[...]Ansiosa e tremante, chiuse gli occhi, dandosi della fifona. Sicuramente il suo Signore non avrebbe avuto la benchè minima paura di qualche uccellaccio.
«Lui non ha paura di voi.» fece indispettita nella direzione di un ignaro gufetto.
«Lui non ha paura di nulla.» continuò, immersa nell’immaginare il signor Sesshomaru comparire tra le fronde di quelle quercie.
Chiuse gli occhi e contò.
Uno, due, tre.
“Jaken...” Avrebbe dovuto ascoltare i suoi rimproveri.
Quattro, cinque, sei, sette.
“Signor Sesshomaru...” Sarebbe venuta a prenderla? Lei che, dopotutto, non era che un peso? Come nei suoi sogni, forse?
Otto, nove, dieci.
«Rin.»