato.
L’ufficiale si rialzò, rassettandosi l’uniforme un po’ spiegazzata.
“Ehm… sì, tesoro, dimmi?” fece con voce tremula.
La donna dai capelli a crocchia lo guardava in cagnesco.
“Insomma” disse, acida “la guerra è finita”.
“Da circa trenta secondi, amore della mia vita…” sussurrò il comandante.
Poi annuì, timido.
“Ti aspetto stasera a casa”.
“Sì, cara”.
“Alle otto”.
“Certo, cara”.
“Non fare tardi che ci sono i miei a cena”.
“Come no, cara”.
“E ricordati di comprare il latte tornando tornando che qui sono sei mesi che ci stiamo facendo il cappuccino con il sakè: un’acidità di stomaco che non ti dico…”. 
Non appena il viso arcigno scomparve, la Quinstein voltò le spalle a tutti e uscì dalla stanza con aria schifata.
In quel momento squillò il citofono.
“Sì?” rispose uno dei tecnici, sollevando il ricevitore.
“Sì, è qui”.
“Marin...” disse “c’è un corriere con un pacco per te, devi scendere subito”.
 
***

“A fraciconi” inveì il corriere “è mezz’ora che ve sto a aspetta’ qua sotto!”.
Il tale, un orrendo butterato di 35 anni con un alito agghiacciante tipo fogna di Calcutta, si grattò i capelli unticci con la penna che poi porse a Marin perché firmasse.
Il ragazzo lo squadrò con aria disgustata e afferrò l’arnese tenendolo appena appena tra le dita come se si trattasse di una scoria tossica.
Il pacco era enorme, alto quasi come un uomo, e del tutto anonimo.
“Chi lo manda?” chiese Oliver.
Il tizio si strinse nelle spalle senza rispondere; poi guardò Marin e gli tese la mano.
Quello lo fissò a sua volta, senza capire.
“A belli capelli…” borbottò.
“Che, me stai a cogliona’?”
“Eh?” fece Marin, sbalordito.
Il trucido allora saltò a bordo del suo furgone masticando insulti in lingua swahili.
I quattro piloti si accostarono all’involucro misterioso.
A un tratto la carta iniziò a lacerarsi dall’interno e ben presto apparve il Gran Comandante Aphrodia inguainata in un sexissimo abitino ultrascollato.
 
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“Sorpresa!” esclamò, con un freddo sorriso.
Saltò a terra e spianò la sua pistola contro Marin.
 “Finalmente siamo faccia a faccia” esclamò, fissandolo “sono qui apposta per regolare i conti con te”.
“Però!” Raita diede di gomito a Oliver “Se questa si veste così per un duello, non oso immaginare come si deve combinare per un appuntamento…”.
L’altro annuì, in silenzio.
“Ascolta” intervenne Jamie “Vuoi spiegarci cos’è successo e tu cosa ci fai qui?”.
“Già” fece il pilota biondo “il tuo esercito se n’è andato!”.
Marin intanto seguitava a fissarla, imbambolato.
Aphrodia fece una smorfia di dolore.
“Quella sgualdrina pennuta di Kurama…”  cominciò - occhi lucidi, guance paonazze, labbra tremanti  - “ha deciso che Gattler doveva essere suo marito e lui… lui ha accettato!”.
I piloti si scambiarono uno sguardo stranito.
“Dato che sul pianeta dei goblin non ci sono esseri umani” proseguì lei “hanno pensato che sarebbe stato il luogo ideale per il popolo di S1 e quindi…”.
Esitò un attimo, sull’orlo delle lacrime.
“… e quindi se ne sono andati e mi hanno mollata qui tutta sola, soltanto perché ho detto che non mi sembrava una buona idea”.
 Puntò la pistola di nuovo contro Marin.
“È tutta colpa tua!” piagnucolò “Se non fosse stato per te Gattler sarebbe ancora qui e io sarei ancora il Gran Comandante.
E invece ora sono disoccupata...  finirò a fare l’Isola dei famosi, ti rendi conto?”.
Si asciugò gli occhi e riprese il controllo.
“Ma adesso è finita per te” disse, severamente.
Raita si schiarì la voce.
“Ehm… ok, mi dispiace interrompere questo bel momento tra voi ma ho lasciato di nuovo il Cater Ranger in doppia fila.
E adesso che la guerra è finita dubito che gli ausiliari saranno comprensivi come in passato”.
Così detto, si eclissò in un secondo e mezzo.
Aphrodia avanzò di un passo verso Marin, sempre tenendolo sotto tiro.
Jamie e Oliver si guardarono un istante.
“Senti” disse lei, prendendolo sotto braccio “Com’erano quei versi bellissimi che mi hai letto l’altra sera nella tua stanza?”.
Si mordicchiò le labbra in maniera seducente.
“Oh sì” mormorò, trascinandolo via “Che parole meravigliose: mettimi come sigillo sul tuo braccio”.
“Mettimi come sigillo sul tuo cuore…”
Si avviarono insieme, stretti stretti, verso la base.
“… perché forte come la morte è l’amore” concluse Oliver.
In piedi, da soli, Marin e Aphrodia si fronteggiarono.
Con gli sguardi si trafissero scambiandosi rabbia e cinismo, ingenuità e viltà.
“E così” disse lui, estraendo a sua volta l’arma “alla fine è arrivato il momento della resa dei conti”.
“Già” fece lei, avanzando con la pistola spianata.
Poi a un tratto incespicò in un sassolino e con un urletto gli cadde addosso.
“Ahi, ahi” gemette “la mia caviglia…”.
“Ti sei fatta male?” chiese lui, preoccupato.
La ragazza annuì.
“La mia caviglia” ripeté “Non credo di riuscire a camminare…”.
Marin la guardò interrogativa.
“Non è che mi prenderesti in braccio?” chiese lei, con la sua voce più sensuale.
Lui sospirò e la sollevò tra le braccia.
 
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Si avviò barcollando, con lei che gli si aggrappava al collo, verso uno struggente tramonto di fine estate.
“Te l’ha mai detto nessuno che sei una falsa magra?” borbottò Marin, cercando di mantenere l’equilibrio sui sassi del pendio.
Mentre scendeva verso la spiaggia, però, mise un piede in fallo…
 
FINE
 
 
E ricordate che, come sa benissimo chiunque abbia pilotato il Baldios, LE DIMENSIONI CONTANO!!!!!!
 
 
 
Note&credits:
Lo spiegone inziale è ripreso dall’episodio n. 15, le parole di Jamie sono tratte dal Cantico dei Cantici.
Mi ha sempre fatto sorridere che Marin - nomen omen - amasse il mare, come pure trovavo involontariamente assai comico che Aphrodia nella metà delle occasioni in cui ha a che fare con Marin trova il sistema di farsi prendere in braccio da lui… vero, fandani?
Ora, chi di voi ha per caso letto qualche mia fic su M.A.S.K. sa che io ADORO i cattivi, perché spesso sono molto più interessanti dei buoni. Però. C’è un però. Perché Aphrodia non è una cattiva normale, è una che - per dirla con Crozza - se passa sotto la Porta Santa durante il Giubileo comincia a suonare il metal detector. Quindi per lei niente lieto fine. O forse sì.
Grazie di cuore a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di leggere questo racconto. Grazie a fandani, baldios e a innominetuo che hanno, in aggiunta, pure trovato la forza fisica di recensirla.
Alla prossima, con Marin&co.
E tante nuove sorprese.
 
 
   
 
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