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Autore: ADH    01/12/2015    0 recensioni
Jeff The Killer oramai è conosciuto da tutti come il serial killer più pazzo del secolo.Se ne sta rintanato in una catapecchia,in attesa di una vittima da rendere più bella con un smagliante sorriso inciso sulle labbra.
Un giorno,una misteriosa ragazzina dai capelli color grano verrà a fargli visita presentandosi con la frase "Ci siamo già conosciuti,solo che a quei tempi non esistevo ancora"
Da allora svariati ricordi torneranno a galla,per il killer sarà difficile continuare ad alimentare la sua sete di sangue con quella ragazza vicino.
Genere: Drammatico, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jeff the Killer
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lentamente inizio a riprendere controllo del mio corpo,quando la luce ritorna sono sdraiato al suolo con la schiena poggiata ad un freddo muro scrostato. La cosa che riesco a sentire per prima è un fortissimo odore di polvere e muffa. Quando riesco a mettere a fuoco ciò che mi sta intorno, vedo Mercy con le lacrime agli occhi che mi osserva ansiosa. Io scuoto la testa per cercare di riprendermi,ma il movimento peggiora solo le cose. --C-che è successo?-- riesco a chiedere con un filo di voce. Mi fischiano le orecchie talmente forte le orecchie che faccio fatica a riconoscere persino la mia voce. Mercy sorride vedendomi sveglio --Ti hanno sparato-- spiega. Mi ricordo del forte dolore che ho provato alla spalla prima di svenire,sollevo una mano e la poggio sul punto dolente. Delle bende mi coprono gran parte della spalla destra, sono pure a petto nudo,un brivido di freddo mi scorre sulla schiena. Mercy capisce al volo,afferra la mia felpa e me la passa... un po' a disagio. Facendo attenzione alle ferite la indosso. Il dolore non è molto forte,ma è pur sempre dolore. Cerco di rimettermi in piedi ma Mercy mi afferra le spalle e mi costringe a rimanere sdraiato --Sei ferito idiota! Ti farai male!-- mi rimprovera. Cos'è mia madre?. Sbuffo e passo a guardarmi intorno,con fare molto nervoso. Sono in una stanza che sembra essere stato un salotto,un tempo. Grande e spazioso,ma mal curato. La polvere qui è l'unico padrone della casa da molto tempo. Davanti a me c'è una grande porta in legno,macchiata un po' di sangue,probabilmente il mio. I muri sembrano essere stati bruciati, la vernice ormai completamente scolorita rende l'ambiente tetro e inquietante. --Dove siamo?-- chiedo. Lei alza le spalle --Non ne sono sicura,ma è l'unico posto che conosco di questa città--. Si mette in piedi e guarda un secondo intorno,spaesata. Un velo di tristezza cela per un attimo la luminosità che di solito è caratteristica del suo sguardo , poi si volta verso di me --Credo di esserci già stata qui dentro,tanto tempo fa--. Mi guardai di nuovo in giro,studiando ciò che è rimasto di una villa di lusso. Per un secondo,solo per un attimo, mi immagino donne con addosso abiti vistosi e gentiluomini con tanto di orologio da taschino chiacchierare allegramente in questa stanza. La mia immaginazione mi sorprende sempre.--Hai curato tu la ferita?-- indico le bende. Lei annuisce sorridendo solare,e una luce raggiante le marca lo sguardo --Sono brava in queste cose--. Vedendo i suoi occhi non posso far a meno di sorridere a mia volta. Sembra una bambina. Lei si rimette in ginocchio davanti a me e si prende il volto tra le mani, iniziando a fissarmi --C-cosa c'è?-- chiedo a disagio. Non sono abituato ad essere fissato da due occhi gentili. Sul suo volto infantile si allarga un enorme sorriso --Hai sorriso!-- canticchia. --Come? Io sorrido sempre,non hai notato le cicatrici?--

--Hai sorriso per davvero! Le cicatrici sono solo un sorriso finto, il tuo vero sorriso è più bello!--

Abbasso lo sguardo interrompendo l contatto visivo. Il mio sorriso non è finto, questo è il sorriso che uno come me dovrebbe avere. Un sorriso che mi sono costruito da solo,un ghigno maligno e crudele. Io non ho un "vero" sorriso, questo sono io. --Comunque...-- inizio ad alzarmi appoggiandomi al muro --...sei davvero...-- la indico,lei annuisce senza aspettare neanche che io finisca la frase --Ma non sono immaginaria, sono reale--. Aggrotto la fronte --Mi stai prendendo in giro--. Lei alza gli occhi a cielo --Ti conosco meglio di chiunque altro. So che ami il cioccolato fondente e il caffè alla follia, all'età di sette anni hai preso la febbre a quaranta gradi e sei andato in ospedale, all'età di nove ti sei preso una cotta per una ragazza più grande di te ma che ti ha liquidato in meno di una settimana, all'età di dodici invece hai avuto una ripicca con tuo fratello che riguardava chi fosse più bravo di chi e...-- io alzo le mani per dirle di fermarsi --Ok, ok ho capito--. Deglutisco nervoso il nodo alla gola,è qualcosa di impossibile...o no? --C-cosa sei?-- chiedo immediatamente. Non è umana, questo l'ho capito, e non è neanche il frutto della mia pazzia. Allora cos'è?. Lei alza le spalle --Non lo so... ma credo di essere morta--. L'ultima frase mi lascia confuso --Morta?Sei una specie di fantasma?-- cerco di avvicinarmi, ma il dolore alla spalla mi blocca -- Non mi ricordo molto. Non credo di essere un fantasma,altrimenti non potrei toccare gli oggetti intorno a me... credo di essermi svegliata in un cimitero,affianco alla tomba di un certo "Jackson Barnett" a Londra--. Cerco di rimettere in ordine tutte le informazioni --Ricapitolando : non sei reale, ma non sei neanche frutto della mia immaginazione, vieni da Londra e chissà come ti ritrovi qui in America e... per l'amor di Dio mi vuoi spiegare che cazzo significa quel "Jackson Barnett"?--. Lei scuote le spalle, abbassa lo sguardo sui suoi piedi --Il nome non mi è nuovo-- spiega --Ecco... penso possa essere collegato in qualche modo con me e questa villa--. Sospiro --Senti Mercy...-- scuoto la testa delicatamente, dei ciuffi scuri mi cadono sulle spalle. Mi porto una mano alla spalla, il dolore sembra essersi alleviato... Mercy è davvero brava con i bendaggi. Se ho capito bene : Mercy dovrebbe essere morta,ma chissà come non è un fantasma, ricorda vagamente questa villa ma non ha la più pallida idea del perchè... quanto vorrei fare una passeggiata per schiarirmi meglio le idee. --Io vado ad esplorare un po' il posto,magari riesco a trovare qualche indizio che possa aiutarti. Resta qui ok? Mi concentro meglio se da solo-- le dico indicandola --Torno subito--. Lei annuisce --Ok, ti aspetto qui--. Ho pensato che avrebbe insistito nel seguirmi ma mi sbagliavo. Ottimo. --Sul serio,resta qui-- ripeto, assicurandomi che avesse sentito. Lei annuisce ridendo --Ti ho sentito, resto qui--. Mi allontano facendo dei passi indietro, giusto per assicurarmi che non succedesse la stessa cosa di prima, ma poi mi giro e alzo il passo. Davanti a me c'è una vecchia porta,quando la apro mi trovo di fronte ad un lungo corridoio ricco di muffa e polvere. Fortunatamente sono abituato a questo odore, altrimenti avrei di sicuro vomitato senza pietà. Nel corridoio ci sono sei porte, tutte di legno, tutte rovinate dal tempo. Decido di entrare in una completamente a caso. Appena apro la porta di una delle stanze la polvere mi fa starnutire. Nella stanza non c'è praticamente nulla, tranne un grande baule al centro. Il baule, in confronto al resto della stanza, sembra essere messo bene. Non credo sia qui da molto, lo strato di polvere è decisamente sottile in confronto al resto della casa. Curioso vado a dare un'occhiata, mi chiedo che ci faccia un baule in mezzo ad una stanza vuota. Quando lo apro vedo solo e soltanto cianfrusaglie. Vecchi abiti,uno specchio ormai inutilizzabile e... una foto? Sul fondo del baule c'è una fotografia in bianco e nero, stropicciata e strappata. Faccio molto attenzione a prenderla, sembra avere decenni. La foto ritrae una ragazza identica a Mercy, seduta su un letto sorridente. Con affianco quello che sembrava un medico in camice bianco.

 

   
 
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