Anime & Manga > Inazuma Eleven
Segui la storia  |       
Autore: _ A r i a    28/11/2015    8 recensioni
♟ Storia ad OC | Iscrizioni chiuse ♟
È piuttosto singolare trovare una piccola stradina secondaria, nella Londra moderna, peraltro dove l’invadente asfalto non sia arrivato e dei ciottoli irregolari premano sotto le suole delle scarpe.
Eppure, a quanto pare, è proprio così.
Amelia ricontrolla l’indirizzo, segnato su un pezzo di carta piccolo e vecchio, piuttosto sgualcito.
L’inchiostro nero è un po’ sbiadito, non si meraviglierebbe di essere nel posto sbagliato… in effetti ha paura che qualche strano individuo sbuchi fuori dal nulla da un momento all’altro.
Se non fosse per la piccola bottega di legno che si trova ora davanti agli occhi.
È un posto piuttosto particolare, con tutte le pareti di legno e una vetrata all’ingresso, piccoli quadrati trasparenti ricoperti da uno spesso strato di polvere divisi tra loro da piccole strisce di mogano non esattamente definibile “in ottimo stato”.
C’è anche un’insegna, solo che è parecchio in alto e Amelia decide di non tentare la fortuna e le sue – scarse – abilità di equilibrista nell’arrampicarsi su delle casse malridotte lì al lato per controllare il nome di quel posto.
Genere: Azione, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Jude/Yuuto, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic
«Il tempo è come un fiocco di neve,
scompare mentre decidiamo che cosa farne»

 Romano Battaglia –


» New York, Stati uniti d’America, 2120

«Jude, non riesci a dormire?».
Quella frase pare aleggiare nel cielo buio della metropoli nordamericana per istanti travestiti da eternità, mentre gli occhi cremisi di Jude continuano a perdersi ossessivamente tra le luci sfavillanti di quell’immenso deserto.
Sospira. C’è una risposta a quella domanda?, si chiede, con una certa punta di arrendevolezza dentro la sua testa.
«No»risponde infine amaramente, espirando nuovamente –se di noia o fastidio è impossibile definirlo– mentre continua a fissare quella realtà morente davanti ai suoi occhi, tutti i sensi all’erta. In attesa di cosa, poi, chi lo sa:di un miracolo, molto probabilmente.
Davanti ai suoi occhi non si muove nulla che possa fargli presagire la presenza di altre forme vitali oltre le loro, tuttavia l’udito estremamente sviluppato del giovane gli permette di percepire chiaramente i passi alle sue spalle aumentare nuovamente, muovendosi con estrema disinvoltura nella sua direzione, finché la figura arriva finalmente al suo fianco.
Appoggia le braccia alla balaustra, seguendo la direzione dello sguardo del ragazzo, perso nel vuoto.
«Da quanto tempo sono qui?»domanda Jude, nella sua voce c’è una nota d’impellenza impossibile da ignorare, per chiunque. Soprattutto se quel qualcuno è Ray Dark.
«È impossibile saperlo»ammette l’uomo, quasi rammaricandosi delle sue stesse parole. Detesta deludere Jude in questo modo«Il tempo qui scorre in modo diverso rispetto alla nostra dimensione. Sempre che scorra, ovviamente. È perennemente notte … quasi inquietante, non trovi? Da quando vi sono arrivato il sole non è mai sorto e dubito l’abbia mai fatto, in precedenza».
Gli è difficile smettere di parlare. Così a lungo si è ritrovato costretto al silenzio, non avendo nessuno con cui conversare. L’idea di parlare da soli è stata a lungo pressoché ritenuta impraticabile, dopotutto perché perdere pure l’ultimo briciolo di sanità mentale quando si potrebbe evitare?
Ma davvero si poteva evitare?
Ormai Ray non ne era nemmeno più così certo.
Era così importante, dopotutto?
In fondo, adesso c’era Jude.
Era tornato. Gliel’aveva detto, lui, che alla fine sarebbe tornato.
Certo, magari non come Ray se l’era immaginato, il tanto sospirato ritorno di quella creazione perfetta che ora era lì, a dondolare le sue gambe toniche da un balcone di un palazzo in cui nessuno dei due abitava in una città che non apparteneva né all’uno né all’altro.
Sempre che fosse stato possibile definire quel luogo una città.
Le mani di Jude tremano scompostamente attorno alla balaustra e cominciano a scivolare sul metallo lucido e freddo.
Perché ho le mani sudate?, si rimprovera mentalmente il ragazzino, perdendo l’equilibrio.
L’uomo dietro di lui lo afferra prontamente, prendendolo in braccio e stringendolo forte contro il suo petto mentre si avvia subito verso l’interno del grattacielo.
Jude chiude gli occhi con cautela ed una malcelata sensazione di debolezza che aleggia tra le sue membra mentre cede, abbandonandosi a quella stretta calda.
Le parole che pronuncia di lì a poco arrivano a Ray in un sussurro, talmente è incrinata la voce con cui il giovane le pronuncia.
«E t-tu? Tu da quanto sei qui? E p-perché?».
L’uomo vorrebbe poter rispondere a quella domanda … tuttavia dubita ancora una volta che esista una risposta. Dev’essere normale, specie quando scopri che quella in cui vivi non è l’unica realtà, come invece chiunque crede. Diventa tutto relativo.
«Sono giunto in questo luogo a dir poco surreale subito dopo la mia morte. Da allora non c’è stato più modo per me di muovermi da qui, né di vedere un’altra volta sorgere il sole».
Si rende conto di non aver risposto completamente alla domanda del suo ragazzo, tuttavia sa altrettanto bene di non avere a disposizione risposte migliori da potergli offrire.
Jude per un momento è scosso da un sobbalzo e freme appena tra le braccia dell’uomo, gli occhi che si velano di una strana patina fumosa.
Un brutto presentimento, intuisce l’uomo. È stato così a lungo suo insegnante che ormai Jude per lui è come un libro aperto.
Per una volta Ray avrebbe tanto preferito sbagliarsi. Peccato che le parole che escono dalle labbra di Jude di lì a poco non possono che confermare i suoi più reconditi timori.
«Ray … tu sei morto quattro anni fa …».

» Londra, Regno Unito, 2059

Amelia fissa cupamente le pareti del piccolo appartamento, nel cuore della moderna Londra.
È questa l’epoca a cui appartiene, non quella di Darren.
Quella sua stessa considerazione è così dolorosamente reale che adesso prenderebbe volentieri a calci il soggiorno della sua casa … ma alla fine decide di trattenersi, per non passare per una squilibrata più di quanto non lo sia già.
Ed i suoi problemi hanno incredibilmente inizio dall’Orologio che pende dal suo collo.
Amelia sospira pesantemente, scivolando lungo una parete e lasciandosi cadere seduta sul linoleum a terra, mentre rigira tra le sue dita quel bizzarro medaglione.
È evidente che abbia una storia antichissima:l’oro di cui risplende il metallo che forma quello strano oggetto sembra essere stato consumato dal tempo, ecco perché ora pare annerito.
Dopotutto, stando a quanto le ha detto sua madre quando le ha consegnato l’Orologio, quell’oggetto ha più di trecento anni.
Tre secoli.
Ora che Amelia possiede uno degli Orologi in un certo senso è una Custode del Tempo e, in quanto tale, sa che trecento anni non sono certo un giochetto da niente.
Accarezza con il pollice la superficie levigata dell’Orologio:il quadrante è protetto da un piccolo sportello, che si può aprire e chiudere a discrezione del proprietario mediante un pulsante posto sopra la rotellina per la regolazione dell’orario.
Ridicolo, un artefatto magico tanto potente da poterti far viaggiare tra le epoche della storia … che segna pure l’orario corretto. In qualsiasi epoca ci si trovi.
Sullo sportello dell’Orologio è incisa la raffigurazione di un corvo. Sua madre le ha raccontato che l’uomo che creò l’Orologio che ora porta al collo –con tutti gli oneri e gli onori che la situazione comporta- aveva realizzato in origine ben dodici Orologi, incantandoli con la magia che albergava il suo corpo:gli ingranaggi dell’Orologio possiedono infatti una dose necessaria di magia per permettere a chi ne possiede uno di poter viaggiare a proprio piacimento attraverso lo scorrere del tempo e dello spazio.
Tutti gli Orologi sono andati dispersi, in seguito ad un misterioso incidente, nelle più svariate parti del globo terrestre. Ogni Orologio è diverso dall’altro proprio per la rappresentazione che riporta sullo sportellino, la cui principale funzione è quella di proteggere il fondamentale meccanismo custodito al suo interno.
Il corvo inciso sulla superficie dell’Orologio di Amelia è il simbolo, sempre secondo sua madre, della saggezza, tuttavia è anche portatore di cattivi presagi.
Direi che non sarebbe potuta andarmi peggio, brontola Amelia tra sé, mentre si rimette in piedi, in quell’appartamento vuoto dove vive da sola ormai da troppo tempo.
Non riesce a fare a meno di chiedersi che cosa sia rappresentato sugli altri Orologi. Questo sua madre non gliel’ha mai detto. Per la verità, Amelia stessa dubita che la donna ne avesse la minima idea.
In realtà quel pensiero sfugge quasi all’istante dalla sua mente, con la stessa rapidità con cui s’era presentato, rimpiazzato da ben altre immagini.
Come al solito, a fare da padrone nella sua mente è il volto di Darren:solo pochi minuti prima ha dovuto salutarlo, dopo che il giovane l’aveva riaccompagnata all’aeroporto, convinto che la sua amata avrebbe ripreso il volo di ritorno per Londra e sarebbe così tornata a quegli studi a cui continuamente si professava dedita.
Peccato che Amelia non si sia dovuta imbarcare su nessun aereo per tornare nella sua Londra:dopotutto, nessun mezzo di trasporto umano può attraversare il tempo a proprio piacimento, come invece è proprio degli Orologi.
Amelia scuote la testa, i suoi corti capelli corvini che si muovono con lei:sarà meglio che si vada a fare una bella doccia calda. In fin dei conti, al momento ha solo bisogno di svuotare la mente da ogni tipo di pensiero e, ora come ora, non ha altre idee se non quella per far sì che ciò avvenga.

» Atene, Grecia, 450 a.C.

Ziva avanza tra la folla adunante, stringendosi per bene nel suo peplo dalle tonalità rossastre ed aranciate che le ricorda in modo alquanto realistico i colori del tramonto.
Davanti ai suoi grandi occhi scuri, l’immensa struttura in marmo pario del Partenone si staglia nel cielo azzurro di Atene, in tutta la sua imponenza.
Mette quasi soggezione. E forse, pensa Ziva, è questo uno dei fattori che porta da sempre gli uomini a rifugiarsi nella religione:il timore divino, di questo qualcosa più grande di noi, che ha potere decisionale sulla vita altrui. A propria discrezione se lasciar vivere o far morire un uomo.
Ziva non crede a tutto ciò, perlomeno non così visceralmente come le persone che la circondano, convinte che portando offerte al tempio o sacrificando animali votivi o chissà che cosa in onore di queste divinità … le sembra così esagerato. Non si tratta nemmeno di fanatismo religioso, forse … forse è solo questione di culture differenti, di sapere in continua evoluzione. Certo, con le conoscenze di cui l’uomo dispone nell’epoca in cui è abituata a vivere, il ventunesimo secolo, certe idee sembrano quanto di più improbabile possa esistere.
Ma è poi vero?, si chiede Ziva, siamo poi così diversi?
La giovane sospira silenziosamente per non gettare sospetti tra la folla che la circonda, non vorrebbe mai e poi mai passare per infedele, chissà cosa potrebbe capitarle, così si limita a procedere silenziosamente insieme alla grande adunanza, intonando, di tanto in tanto, qualche canto o invocazione agli dei, in sincrono con gli altri fedeli.

Άκούου εμὦν, ὦ Ζεῦ, θὦν θεὦν βασιλεῦ.1

Da sotto le vesti dai colori brillanti di Ziva dondola in avanti, fendendo l’aria a ritmo con i suoi passi giusto per qualche istante prima di tornare a sprofondare tra la stoffa un orologio dal colore dorato, sul cui sportellino è incisa una pergamena arrotolata.
La pergamena è il simbolo della storia.
Ziva prosegue la sua camminata insieme al popolo ellenico, mentre intona ancora una volta le note del canto votivo dedicato a Zeus, l’antico signore del cielo.
La giovane sorride, quando una vecchia nozione di mitologia greca le torna alla mente, ripescata da chissà quale meandro.
Zeus era figlio di Crono, Signore del Tempo, ricorda Ziva, sorridendo appena.
Che ironia della sorte. E dire che ora sono io ad essere una Custode del Tempo.

» New York, Stati uniti d’America, 2120

È notte. O forse giorno. Dopotutto, ormai chi può dirlo?
Ray si rigira senza meta tra le coperte da ore. Il buio è così soffocante che quel dover rimanere lì per delle ore, ostinarsi nel portare avanti quella sorta di farsa, dormire comunque con regolarità per un certo numero di ore ogni determinato quantitativo di tempo, gli sa tanto di artificioso.
Dopotutto, poi non è lui stesso il primo ad affermare che lì la concezione temporale non ha alcun valore, tanto da non esistere affatto?
Si tira su a sedere sul letto, fissando la stanza che lo circonda con aria alquanto apatica.
È tutto così buio …
La stanza, così come il letto dove si trova in questo momento, è interamente circolare, contornata in ogni punto da vetrate che offrono un’ampia visuale sulla città.
Lì scintillano alcune luci, tuttavia Ray sa fin troppo bene che si tratta di palazzi completamente disabitati.
È lì da così tanto tempo ormai che ha controllato quei palazzi uno ad uno.
Vuoti. Sono tutti terribilmente, miseramente vuoti.
Di colpo, le parole che Jude gli aveva rivolto prima, in terrazzo, diventano piene di nuovo significato.

«Ray … tu sei morto quattro anni fa …».

Quattro anni fa … Ray era già perfettamente conscio di essere morto, tuttavia non avrebbe mai e poi mai immaginato di esserlo da così tanto tempo.
Davvero sono qui da quattro anni?
A Ray pare impossibile … forse, a forza di vivere in quel posto a dir poco assurdo, ha finito davvero per perdere la cognizione temporale.
Per fortuna che ora con lui c’è Jude, almeno non correrà più il rischio di impazzire.
O forse finirà per impazzire del tutto.
Poco dopo infatti, ricordandosi della rassicurante presenza del giovane accanto a sé, si volta in direzione della parte opposta del letto, dove sa che il giovane sta riposando.
In effetti lo trova sul serio lì e Ray si ammonisce di non averci pensato prima, d’altronde è così rassicurante averlo al proprio fianco … perlomeno finché non si rende conto di quanto sia agitato il sonno del ragazzo.
L’uomo sobbalza appena nel vedere l’esile figura di Jude dimenarsi spasmodicamente tra le lenzuola purpuree, la fronte imperlata di sudore e le labbra socchiuse per l’affanno contratte in una smorfia di dolore, o forse solo sforzo fisico.
«Jude-»le parole muoiono sulle labbra dell’uomo, l’apprensione per le condizioni di salute del giovane troppo forte per poter essere ignorata.
Gli solleva appena il capo dal cuscino, ponendoselo in grembo e riempiendogli i capelli morbidi e le gote appena arrossate dallo sforzo fisico di carezze gentili, tante, pacate, da perdervi il conto.
Spera solo di riuscire a fare qualcosa per aiutarlo, in questo modo. Ridestarlo sarebbe la cosa migliore, tuttavia Ray non osa sperare tanto. In fondo, dopo tutti quegli anni, ha ormai compreso che la speranza è un lusso troppo grande per uno come lui.
«Ti prego …»sussurra l’uomo, la sua voce che si perde nella stanza vuota«non mi lasciare, non di nuovo …».
Mentre non riesce ad arrestare le carezze al capo del giovane gli occhi di Jude si aprono in un muto grido di terrore, le pupille ridotte a puntini neri piccolissimi in quel mare di rosso dilagante. Le labbra si schiudono ancor di più ma per un tempo che pare infinito non riescono ad uscire da esse nient’altro che suoni strozzati e sibilanti, che mettono ancor più in allarme Ray.
Quando finalmente Jude riesce nuovamente a pronunciare una frase di senso compiuto, mormora a voce appena udibile:«Ray … v-voglio tornare a casa …».
La voce del ragazzo è così flebile che sembra essere sul punto di spezzarsi. Per un attimo Ray non riesce nemmeno a capacitarsi che quello stesso ragazzo, che ora gli pare così piccolo ed indifeso, abbia già diciotto anni.
Gli occhi di Jude si velano nuovamente dei fumi del sonno, mentre ripiomba addormentato come se non fosse successo niente.
Ray gli risistema il capo tra i comodi cuscini, consumando le sue ultime carezze.
«Ti riporterò a casa, Jude»sussurra, certo che ormai il ragazzo non possa sentirlo«te lo prometto».




1 Dal greco, “Ascoltaci, oh Zeus, re degli dei”. Traduzione molto home made, spero di non aver toppato (sono al quarto anno di classico ma lungi da me l’idea di essere una professionista, dopotutto ho sei in greco e traduciamo dal greco all’italiano, non viceversa), se così fosse perdonatemi, altrimenti amen ^^”




* Aria’s corner *

Signori, abbiamo un problema.
Con calma.
Anzitutto, permettetemi di esultare perché per una volta in vita mia riesco ad essere puntuale nelle scadenze.
Io ve lo avevo detto che le iscrizioni chiudevano il 27 novembre e mentre vi scrivo è il 28.
Per la verità ho iniziato a scrivere il capitolo già qualche giorno fa e non perché mi sentissi particolarmente ispirata, anzi … il problema è che mi sono arrivati davvero pochi oc e tra questi solo tre si sono rivelati all’altezza delle mie aspettative. Non che sia colpa vostra, eh, solo che certe schede non erano adatte al genere di storia che ho in mente.
Perciò ho deciso di riaprire le iscrizioni!
Ora, parliamoci chiaro:mi servono sette oc, le modalità di scelta avverranno secondo gli stessi criteri che ho utilizzato in precedenza.
Suppongo che chi è stato scelto se lo immagini già. Ad ogni modo, la scheda potete trovarla nelle note del primo capitolo.
Partecipate, vi prego! Cercherò di non mangiarvi (però non garantisco niente, avendo finito di vedere di recente Tokyo ghoul. I feels aiuto)
A scanso di equivoci, l’oc presentato in questo capitolo, Ziva Shapira, è quello di Cari Chan. Mi è piaciuto tanto il tuo personaggio, davvero.
Non ho molto altro da dire, il capitolo è quello che è. In attesa di qualche altro personaggio, ho deciso di presentarvi un po’ meglio il meccanismo degli Orologi e i complessi mentali le problematiche che Jude è costretto ad affrontare dopo essere finito in una dimensione che non è la sua.
Basta, sono stanca, vado a dormire.
Vi voglio bene … se recensite vi regalo i biscotti alla cannella (Cristo, Aria, ti sei abbassata a dei livelli di corruzione assurdi ormai)

A presto (spero)
Aria~
   
 
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inazuma Eleven / Vai alla pagina dell'autore: _ A r i a