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Autore: Shin83    29/11/2015    1 recensioni
Nel presente di Steve, torna ad affacciarsi qualcuno del suo passato.
Che aveva amato tanto ma che lo aveva anche molto ferito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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There was nothing in the world that I ever wanted more






Steve si era sentito uno stupido ad aver ceduto così facilmente a Tony.
Quel weekend aveva preferito starsene in casa e aveva sistematicamente ignorato le chiamate e i messaggi dei suoi amici, ma anche quelli di Tony, che aveva provato comunque a contattarlo.
Non aveva una gran voglia di parlare, soprattutto mettersi a spiegare cos’era successo tra lui e Stark a Peggy e Bucky dovendosi poi sorbire le inevitabili ramanzine che ne sarebbero conseguite.
E poi c’erano quei tentativi di Tony. Cosa voleva ancora da lui? Non aveva già ottenuto quello che desiderava?
Non riusciva a capire quell’insistenza, ma allo stesso tempo non aveva intenzione di starlo a sentire. Tanto, molto presto si sarebbe stancato di rincorrerlo, lo avrebbe lasciato in pace e finalmente avrebbe potuto dimenticare quella faccenda una volta per tutte.
 
Si era fatta domenica sera, Bucky e Peggy sembrava avessero gettato la spugna; solo di tanto in tanto il cellulare vibrava per gli sms di Tony che ripetevano la stessa litania: Ho bisogno di parlarti, chiamami.
Stava fissando la tv senza guardarla realmente, di solito non si perdeva una puntata dei Simpson, neanche le repliche, ma in quel momento nemmeno la famiglia gialla riusciva a distrarlo.
Si grattò il mento, confuso. In testa aveva mille pensieri, ma non era in grado di isolarne mezzo.
Il suono del campanello lo fece tornare alla realtà e sobbalzare per lo spavento.
Lì per lì non voleva andare ad aprire, ma sapeva che Tony non si sarebbe spinto fino a casa sua e poteva benissimo essere la signora Cardenas che aveva bisogno di una mano.
Ma non appena aprì la porta, si trovò davanti il suo migliore amico.
“Ah, bene, non sei morto,” disse Bucky con una vena di sarcasmo mista a irritazione. Girò i tacchi e fece per andarsene, ma Steve gli afferrò un braccio per tempo.
“No, aspetta Buck, scusa,” Rogers era mortificato e vedere l’espressione dell’amico gli fece realizzare di essere stato un po’ stronzo in quei giorni.
Bucky si voltò, facendo passare lo sguardo dalla mano di Steve al suo braccio e infine al volto dell’amico.
“Si può sapere che cosa ti è preso?” Chiese infine Barnes, con l’espressione del viso ancora preoccupata.
“Vieni dentro.” Steve gli fece cenno con la testa e mollò la presa dal braccio di Bucky, quest’ultimo obbedì e lasciò che l’amico chiudesse la porta dietro di sé.
Una volta in casa, Bucky andò direttamente in cucina per scroccare una lattina di birra.
Steve era già andato a sistemarsi sulla poltrona, strofinandosi nervosamente le mani sulle ginocchia. Quando anche Bucky si sistemò sul divano, sorseggiando la sua bibita, esordì: “Beh, vuoi parlare o devo minacciarti in qualche modo?”
“Sono andato con Tony.” Confessò quindi Steve senza tanti giri di parole e tutto in un fiato. Tanto era inutile girarci attorno, avrebbe solo reso la cosa più lunga ed estenuante.
“Sei andato dov-, cazzo Steve!” Bucky sputò dappertutto la sua birra, incredulo per quello che aveva appena sentito.
“Dimmi che ho capito male…”
“No Buck, hai capito benissimo. Ho fatto sesso con Tony. Venerdì sera. Nel mio studio.”
Steve aveva raccolto tutte le sue forze per confessare, in fondo era una persona adulta e doveva prendersi le responsabilità delle sue azioni.
Per poco Bucky non fece schiantare la lattina sul pavimento, fortunatamente aveva avuto la lucidità necessaria per poggiarla sul tavolino davanti a sé in tempo.
“Ti ha drogato.”
“No Buck, non dire stupidaggini, non mi ha drogato. Anzi, sono stato io ad iniziare.” Steve distolse lo sguardo dal suo amico, fissandosi i piedi nudi.
Barnes rimase in silenzio per alcuni, lunghissimi istanti, osservando stranito il suo migliore amico.
“Che cazzo ti è venuto in mente?” Ruppe finalmente il silenzio.
Steve si prese il volto tra le mani, strofinandolo di tanto in tanto.
“N-non lo so. Era lì, era venuto a cercarmi per dirmi che si era ricordato di me e il cervello mi è andato in black out.”
Dopodiché si lasciò cadere all’indietro, sperando che la poltrona lo inghiottisse. “Ti prego, risparmiami la ramanzina del io e Pegs te l’avevamo detto, lo so. Sono stato un coglione.”
Bucky aveva ripreso a sorseggiare la sua Budweiser. “E poi?” Effettivamente aveva voglia di fargli una ramanzina, ma guardando l’espressione distrutta del suo amico pensò che ne avesse avuto abbastanza.
“E poi cosa? E’ Tony Stark, mi ha fatto capire che voleva solo togliersi lo sfizio e l’ho mandato via.”
“E lui?”
“E lui da ieri prova a chiamarmi e a mandarmi messaggi dicendo che deve parlarmi.”
“Strano da parte sua. Sarà qualche nuova tattica da primadonna, forse voleva essere lui quello a scaricarti.”
“Non lo so. So solo che non ho intenzione di starlo a sentire. Tanto prima o poi si stancherà e mi lascerò tutto questo gran casino alle spalle.”
Bucky alzò un sopracciglio, non molto convinto. “E’ davvero questo che vuoi?”
“Sì, ho già fatto troppi danni. Sono solo l’ennesimo trofeo di Stark.” Quell’ultima frase gli uscì con un innegabile tono di amarezza.
“Pensaci bene, Steve. E’ vero che Stark è uno stronzo, però il fatto che ti stia tartassando è strano. Magari è davvero interessato a te.”
“Oh, Bucky. Non farti abbindolare anche tu dal fascino del genio playboy.” Steve sembrava volesse convincere più se stesso che l’amico.
Bucky percepì che non era il caso di insistere e cambiò discorso, sapeva che a Steve bastava la sua presenza per sentirsi già meglio.
“Ci ordiniamo una pizza da Leone’s? Sto morendo di fame.”
Steve sorrise ed annuì. Prese il telefono per fare l’ordinazione e pensò che non poteva essere più grato per avere degli amici come Bucky e Peggy.
 
 
 
***
 
Tony non sembrava volersi dare per vinto. Continuava a chiamarlo e a mandargli sms. Aveva perfino iniziato a fargli recapitare biglietti di scusa. Sia a casa che allo studio.
Steve, puntualmente, era costretto a cestinare tutto. Per di più, si stava innervosendo; se proprio Stark ci teneva così tanto a chiedere scusa, perché non si presentava di persona?
Biglietti e telefono erano mezzi piuttosto semplici per evitare un contatto diretto, per parlare faccia a faccia, insomma, Tony era piuttosto codardo.
 
Stava quasi per chiamarlo e dirgli di lasciarlo in pace, quando casa sua si trasformò in una serra per rose.
Erano passati ormai dieci giorni da quel loro incontro ravvicinato e Tony non dava segni di voler cedere.
Quella sera Steve era a casa in compagnia di Bucky, c’era una partita amichevole dei Clippers contro i Celtics e i due amici adoravano il basket, non si perdevano una partita.
Erano le otto e mezza circa, quando suonarono alla porta. La partita era appena iniziata e i due ragazzi erano già in piena atmosfera da tifosi. Si scambiarono un’occhiata veloce e Steve lasciò la lattina di birra sul tavolino davanti a sé. “Sarà la signora Cardenas, vado a vedere di cosa ha bisogno.”
Ma alla porta non c’era l’anziana signora, bensì un fattorino con un carico di rose rosse a dir poco imbarazzante.
“Signor Rogers?”
“Sono io.”
“Dovrebbe farmi una firma qui.” Il ragazzo porse goffamente il dispositivo per la ricevuta della consegna.
Steve avrebbe voluto chiedere chi mandasse le rose, ma la teatralità del gesto non poteva che portare a Tony.
Dopodiché liberò il fattorino dal mazzo di fiori e restituì il macchinino per la firma. Salutò cortesemente augurando al ragazzo buon lavoro.
Non appena richiuse la porta dietro di sé, fissò i fiori e lasciò andare un lungo sospiro.
C’era un bigliettino fra le rose, cercò di aprirlo con un po’ di fatica, c’era semplicemente scritto: “Parlami.”
Steve tornò nel salottino con il suo pacco in mano e per poco Bucky non si soffocò con il burrito che stava ingurgitando.
Lanciò un’occhiata altamente disgustata all’amico.
“E’ veramente arrivato fino a tanto?”
“Sembrerebbe di sì.”
Steve era al limite dell’esasperazione. Non sapeva dove mettere tutti quei fiori.
“E se li portassi a Natasha?”
Bucky lo guardò di sbieco. “Non provare a rifilarmi quella roba. Non regalo mai fiori a Nat, se tornassi a casa con una serra penserebbe che la stia tradendo e poi posso anche dire addio ai gioielli di famiglia.”
Steve scoppiò a ridere e scosse la testa. “Vado a cercare un secchio per mettercele dentro.”
Tornò in salotto qualche minuto dopo. “Ho dovuto infilarle nella doccia.” Si lasciò cadere sulla poltrona e prese a fissare un punto a caso nel vuoto.
“Hai intenzione di chiamarlo?” Chiese Bucky con un tono serio.
“No.” Fu la risposta secca di Steve.
Bucky fece spallucce, sapeva benissimo che quando Steve si intestardiva non c’era nulla che potesse smuoverlo, era peggio di un mulo.
“Domani li porto allo studio; a Marissa e Nora piaceranno di sicuro.”
L’argomento cadde nel vuoto per il resto della serata.
 
Mantenne la parola e il giorno dopo portò il gigantesco mazzo di fiori al loft dove lavorava. Distribuì le rose equamente tra le sue colleghe e si sentì un po’ più in pace con se stesso. Marissa, Nora e le altre apprezzarono moltissimo il gesto, anche se non chiesero ulteriori spiegazioni al ragazzo. Lui le ringraziò mentalmente per non averlo messo nella posizione di esporre quella sua situazione imbarazzante.
 
Quella mattina, stranamente, non ricevette nessuna chiamata né messaggio da Tony e nemmeno nel pomeriggio.
Dopo tanti giorni, finalmente era riuscito a lavorare senza distrarsi, più rilassato. Si era domandato come mai Stark avesse ceduto, ma si era risposto in fretta che sicuramente si era rassegnato, o meglio stancato, dopo l’ennesima dimostrazione di indifferenza da parte sua.
Anche l’ultimo dei ragazzi era andato via, lui stava pulendo con cura i suoi pennelli, quando una voce, fin troppo conosciuta, esordì: “Non ti sono piaciuti i fiori?”
Steve fu preso alla sprovvista e si lasciò scivolare uno dei pennelli nel lavabo, sospirò, senza dire nulla e proseguì col suo lavoro.
Tony se ne rimase immobile sul ciglio della porta ancora per qualche minuto, sperando che prima o poi si decidesse a parlare, quando si rese conto che il ragazzo non aveva intenzione di proferire parola, si avvicinò a lui.
“Non so ancora di preciso cos’abbia fatto o detto per farti arrabbiare quella sera, ma io ci ho provato a chiederti scusa.”
Steve continuava a dargli le spalle, era ancora concentrato a pulire i pennelli. Gli sfuggì un sorrisetto amaro.
Certo che non te ne rendi conto, pieno di te come sei. Avrebbe voluto rispondergli, ma rimase ancora zitto.
“Steve, ti prego, guardami. Se non ci tenessi davvero, secondo te sarei arrivato fin qui?”
Silenzio gelido. I pennelli erano ormai lindi, ma Steve continuava a sfregarli con le dita, quel gesto meccanico lo teneva lontano da Tony.
“Steve.” Tony insistette, afferrando con delicatezza il braccio del ragazzo. Steve si irrigidì, ma non si voltò né gli rivolse la parola. Non voleva cedere, non voleva dargliela per vinta ancora una volta.
Sentiva addosso gli occhi di Stark, avrebbe voluto girarsi e chiedergli perché stesse insistendo, che divertimento ci trovasse a prenderlo in giro per così tanto tempo, ma ritenne più opportuno stare in silenzio, ignorarlo.
Passarono lunghi, interminabili secondi e Steve sentì scivolare via la presa. Un sospiro e dei passi riecheggiarono nella stanza. Quando tutto fu nuovamente immerso nel silenzio, Steve mollò i pennelli che stava stringendo in mano e si girò. Tony se n’era andato via.
 
 
 
Mancavano pochi mesi alla fine della scuola, Steve non vedeva l’ora di andare al college.Finalmente avrebbe potuto dedicare all’arte tutto il tempo che voleva, si sarebbe lasciato alle spalle tutta quella gente del liceo e forse sarebbe riuscito a dimenticare Tony Stark.
Per prepararsi al meglio agli esami finali, passava quasi tutte le sue ore libere a studiare nell’immensa biblioteca della scuola. Molto più silenziosa del suo appartamento che affacciava su una strada trafficata di Brooklyn dove non riusciva a concentrarsi per studiare.
 
Quel pomeriggio era immerso nei suoi esercizi di trigonometria, quando Tony e il suo gruppetto fecero irruzione in biblioteca. Notarono immediatamente Steve impegnato a studiare e naturalmente decisero di tormentarlo un po’. “Casualmente” inciamparono nel suo zaino e il suo contenuto si sparse per il pavimento: fogli, quaderni, libri. Il trio ridacchiò, Steve non mostrò alcuna reazione, nonostante avrebbe voluto saltare al collo di quei tre sbruffoni, ma lo scontro sarebbe stato impari e non era affatto il luogo per scatenare una rissa. Si chinò quindi a terra a raccogliere la sua roba alla bene e meglio, non accorgendosi, però, che il suo prezioso taccuino da disegno era finito sotto uno degli scaffali accanto al tavolo. Era la cosa più preziosa per lui, lo portava sempre con sé ed era pieno di schizzi di Tony, se fosse capitato nelle mani sbagliate sarebbe stata la fine, per lui.
Sistemato lo zaino, tornò a concentrarsi sui suoi esercizi, ignorando gli sguardi del gruppetto che si sentiva addosso.
 
Si accorse che mancava qualcosa solo una volta tornato a casa. Aveva svuotato la borsa per mettere via e riordinare quaderni e libri vari e il taccuino era sparito. Steve si sentì assalito dal panico, mise a soqquadro la sua stanza, per altro molto ordinata, chiese a sua madre se per caso l’avesse visto lei. Niente, il quaderno sembrava essere svanito nel nulla.
Una volta rimesso in ordine tutto, gli si accese una lampadina: l’incidente in biblioteca.
Si portò le mani al viso disperato e si lasciò cadere sul letto. Iniziò ad immaginare quanti più tremendi scenari possibili: già si figurava tutti i suoi schizzi di Tony attaccati su tutti i muri della scuola e tutti quanti a prenderlo in giro. Che modo odioso per passare gli ultimi due mesi del liceo.
E poi, al di là degli ennesimi atti di bullismo che si apprestava a subire, Steve era estremamente dispiaciuto per quella perdita: era legato affettivamente a quel taccuino, ci sfogava i suoi pensieri, i suoi stati d’animo; era il suo tesoro.
Ma voleva sperare ancora, magari il taccuino si era infilato sotto uno scaffale e nessuno l’aveva trovato.
L’indomani sarebbe arrivato a scuola prima per setacciare la biblioteca.
O magari il quaderno era solo rimasto nascosto in qualche angolo del suo armadietto; voleva convincersi che non fosse capitato nelle mani sbagliate.
 
Il giorno seguente, appena arrivato a scuola, andò a controllare il suo armadietto: nulla.
Cercò accuratamente anche in biblioteca e nell’aula di arte: niente.
Si spinse fino in segreteria, con la speranza che qualche anima buona lo avesse restituito. Anche lì un buco nell’acqua. Il suo taccuino sembrava si fosse volatilizzato nel nulla.
Stava per prepararsi psicologicamente alla giornataccia che lo avrebbe atteso: non solo il rammarico della perdita, ma anche le prese in giro di Stark e compagnia, ormai era convinto che ne avessero preso possesso loro, non sapeva come e quando, ma nessuno gli toglieva dalla testa che l’avessero trovato quei bulletti.
 
Mesto, raggiunse l’aula della sua prima lezione del giorno. Anche Tony era in quella classe, ma stranamente Stark non proferì parola. Lo fissò per alcuni, lunghissimi minuti, ma non fiatò.
E così proseguì il resto della giornata. Soliti spintoni e niente di più, normale amministrazione. Anzi, quel giorno lo avevano addirittura lasciato mangiare in pace, senza infilargli la faccia nel piatto.
 
Forse il suo taccuino non era finito nelle mani di quei teppistelli, forse l’aveva perso in metropolitana o chissà dove, sperava che magari qualcuno di buon cuore glielo avrebbe fatto recapitare a casa.
 
 
***
 
Tony, in biblioteca, più che studiare, aveva fissato Steve per tutto il tempo. Rhodey e Clint erano rimasti solo mezz’ora con lui, gli allenamenti di football li aspettavano.
Lo osservò raccogliere la sua roba per terra e non gli tolse gli occhi di dosso per un istante, o meglio, dalla sua nuca. Non riusciva a capire cosa diavolo lo attraesse in quell’essere minuto e fragile.
Quando Steve si alzò per andarsene, si accorse di qualcosa di scuro sotto lo scaffale accanto al tavolo di Rogers. Aspettò di trovarsi da solo per avvicinarsi furtivamente al mobile e recuperare qualsiasi cosa fosse.
Lo aprì. Era un taccuino Moleskine, ed era proprio di Steve. Ovviamente il ragazzo ci aveva scritto nome, cognome ed indirizzo, per essere restituito in caso di smarrimento.
Lì per lì, decise di spedirglielo anonimamente, almeno fin quando, mosso dalla sua curiosità quasi morbosa, non lo sfogliò.
Era pieno di suoi ritratti. Studi di mani, di occhi, il suo viso, la figura intera. Steve aveva anche provato ad immaginarselo nudo.
Tony deglutì a vuoto, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere da Rogers. Era convinto che lo detestasse, invece sembrava tutto l’opposto. Non era normale riempire un quaderno di ritratti della persona odiata. Non in quei termini, poi.
Ogni tratto era stato delineato con cura, le espressioni di Tony erano sempre rilassate, concentrate, mai rigide o che dessero l’impressione di appartenere ad una brutta persona. E poi era bellissimo. Probabilmente non si era mai visto così bello allo specchio nemmeno lui stesso. Quegli schizzi sembravano stati fatti da una persona… innamorata?
 
Tony fissò ancora per un po’ il quaderno, per poi nasconderlo nel suo zaino. Non aveva più intenzione di restituirlo a Steve. Quel taccuino era l’unica cosa che gli permetteva di tenerlo legato a lui.
Dopo quattro anni di angherie, nonostante il suo immenso ego, non riusciva a trovare il coraggio di confessare quello che credeva di provare per lui. Soprattutto non in quel momento, a così poco dalla fine del liceo, quando le loro strade si sarebbero inevitabilmente separate.
 
 
 
 
 
Tony sembrava gli stesse dando un po’ di tregua. Aveva smesso di chiamarlo e di mandargli messaggi.
Finalmente si era rassegnato; quel loro ultimo incontro doveva averlo convinto che non c’era più nulla da fare.
In sincerità, anche lui avrebbe dovuto convincersi del tutto che voleva cancellare Tony dalla sua vita una volta e per sempre. Ma era certo che il tempo l’avrebbe aiutato.
 
La sua routine si stava nuovamente stabilizzando senza i continui tentativi di contattarlo da parte di Stark. Stava anche riuscendo a concentrarsi meglio sul lavoro, anche se i suoi ultimo soggetti si erano rivelati più malinconici rispetto ai suoi standard.
Bucky e Peggy avevano tentato un paio di volte di addentrarsi nell’argomento, ma lui era sempre riuscito a depistare i discorsi. Non che non si fidasse dei suoi amici, semplicemente credeva che continuare a parlarne fosse inutile. E forse anche controproducente.
 
Erano passati quindici giorni da quel suo ultimo incontro con Tony. Un giorno a settimana rimaneva a casa dallo studio per dedicarsi alle faccende domestiche con più attenzione.
Era intento a pulire i vetri delle finestre quando suonarono alla porta. Si passò un braccio sulla fronte per asciugare un po’ alla bene e meglio il sudore. Sperava solo che Tony non fosse tornato all’attacco; a quell’ora i suoi amici lavoravano e non aspettava consegne di alcun tipo.
Quando, una volta aperta la porta, si trovò davanti il postino con un pacchetto per lui, tirò momentaneamente un sospiro di sollievo. Ringraziò l’uomo che gli porse la missiva  e si lasciò chiudere la porta dietro di sé.
Rimase immobile per qualche istante ad osservare il pacchetto. Cosa mai poteva essere? E chi gliel’aveva spedito, visto che il mittente non era segnato da nessuna parte?
 
Andò a sedersi sul divano e iniziò a sfilare via la carta che lo avvolgeva; ne venne fuori una scatola rossa, semplicissima, dove non c’era scritto nulla neanche lì.
Sollevò il coperchio e per poco il cuore non gli si fermò.
C’era dentro un quaderno, il suo quaderno, quello che aveva perso a scuola poco prima del diploma. Era tenuto benissimo, come se fosse stato nelle sue mani per tutto quel tempo.
Ma non c’era solo il taccuino all’interno della scatola.
Ripiegato con estrema cura, c’era un foglio leggermente ingiallito per il tempo, lo aprì e quando vide che cosa effettivamente fosse, gli cadde dalle mani. Era uno dei lavori che era sparito quando era stato vittima del vandalismo per la mostra del terzo anno. Era quello che rappresentava Tony.
Inconsapevolmente iniziò a tremare.
Da dove erano saltati fuori? Era convinto che fossero andati persi, addirittura credeva che lo studio delle mani e degli occhi di Stark fosse stato fatto a pezzi.
Dopo averlo recuperato dal pavimento, poggiò il foglio sul tavolino davanti a sé e riprese il taccuino. Lo accarezzò delicatamente, quasi avesse paura che fosse tutto un sogno e che il quaderno potesse svanirgli dalle mani da un momento all’altro, non poteva crederci.
Sospirò e diede un’altra occhiata alla scatola. C’era un altro foglio bianco, ben ripiegato anche questo.
Lo aprì. Era una lettera, scorse velocemente le righe senza leggere, era curioso di sapere se fosse firmata e da chi. Tony Stark.
Anche questo foglio gli cadde dalle mani. Era incredulo e non aveva la minima idea di come reagire e dicosa pensare di quel gesto e, soprattutto, di come diamine Tony fosse in possesso di quelle cose.
Fece un lungo respiro, per cercare di calmarsi.
Fissò il pezzo di carta ai suoi piedi per alcuni minuti. Aveva paura a leggere.
Forse non era pronto a sapere cosa ci fosse scritto, ad accettare che, in un modo o nell’altro, Tony potesse essere sincero e tenesse a lui. Sospirò nuovamente e raccolse la lettera dal pavimento.
Era un uomo adulto, non poteva certo farsi intimorire da un pezzo di carta.
 
 
Steve,
 
Le mie doti da scrittore non sono altrettanto eccezionali come quelle oratorie, ma, forse, questo è l’unico modo per farmi ascoltare da te dopo quello che è successo tra di noi.
Sto per dirti qualcosa che mi costerà molto, non ci sono abituato.
Ti chiedo scusa.
La mia linguaccia mi ha creato spesso dei problemi, anche se fino ad ora me ne sono sempre curata poco; ma questa volta è diverso.
Sono stato fin troppo coglione quando eravamo a scuola, non voglio perdere l’ultima occasione che potrei avere con te.
 
Sì, perché tu mi piacevi quando eravamo al liceo. Lo so che non ho mai provato a dimostrartelo, anzi, ti trattavo come se ti odiassi, ma l’ho già detto, ero uno stupido e per di più avevo paura. Paura di essere etichettato, giudicato; ma soprattutto avevo paura di essere rifiutato da te.
 
Sì, sono stato io a rovinare i tuoi lavori alla mostra. Ti chiedo scusa, di nuovo, anche se lo so benissimo di non meritare il tuo perdono. Ho nascosto quello delle mie mani e dei miei occhi, li ho riconosciuti subito. Non volevo che qualcuno li vedesse.
 
E sì, il quaderno l’ho trovato io, sotto uno degli scaffali della biblioteca. Avevo pensato di restituirtelo, ma quando ho visto cosa c’era disegnato dentro, sono stato ancora una volta un egoista e ho preferito tenerlo io. Era come se avessi un pezzo di te, tutto per me.
 
Capirò se non vuoi più sentir parlare di me. Ho realizzato in questi giorni che ho sempre messo me stesso al primo posto, e che per non farmi ferire ho ferito. Soprattutto te.
 
Ti restituisco ciò che è tuo. Non merito di conservare qualcosa che tu sicuramente ritenevi, o ritieni, prezioso.
 
Scusa.
 
                                                                                      Tony Stark
 
 
 
 
 
Steve rimase interdetto a fissare la lettera. Non poteva credere che fosse stato Tony a prendere le sue cose. Non poteva credere che le avesse conservate per tutto quel tempo. Ma soprattutto non poteva credere che Stark provasse qualcosa per lui ai tempi della scuola e che gli avesse chiesto scusa.
Era sempre così scostante, superbo, altezzoso con tutti e soprattutto con lui.
Sistemò tutto sul tavolino e si lasciò cadere contro lo schienale del divano.
Che Tony fosse davvero sincero? Che motivo avrebbe avuto, altrimenti, di restituirgli quelle cose, ad ammettere certe situazioni. Lui, che cercava di stare sempre al di sopra di tutti?
Si passò una mano tra i capelli, sospirando.
Forse doveva dargli un’ultima possibilità, nonostante tutto.
 
Passò circa un’ora a fissare il soffitto immacolato, completamente immerso nel silenzio di casa sua, interrotto di tanto in tanto dal suono delle sirene che arrivava dalla strada. Dimenticò del tutto le sue faccende domestiche. Andò a farsi una doccia quasi meccanicamente.
Era passata un’altra ora quando si ritrovò immobile davanti all’ingresso della StarkTower, Steve sapeva che abitava lì, sperava solo di riuscire a trovarlo.
Aveva finalmente trovato il coraggio di entrare nel palazzo, quando dalla gigantesca porta a vetri automatica uscì Tony.Era vestito impeccabilmente: completo di sartoria grigio, scarpe italiane, occhiali da sole quanto un mese d’affitto di Steve, capelli perfettamente spettinati.
Quando Stark lo vide si bloccò sorpreso. Era evidente che non si aspettava di trovarlo lì. Sfilò via gli occhiali, fissandolo: “Steve, ciao.”
Lui si strinse nelle spalle: “Volevo parlare con te.”
Tony, colto nuovamente di sorpresa, dopo un istante di confusione, annuì: “Certo, saliamo da me.”
Poi fece cenno all’omone accanto a lui: “Happy, per favore, avvisa Pepper che ho una faccenda urgente da sbrigare.” Quindi si girò nuovamente verso Steve, facendogli segno di seguirlo.
Presero assieme l’ascensore privato che li avrebbe portati all’attico, in totale silenzio. Riuscirono a malapena a cercarsi con lo sguardo.
 
Una volta arrivati all’attico, Steve cercò di parlare.
“… Ho ricevuto il tuo pacchetto.”
“Avevo immaginato.” Rispose Tony, indicandogli il grande divano del salotto per sedersi.
“N-non avevo idea…” Continuò Steve.
“Lo so.” Fu la risposta telegrafica di Tony.
Rogers fece per aprire la bocca ma non sapeva cosa dire, dunque calò nuovamente il silenzio tra i due.
Erano seduti entrambi sul costosissimo divano di pelle, entrambi trovavano particolarmente interessante il pavimento di parquet.
 
“Senti, Steve, non sei obbligato a stare qui, a dirmi nulla, posso capire se sei arrabbiato con me—“
Ma il ragazzo lo interruppe quasi subito, si avvicinò a lui e gli prese il viso tra le mani per baciarlo.
Tony non esitò nemmeno per un istante a ricambiare.
Quando si staccarono, labbra rosse e respiro corto, Stark lo guardò finalmente dritto negli occhi: “Questo starebbe a significare che mi perdoni?”
Steve sorrise.
“Tu cosa dici?”

 
Dopo un secolo e mezzo ce l'ho fatta.
Ve l'avevo promesso che l'avrei finita e nonostante i tempi biblici, ho mantenuto la parola.
Insomma, spero vi sia piaciuta e ringrazio davvero ogni singola persona che l'abbia letta, l'abbia commentata e sopratutto che abbia avuto la pazienza di starmi ad aspettare.
Questi giorni sono stati puro delirio per il mio povero cuore shipper Stony, ma qui si rimane semper fidelis. #StayStrongStonyShippers

Ringrazio la mia adoratissima beta Marti, che ha la pazienza di un santo e la dolcezza di un cupcake.

Ho iniziato a scrivere una cosina nuova, che vi farà prendere a testate i muri, ma pubblicherò solamente quando l'avrò finita completamente, anche perché non ho idea se ne verrà fuori una One Shot o un'altra minilong.

Detto ciò, ancora grazie ed enjoy. <3

 
  
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