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Autore: ellacowgirl in Madame_Butterfly    02/12/2015    1 recensioni
[Glinda x Elphaba - libera interpretazione!]
"Il cuore perse un battito, forse due.
Glinda si riallontanò dopo poco, le guance arrossate per l’alcool e quel sorriso che, nonostante tutto, rimaneva ciò che di più luminoso Elphaba potesse sperare di vedere nella sua vita."

Una fanfic senza tante pretese che spera soltanto di dar voce ad uno dei rapporti più belli mai recitati - e vissuti - in un musical, almeno secondo il mio punto di vista.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Elphaba, Glinda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A modo loro

Non che fosse particolarmente avezza – tantomeno portata – a fare la baby sitter, ma quella sera decisamente non aveva avuto molta scelta – dal punto di vista morale, naturalmente.
Quando Glinda, la sua coinquilina nonché (unica) migliore amica, aveva lasciato la loro stanza annunciando di volersi “divertire alla grande” alla festa della loro scuola, Elphie – così le piaceva chiamarla – aveva borbottato qualcosa sull’inutilità di simili pagliacciate ed era rimasta alla scrivania, china sul Grimorio.
Aveva tentato di studiare, davvero, ma il pensiero delle sconsideratezze che quella bionda avrebbe potuto commettere continuava a tormentarla.
Ed era uscita dalla stanza sbattendo la porta con rabbia, senza minimamente preoccuparsi dell’orribile tunica grigiastra, dei capelli malamente legati e di quegli inguardabili occhialetti sul naso.

Quindi eccola lì, a riaprire la medesima porta con una certa fatica, mentre con un braccio sorreggeva la strega più popolare – e buona? – di Shiz, decisamente in condizioni discutibili.
«Ma Elphie… mi stav-hic divertendo!» Balbettò con un sorrisone entusiasta, nonostante le parole facessero intendere tutt’altro.
Elphaba sospirò amareggiata, conducendola verso il letto di seta rosa.
«Ti stavi ubriacando, è diverso. E irresponsabile.» Precisò. La fece sdraiare sul letto mentre la bionda canticchiava qualcosa di incomprensibile: possibile che toccasse sempre a lei fare la parte dell’adulta e starle dietro? Sospirò ancora, l’aiutò a levarsi l’ingombrante vestito e a mettersi sotto le coperte, senza guardarla in volto, senza soffermarsi ulteriormente su quanto quello splendido sorriso non fosse gioioso come al solito ma piuttosto alticcio.
No, non avrebbe sopportato anche questo, si era così spasmodicamente attaccata a tutto ciò che Glinda poteva significare di buono, per lei, da non riuscire a tollerare più quell’aspetto che continuamente la preoccupava.
Perché sì, Elphaba si preoccupava per lei, era innegabile, almeno quanto era divenuto ormai palese che fossero quasi inseparabili.
Le rimboccò le coperte, si premurò – con una delicatezza che mai si sarebbe detta di una ragazza tanto decisa e quasi mascolina – di fargliele arrivare sino a poco sotto il mento, quando sentì una mano tiepida posarsi sulla sua guancia.
Non era abituata al contatto, Elphaba, e considerato il colore della sua pelle non era difficile immaginarne il perché.
Ma quella biondina aveva superato anche quell’ostacolo, senza apparente difficoltà.
«Elphie…» sussurrò.
Quasi ingenuamente, la Strega dell’Ovest volse il capo in sua direzione e, prima di rendersi conto a quale misera distanza fossero, sentì le labbra morbide e carnose dell’amica sulle sue.
Sgranò gli occhi verde smeraldo, con stupore, senza reagire.
Un bacio casto, quasi sussurrato.
Il cuore perse un battito, forse due.
Glinda si riallontanò dopo poco, le guance arrossate per l’alcool e quel sorriso che, nonostante tutto, rimaneva ciò che di più luminoso Elphaba potesse sperare di vedere nella sua vita.
«Sai che ti amo, Elphie?» Le disse quasi scherzando.
Poiché l’altra non accennava a muoversi, ancora impietrita dal gesto, Glinda si rintanò autonomamente sotto le coperte, addormentandosi in un nanosecondo con ancora quel sorriso sulle labbra, con quelle parole dette con il candore di un bambino.
Era pura, la Strega Buona del Sud, lo era per davvero.
Elphaba scosse il capo, le volse lo sguardo e la osservò per un lungo attimo.
Poi sospirò per l'ennesima volta, sconsolata.
«Sì, lo so.» Ammise tra sé e sé, come se fosse stata l’ammissione più logica da fare, la più realistica, la più giusta.
Si sporse verso di lei e le lasciò un bacio sulla fronte, sistemandole meglio le coperte.
Perché il cuore stava diventando… tiepido?
Tornò poi al proprio letto, coricandovisi subito dopo.
E dentro di sé sorrise.

Non era un amore comprensibile a tutti, il loro.
Non era il folgorante amore che Elphaba avrebbe provato per Fyiero, né quello più platonico di Glinda verso altri uomini.
No, non era nulla di tutto questo.
Era profondo, carico di una sincerità che nessuna delle due aveva mai creduto esistesse.
Era quel qualcosa che le faceva sentire l’una importante per l’altra, che le avrebbe sempre unite, legate in modo tanto radicale che niente le avrebbe mai davvero separate.
Erano diverse, lo erano entrambe, ed avevano imparato ad apprezzarsi per questo, a prendersi cura l’una dell’altra in modo del tutto differente dagli standard da sempre conosciuti.
Non importava quanto fossero contrastanti i loro pensieri, i loro stili di vita ed il loro abbigliamento, si sarebbero sempre capite, comprese, sostenute. Erano felici, semplicemente e profondamente felici.
E qualsiasi cosa la vita avrebbe loro riservato, loro lo sapevano, non si sarebbero mai rinnegate, custodendo con gelosia ogni dettaglio, anche il più insignificante.
A modo loro, si sarebbero sempre amate.
  
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