C’È
UN FANTASMA IN
SOFFITTA!
‹‹L’hai
sentito adesso? Hai sentito quel cazzo
di rumore?›› disse Tom stringendo ancora di
più la mazza da baseball che aveva
fra le mani volgendo il suo sguardo terrificato al fratello.
‹‹Tom,
non ho sentito niente. Sono le due di
notte. Non rompere i coglioni.››
‹‹Il
borotalco. Metti il borotalco tutto
intorno al letto e sull’uscio della
porta.›› con il braccio segnò tre
cerchi
immaginari per dare ancora di più il nesso di ciò
che Bill avrebbe dovuto fare.
‹‹Borotalco?
Ma che cazzo vai farneticando?››
A
quel punto Tom abbassò la mazza da baseball
e, con aria isterica, si avvicinò all’armadio del
fratello ed aprì entrambe le
ante.
‹‹Che
stai facendo, Tom? Sei impazzito? Non
mettere mani nella borsa della palestra.››
infuriato, Bill si alzò dal letto e
si diresse verso Tom. Gli tirò un ceffone dietro al collo.
‹‹Hai rotto il cazzo
con questa storia del fantasma. Non c’è nessun
cazzo di fantasma in soffitta.››
All’improvviso
però nel più totale silenzio
della notte, si sentì un tonfo fortissimo provenire
dall’altra parte del
corridoio. Proveniva dalla stanza di Tom. Tom si fermò,
rimanendo pietrificato.
Bill sgranò gli occhi e deglutì.
‹‹L’hai
sentito questo, vero?››
Quella
mattina stessa.
Si
erano trasferiti da poco in un nuovo
quartiere di Los Angeles, ad Hollywood, e il trascolo era giunto
finalmente al
termine dopo un lunghissimo ed interminabile giorno. La nuova casa era
molto
più grande e spaziosa di quella precedente ed aveva una
vista mozzafiato. Una
grande prato inglese circondava tutta la villa.
‹‹Oh,
Tom. Sono così felice della nostra nuova
casa. Io prendo la stanza più
grande.›› Disse Bill al gemello, precipitandosi
al piano di sopra, nella sua nuova stanza. Si gettò con il
viso sul cuscino sul
letto a due piazze.
‹‹Ma
cosa me lo dici a fare se ti sei prenotato
la stanza prima ancora di vederla. Mi hai lasciato la più
piccola e, per
giunta, ho sopra la soffitta. Sai che io detesto la
soffitta.››
Tom
si poggiò allo stipite della porta con le
braccia incrociate e osservò intensamente suo fratello.
‹‹Sono
io quello che ha deciso di cambiare
casa, così la stanza migliore va a
me.›› Bill voltò lo sguardo vero Tom e
si
mise seduto sulle ginocchia. La sua stanza era di un ordine
maniacalmente
impressionante. Ogni piccolo accessorio, vestito, cianfrusaglie varie
era al
suo posto. Bill era un mago, nell’ordine.
‹‹Ancora
non capisco perché non possiamo
dormire nella stessa stanza o addirittura nel letto insieme. Quando
eravamo più
piccoli volevi sempre stare nel mio letto.››
sogghignò poi Tom avvicinandosi al
letto e sedendosi accanto Bill. Lo guardò negli occhi e gli
accarezzò delicatamente
una guancia. Lui cercò ancora di più il contatto,
stringendosi alla sua mano
ancora più forte, per quanto fosse possibile.
‹‹Ogni
tanto dormiremo insieme. Ma ricordati
che non siamo sposati, Tom, né tanto meno
fidanzati.››
‹‹Intanto
ti fai scopare però.›› Tom
scoppiò a
ridere e, inevitabilmente, Bill gli tirò un forte pugno
sulla spalla.
‹‹TOOOOOM!
Fai schifo.›› indispettito si alzò
dal letto, mentre Tom si lasciò cadere di schiena sul
materasso continuando a
ridere a crepapelle tenendosi lo stomaco. Ancora non sapeva che avrebbe
riso
ancora per poco.
*
Erano
andati a farsi una passeggiata assieme al
loro cane, Pumba. Il quartiere era bellissimo. Ville lussuose, piscine,
vere e
proprie regge. La gente era anche davvero molto socievole e simpatica.
Il sole
era tiepido nonostante fosse pieno inverno.
‹‹Ora
capisco perché tutte le star vengono a
vivere qui.›› disse Bill poggiandosi gli occhiali
da sole sul naso. Si guardava
attorno con fare hollywoodiano. Si sentiva già parte
integrante della città.
‹‹Non
pavoneggiarti troppo, Miss Diva
Kaulitz. Sei solo l’ex
cantante dei Tokio Hotel. Non sei Johnny Depp.››
Bill
lo fulminò con lo sguardo e,
punzecchiandogli il braccio, disse che si sentiva di più
nelle vesti di Sarah
Jessica Parker nel film Sex and the city.
Tom si passò una mano sul viso e, scuotendo il
capo disse che non sarebbe
mai cambiato.
*
Quando
tornarono a casa, ad attenderli dinnanzi
la porta della loro villa, c’era un’anziana signora
ben vestita. Aveva un
vassoio piuttosto grande coperto con della carta stagnola. Bill si
accigliò. Cosa
diavolo voleva quella signora?
‹‹Salve!
Lei è…››
‹‹Oh
ciao. Voi sarete sicuramente i nuovi
vicini. Io sono la signora Thompson, ma chiamatemi
Odette.›› L’anziana signora
porse loro la mano. I gemelli si guardarono per un istante,
dopodiché sia Bill
che Tom fecero spallucce e strinsero la mano piuttosto rugosa della
signora.
‹‹Piacere,
noi siamo i Kaulitz. Siamo
fratelli.›› dissero all’unisono,
omettendo di gran lunga che, oltre ad essere
amici, erano anche…no, forse la parola
‘amanti’ era troppo esagerata. Diciamo
che la loro relazione era piuttosto stramba, non c’era una
classificazione vera
e propria, ma se l’avessero fatto, potevano identificarsi
come trombamici. Con la sola
differenza però,
che non erano affatto semplici amici.
‹‹Il
piacere è tutto mio, ragazzi. Vi voglio
dare il benvenuto nel quartiere. Ecco, ho fatto dei biscotti per
voi.››
l’anziana porse loro la guantiera con i biscotti e Bill,
sentendo l’odore, si
leccò i baffi. ‹‹Cosa vi ha portato da
queste parti?››
‹‹Noi
veniamo dalla Germania, siamo tedeschi.
Avevamo voglia di cambiare aria. Suonavamo in una band qualche anno fa,
poi
però ognuno ha preso la sua strada. La nostra è
stata questa.›› affermò Tom con
un tono di voce leggermente triste.
‹‹Questa
è acqua passata però, ora siamo di
nuovo felici. Siamo nel quartiere più bello del mondo e per
di più abbiamo una
casa fantastica. Oh, ma che maleducato…vuole entrare
signora?››
Bill
aprì leggermente la porta e,
improvvisamente, la signora si volatilizzò
dall’uscio per poi materializzarsi
dall’altra parte delle scale.
‹‹Ehm…a
dir il vero preferisco rimanere qui
fuori…››
Inizialmente
i gemelli non capirono. Si chiesero
il motivo per il quale Odette non volle entrare in casa loro. Forse
aveva paura
che potessero derubarla o peggio, sequestrarla e chiedere una qualche
forma di
riscatto?
‹‹Signora,
non mangiamo mica.››
‹‹No,
no assolutamente. Non è per questo,
figliuolo.››
accarezzò il mento di Tom e gli dette un pizzicotto sulla
guancia. ‹‹Non…non vi
hanno detto nulla su questa casa quando ve l’hanno
venduta?››
I
gemelli si guardarono stralunati ed entrambi
scossero il capo. Odette sospirò.
‹‹Immaginavo…››
‹‹Cosa
avrebbero dovuto dirci, signora
Thompson?››
‹‹Questa
casa è rimasta abbandonata per tanti
anni. Se non erro quasi sei. Gli ultimi proprietari se ne andarono per
disperazione. Ora però non voglio mettervi
paura.››
I
due cominciarono ad inquietarsi. Soprattutto
Tom.
‹‹Si
dice che, in soffitta, ci sia uno spirito.
Uno spiritello piuttosto dispettoso. Non vuole nessuno in questa casa.
È
riuscito a cacciare via tutti quanti. Nessuno è mai riuscito
a darsi una
spiegazione logica perché nessuno ha mai avuto il coraggio
di andare su in
soffitta e vedere cosa ci fosse lì. Potrebbero essere delle
dicerie, ma io
abito da quasi vent’anni qui e posso assicurarvi che, questa
casa, non ha mai
avuto dei proprietari fissi per più di un mese. Ora
ovviamente la voce si è estesa
in tutto il quartiere e naturalmente nessuno vuole più
venirci a vivere.
L’hanno svenduta, messa all’asta, prezzi
stracciati. Nessuno l’ha mai
comprata.››
Tom
si sentì morire. Il suo colorito, da roseo,
divenne cereo e pallido. La mascella quasi li cadde in terra. Gli occhi
da
fuori e il cuore in gola.
‹‹F-f-fan-fantasma?››
balbettò lui. Aveva i
peli delle braccia rizzati e cominciò ad essere scosso da
una serie di brividi
lungo la schiena. Un po’ come quando Bill gli faceva il
rimming, ma la
sensazione era decisamente diversa.
‹‹C’è un fantasma nella
nostra soffitta?››
aggiunse poi, con voce ancora tremola. Si avvinghiò al
braccio del fratello e lo scosse
leggermente. ‹‹Hai sentito?
C’è un fantasma in quella cazzo di soffitta ed
è propria sopra la mia stanza.
Non ci voglio dormire lì.››
Bill
lo strattonò, scoppiando a ridere.
‹‹Cara
signora, noi non crediamo più alle
storie di fantasmi da un pezzo. Ci sono ben altre cose realistiche che
ci
spaventano.››
‹‹Parla
per te, idiota. Io ho paura.››
‹‹Smettila
di fare il bambino, Thomas.››
Tom
si ammutolì all’istante. Quando il fratello
usava per interno il suo nome, era un campanello d’allarme.
Si stava
innervosendo.
‹‹Figliuoli,
io non ho mai saputo con fermezza
di cosa si trattasse. Una cosa è certa però,
nessuno ha mai comprato questa
casa.››
‹‹Ci
saranno ben altri motivi. La saluto adesso
signora Thompson, grazie per i biscotti.›› le
strinse nuovamente la mano e si
congedò.
Quando
richiusero la porta, Tom ebbe una
sfuriata nervosa. Cominciò a fare il cacasotto e
iniziò ad entrare nel panico.
‹‹C’è
un fantasma in soffitta, Bill. Un cazzo
di fantasma dei miei coglioni. Tu lo sai quanto io ci creda a queste
cose. Ti
ricordi quando andammo a vedere Paranormal
Activity? Ricordi quanto mi sono spaventato? Non ho dormito
per giorni.››
‹‹Ma
se sei stato tu a costringermi a vedere
quella cazzata colossale, Tom. Ogni notte inventavi la scusa che
sentivi dei
rumori per infilarti nel mio letto. Dico io, se mi vuoi scopare nel
cuore della
notte, non inventarti queste stronzate da adolescente credulone.
Dimmelo e
basta.››
Tom
non rispose. Diciamo che la maggior parte
delle volte non sentiva dei rumori ma era una scusa per potersi
infilare nel
letto del fratello, altre volte invece si lasciava suggestionare un
po’ troppo.
‹‹Sei
troppo credulone, Tom. Devi imparare a
non prendere sul serio tutto ciò che dice la gente. Le
persone inventano
cazzate tutti i giorni. Tu devi solo imparare ad
intuirle.››
Bill
posò il vassoio dei biscotti e aprì
famelico la carta stagnola. Venne invaso da un intenso profumo di
biscotti al
cioccolato, mandole e cocco. Ne afferrò uno e
l’addentò. Ne prese tre
nell’altra mano. Sembrava quasi uno scoiattolo con le guance
piene di ghiande,
per quanti biscotti mise in bocca in una sola volta. Erano
così piccoli che uno
alla volta era troppo poco.
‹‹Sei
un animale, Bill. Allora è vero che la
tua bocca è enorme. Nulla da togliere alla tua bella gola
profonda.››
Tom
prese a ridere, quasi strozzandosi con la
sua stessa saliva ma, ovviamente, durò poco. Qualche istante
dopo, Bill fece
volare ad una velocità supersonica, il cucchiaio di legno,
colpendolo dritto in
testa.
‹‹AAAAAUCH!
Ma dico, sei fuori? Cazzo, che
male.››
‹‹Così
impari a chiamarmi gola profonda. Cafone
che non sei altro. Tu non sei da meno. Dovrebbero chiamarti pozzo
profondo,
altro che gola.›› disse con la bocca ancora piena
di biscotti.
Nonostante
il dolore che provò alla testa, Tom
sorrise beffardo. Ne era valsa decisamente la pena.
*
Erano
quasi le dieci e mezza e, dopo aver visto
un film d’azione, Bill decise di andare a letto era davvero
tanto stanco.
Sbadigliò rumorosamente e si stropicciò gli
occhi.
‹‹Beh
Tom, io vado a dormire. Se tu vuoi
restare un altro po’ sveglio fa pure. Basta che non fai
rumore. Domattina devo
alzarmi presto perché ho da fare dei
servizi.›› si alzò dal divano in
maniera
goffa e estremamente svogliata. Avrebbe voluto che qualcuno lo
trasportasse in
braccio fino al letto. Un momento…
‹‹Mi
porti in braccio fino al letto? Sono
stanco ed assonnato. Non ho nemmeno la forza di alzarmi dal divano. Su
coraggio
papà Tom, prendi il tuo piccolo bambino in
braccio.›› protese le braccia verso
il fratello, ancora seduto sul divano, e con un tono di voce
decisamente
accattivante disse: ‹‹Voglio il bacio
della buonanotte.›› Tom sapeva benissimo cosa
Bill intendesse. Il suo bacio
della buonanotte significava proprio quello.
Voleva essere sbattuto per bene per una buona mezzoretta.
Tom
sghignazzò e con aria maliziosa, si voltò
verso il fratello e si avventò sulle sue labbra cominciando
a succhiarle
famelicamente. Cominciò a palparlo ovunque e
sentì la pelle accapponarsi sotto
il suo tocco.
‹‹Sei
una fottuta checca, Bill.›› disse Tom
ansimando fra un bacio e l’altro. I loro bacini cominciarono
a strusciarsi e,
lentamente, entrambi cominciarono ad eccitarsi.
‹‹Andiamo
di sopra. Portami in braccio.››
sussurrò Bill all’orecchio del fratello.
‹‹E
ti ostini ancora a non chiamarci amanti.››
‹‹Non
siamo amanti, Tom. Non siamo fidanzati.››
proseguì lui continuando a baciare vogliosamente il
fratello, infilandogli la
lingua quanto più in fondo possibile. Tom
l’afferrò per i fianchi e Bill
avvolse le sue gambe attorno al bacino del ragazzo. Si
aggrappò al collo e
continuò a baciarlo, a leccarlo. Il desiderio accresceva
sempre di più.
Tom
lo trasportò su per le scale e aprì la
porta della stanza del fratello con un leggero calcio. Si
avvicinò al letto e
si accasciarono entrambi. Tom fu subito in mezzo alle gambe del
fratello che
accolse la sua lingua per l’ennesima volta.
Tom
era sempre stato pazzamente innamorato di
lui; Bill invece era un po’ scettico. C’era da dire
che provava una grande
attrazione fisica per il fratello, da sempre, ma per quanto riguarda i
sentimenti…lui sapeva benissimo che Tom l’amava
più di ogni altra cosa. Anche
lui l’amava, ma in un modo letteralmente diverso. Bill non
voleva espandersi
più di tanto. Aveva paura forse? Paura di cosa? Tom
l’avrebbe amato per il
resto dei suoi giorni, gliel’aveva detto lui stesso, un anno
prima.
Ti
amerò fino alla
fine dei tempi, Bill.
Lui
non gli aveva mai dato una risposta.
‹‹Fino
alla fine mi farai impazzire, dannato
fratellino.›› ansimò Tom fra un bacio
e l’altro. Bill non rispose, ma ridacchiò
sotto i baffi e lo strattonò ancora di più a
sé. Intrecciò le gambe attorno ai
fianchi del fratello e cominciò a spingersi contro
l’erezione piuttosto
evidente del fratello.
‹‹Andiamo
Tom, lo so che mi vuoi fottere. Cosa
aspetti? Fallo.›› spinse ancora di più
il sedere contro il fratello e, da lì,
tutto venne spontaneo.
*
Quando
finirono, restarono poco abbracciati nel
letto, dopodiché Bill cominciò a fare i capricci.
Aveva sonno e voleva dormire.
Spinse il fratello fuori dal letto.
‹‹Buonanotte,
Tom.›› si accoccolò sotto il
piumone, rannicchiandosi quanto più poteva.
‹‹Notte…amore.››
bisbigliò in maniera persino impercettibile a lui stesso.
Ovviamente Bill non
l’udì. Si morse il labbro inferiore. Avrebbe
voluto passare la notte con lui,
per una volta. Scrollò le spalle e si diresse verso la sua
camera.
Cazzo.
Quella
maledetta camera.
Pensò
Tom fra sé e sé. Non appena arrivò
davanti
la porta, deglutì. Aveva timore ad entrarvici. E se avesse
udito un qualunque
rumore? Sarebbe scappato in camera di Bill senza esitare.
Avvicinò
l’orecchio e lo poggiò sulla porta.
Nessun rumore sospetto. Con mano tremante, aprì la porta. La
stanza era
esattamente così come l’aveva lasciata.
Deglutì di nuovo e entrò.
Si
guardava attorno come se da un momento
all’altro qualcuno o qualcosa gli saltasse addosso. Con un
balzo saltò sul
letto, infilandosi sotto il piumone e coprendosi fin sopra la testa.
‹‹Merda
me la sto facendo addosso.››
piagnucolò. Non aveva affatto il coraggio di scoprirsi il
volto. Dette una
fugace occhiata alla sveglia posta sul comodino: 01:15
‹‹Adesso
provo a dormire. Chiudo gli occhi e
dormo.›› continuò a ripetersi.
‹‹Adesso mi metto a contare le pecore.
Una…due…tre…quattro…››
arrivò quasi a mille centocinquanta, prima di
addormentarsi. Quella tranquillità però,
durò ben poco. Alle due di notte si
sentì un tonfo così forte che lo fece sobbalzarle
per lo spavento.
‹‹O
santa madre divina.›› si mise seduto sul
letto. Il cuore gli stava esplodendo dal petto.
‹‹Ehilà? C-c’è
qualcuno?››
nessuna risposta. Si guardò attorno.
‹‹C-c’è
qualcuno?›› bisbigliò di nuovo.
Non ottenne nemmeno questa volta una risposta. Decise di cambiare
tattica.
‹‹Se
c-c’è qualcuno…b-batta due
colpi…›› si
maledisse milleuno volte. Non appena disse così, dopo pochi
istante, sentì
battere due colpi piuttosto forti provenire da sopra la soffitta.
‹‹AAAAAAAHHHH!!!››
cacciò un urlo così forte da
perforare persino il timpano di un elefante. Si lanciò fuori
dal letto, infilò
la mano sotto di esso, afferrò la mazza da baseball e si
precipitò nella stanza
del fratello.
‹‹BILL,
CAZZO BIIIIIIILL ALZATI! L’HO SENTITO.
HO SENTITO IL CAZZO DEL FANTASMA. SVEGLIATI.››
Tom dette dei forti scossoni al
fratello per farlo svegliare. Questi aprì gli occhi
terrorizzato.
‹‹Tom,
ma cosa cazzo vuoi. Sei impazzito per
caso? E…perché hai una mazza da baseball tra le
mani?››
‹‹L’ho
sentito Bill. Ho sentito un rumore.››
Si
piazzò davanti la porta della camera di Bill
e alzò la mazza sopra la sua testa.
‹‹Tom,
ti ho già detto che non
c’è nessun fantasma. Sono sole delle
cazzo di
favole. Trova una scusa più plausibile per dormire in camera
con me.››
‹‹No
Bill, tu non capisci. Ho sentito davvero
un rumore che…›› un altro tonfo. Altri
due colpi.
‹‹L’hai
sentito adesso? Hai sentito quel cazzo
di rumore?›› disse Tom stringendo ancora di
più la mazza da baseball che aveva
fra le mani, volgendo il suo sguardo terrificato al fratello.
‹‹Tom,
non ho sentito niente. Sono le due di
notte. Non rompere i coglioni.››
‹‹Il
borotalco. Metti il borotalco tutto
intorno al letto e sull’uscio della
porta.›› con il braccio segnò tre
cerchi
immaginari per dare ancora di più il nesso di ciò
che Bill avrebbe dovuto dare.
‹‹Borotalco?
Ma che cazzo vai farneticando?››
A
quel punto Tom abbassò la mazza da baseball
e, con aria isterica, si avvicinò all’armadio del
fratello ed aprì entrambe le
ante.
‹‹Che
stai facendo, Tom? Sei impazzito? Non
mettere mani nella borsa della palestra.››
infuriato, Bill si alzò dal letto e
si diresse verso Tom. Gli tirò un ceffone dietro al collo.
‹‹Hai rotto il cazzo
con questa storia del fantasma. Non c’è nessun
cazzo di fantasma in soffitta.››
All’improvviso
però nel più totale silenzio
della notte, si sentì un tonfo fortissimo provenire
dall’altra parte del
corridoio. Proveniva dalla stanza di Tom. Tom si fermò,
rimanendo pietrificato.
Bill sgranò gli occhi e deglutì.
‹‹L’hai
sentito questo, vero?›› disse con voce
tremante. Deglutì anche lui.
‹‹S-Sì.››
balbettò Bill, non girandosi per
nessuna ragione verso la porta. E se avesse visto uno spirito maligno
che
voleva ucciderli? O che voleva risucchiare loro l’anima?
‹‹Voglio
andare via, Bill.›› quasi si mise a
piangere, tanto se la stava facendo sotto. ‹‹Se
senti qualche cattivo odore
sono stato io a cagarmi addosso.››
‹‹Smettila
coglione. Dobbiamo andare a
vedere.››
‹‹Cosa?
Sei fuori di testa? Andare nella tana
del lupo? Stai scherzando spero.››
sbraitò Tom afferrando il borotalco. Si alzò
facendo leva sulle ginocchia e si incamminò in direzione del
letto. Iniziò a
cospargere il borotalco tutto intorno. Ne mise un po’ anche
sull’uscio della
porta, vicino le ante dell’armadio, cosparso un po’
dappertutto.
Una
nube di polvere bianca si levò in aria, non
si vedeva quasi nulla. Gli occhi di Tom cominciarono ad arrossarsi e,
inevitabilmente, cominciò a tossire.
Bill
restò a fissarlo come uno stoccafisso. I
suoi occhi erano sbarrati. Non sapeva di chi avere più paura
adesso. Del
fantasma, o di quel coglione del fratello. Se non l’avesse
ucciso il demone, di
sicuro sarebbe morto asfissiato per tutto il borotalco che stava
respirando.
Ma
se avessero visto delle impronte accanto al
loro letto? Sarebbe stato capace di lanciarsi fuori dalla finestra. Era
un
primo piano scarso. Saranno stati tre metri e mezzo di altezza. Se la
sarebbe
cavata con una distorsione alla caviglia, se si fosse lanciato. Niente
di
irreparabile. Si alzò e si diresse verso la finestra,
aprendola.
‹‹Cosa
diavolo fai, Bill? Chiudi quella dannata
finestra.››
‹‹Sto
aprendo una via di fuga, deficiente. E
poi guarda…›› indicò la
stanza e tossì. ‹‹Sto facendo uscire
un po’ di
borotalco. Non si vede un cazzo.›› con le mani,
spinse fuori dalla finestra la
polvere che fluttuava nella stanza.
‹‹Se
nel caso dovessi vedere delle impronte di
qualche essere demoniaco che vuole impossessarsi di me, io mi lancio
dalla
finestra.›› ribadì poi, spalancando
ancora di più la finestra. Il borotalco
presente nell’aria cominciò a dissolversi.
Tom
lo guardò accigliato. Bill aveva paura
persino di salire su una sedia, figuriamoci di lanciarsi dal una
finestra.
‹‹Ma
se hai paura dell’altezza. Come pretendi
di lanciarti giù da una finestra.››
‹‹Ho
calcolato tutto quanto. Ti lanci tu e poi
mi afferri. Se non mi dovessi afferrare, almeno atterro sul
morbido.››
Il
fratello lo fissò con gli occhi pari a due
fessurine, così come la bocca.
‹‹Adesso
non fare il cretino e vieni qui sul
letto con me. Sta attento a non toccare il
borotalco.›› Tom si accovacciò sotto
le coperte, tenendo sempre salda la mazza da baseball. Era una scena
pietosamente
buffa. Come se si potesse picchiare un fantasma con una mazza da
baseball. Bill
si morse il labbro inferiore cercando di non ridere a quella scena
tremenda. Sapeva
sin da sempre che il fratello fosse un grandissimo cagasotto, ma
vederlo in
quelle condizioni era una delle scene più epiche e
divertenti a cui avesse mai
assistito. Era sporco di borotalco praticamente ovunque e,
inevitabilmente,
Bill scoppiò a ridere.
Si
lanciò sul letto e cominciò a
sbaciucchiarselo tutto.
‹‹Bill,
ma cosa diavolo fai? Sei pazzo?
Dobbiamo mantenere le nostri posizioni, non è il momento
delle effusioni. Vieni
qui, sotto le coperte assieme a me. Dobbiamo
proteggerci.›› Bill sogghignò.
Così
fece. Si accoccolò sotto le coperte
assieme a lui. Fece in modo che il suo bacino toccasse perfettamente il
sedere
di Tom.
‹‹Okay,
Tomi. Proteggimi.›› soffiò con malizia
al suo orecchio, cominciando a strusciarsi contro il sedere del
fratello.
Tom
ebbe qualche piccolo brivido dietro la
schiena ma, stranamente, rimase impassibile.
‹‹Bill,
per favore. Devo stare attento se sento
dei passi o dei rumori strani. Fa il bravo.››
Bill
si imputò. Strinse ancora di più il
fratello fra le sue braccia e di conseguenza, la sua erezione si fece
inevitabile. Sogghignò. Cominciò a strusciarla
contro Tom, prima piano e poi
leggermente più veloce. Cominciò ad ansimare.
Ovviamente,
anche Tom involontariamente,
cominciò a strusciarsi contro Bill spingendo il sedere
indietro. Bill sorrise
maliziosamente e cominciò a farlo con più forza.
‹‹Andiamo…amore.
Proteggi il tuo bambino.›› ansimò
mordendogli l’orecchio. Tom a quel punto
scattò come una molla girandosi, dimodoché
potesse guardare Bill negli occhi.
‹‹Che
si fotta il fantasma. Lasciamo che si
goda lo spettacolo.››
Gettò
la mazza da baseball sul pavimento ed iniziò
a baciarlo con foga e con avidità, facendo passare i capelli
fra le dita. Si
posizionò immediatamente sopra di lui e prese a mordergli il
collo,
lasciandogli qualche piccolo segno.
‹‹Non
gridare quando inizierò a scoparti.››
gemette poi il fratello, riempiendo di baci e morsi il collo diafano di
Bill.
Lui non rispose, si lasciò sfuggire un ansimo un
po’ troppo forte.
‹‹Shhh!››
gli mise una mano sulla bocca. ‹‹Ti
ho detto di non fare rumore, Bill.››
iniziò ad abbassarsi il pantalone del pigiama.
Aveva sempre avuto l’abitudine, sin da piccolo, di non usare
i boxer, quando
dormiva.
Bill
iniziò a leccare il palmo della mano,
dopodiché lo morse leggermente.
‹‹E
tu lascia che senta tutto quanto. Mi chiedo
se saremo noi ad abituarci ai suoi rumori, o lui ai
nostri.›› sorrise con
malizia e copiò il fratello, chinandosi i pantaloni.
Intrecciò le gambe al
bacino di Tom e le braccia attorno al suo collo. Afferrò i
suoi capelli e lo
tirò verso sé. ‹‹Adesso
fammi urlare come puttana, Tom.››
‹‹Sporco
e veloce?››
‹‹Facciamo
sporchissimo.››
Tom
si morse il labbro inferiore in prossimità
dei piercing.
‹‹Sei
un maledettissimo porco, Bill.››
‹‹Non
credo ti dispiaccia questa mia indole,
non trovi?›› strattonò con una leggera
forza i capelli del fratello
costringendolo a gettare il capo all’indietro e mettendo in
bella mostra il
pomo d’Adamo.
‹‹Adesso
ti farò implorare di farmi smettere.››
ringhiò poi Tom liberandosi dalla presa poco salda del
fratello. Si avventò
contro le sue labbra e, da quel momento in poi, nella stanza si udirono
solo le
urla e i gemiti di piacere di entrambi.
La
mattina stessa, dopo aver fatto colazione,
Tom andò a lavoro mentre Bill restò a casa. Non
doveva fare alcuna commissione
o servizio, era solo una fottuta scusa.
Era
decisamente terrorizzato. Non si udivano
rumori strani, né tanto meno c’erano oggetti che
svolazzavano in giro.
Il
silenzio era terribilmente sinistro e poco
confortante. Decisamente. Non resistette più di
mezz’ora senza Tom. Prese le
sue cose e, con il cuore in gola, lasciò
l’appartamento. Avrebbe inventato
qualche commissione da fare.
Dopo
aver percorso qualche metro, afferrò il
suo I-Phone e chiamò Tom.
Sì?
‹‹Sono
uscito di casa. Mi stavo letteralmente
cagando addosso.››
Hai
sentito qualcosa?
Qualche rumore strano?
‹‹A
dir il vero no, Tom. Ed è proprio per
quello che mi sono terrorizzato. Il silenzio era maledettamente
angosciante. Ho
preferito uscire.››
Va
bene, tesoro.
‹‹Non
chiamarmi così.››
Così
come?
‹‹Tesoro.
Non sono la tua mogliettina.››
Fino
a ieri non ti
lamentavi però.
‹‹Ma
non chiamarmi così.››
Va
bene, Bill.
Comunque appena torno a casa devo mostrarti una cosa. L’ho
letto poco fa su
internet.
‹‹Di
cosa si tratta?››
Possiamo
metterci in
contatto con questo spirito.
‹‹Scordatelo.
Non faccio quelle cazzate con la
tavola ouija o con il bicchiere.››
Tanto
lo spirito sta
già in casa. Non dobbiamo invocare nessuno. Quando torno ti
spiego tutto
quanto. A dopo, Bill.
‹‹Okay,
Tomi. Ci sentiamo.››
Chiuse
la telefonata. Restò a fissare lo
schermo del suo cellulare per qualche istante. Come sfondo aveva la
foto di
Tom. Ovviamente lui non lo sapeva. Sorrise involontariamente baciando
lo
schermo.
‹‹Ti
amo coglione. Da sempre.›› sussurrò
poi,
come se lo schermo potesse sentirlo.
Ripose
il cellulare nella tasca e decise di
andare a farsi un giro al parco e godersi un po’ il sole.
*
Erano
le sette di sera quando Tom tornò a casa.
Bill era stracontento di vederlo. Durante tutto il pomeriggio, non
aveva
sentito assolutamente nulla. Iniziò a pensare che lo
infastidisse la presenza
di Tom
‹‹Ciao,
Bill. Tutto okay? È successo
qualcosa?›› Tom appese il suo cappotto
sull’appendiabiti e diede un bacio al
fratello. Bill scosse il capo.
‹‹Cosa
devi mostrarmi?››
‹‹Vieni,
siediti.››
Tom
gli prese la mano e lo fece accomodare sul
divano. Prese il suo cellulare e andò su internet. Gli
mostrò la ricerca che
aveva effettuato. ‘Come mettersi in
contatto con gli spiriti. Tavola ouija’
Bill
si retrasse subito.
‹‹Ti
ho già detto che non voglio fare quella
cosa, Tom. Ho paura. E se si rivoltasse contro di noi? E poi credo che
il
fantasma ce l’abbia con te. Non ho sentito nulla per tutto il
giorno.››
‹‹Non
vuol dire niente, Bill. Io voglio
mettermi in contatto con lo spirito. Faremo con il bicchiere.
È semplice. Basta
mettere tutte le lettere dell’alfabeto in cerchio, sul
tavolo, e fare delle
domande. Voglio sapere cosa vuole.››
Lui
era alquanto scettico. Storse il naso e
scosse il capo.
‹‹Non
lo so, Tomi.››
‹‹Ehi,
non ero io il cagasotto qui?››
‹‹Sì,
okay, ma non so. Conosco cosa succede se
fai la tavola ouija.›› si strinse nelle spalle e
portò le ginocchia al petto.
‹‹Quel
film è una stronzata, Bill. Non accadrà
nulla di male.››
‹‹E
va bene. Ma se dovesse succedere qualcosa,
io me ne vado. Subito. Immediatamente.››
Tom
sorrise e gli baciò il naso teneramente.
Bill non si smosse. Si pulì il naso e lo guardò
con occhi fulminei.
Tom
iniziò a preparare dei cartoncini per
terra, mettendo in cerchio tutte le lettere dell’alfabeto e,
in più, aveva
messo dei cartoncini al centro con scritto ‘si’ e
‘no’. Bill invece era andato
in cucina per prendere un bicchiere di vetro.
Si
sedettero sul pavimento, uno di fronte
l’altro con le gambe incrociate. Entrambi avevano una gran
fifa.
‹‹Sei
pronto?›› disse poi Tom mettendo un dito
sul bicchiere.
‹‹No
che non lo sono, idiota. Non voglio fare
questo gioco.››
‹‹Sbaglio
eri tu quello che non ci credeva?››
‹‹Piantala
di ripetermelo.››
Tom
sghignazzò e, deglutendo in silenzio, fece
la prima domanda all’entità che infestava la loro
casa.
Prese
un profondo respiro ed inspirò.
‹‹Sei
qui con noi? Rispondici.››
Restarono
in silenzio per un po’. Il cuore di
entrambi stava battendo all’impazzata. Bill stava tremando
come una foglia.
D’un tratto il bicchiere si spostò velocemente sul
‘sì’
Tom
cacciò un urlo, allontanando le mani dal
bicchiere.
‹‹Che
cazzo Bill. Non fare scherzi del
genere.››
‹‹Io?
Sei tu che hai mosso il bicchiere,
idiota. Io non ho fatto nulla.››
Tom
lo fulminò con lo sguardo, dilatando le
narici. Obiettivamente, che motivo c’era di muovere il
bicchiere. Si rimise
composto e poggiò nuovamente il dito sul bicchiere.
‹‹Come
ti chiami?››
Il
bicchiere cominciò a muoversi con fluidità.
Tracciò cinque lettere. ‘E’
‘M’ ‘I’ ‘L’
‘Y’
‹‹Emily?
Quanti anni hai?››
Pronunciò
poi Bill. Cominciò ad interessarsi a
questa cosa. Non era poi spaventosa. Il bicchiere si mosse verso due
numeri.
Segnò 15.
Tom
deglutì.
‹‹Vuoi…vuoi
farci del male?››
‘No’
‹‹Cosa
vuoi da noi?››
‘Voglio
che ve ne andiate. Adesso.’
Bill
e Tom cominciarono a spaventarsi
leggermente. Quella conversazione non era più
così tanto piacevole. Il fantasma
voleva che se andassero.
‹‹Questa
è casa nostra, adesso. È bene che tu
impari a convivere con altra gente. Non daremo fastidio a te, se tu no
ne darai
a noi. Non farci chiamare un
‘Ghostbuster’›› disse poi
Tom, serio. Lo spirito,
presumibilmente infastidito, cominciò a far sbattere porte e
ad accendere e
spegnere delle luci. Tom urlò come una femminuccia. Bill
provò a restare calmo.
‹‹Calmati,
Tom. Così fai il suo gioco. Allora
senti, Emily, questa adesso è casa nostra. Possiamo
convivere insieme a te, o
senza di te. Noi non andremo via da questa casa. Non puoi cacciare
tutti,
facendoli spaventare. Sei solo una ragazzina. Non puoi comportarti in
questa
maniera. Che razza di insegnamento ti hanno dato i tuoi
genitori?››
Bill
cercò di pronunciarsi in maniera piuttosto
dura e autoritaria. Non sapeva nemmeno lui cosa stesse facendo. Se la
stava
letteralmente facendo nei pantaloni ma, almeno in parte,
provò a non darlo a
vedere.
‹‹Dove
sta Tom era la tua camera? Non vuoi che
nessuno entri lì dentro? Bene. Se vuoi chiudiamo quella
stanza, apparterrà a
te, per sempre; ma sappi che non ci caccerai via da
qui.›› continuò puoi,
usando sempre un tono piuttosto deciso.
Improvvisamente,
tutto tacque per dei svariati
minuti. I gemelli si guardarono per pochi istanti. La tensione era alle
stelle.
D’un tratto la porta della camera di Tom, dapprima
spalancata, si chiuse con un
tonfo. Colti alla sprovvista, sobbalzarono, urlando. La risposta
però, era
chiara. Lo spirito aveva accettato.
‹‹S-se
n’è andata?››
balbettò Tom, tenendo
sempre le mani sul bicchiere. Bill annuì lentamente e si
alzò in piedi facendo
leva sul ginocchio destro.
‹‹Credo
che dovremmo sgomberare la tua
stanza.››
‹‹…e
dove dormo?››
Bill
lo guardò come se avesse appena detto una
grandissima stronzata. Schioccò la lingua.
‹‹Se
vuoi dormire per strada per me non ci sono
problemi. In alternativa c’è la mia stanza. Con un
letto matrimoniale. A te la
scelta.››
Sul
volto di Tom si dipinse un sorriso a
trentasei denti. Non poteva essere più felice di
così.
‹‹Sai
cosa penso, tesoro?›› disse poi.
‹‹Non
chiamarmi così. Comunque non mi interessa
saperlo.›› proseguì poi Bill,
iniziando a togliere di mezzo la tavola ouija
provvisoria.
‹‹Ed
io te lo dico lo stesso.›› insistette poi
il gemello, aiutando Bill a sgomberare il tutto.
‹‹Dopotutto, non è poi così
male convivere con un fantasma.››
‹‹Fottiti.››